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Rimuovere Pezzano. Ci riproviamo.

(ANSA) – MILANO, 14 MAR – La Giunta lombarda revochi la nomina a Pietrogino Pezzano, il direttore generale dell’Asl Milano 1 fotografato in compagnia di due boss della ‘Ndrangheta nell’ambito dell’inchiesta ‘Infinito’. Lo chiedono il Pd e ilconsigliere Idv, Giulio Cavalli, in una mozione che approda domani all’esame del Consiglio regionale.

Non facciamo spegnere Mauro Rostagno

In questi giorni si tiene un processo che nessun cittadino eticamente e costituzionalmente vivo può permettersi di non ascoltare e seguire. Mauro Rostagno è stato ucciso a 46 anni per mano di mafia. Seguo il processo cercando briciole in giro per la rete e studiando le poche carte che sono riuscito a recuperare. Mauro Rostagno è una noce di impegno e rifiuto del compromesso nella nebbia trapanese. Ogni volta che leggo le parole e i fatti sento il peso insopportabile e pluriomicida di un’antimafia che dimentica per comodo o sottovaluta il dovere di esercizio della memoria. Mauro Rostagno è una favola che addolcisce, e appena si comincerà seriamente a raccontarla avremo la colpa di essere in ritardo.

Le parole di Maddalena (sua figlia) sono il ritratto di un dolore che non si spegne sotto la brace. Mi sono commosso a leggerla. Sono le parole che sanguinano di una storia ancora viva, come un’aragosta. Con un lamento quasi impercettibile. Seguiamo il processo Rostagno: cerchiamolo nei blog, parliamone al bar, agli amici, chiediamoci tutte le mattine come andrà a finire. Teniamo acceso questo fuoco.

di Maddalena Rostagno – Nei giorni della camera ardente io stavo fuori dalla porta, senza entrare, a guardare i volti delle persone che entravano a salutarti. Ti ho salutato per ultima, all’ultimo, da sola. Al funerale non sono venuta. Ti ho salutato da sola, al cimitero, scavalcando il muretto. I nostri saluti sono una cosa nostra, intima, privata. Se ogni tanto diventano cosa pubblica è solo per avere lo spazio per farti ricordare.

Il tuo funerale. Due giorni fa ero in aula di tribunale mentre il generale Nazareno Montanti, capo del reparto operativo dei carabinieri che si occupò delle indagini, fin da subito. Ha detto che lui non guardava la televisione, che sapeva dai suoi sottoposti che avevi uno spazio a RTC, che forse ti occupavi di temi sociali e non di denuncia. E che comunque non eri molto seguito. Ringrazio Enza Rando, legale di Libera, costituitasi parte civile nel processo, per il suo intervento. Per aver dato voce al mio dolore e soprattutto al falso storico. Il tuo funerale l’ho visto pochi giorni dopo, da sola, lo custodisco e mi è capitato in questi quasi 23 anni di riguardarlo. Al tuo funerale non c’erano solo i tuoi familiari, in prima fila vicino a Chicca, un’anziana signora che avrebbe potuto essere tua mamma. Non c’erano solo i numerosi tuoi amici arrivati dal Nord. Al tuo funerale c’era la città di Trapani, o almeno una consistente parte di essa. La chiesa era stracolma durante la bellissima omelia di monsignor Adragna. Quando hanno preso la tua bara e sei uscito dalla chiesa c’erano tantissime persone, le strade piene, a darti un’ultima carezza. Arrivati in piazza, stracolma di gente, loro, le persone hanno fischiato e/o applaudito gli interventi. E dopo sono stati intervistati tanti giovani, che avevano la mia età, che ti ascoltavano. Che ti avevano scelto come punto di riferimento.

Se è stato concesso al Generale di dire questo nell’aula, senza che l’avvocato della comunità Saman, anch’essa costituitasi parte civile nel processo, abbia sentito il dovere ed il bisogno di controbattere. Spero venga accolta la mia preghiera, nella prossima udienza, di acquisire agli atti il girato del tuo funerale. Ma questo è molto sentimento.

