La sbandierata transizione energetica delle compagnie petrolifere è una farsa – Lettera43
BP ha tagliato di un bel 15 per cento il suo obiettivo di riduzione della produzione di petrolio e gas. Adnoc, il colosso degli Emirati, prevede di aumentare la sua capacità produttiva del 25 per cento entro il 2027. Alla faccia degli impegni contro il cambiamento climatico. Del resto è difficile che il lupo diventi vegetariano.
Le compagnie petrolifere non smettono di sorprenderci, ma forse la parola giusta è “deluderci”. L’ultima mossa di BP, che ha tagliato di un bel 15 per cento il suo obiettivo di riduzione della produzione di petrolio e gas, non è certo una sorpresa per chi ha seguito le precedenti promesse con un briciolo di scetticismo. Era il 2020 quando BP, in piena crisi d’immagine dopo il disastro del Golfo del Messico, si era impegnata a ridurre la produzione del 40 per cento entro il 2030. Oggi quella cifra è magicamente scesa al 25 per cento.
Perché ascoltare l’Aie quando si possono trivellare altri miliardi?
Siamo abituati ai ripensamenti delle grandi aziende del settore. Shell, ExxonMobil, BP: nomi diversi ma con lo stesso copione. L’aumento della domanda di energia dopo la crisi ucraina ha fornito una comoda giustificazione per abbandonare gli impegni presi, a favore di un più rassicurante ritorno al fossile. Eppure se leggiamo attentamente i rapporti scientifici e le raccomandazioni dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), ci viene detto chiaramente che non c’è più spazio per nuovi giacimenti di petrolio e gas se vogliamo davvero rispettare l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura globale sotto gli 1,5 gradi. Ma perché ascoltare l’Aie quando si possono trivellare altri miliardi?
Il metano che si disperde è un potente gas serra
L’analisi del report di Reclaim Finance è illuminante: Adnoc, la compagnia nazionale degli Emirati Arabi Uniti, prevede di aumentare la sua capacità produttiva del 25 per cento entro il 2027. Non solo. La stessa Adnoc ha piani ambiziosi per espandere il suo mercato del gas naturale liquefatto (Lng), con la costruzione di nuovi impianti di esportazione e rigassificazione. A quanto pare, mentre noi discutiamo del cambiamento climatico, qualcuno si prepara a far scorta per i decenni a venire. Il gas naturale, ci raccontano, è il “ponte” verso un futuro pulito. Peccato che anche questo “ponte” sia fatto di fossili. Il metano che si disperde nell’atmosfera durante l’estrazione e il trasporto di gas è un potente gas serra e la sua espansione minaccia di farci restare bloccati in un modello energetico che avremmo già dovuto abbandonare. Ma c’è sempre un modo per renderlo appetibile: basta chiamarlo transizione e il gioco è fatto.
Si rinuncia a un po’ di coscienza, che tanto è un lusso per pochi
Se andiamo a scavare un po’ più a fondo scopriamo che la tanto sbandierata “transizione energetica” delle compagnie petrolifere è, in realtà, una farsa. Prendiamo BP, per esempio. Dei 150 miliardi di dollari previsti per gli investimenti nel periodo 2023-2027, meno del 10 per cento è destinato alle tecnologie a basse emissioni di carbonio. La gran parte del budget va a progetti di espansione per il petrolio e il gas, con una particolare attenzione proprio al gas naturale liquefatto. Sembra quasi che la transizione energetica si faccia ma senza rinunciare a nulla. O meglio, rinunciando solo a un po’ di coscienza, che tanto è un lusso che pochi possono permettersi.
La cattura e lo stoccaggio del carbonio? Poco affidabile
E se guardiamo Adnoc, le prospettive sono altrettanto inquietanti. Nonostante il continuo parlare di decarbonizzazione e sostenibilità, il colosso emiratino ha destinato il grosso delle sue risorse all’espansione della produzione di combustibili fossili. Le sue “soluzioni a basse emissioni” rappresentano meno del 10 per cento del budget. Il restante 90 va al petrolio e al gas. Ma con una buona grafica e qualche slogan accattivante, la percezione pubblica si manipola facilmente. Dopotutto, si sa: l’importante è sembrare green, non esserlo. E qui arriva il colpo di scena, ma non quello che ci aspettavamo. Le stesse compagnie che gridano al cambiamento e all’innovazione climatica, puntano ora su una nuova soluzione miracolosa: la cattura e lo stoccaggio del carbonio (Ccs). Sembra quasi che abbiano trovato la scusa perfetta per continuare a trivellare: «Tranquilli, cattureremo tutto il CO₂ che produciamo!». Il problema è che il Ccs, al momento, è una tecnologia non solo costosa, ma anche inaffidabile su larga scala. Basare il futuro del Pianeta su una scommessa tecnologica non sembra esattamente la strategia più prudente.
Le rinnovabili sono un bel tema solo per i convegni
A quanto pare, però, prudenza e responsabilità non sono le parole d’ordine del settore. Adnoc prevede che la sua produzione di petrolio e gas nel 2030 sarà superiore del 20 per cento rispetto ai livelli necessari per allinearsi agli scenari di decarbonizzazione dell’Aie. Il messaggio è chiaro: mentre i governi e le istituzioni internazionali continuano a parlare di transizione, le grandi compagnie energetiche marciano nella direzione opposta. Certo, le rinnovabili sono un bel tema da affrontare nei convegni, ma quando si tratta di investire davvero è meglio non esagerare. Una manciata di parchi solari qua e là può servire a distrarre l’opinione pubblica mentre i bilanci continuano a essere trainati da petrolio e gas.
Queste aziende esistono per massimizzare i profitti
Se c’è una lezione da trarre da tutto questo è che aspettarsi un cambiamento volontario da parte delle compagnie petrolifere è come aspettare che il lupo diventi vegetariano. Queste aziende esistono per massimizzare i profitti, e finché ci sarà domanda di energia fossile loro continueranno a soddisfarla. La vera domanda è: chi ha creduto che sarebbe stato diverso? E soprattutto, per quanto ancora continueremo a credere che possano essere proprio loro a guidare la transizione energetica? Le compagnie petrolifere sono maestre nel confezionare promesse accattivanti, ma i fatti raccontano un’altra storia. Le emissioni continuano a crescere, i loro piani di espansione non accennano a rallentare, e le rinnovabili, al di là degli slogan, restano una parentesi insignificante nei loro bilanci. Il mondo, nel frattempo, continua a bruciare, letteralmente e metaforicamente.
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