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Formigoni patetico antimafioso da urlo

Facciamo un patto. Un patto sociale antimafioso, un contratto con gli italiani come lo chiamava lui. Ma firmiamolo subito, con urgenza. A destra, a sinistra, sopra e sotto mettiamoci d’accordo per un limite alla decenza, alla legalità e soprattutto all’opportunità. Decidiamo tutti insieme (se lo facciamo con una richiesta di voto segreto, in Consigliosi richiede con almeno cinque consiglieri e allora ci mettiamo le 900 vittime di mafia di questo Paese). Possiamo discutere, litigare e avere diverse visioni sulle responsabilità sparse per la Lombardia. Possiamo vedere sfrenati allarmisti o attendisti fin troppo tiepidi, possiamo anche sopportare i polituncoli che si dicono “io ne ho uno ma voi ne avete due”. Ma non possiamo sopportare, non dobbiamo sopportare che Roberto Formigoni affronti impunito l’argomento. Peggio ancora se perde le staffe come uno scolaretto con le mani nella marmellata. Dobbiamo impedirgli di parlare di lotta alla criminalità organizzata con quella faccia sulfurea da intoccabile, e dobbiamo ricordargli che non ha nemmeno il diritto di scomporsi.

Ci dia risposte su Massimo Ponzoni.

Dia un segno di vita su Carlo Chiriaco, Pino Neri e i loro presunti rapporti con Giancarlo Abelli.

Ci racconti dei rapporti che spuntano dalle indagini di questi anni tra esponenti di Comunione e Liberazione e uomini di mafie.

Ci racconti cosa lo costringe a difendere ad oltranza (imbarazzando i suoi alleati) Pietrogino Pezzano.

Ci racconti perché le associazioni di categoria stringono patti etici fotografandosi con lui e in questi anni non hanno mai espulso un loro iscritto.

Ci racconti e ci spieghi chi sono, secondo lui, gli “indifferenti” di cui parlano puntualmente ad ogni conferenza stampa i magistrati lombardi.

Ci racconti chi in questi anni ha sottovalutato il fenomeno mafioso essendo al potere illegittimamente da un ventennio.

Noi, in cambio, promettiamo che ascolteremo cosa ha da dirci sull’argomento.

 

 

Io a Cesano Boscone: il mutevole racconto dei fatti

Passano pochi giorni, apro la posta, leggo in rete e scopro novità che si sono autoprodotte e riprodotte in modo autonomo. Come tante piccole mezze verità che ciondolano contente come fossero mezze bugie. Qualcuno scrive Cavalli si sarà convinto che D’Avanzo è uno degli angioletti dipinti sulle volte degli altari? Oppure gli sarà stato imposto il silenzio, essendo anche un esponente di spicco dell’Italia dei Valori a livello regionale, sui giornali scopro di avere addirittura fatto pace (!) con il Sindaco D’Avanzo che scrive “equivoco chiarito”.

Vista da qui, del resto, sembrerebbe una piccola diatriba da cortile che merita solo di lasciare cadere la polvere ma qualche minuto per puntualizzare credo che sia ben speso per i pochi affezzionati di questo blog:

– ho preferito non ricevere alcun compenso a Cesano Boscone perché ostinatamente rivendico il dovere dell’opportunità nei rapporti che intrattengono i pubblici amministratori. A Cesano Boscone pezzi della politica hanno dialogato con imprenditori (Alfredo Iorio in primis) che sono i terminali finanziari della cosca Barbaro-Papalia. L’ha descritto perfettamente David Gentili (nel suo blog, qui), riportando con esattezza le carte giudiziarie. Concordo in pieno con l’analisi di David sull’inopportunità politica di alcuni componenti della Giunta. Lo dico con forza e lo rivendico. Il senso della mia scelta di non intrattenere rapporti economici diretti con il Comune è tutto qui. Senza fantasiose reinterpretazioni.
– “A 100 PASSI DAL DUOMO” è uno spettacolo teatrale. Uno spettacolo  cui sono affezionatissimo per l’enorme lavoro che abbiamo fatto insieme io, Gianni Barbacetto e Gaetano Liguori. Uno spettacolo teatrale che racconta (tra le altre cose) il puzzo intorno alla società Kreiamo e agli imprenditori con predisposizione criminale sullo stile di Alfredo Iorio. Per questo A 100 PASSI DAL DUOMO ha bisogno di andare in scena senza rimbalzi o ombre intorno alle persone che raccontiamo. Chi si aspettava che tra Calvi, Sindona, Ambrosoli e Liggio ci prendessimo la briga di ficcare le vicende politiche cesanesi ha una certa disabitudine alle pratiche “di scena” che sono diverse dalle dinamiche di comizio. Per questo sono molto deluso da chi prospettava un nostro “comizio politico” dimostrando un’abissale ignoranza per il mezzo teatrale. Su Iorio ci siamo soffermati con molta calma, a Cesano. Abbiamo raccontato come l’imprenditoria prostituita alle cosche sia un cancro ancora più terribile delle cosche stesse. E quindi quanto la politica debba starne lontano al telefono o con eventuali ex collaboratori, com’è successo a Cesano.