Mi chiedo dove siano i tanti giornalisti che si definiscono tali e d’inchiesta. In molti ti ignorano, altri -pochi-scrivono di te senza essere mai andati al tribunale, a leggere i 35 faldoni e più delle carte che ti riguardano. Certo, ci vuole tempo e passione. E‘ più facile fare copia e incolla da articoli di colleghi, rischiando di riportare, ancora e ancora, come vere falsità. Un piccolo esempio la frase di Renato Curcio e di un colloquio con Mariano Agate avvenuto nel carcere di Favignana. Dove a domanda di Renato gli viene risposto che è cosa vostra, cosa nostra non c’entra. Falso. io ho letto il verbale, ma forse sono l’unica ad averlo fatto. Curcio smentisce tale circostanza davanti al pm. Ma siccome qualcuno lo ha scritto una volta, altri copia e incolla continuano a riportarlo come fatto vero, effettivo, accaduto. E così si continua a mascariare il Contesto, a gettare fango e rendere sempre più lontana e impossibile la verità

Io non sono una giornalista. Ma le fonti, le fonti primarie?

Perché nessuno di loro si è mai posto alcune domande. Perchè la necessità di denigrare ed escludere la pista mafiosa sin dal “rapporto preliminare”? Per quale ragione “alcuni” non diedero mai impulso al compimento di atti di indagine finalizzati ad appurare la veridicità delle circostanze poste a fondamento delle valutazioni contenute nel rapporto preliminare, specie di quelle a fondamento della esclusione della pista mafiosa? E’ ammissibile che ciò sia avvenuto in assoluta autonomia? E perché nessuno è interessato ad un esposto che è stato fatto contro Montanti & co?

Più facile scrivere della teoria del “pompino divino”. Pensa Mauro, c’hai avuto la sfortuna di infrattarti con una moglie di un generale in un campo e guarda caso di vedere un aereo atterrare e il verificarsi di strani scambi. E casualità, tornandoci un’altra volta, questa seconda fornito di telecamera, hai avuto la stessa sfacciata fortuna – o sfortuna- di riassistere allo stesso episodio. Il “pompino divino” e non, mi pare più verosimile, una soffiata o una collaborazione ed indagine con terzi. Ma si sa, certe cose tirano di più.

Radio radicale sul sito propone l’audio integrale di tutte le udienze. Noi familiari, credo tutti, siamo disponibili ad aiutare eventuali giornalisti pronti e volenterosi, necessariamente forniti di un po’ di tempo ed umiltà per leggersi alcune cosuzze, prima di scrivere, e contribuire al mascariamento.

 

Ospedale di Rho. Cavalli (IdV): “Formigoni vigili di più sugli ospedali e si occupi meno della spartizione delle nomine”

Ospedale di Rho. Cavalli (IdV): “Formigoni vigili di più sugli ospedali e si occupi meno della spartizione delle nomine”

Milano, 8 marzo 2011 – Dal 2009 al Gennaio 2010, presso l’unità operativa Chirurgia Generale V dell’ospedale di Rho, si sono verificati trenta casi di presunta malasanità. “E’ veramente inconcepibile che in una Regione che si vanta di essere la migliore nel campo sanitario –afferma il Consigliere regionale dell’Italia dei Valori Giulio Cavalli – in uno stesso ospedale pubblico della provincia di Milano siano stati eseguiti interventi sbagliati e siano state effettuate diagnosi completamente errate. Mi chiedo dove siano stati in tutti questi mesi i vigilanti della ‘buona’ sanità.”

In merito alle indagini che rivelano storie come quelle di Mohamad, 44 anni, che in seguito ad una operazione per infezione si ritrova una garza dimenticata nella fossa ischio-rettale, Cavalli aggiunge che “non è più possibile relegare queste gravi negligenze e colpevoli mancanze di professionalità all’episodio che, però, non rientra nella quotidianità. Forse il Presidente Formigoni dovrebbe vigilare di più sull’attività delle strutture sanitarie pubbliche e concorrere meno alla spartizione delle nomine dei vari direttori Asl che, tra l’altro, confliggono spesso con quel concetto di opportunità politica che in questa Regione è completamente dissolto.”

“La magistratura – termina il consigliere Giulio Cavalli – sicuramente farà luce sulle responsabilità penali che hanno condotto l’ospedale di Rho sulle prime pagine di cronaca di questa Lombardia che, nonostante gli slogan pubblicitari, sempre meno si staglia come eccellenza in campo sanitario.”

 

No al listino e sì alle donne. Non è difficile.

Le elezioni regionali sono ancora espressione della scelta del cittadino, poiché, a differenza di quelle nazionali, l’elettore può esprimere una preferenza ed indicare il proprio rappresentante nelle istituzioni. Del resto, anche in questo caso, hanno escogitato un modo per poter inserire nel Consiglio regionale persone che non siano diretta espressione della volontà dei cittadini.

Il cosiddetto “listino” non è sottoposto alla scelta dei cittadini ed è, quindi, l’espressione poco, se non per nulla, democratica di una decisione presa a priori all’esterno della competizione elettorale.

Per questi motivi abbiamo deciso di presentare una mozione che chieda l’abolizione del listino bloccato e, in secondo luogo, la possibilità di esprimere una doppia preferenza uomo- donna, affinché le cosiddette “quote rosa” non siano solo un cartello propagandistico, ma un reale impegno dell’intero Consiglio regionale.

MOZIONE

IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA

PREMESSO CHE

Il Presidente della Regione è eletto a suffragio universale e diretto contestualmente all’elezione del Consiglio regionale secondo le modalità stabilite dalla legge elettorale;

PREMESSO INOLTRE CHE

L’elezione del Consiglio regionale, nelle Regioni come la Lombardia dove non è ancora stata definita una disciplina regionale propria, avviene con il sistema elettorale previsto dalla legge 17 febbraio 1968, n. 108 e dalla legge 23 febbraio 1995, n. 43;

CONSIDERATO CHE

Tale sistema prevede che il Presidente della Regione sia di norma eletto direttamente dai cittadini in un turno unico di votazioni senza ballottaggio e che contestualmente al Presidente viene eletto il Consiglio regionale con un sistema misto: in gran parte proporzionale, in piccola parte consistente in un premio di maggioranza variabile congegnato che, in ogni caso, la coalizione vincente disporrà in Consiglio di una maggioranza di seggi non inferiore (a seconda dei casi) al 55 o al 60%;

CONSIDERATO INOLTRE CHE

Degli 80 consiglieri chiamati a comporre il Consiglio regionale lombardo 64 sono eletti nelle circoscrizioni provinciali sulla base di liste concorrenti (collegate alle liste regionali) in proporzione ai voti ottenuti e alle preferenze espresse dall’elettorato mentre i restanti 16 sono eletti con il sistema maggioritario, sulla base di liste regionali concorrenti (i cosiddetti listini) il cui capolista è il candidato alla presidenza;

ATTESO CHE

Poiché il nuovo Presidente ha diritto ad avere una maggioranza stabile in Consiglio: se le liste a lui collegate hanno ottenuto meno del 40 per cento dei seggi, oltre alla totalità dei seggi del “listino” gli vengono attribuiti tanti consiglieri “extra” fino ad arrivare al 55 per cento dei seggi del consiglio (clausola di governabilità);