Su eventuali riavvicinamenti o altro non c’è da aggiungere. Abbiamo preso una decisione e continuiamo a mantenerla. Ipotizzare scene da figliol prodigo e di pacificazione è una mezza bugia che non interessa a nessuno: non è né arte né politica. E noi tutti abbiamo altro su cui lavorare.

P.S. Qualcuno mi dice che i due eletti IDV stanno in silenzio su questa questione. Se è vero, peggio per loro. Significa che perdono una buona occasione per dimostrare come l’obbligo morale su questi temi sia di verificare sé stessi e le proprie coalizioni prima degli altri. Ce l’ha insegnato un certo Pio La Torre, mica uno per caso.

 

 

In scena a Cesano Boscone, ma con riserva

Questa sera sarò in scena con lo spettacolo A 100 PASSI DAL DUOMO nel Comune di Cesano Boscone (Mi), per un’iniziativa in occasione della Giornata della Legalità.

Andrò in scena con la solita gratitudine verso il mio pubblico e tutte le persone che seguono i nostri spettacoli e le nostre tourné. Alcuni giorni fa sono venuto a conoscenza di contatti, negli ultimi anni a Cesano Boscone, tra alcune persone della Pubblica Amministrazione e imprenditori legati alla ‘ndrangheta.

Al di là dei profili giudiziari e delle soggettive valutazioni politiche rivendico il mio diritto e il mio dovere (soprattutto oggi, in Lombardia) di difendere il valore dell’opportunità.

Per questo ritengo opportuno essere in scena per il pubblico, per chi si è adoperato nell’organizzazione della serata e soprattutto per il rispetto al mio lavoro ma altresì ritengo doveroso rinunciare al mio cachet pattuito con l’Amministrazione Comunale per marcare la distanza da comportamenti e ombre inopportune che mi auguro vengano presto dissipate.

 

Riportiamo un intervento di David Gentili, consigliere milanese del Partito Democratico e membro del Comitato Antimafia, pubblicato sul proprio blog.

Tratto da: www.davidgentili.it

D’Avanzo non si difenda sui giornali, ma davanti ai garanti del Partito

Alcune intercettazioni telefoniche richiamate in un’informativa della Dia narrano di contatti tra Alfredo Iorio, Presidente di Kreiamo condannato ad un anno e 6 mesi, patteggiati, per associazione mafiosa e Vincenzo D’Avanzo Sindaco di Cesano Boscone.

A seguito di queste notizie il Centrodestra di Cesano ha presentato una mozione di sfiducia al Sindaco. La Federazione delle sinistra ne chiede le dimissioni.

Ho letto con attenzione la lettera del Sindaco D’Avanzo inviata a L’Incontro, periodico on-line di Cesano Boscone, a seguito di un articolo che raccontava i contenuti delle intercettazioni.

Mi colpisce una frase: “Perché in oltre due anni e mezzo da quei fatti non ho mai (e ripeto MAI) ricevuto neanche un’informazione di garanzia da parte della magistratura.”

Qui non si sta parlando di responsabilità penali. Qui si parla di questioni che riguardano le eventuali responsabilità politiche.

Se dovessimo aspettare gli avvisi di garanzia o i rinvii a giudizio, oppure la Cassazione, per sapere se un amministratore amministra correttamente, saremmo spacciati.

Dalle intercettazioni del gennaio 2009 emerge che D’Avanzo chiede a Iorio di aiutare una persona che sta cercando lavoro, in quelle del maggio 2009 D’Avanzo chiede aiuto a Iorio per la vicenda della Demas e per l’opposizione che ha incontrato in Consiglio nel portare la richiesta dei proprietari di aumentare la superficie commerciale in un consiglio straordinario prima delle amministrative.

Tre sono le domande: è giusto che un Sindaco chieda ad un imprenditore di assumere una persona? Come faceva D’Avanzo a non conoscere chi era e di cos’era accusato Alfredo Iorio?
Come faceva a non conoscere il vice Presidente della Kreiamo Andrea Madaffari figlio di Domenicantonio (salumiere a Cesano) coinvolto nel rapimento Rancilio (morto durante il sequestro), insieme ad esponenti delle cosche Mammoliti e Sergi e cugino di Salvatore Madaffari ucciso nella notte tra il 22 e il 23 settembre del 1979 a Buccinasco, mentre era in compagnia di Saverio Sergi, vero obiettivo dei killer?

Provo a rispondere alla seconda. Secondo me è impossibile non sappia chi è Alfredo Iorio e che non sappia che è implicato nel riciclaggio dei beni delle famiglie Barbaro, Papalia.

Durante la commissione Affari istituzionali del Consiglio Provinciale del 23 febbraio 2009 (ben tre mesi prima delle intercettazioni che riguardano la Demas), viene resa pubblica la relazione che il 27 novembre 2007 Ferdinando Pomarici, procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Milano, consegna alla Commissione parlamentare Antimafia presieduta da Francesco Forgione.
La relazione produce effetti dirompenti: le opposizioni in Consiglio provinciale chiedono le dimissioni di Bruna Brembilla, allora assessore in Provincia e Penati riesce ad arginare le richieste perché Minale gli comunica che il procedimento, che coinvolge la Brembilla, citato da Pomarici, viene archiviato il 2 dicembre 2008.
Nella relazione antimafia, resa pubblica, viene scritto che Alfredo e Andrea Iorio insieme al padre Achille possedevano l’Immobiliare Iorio, alla quale è stato, nel 2007, ceduto tutto il capitale della Immobiliare Buccinasco, azienda legata ai Barbaro: Salvatore Barbaro coniugato con Serafina Papalia figlia di Rocco Papalia, era titolare del 90 % delle quote della Immobiliare Buccinasco.

Non è possibile che il Sindaco di Cesano Boscone non sappia nulla del documento che viene distribuito in aula. Tre mesi dopo decide ugualmente di riconoscere a Iorio il ruolo che gli può permettere di portare a casa la delibera Demas prima della chiusura del mandato e gli chiede un favore: convincere un consigliere di opposizione a non opporsi.

Nelle motivazioni della sentenza che ha portato a fine ottobre 2010, alla condanna a sei anni per associazione mafiosa di Andrea Madaffari vice di Iorio nella Kreiamo, si ricorda che presso la Kreiamo ha luogo anche “la famosa riunione del 16 settembre 2008, in cui gli indagati Madaffari e Iorio con i loro collaboratori discutono di contabilità occulta e pianificano la strategia da seguire con gli inquirenti, per distogliere i sospetti dal loro operato e creare una barriera artificiosa tra la stessa Kreiamo e i Barbaro.”

A questo punto e da ottobre che lo chiediamo e lo chiediamo con insistenza: perché D’Avanzo non ritira le deleghe a Francesco Francica, attuale assessore al Bilancio della sua Giunta, Presidente del collegio dei revisori della Kreiamo dal 9 luglio 2007 e restato in carica, si legge nel Cerved del 28 ottobre 2010 fino all’approvazione del bilancio, il 31 marzo 2010.

D’Avanzo dice: “esercitava un controllo legale sui conti e non aveva alcun incarico e controlli nelle società del gruppo. Essendo un professionista di indubbia capacità, onestà e preparazione, il commissario giudiziale nominato dalla Procura della Repubblica ha voluto respingere le sue dimissioni, chiedendogli di rimanere al suo posto.”

Della contabilità occulta Francica non se n’è accorto. Lo stesso Francica, per rispettare pienamente l’Istituzione che rappresenta, dopo le gravissime accuse e le condanne a Presidente e vice Presidente di Kreiamo, dovrebbe togliere di imbarazzo la Giunta e dimettersi.
Le dimissioni possono, al limite, essere interpretate in questa accezione: non sono colpevole, neanche dell’accusa di aver interpretato il mio ruolo con superficialità, ma non voglio che la Giunta di Cesano Boscone venga continuamente messa in discussione a causa mia.