ATTESO INOLTRE CHE

Chi vince, in sostanza elegge in blocco i candidati del proprio listino con la seguente eccezione verificatasi nell’ultima tornata elettorale regionale lombarda che se le liste circoscrizionali collegate alla lista regionale vincente hanno ottenuto già il 50 per cento dei seggi, alla nuova maggioranza è attribuita la metà dei seggi del “listino” (dieci per cento del totale dei seggi in consiglio), mentre il resto è distribuito proporzionalmente tra le liste di opposizione;

VERIFICATO CHE

L’esito delle ultime elezioni regionali del 28 e 29 marzo 2010 ha visto la proclamazione di otto consiglieri regionali nominati proprio grazie al c.d. “listino bloccato”;

VERIFICATO INOLTRE CHE

La differenza tra i due sistemi sopra menzionati è costituita dalla circostanza che nella parte proporzionale la scelta avviene attraverso la democratica apposizione della preferenza sulla scheda elettorale al fine di far scegliere al cittadino il proprio rappresentante in seno al Consiglio Regionale mentre nel caso del “listino bloccato” la scelta non avviene attraverso l’esercizio di tale diritto in quanto il candidato alla carica di consigliere regionale in caso di vittoria è già definito a priori;

CONSTATATO CHE

Appare inoltre necessario attuare, relativamente alle elezioni del Consiglio Regionale della Lombardia e al sistema della preferenza, l’introduzione della doppia preferenza uomo-donna;

IMPEGNANO IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA DELLA REGIONE LOMBARDIA, ROBERTO FORMIGONI, LA GIUNTA REGIONALE LOMBARDA NONCHÈ IL CONSIGLIO REGIONALE LOMBARDO

A dotare il Consiglio regionale della Lombardia di una nuova legge regionale attraverso l’approvazione in tempi brevi di un progetto di legge che sancisca:

L’abolizione del listino bloccato;

L’elezione di tutti i consiglieri regionali attraverso il sistema della preferenza su base provinciale introducendo a riguardo il meccanismo della doppia preferenza uomo – donna.

 

Milano, 8 marzo 2011

Giulio Cavalli (IDV)

Stefano Zamponi (IDV)

Francesco Patitucci (IDV)

Gabriele Sola (IDV)

Ci salveranno i fessi

Durante un serata in cui si parlava di migranti in Italia mi si è accesa una lampadina, come quella delle idee fulminanti da cartone animato: parlavano i ragazzi della gru di Brescia e della torre di via Imbonati a Milano e, tra un’analisi e l’altra, uno di loro mi disse “anche in Italia c’è la mafia ma non tutti gli italiani sono mafiosi. Il problema sono i furbi”. Mi si faceva notare come solo da noi la parola “furbo” rientri nelle categorie umane degne di rispetto nonostante il dizionario ammonisca sulla furbizia come “qualità di chi, nella vita, sa trarsi abilmente d’impaccio o raggiungere i propri scopi, evitando accuratamente le insidie e ricorrendo a ingegnosi espedienti”. Che letta tutta d’un fiato, alla luce del nostro presente, non suona come virtù eticamente eroica.

La furbizia è l’espediente per la sopravvivenza animale in una società di cannibali: scriveva Michele Serra che “da noi – non c’è niente da fare – la furbizia, che è una delle più spregevoli manifestazioni di assenza di talento, continua a sembrare una virtù. E dire “li ho fregati!” piace da matti, anche se è la voce del ladro a parlare”. Secoli di indifferenza e tolleranza verso i furbi hanno permesso di portarli al potere, di accrescere boriosamente il prestigio degli scaltri a danno degli onesti fino alla fotografia attuale: furbi al governo e i sinceri catalogati tra i fessi.