E poi un’ultima questione. È mai possibile che noi (inteso consiglieri comunali del Pd) non si possa attaccare Fabio Altitonante, Consigliere comunale e assessore in Provincia, enfant prodige della destra milanese, che nella stessa informativa della Dia viene citato in più di un passaggio, intercettato telefonicamente e ambientalmente negli uffici della Kreiamo, finché non si fa chiarezza a Cesano?

Al momento ritengo un rinvio dell’intera questione, alla valutazione del Collegio dei garanti del Partito Democratico la traiettoria più breve ed efficace, nello stesso interesse del Sindaco D’Avanzo. Ciò deve accadere nel più breve tempo possibile, pochi giorni e comunque prima che la mozione presentata dal Centro destra cesanese venga portata in aula.

Rimuovere Pezzano. Ci riproviamo.

(ANSA) – MILANO, 14 MAR – La Giunta lombarda revochi la nomina a Pietrogino Pezzano, il direttore generale dell’Asl Milano 1 fotografato in compagnia di due boss della ‘Ndrangheta nell’ambito dell’inchiesta ‘Infinito’. Lo chiedono il Pd e ilconsigliere Idv, Giulio Cavalli, in una mozione che approda domani all’esame del Consiglio regionale.

Non facciamo spegnere Mauro Rostagno

In questi giorni si tiene un processo che nessun cittadino eticamente e costituzionalmente vivo può permettersi di non ascoltare e seguire. Mauro Rostagno è stato ucciso a 46 anni per mano di mafia. Seguo il processo cercando briciole in giro per la rete e studiando le poche carte che sono riuscito a recuperare. Mauro Rostagno è una noce di impegno e rifiuto del compromesso nella nebbia trapanese. Ogni volta che leggo le parole e i fatti sento il peso insopportabile e pluriomicida di un’antimafia che dimentica per comodo o sottovaluta il dovere di esercizio della memoria. Mauro Rostagno è una favola che addolcisce, e appena si comincerà seriamente a raccontarla avremo la colpa di essere in ritardo.

Le parole di Maddalena (sua figlia) sono il ritratto di un dolore che non si spegne sotto la brace. Mi sono commosso a leggerla. Sono le parole che sanguinano di una storia ancora viva, come un’aragosta. Con un lamento quasi impercettibile. Seguiamo il processo Rostagno: cerchiamolo nei blog, parliamone al bar, agli amici, chiediamoci tutte le mattine come andrà a finire. Teniamo acceso questo fuoco.

di Maddalena Rostagno – Nei giorni della camera ardente io stavo fuori dalla porta, senza entrare, a guardare i volti delle persone che entravano a salutarti. Ti ho salutato per ultima, all’ultimo, da sola. Al funerale non sono venuta. Ti ho salutato da sola, al cimitero, scavalcando il muretto. I nostri saluti sono una cosa nostra, intima, privata. Se ogni tanto diventano cosa pubblica è solo per avere lo spazio per farti ricordare.

Il tuo funerale. Due giorni fa ero in aula di tribunale mentre il generale Nazareno Montanti, capo del reparto operativo dei carabinieri che si occupò delle indagini, fin da subito. Ha detto che lui non guardava la televisione, che sapeva dai suoi sottoposti che avevi uno spazio a RTC, che forse ti occupavi di temi sociali e non di denuncia. E che comunque non eri molto seguito. Ringrazio Enza Rando, legale di Libera, costituitasi parte civile nel processo, per il suo intervento. Per aver dato voce al mio dolore e soprattutto al falso storico. Il tuo funerale l’ho visto pochi giorni dopo, da sola, lo custodisco e mi è capitato in questi quasi 23 anni di riguardarlo. Al tuo funerale non c’erano solo i tuoi familiari, in prima fila vicino a Chicca, un’anziana signora che avrebbe potuto essere tua mamma. Non c’erano solo i numerosi tuoi amici arrivati dal Nord. Al tuo funerale c’era la città di Trapani, o almeno una consistente parte di essa. La chiesa era stracolma durante la bellissima omelia di monsignor Adragna. Quando hanno preso la tua bara e sei uscito dalla chiesa c’erano tantissime persone, le strade piene, a darti un’ultima carezza. Arrivati in piazza, stracolma di gente, loro, le persone hanno fischiato e/o applaudito gli interventi. E dopo sono stati intervistati tanti giovani, che avevano la mia età, che ti ascoltavano. Che ti avevano scelto come punto di riferimento.