La più bella rappresentazione della furbizia ha quasi cent’anni. L’ha scritta un giornalista e editore sempre troppo poco considerato come Giuseppe Prezzolini, morto nel 1982 dopo una vita tra libri e intellettuali. La sua opera più interessante è una raccolta di aforismi sotto il nome “Codice della vita italiana”, scritto nel 1921 ma estremamente (e pericolosamente) attuale. Un intero capitolo è dedicato ai furbi e ai fessi:

Capitolo I. – Dei furbi e dei fessi

1. I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi.

2. Non c’è una definizione di fesso. Però: se uno paga il biglietto intero in ferrovia, non entra gratis a teatro; non ha un commendatore zio, amico della moglie e potente nella magistratura, nella Pubblica Istruzione ecc.; non è massone o gesuita; dichiara all’agente delle imposte il suo vero reddito; mantiene la parola data anche a costo di perderci, ecc. questi è un fesso.

3. I furbi non usano mai parole chiare. I fessi qualche volta.

4. Non bisogna confondere il furbo con l’intelligente. L’intelligente è spesso un fesso anche lui.

5. Il furbo è sempre in un posto che si è meritato non per le sue capacità, ma per la sua abilità a fingere di averle.

6. Colui che sa è un fesso. Colui che riesce senza sapere è un furbo.

7. Segni distintivi del furbo: pelliccia, automobile, teatro, restaurant, donne.

8. I fessi hanno dei principi. I furbi soltanto dei fini.

9. Dovere: è quella parola che si trova nelle orazioni solenni dei furbi quando vogliono che i fessi marcino per loro.

10. L’Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i furbi che non fanno nulla, spendono e se la godono.

11. Il fesso, in generale, è stupido. Se non fosse stupido avrebbe cacciato via i furbi da parecchio tempo.

12. Il fesso, in generale, è incolto per stupidaggine. Se non fosse stupido, capirebbe il valore della cultura per cacciare i furbi.

13. Ci sono fessi intelligenti e colti, che vorrebbero mandar via i furbi. Ma non possono: 1) perché sono fessi; 2) perché gli altri fessi sono stupidi e incolti, e non li capiscono.

14. Per andare avanti ci sono due sistemi. Uno è buono, ma l’altro è migliore. Il primo è leccare i furbi. Ma riesce meglio il secondo che consiste nel far loro paura: 1) perché non c’è furbo che non abbia qualche marachella da nascondere; 2) perché non c’è furbo che non preferisca il quieto vivere alla lotta, e la associazione con altri briganti alla guerra contro questi.

15. Il fesso si interessa al problema della produzione della ricchezza. Il furbo soprattutto a quello della distribuzione.

16. L’Italiano ha un tale culto per la furbizia, che arriva persino all’ammirazione di chi se ne serve a suo danno. Il furbo è in alto in Italia non soltanto per la propria furbizia, ma per la reverenza che l’italiano in generale ha della furbizia stessa, alla quale principalmente fa appello per la riscossa e per la vendetta. Nella famiglia, nella scuola, nelle carriere, l’esempio e la dottrina corrente – che non si trova nei libri – insegnano i sistemi della furbizia. La vittima si lamenta della furbizia che l’ha colpita, ma in cuor suo si ripromette di imparare la lezione per un’altra occasione. La diffidenza degli umili che si riscontra in quasi tutta l’Italia, è appunto l’effetto di un secolare dominio dei furbi, contro i quali la corbelleria dei più si è andata corazzando di una corteccia di silenzio e di ottuso sospetto, non sufficiente, però, a porli al riparo delle sempre nuove scaltrezze di quelli.

Prezzolini, come si dice in gergo, è campato cent’anni e forse aveva visto giusto. Alla fine, ci salveranno i fessi.

Perché sostengo la Freedom Flotilla

“In un mondo in cui gli stati Uniti esportano democrazia è bello sapere invece che ci sono truppe molto più “sgarrupate” ma agguerrite che partono con un convoglio per non esportare nulla, ma per provare invece ad importare un po’ di pace e buon senso.
In un mondo che ancora si ostina a raccontarci Israele come uno stato avanzato, come uno stato che possa permettersi o avere la dignità di pronunciare la parola democrazia, mentre il popolo palestinese continua a vivere sotto la soglia della decenza oltre che dei diritti umani.