Se è stato concesso al Generale di dire questo nell’aula, senza che l’avvocato della comunità Saman, anch’essa costituitasi parte civile nel processo, abbia sentito il dovere ed il bisogno di controbattere. Spero venga accolta la mia preghiera, nella prossima udienza, di acquisire agli atti il girato del tuo funerale. Ma questo è molto sentimento.

Mi chiedo dove siano i tanti giornalisti che si definiscono tali e d’inchiesta. In molti ti ignorano, altri -pochi-scrivono di te senza essere mai andati al tribunale, a leggere i 35 faldoni e più delle carte che ti riguardano. Certo, ci vuole tempo e passione. E‘ più facile fare copia e incolla da articoli di colleghi, rischiando di riportare, ancora e ancora, come vere falsità. Un piccolo esempio la frase di Renato Curcio e di un colloquio con Mariano Agate avvenuto nel carcere di Favignana. Dove a domanda di Renato gli viene risposto che è cosa vostra, cosa nostra non c’entra. Falso. io ho letto il verbale, ma forse sono l’unica ad averlo fatto. Curcio smentisce tale circostanza davanti al pm. Ma siccome qualcuno lo ha scritto una volta, altri copia e incolla continuano a riportarlo come fatto vero, effettivo, accaduto. E così si continua a mascariare il Contesto, a gettare fango e rendere sempre più lontana e impossibile la verità

Io non sono una giornalista. Ma le fonti, le fonti primarie?

Perché nessuno di loro si è mai posto alcune domande. Perchè la necessità di denigrare ed escludere la pista mafiosa sin dal “rapporto preliminare”? Per quale ragione “alcuni” non diedero mai impulso al compimento di atti di indagine finalizzati ad appurare la veridicità delle circostanze poste a fondamento delle valutazioni contenute nel rapporto preliminare, specie di quelle a fondamento della esclusione della pista mafiosa? E’ ammissibile che ciò sia avvenuto in assoluta autonomia? E perché nessuno è interessato ad un esposto che è stato fatto contro Montanti & co?

Più facile scrivere della teoria del “pompino divino”. Pensa Mauro, c’hai avuto la sfortuna di infrattarti con una moglie di un generale in un campo e guarda caso di vedere un aereo atterrare e il verificarsi di strani scambi. E casualità, tornandoci un’altra volta, questa seconda fornito di telecamera, hai avuto la stessa sfacciata fortuna – o sfortuna- di riassistere allo stesso episodio. Il “pompino divino” e non, mi pare più verosimile, una soffiata o una collaborazione ed indagine con terzi. Ma si sa, certe cose tirano di più.

Radio radicale sul sito propone l’audio integrale di tutte le udienze. Noi familiari, credo tutti, siamo disponibili ad aiutare eventuali giornalisti pronti e volenterosi, necessariamente forniti di un po’ di tempo ed umiltà per leggersi alcune cosuzze, prima di scrivere, e contribuire al mascariamento.

 

Ospedale di Rho. Cavalli (IdV): “Formigoni vigili di più sugli ospedali e si occupi meno della spartizione delle nomine”

Ospedale di Rho. Cavalli (IdV): “Formigoni vigili di più sugli ospedali e si occupi meno della spartizione delle nomine”

Milano, 8 marzo 2011 – Dal 2009 al Gennaio 2010, presso l’unità operativa Chirurgia Generale V dell’ospedale di Rho, si sono verificati trenta casi di presunta malasanità. “E’ veramente inconcepibile che in una Regione che si vanta di essere la migliore nel campo sanitario –afferma il Consigliere regionale dell’Italia dei Valori Giulio Cavalli – in uno stesso ospedale pubblico della provincia di Milano siano stati eseguiti interventi sbagliati e siano state effettuate diagnosi completamente errate. Mi chiedo dove siano stati in tutti questi mesi i vigilanti della ‘buona’ sanità.”

In merito alle indagini che rivelano storie come quelle di Mohamad, 44 anni, che in seguito ad una operazione per infezione si ritrova una garza dimenticata nella fossa ischio-rettale, Cavalli aggiunge che “non è più possibile relegare queste gravi negligenze e colpevoli mancanze di professionalità all’episodio che, però, non rientra nella quotidianità. Forse il Presidente Formigoni dovrebbe vigilare di più sull’attività delle strutture sanitarie pubbliche e concorrere meno alla spartizione delle nomine dei vari direttori Asl che, tra l’altro, confliggono spesso con quel concetto di opportunità politica che in questa Regione è completamente dissolto.”

“La magistratura – termina il consigliere Giulio Cavalli – sicuramente farà luce sulle responsabilità penali che hanno condotto l’ospedale di Rho sulle prime pagine di cronaca di questa Lombardia che, nonostante gli slogan pubblicitari, sempre meno si staglia come eccellenza in campo sanitario.”

 

No al listino e sì alle donne. Non è difficile.

Le elezioni regionali sono ancora espressione della scelta del cittadino, poiché, a differenza di quelle nazionali, l’elettore può esprimere una preferenza ed indicare il proprio rappresentante nelle istituzioni. Del resto, anche in questo caso, hanno escogitato un modo per poter inserire nel Consiglio regionale persone che non siano diretta espressione della volontà dei cittadini.

Il cosiddetto “listino” non è sottoposto alla scelta dei cittadini ed è, quindi, l’espressione poco, se non per nulla, democratica di una decisione presa a priori all’esterno della competizione elettorale.

Per questi motivi abbiamo deciso di presentare una mozione che chieda l’abolizione del listino bloccato e, in secondo luogo, la possibilità di esprimere una doppia preferenza uomo- donna, affinché le cosiddette “quote rosa” non siano solo un cartello propagandistico, ma un reale impegno dell’intero Consiglio regionale.

MOZIONE

IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA

PREMESSO CHE

Il Presidente della Regione è eletto a suffragio universale e diretto contestualmente all’elezione del Consiglio regionale secondo le modalità stabilite dalla legge elettorale;

PREMESSO INOLTRE CHE

L’elezione del Consiglio regionale, nelle Regioni come la Lombardia dove non è ancora stata definita una disciplina regionale propria, avviene con il sistema elettorale previsto dalla legge 17 febbraio 1968, n. 108 e dalla legge 23 febbraio 1995, n. 43;

CONSIDERATO CHE

Tale sistema prevede che il Presidente della Regione sia di norma eletto direttamente dai cittadini in un turno unico di votazioni senza ballottaggio e che contestualmente al Presidente viene eletto il Consiglio regionale con un sistema misto: in gran parte proporzionale, in piccola parte consistente in un premio di maggioranza variabile congegnato che, in ogni caso, la coalizione vincente disporrà in Consiglio di una maggioranza di seggi non inferiore (a seconda dei casi) al 55 o al 60%;

CONSIDERATO INOLTRE CHE

Degli 80 consiglieri chiamati a comporre il Consiglio regionale lombardo 64 sono eletti nelle circoscrizioni provinciali sulla base di liste concorrenti (collegate alle liste regionali) in proporzione ai voti ottenuti e alle preferenze espresse dall’elettorato mentre i restanti 16 sono eletti con il sistema maggioritario, sulla base di liste regionali concorrenti (i cosiddetti listini) il cui capolista è il candidato alla presidenza;

ATTESO CHE

Poiché il nuovo Presidente ha diritto ad avere una maggioranza stabile in Consiglio: se le liste a lui collegate hanno ottenuto meno del 40 per cento dei seggi, oltre alla totalità dei seggi del “listino” gli vengono attribuiti tanti consiglieri “extra” fino ad arrivare al 55 per cento dei seggi del consiglio (clausola di governabilità);

ATTESO INOLTRE CHE

Chi vince, in sostanza elegge in blocco i candidati del proprio listino con la seguente eccezione verificatasi nell’ultima tornata elettorale regionale lombarda che se le liste circoscrizionali collegate alla lista regionale vincente hanno ottenuto già il 50 per cento dei seggi, alla nuova maggioranza è attribuita la metà dei seggi del “listino” (dieci per cento del totale dei seggi in consiglio), mentre il resto è distribuito proporzionalmente tra le liste di opposizione;

VERIFICATO CHE

L’esito delle ultime elezioni regionali del 28 e 29 marzo 2010 ha visto la proclamazione di otto consiglieri regionali nominati proprio grazie al c.d. “listino bloccato”;

VERIFICATO INOLTRE CHE

La differenza tra i due sistemi sopra menzionati è costituita dalla circostanza che nella parte proporzionale la scelta avviene attraverso la democratica apposizione della preferenza sulla scheda elettorale al fine di far scegliere al cittadino il proprio rappresentante in seno al Consiglio Regionale mentre nel caso del “listino bloccato” la scelta non avviene attraverso l’esercizio di tale diritto in quanto il candidato alla carica di consigliere regionale in caso di vittoria è già definito a priori;