Pensare che per quest’anno ci sarà anche una nave italiana che andrà in questo viaggio, che è un viaggio di diritti, di solidarietà ma soprattutto che è un viaggio che vuole rivendicare un mondo normale di rapporti che non dipendono dalla forza dell’una o dell’altra parte, ecco, questa è un’ottima notizia.

Ed è per questo che appoggio in modo molto delicato, senza tentativi di affondamento, la flottilla di quest’anno, che si prepara per il suo ennesimo viaggio in modo silenzioso e con grande ostracismo da parte di molti media invece di continuare ad esercitare quello che è il dovere dell’umanità, secondo la costituzione internazionale, quella delle leggi non scritte della convivenza tra gli uomini.”

Giulio Cavalli

MILANO , 15 MARZO 2011, ore 20.30 Casa della Cultura, Via Borgogna 3
PRESENTAZIONE DELLA FREEDOM FLOTILLA 2 E DELLA NAVE STEFANO CHIARINI E DIBATTITO SULLE RIVOLUZIONI ARABE E SULLA LORO INFLUENZA IN PALESTINA
http: //www.freedomflotilla.it

150 anni e sentirli tutti in aula (del Consiglio Regionale)

Domani nella seduta del Consiglio Regionale Lombardo si torna a discutere del progetto di legge sui 150 anni dell’unità d’Italia. Fin qui tutto normale, direte voi. Si discute delle diverse interpretazioni di una Storia che per mantenere la maiuscola dovrebbe avere avuto tutto il tempo per lasciare sedimentare i fatti e dividerli dalle opinioni. Dovrebbe. In aula i leghisti hanno dato la loro lezione di storia (minuscola). Lezioni che sono qualcosa di più di ignoranza o umorismo: distorsioni dei fatti per estorcere opinioni. Quasi quasi verrebbe voglia di dare ragione a Silvio Berlusconi: ad ascoltare qualcuno ci si chiede cosa insegnino.



Villa Reale è anche mia!

In tempo di affittopoli nella Lombardia della privatizzazione al potere succede di tutto. Succede che con poche centinaia di euro ti ritrovi con uno spazioso appartamento in una delle zone più prestigiose di Milano oppure succede che il fu PAT (Pio Albergo Trivulzio) diventi l’acronimo di Parenti Amici e Tangenti. In Lombardia c’è una vasta cittadinanza che tutti i giorni combatte per stare al passo con la dignità e un’altra (nemmeno troppo) sommersa che le regole se le scambia come al tavolo del Monopoli: senza soldi finti però, preferibilmente con i soldi degli altri. Eppure nella Lombardia che rende cavalieri i più furbi oggi c’è un bando che concede il lusso di un esoso e prestigioso scaccomatto all’uguaglianza: 30000 euro per 9000 metri quadrati (un canone da periferia del mondo) con ampio giardino e vista mozzafiato, inclusi qualche secolo di storia e fauna e flora a volontà da tenere tra i gioielli di famiglia. Non importa che quella villa sia il cuore di un parco con duecento anni di storia e che il Piano Regolatore della città di Monza fin dal 1964 recita “nel Parco nessuna nuova costruzione”: oggi a Monza Villa Reale e il suo Parco sono in bella vista nella bancarella per pochi dell’intoccabile (e illegittimo, per firme) Governatore Roberto Formigoni. A controllare l’operazione c’è il braccio lungo “dell’assessorato al cemento” Infrastrutture Lombarde SPA, la società di matrice ciellina attraverso cui passa tutta la cementificazione lombarda. Antonio Cederna diceva che ““tutta l’Italia va trattata come un parco e alla rigorosa salvaguardia dei vailori del suo territorio va rigorosamente subordinata ogni ipotesi di trasformazione e sviluppo: perchè non venga definitivamente distrutta l’identità culturale l’integrità fisica del nostro Paese”, oggi in Lombardia un Parco è come il maiale: non s butta via niente. Come nelle migliori tradizioni padane.

APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PER LA VILLA REALE DI MONZA

Egregio Signor Presidente,
la Villa Reale di Monza, insieme al suo Parco, rappresenta un gioiello del periodo neoclassico di valore mondiale. Dopo essere stata abbandonata dai Savoia all’inizio del XX secolo è rimasta per la gran parte inutilizzata fino ad oggi, manifestando nel corso del tempo un progressivo degrado solo parzialmente contenuto.
All’inizio di questo anno il Consorzio pubblico che la gestisce – composto da Ministero dei Beni culturali, Regione Lombardia, Comune di Monza, Comune di Milano – ha deciso di affidarne la ristrutturazione e la gestione a un soggetto privato, da individuare attraverso un bando di gara indetto in data 17 marzo da Infrastrutture Lombarde, la S.p.A. che presiede alla valorizzazione, la gestione, l’alienazione e la manutenzione del patrimonio immobiliare di Regione Lombardia.
Questo bando di gara permetterà al privato che lo vincerà:
– Di poter utilizzare le ingenti risorse pubbliche da stanziarsi per un importo di 19 milioni di euro, a fronte di un impegno del vincitore di soli 5 milioni, al fine di ristrutturare il corpo centrale dell’edificio.
– Di predisporre il progetto esecutivo per la ristrutturazione della stessa, senza adeguate indicazioni da parte del Consorzio proprietario.
– Di gestire la Villa Reale per un periodo di ben 30 anni con un canone di affitto di soli 30.000 euro all’anno.
– Di lasciare la Villa Reale in uso al Consorzio pubblico proprietario per soli 36 giorni all’anno, mentre per tutto il resto dell’anno il privato gestirà il complesso di propria iniziativa.

Noi sottoscritti pensiamo che questo bando sia inaccettabile

– Perché cederà un monumento di enorme importanza storica e culturale, e le ingenti risorse pubbliche necessarie per ristrutturarlo, senza adeguate garanzie sul futuro del bene, sui suoi utilizzi e sulla sua fruibilità pubblica.
– Perché questo bando di gara porterà a una ristrutturazione – e non a un restauro conservativo – della Villa Reale, ristrutturazione rivolta principalmente alla sua valorizzazione economica e non al suo recupero come monumento storico, comportando eventualmente anche profonde modifiche strutturali.
– Perché questo bando di gara porterà a una gestione della Villa Reale con lo scopo principale di remunerare l’investimento del privato vincitore e non l’utilizzo del monumento come bene pubblico.
Pensiamo inoltre che le risorse necessarie al restauro possano essere reperite dagli enti proprietari componenti il Consorzio e a esso affidata la gestione senza un intervento privato il cui oggettivo interesse di trarre profitto dai propri investimenti confligge con le esigenze di tutela del patrimonio artistico nazionale garantite dall’art. 9 della Costituzione.
Pensiamo quindi che il bando di gara vada immediatamente ritirato, per individuare una soluzione adeguata, che permetta di restaurare la Villa Reale e di restituirla ai cittadini come museo di se stessa, polo didattico, sede di eventi espositivi di livello internazionale e di alta rappresentanza istituzionale.
Signor Presidente, nel poco tempo che ci separa da decisioni pregiudizievoli dell’integrità e della dignità di un bene tra i più preziosi dell’architettura e dell’arte nazionali, ci rivolgiamo a Lei con fiducia affinché sia fatto ogni sforzo per trovare soluzioni alternative a quella prospettata e la Villa Reale di Monza conservi intatto il proprio patrimonio di  ricchezze architettoniche, artistiche e culturali.