CONSTATATO CHE

Appare inoltre necessario attuare, relativamente alle elezioni del Consiglio Regionale della Lombardia e al sistema della preferenza, l’introduzione della doppia preferenza uomo-donna;

IMPEGNANO IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA DELLA REGIONE LOMBARDIA, ROBERTO FORMIGONI, LA GIUNTA REGIONALE LOMBARDA NONCHÈ IL CONSIGLIO REGIONALE LOMBARDO

A dotare il Consiglio regionale della Lombardia di una nuova legge regionale attraverso l’approvazione in tempi brevi di un progetto di legge che sancisca:

L’abolizione del listino bloccato;

L’elezione di tutti i consiglieri regionali attraverso il sistema della preferenza su base provinciale introducendo a riguardo il meccanismo della doppia preferenza uomo – donna.

 

Milano, 8 marzo 2011

Giulio Cavalli (IDV)

Stefano Zamponi (IDV)

Francesco Patitucci (IDV)

Gabriele Sola (IDV)

Ci salveranno i fessi

Durante un serata in cui si parlava di migranti in Italia mi si è accesa una lampadina, come quella delle idee fulminanti da cartone animato: parlavano i ragazzi della gru di Brescia e della torre di via Imbonati a Milano e, tra un’analisi e l’altra, uno di loro mi disse “anche in Italia c’è la mafia ma non tutti gli italiani sono mafiosi. Il problema sono i furbi”. Mi si faceva notare come solo da noi la parola “furbo” rientri nelle categorie umane degne di rispetto nonostante il dizionario ammonisca sulla furbizia come “qualità di chi, nella vita, sa trarsi abilmente d’impaccio o raggiungere i propri scopi, evitando accuratamente le insidie e ricorrendo a ingegnosi espedienti”. Che letta tutta d’un fiato, alla luce del nostro presente, non suona come virtù eticamente eroica.

La furbizia è l’espediente per la sopravvivenza animale in una società di cannibali: scriveva Michele Serra che “da noi – non c’è niente da fare – la furbizia, che è una delle più spregevoli manifestazioni di assenza di talento, continua a sembrare una virtù. E dire “li ho fregati!” piace da matti, anche se è la voce del ladro a parlare”. Secoli di indifferenza e tolleranza verso i furbi hanno permesso di portarli al potere, di accrescere boriosamente il prestigio degli scaltri a danno degli onesti fino alla fotografia attuale: furbi al governo e i sinceri catalogati tra i fessi.

La più bella rappresentazione della furbizia ha quasi cent’anni. L’ha scritta un giornalista e editore sempre troppo poco considerato come Giuseppe Prezzolini, morto nel 1982 dopo una vita tra libri e intellettuali. La sua opera più interessante è una raccolta di aforismi sotto il nome “Codice della vita italiana”, scritto nel 1921 ma estremamente (e pericolosamente) attuale. Un intero capitolo è dedicato ai furbi e ai fessi:

Capitolo I. – Dei furbi e dei fessi

1. I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi.

2. Non c’è una definizione di fesso. Però: se uno paga il biglietto intero in ferrovia, non entra gratis a teatro; non ha un commendatore zio, amico della moglie e potente nella magistratura, nella Pubblica Istruzione ecc.; non è massone o gesuita; dichiara all’agente delle imposte il suo vero reddito; mantiene la parola data anche a costo di perderci, ecc. questi è un fesso.

3. I furbi non usano mai parole chiare. I fessi qualche volta.

4. Non bisogna confondere il furbo con l’intelligente. L’intelligente è spesso un fesso anche lui.

5. Il furbo è sempre in un posto che si è meritato non per le sue capacità, ma per la sua abilità a fingere di averle.

6. Colui che sa è un fesso. Colui che riesce senza sapere è un furbo.

7. Segni distintivi del furbo: pelliccia, automobile, teatro, restaurant, donne.

8. I fessi hanno dei principi. I furbi soltanto dei fini.

9. Dovere: è quella parola che si trova nelle orazioni solenni dei furbi quando vogliono che i fessi marcino per loro.

10. L’Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i furbi che non fanno nulla, spendono e se la godono.

11. Il fesso, in generale, è stupido. Se non fosse stupido avrebbe cacciato via i furbi da parecchio tempo.

12. Il fesso, in generale, è incolto per stupidaggine. Se non fosse stupido, capirebbe il valore della cultura per cacciare i furbi.

13. Ci sono fessi intelligenti e colti, che vorrebbero mandar via i furbi. Ma non possono: 1) perché sono fessi; 2) perché gli altri fessi sono stupidi e incolti, e non li capiscono.

14. Per andare avanti ci sono due sistemi. Uno è buono, ma l’altro è migliore. Il primo è leccare i furbi. Ma riesce meglio il secondo che consiste nel far loro paura: 1) perché non c’è furbo che non abbia qualche marachella da nascondere; 2) perché non c’è furbo che non preferisca il quieto vivere alla lotta, e la associazione con altri briganti alla guerra contro questi.

15. Il fesso si interessa al problema della produzione della ricchezza. Il furbo soprattutto a quello della distribuzione.

16. L’Italiano ha un tale culto per la furbizia, che arriva persino all’ammirazione di chi se ne serve a suo danno. Il furbo è in alto in Italia non soltanto per la propria furbizia, ma per la reverenza che l’italiano in generale ha della furbizia stessa, alla quale principalmente fa appello per la riscossa e per la vendetta. Nella famiglia, nella scuola, nelle carriere, l’esempio e la dottrina corrente – che non si trova nei libri – insegnano i sistemi della furbizia. La vittima si lamenta della furbizia che l’ha colpita, ma in cuor suo si ripromette di imparare la lezione per un’altra occasione. La diffidenza degli umili che si riscontra in quasi tutta l’Italia, è appunto l’effetto di un secolare dominio dei furbi, contro i quali la corbelleria dei più si è andata corazzando di una corteccia di silenzio e di ottuso sospetto, non sufficiente, però, a porli al riparo delle sempre nuove scaltrezze di quelli.

Prezzolini, come si dice in gergo, è campato cent’anni e forse aveva visto giusto. Alla fine, ci salveranno i fessi.

Perché sostengo la Freedom Flotilla

“In un mondo in cui gli stati Uniti esportano democrazia è bello sapere invece che ci sono truppe molto più “sgarrupate” ma agguerrite che partono con un convoglio per non esportare nulla, ma per provare invece ad importare un po’ di pace e buon senso.
In un mondo che ancora si ostina a raccontarci Israele come uno stato avanzato, come uno stato che possa permettersi o avere la dignità di pronunciare la parola democrazia, mentre il popolo palestinese continua a vivere sotto la soglia della decenza oltre che dei diritti umani.

Pensare che per quest’anno ci sarà anche una nave italiana che andrà in questo viaggio, che è un viaggio di diritti, di solidarietà ma soprattutto che è un viaggio che vuole rivendicare un mondo normale di rapporti che non dipendono dalla forza dell’una o dell’altra parte, ecco, questa è un’ottima notizia.

Ed è per questo che appoggio in modo molto delicato, senza tentativi di affondamento, la flottilla di quest’anno, che si prepara per il suo ennesimo viaggio in modo silenzioso e con grande ostracismo da parte di molti media invece di continuare ad esercitare quello che è il dovere dell’umanità, secondo la costituzione internazionale, quella delle leggi non scritte della convivenza tra gli uomini.”

Giulio Cavalli

MILANO , 15 MARZO 2011, ore 20.30 Casa della Cultura, Via Borgogna 3
PRESENTAZIONE DELLA FREEDOM FLOTILLA 2 E DELLA NAVE STEFANO CHIARINI E DIBATTITO SULLE RIVOLUZIONI ARABE E SULLA LORO INFLUENZA IN PALESTINA
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150 anni e sentirli tutti in aula (del Consiglio Regionale)

Domani nella seduta del Consiglio Regionale Lombardo si torna a discutere del progetto di legge sui 150 anni dell’unità d’Italia. Fin qui tutto normale, direte voi. Si discute delle diverse interpretazioni di una Storia che per mantenere la maiuscola dovrebbe avere avuto tutto il tempo per lasciare sedimentare i fatti e dividerli dalle opinioni. Dovrebbe. In aula i leghisti hanno dato la loro lezione di storia (minuscola). Lezioni che sono qualcosa di più di ignoranza o umorismo: distorsioni dei fatti per estorcere opinioni. Quasi quasi verrebbe voglia di dare ragione a Silvio Berlusconi: ad ascoltare qualcuno ci si chiede cosa insegnino.