TRA GLI ADERENTI:

Natalia Aspesi
Stefano Benni
Giulio Cavalli
Luigi Ciotti
Lella Costa
Chiara Cremonesi
Enrico Deaglio
Elio De Capitani
Monica Frassoni
Don Andrea Gallo
Giovanna Melandri
Franco Oppini
Giuliano Pisapia
Corrado Stajano
Oliviero Toscani
Walter Veltroni
Nichi Vendola

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Il Giorno di Lodi e la differenza tra un titolo e uno scarabocchio

Questa mattina apro le agenzie e leggo un titolo sull’edizione lodigiana de Il Giorno:
Il consigliere IDV Cavalli esulta “sarò ancora sotto scorta”
Non ho letto l’articolo e di sicuro non lo leggerò perché il mio stomaco si è arreso già sulle virgolette, caro direttore. Sappiamo bene come l’improbo lavoro del titolista stia in equilibrio tra l’esigenza di accendere l’acquolina in bocca e di inquadrare la notizia, eppure le posso assicurare che solo un imbecille “esulterebbe” per una questione che è riuscita addirittura a tenere eleganti i toni di tutte le parti politiche e che, ancora una volta, diventa banale e superficiale varcati i confini lodigiani. Tenendo conto del fatto che, non avendo nessun giornalista presente in Aula, vi sarete rifatti alle agenzie che hanno semplicemente riportato una comunicazione durante il Consiglio Regionale: quelle stesse agenzie di stampa che hanno suggerito titoli diversi in tutte le altre edizioni locali del vostro giornale.
La mia vicenda non è né un gioco né una battaglia di tifo. Avevo già avuto modo di dirvelo in occasione del vostro (inelegante) sondaggio in cui a colpi di mouse chiedevate “Cavalli, scorta si o scorta no?”.
Un titolo almeno mezza verità deve averla, caro direttore, altrimenti io “esulto” per la scorta, voi “scarabocchiate” un titolo e alla fine perdiamo tutti.

Ancora su Green Hill: altra risposta dell’assessore

In seguito all’interrogazione n.3047 del 18 gennaio 2011 proposta dal gruppo Italia dei Valori oggi, 21 febbraio 2011, l’assessore alla sanità Luciano Bresciani ha risposto in Commissione III.

Abbiamo contestato un contrasto normativo tra la legge regionale n.33/2009, testo unico in materia di sanità, e la legge nazionale n.2/2008, in particolare, il relativo regolamento regionale in materia di lotta al randagismo e alla tutela degli animali d’affezione. Inoltre, abbiamo chiesto alla Giunta di porre in atto tutti gli strumenti più idonei al fine di una chiusura definitiva di Green Hill.

L’assessore sostiene che Regione Lombardia non ha alcun potere di chiudere l’allevamento di Montichiari, poiché la competenza è del Ministero della salute. Inoltre, il contrasto normativo è solo apparente poiché la legge regionale e quella nazionale hanno due ambiti di applicazione differenti e la prima non si occupa degli animali d’allevamento, bensì solo di quelli d’affezione. Alla luce di questo chiarimento, Bresciani afferma che non è possibile eccepire un contrasto tra norme che, comunque, prediligerebbe l’applicazione della legge nazionale secondo la normale gerarchia delle fonti di diritto.

L’assessore sostiene, inoltre, di essere d’accordo con la possibilità di disciplinare normativamente l’allevamento di Green Hill ma di dover attendere il consenso del Ministero per non invadere competenze altrui.

Infine Bresciani sottolinea la differenza tra vivisezione e sperimentazione e dichiara che per le sperimentazioni neurologiche la prima pratica risulta necessaria, affermazione sulla quale mi permetto di dissentire.

Mi sembra, però, che anche la Giunta lombarda abbia manifestato la volontà di chiudere l’allevamento di Montichiari. Mi auguro che l’attesa delega da parte del Ministero della Salute possa pervenire il prima possibile e che l’assessore possa finalmente avere le competenze per controllare, ispezionare e serrare le porte di una macelleria che, per troppo tempo, ha ucciso e vivisezionato centinaia di cani.