Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) doveva rappresentare un’opportunità storica per l’Italia e per il Terzo settore. Tuttavia, l’analisi dei dati forniti da Openpolis rivela un quadro preoccupante, caratterizzato da ritardi, complessità burocratiche e scarso coinvolgimento del no profit.
I numeri parlano chiaro: su diverse misure cruciali per il Terzo settore, l’attuazione procede a rilento. Nel settore sanitario, ad esempio, il progetto delle Centrali Operative Territoriali (Cot) mostra significativi ritardi. Al 22 gennaio 2024, risultavano stipulati 574 contratti per la realizzazione di altrettante Cot, a fronte di un obiettivo di 600 centrali operative entro fine 2024. Alcune Regioni hanno accumulato ritardi tali da rendere necessari piani di rientro.
Ritardi e complessità: il Pnrr zoppica sui progetti chiave
Ancora più critica la situazione degli interventi di contrasto alla povertà educativa nel Mezzogiorno, unica misura che vede gli enti del Terzo settore come soggetti attuatori. Dei 220 milioni stanziati, risultano attivati progetti per soli 62,4 milioni di euro. Un dato che evidenzia le difficoltà del settore nell’accedere e gestire i fondi del Pnrr.
La rigenerazione urbana, altro ambito di interesse per il no profit, presenta incongruenze preoccupanti. Per i Piani Urbani Integrati, risultano attivi progetti per 2,9 miliardi di euro, una cifra che supera di gran lunga l’attuale importo assegnato alla misura (1,4 miliardi). Questa discrepanza solleva dubbi sulla effettiva realizzabilità di tutti gli interventi previsti.
Un nodo cruciale riguarda la distribuzione territoriale delle risorse. Nonostante l’obiettivo di destinare il 40% dei fondi al Sud, diverse misure mostrano percentuali inferiori. È il caso dei progetti per le Green communities, con solo il 36,3% delle risorse al Mezzogiorno, o degli interventi per il miglioramento della qualità dei servizi pubblici digitali, fermi al 34,3% per il Sud.
Trasparenza e monitoraggio: le zone d’ombra del Piano
La scarsa trasparenza e la difficoltà di monitoraggio di molti progetti rappresentano un’ulteriore criticità. Con l’uscita dal perimetro del Pnrr di alcune misure, vengono meno gli stringenti obblighi di rendicontazione previsti dal Piano. È il caso, ad esempio, degli 803 progetti per le infrastrutture sociali di comunità, del valore di circa 500 milioni, non più inclusi nel Pnrr. O ancora dei 254 interventi sui beni confiscati, per 300 milioni complessivi.
Anche laddove i progetti rimangono nel Piano, si registrano riduzioni degli obiettivi o slittamenti temporali. L’investimento per asili nido e scuole dell’infanzia, ad esempio, ha visto una revisione al ribasso del target di nuovi posti da creare (da 264.480 a 150.480). Per l’housing sociale e le stazioni di posta per i senza fissa dimora, è stato posticipato di un anno il termine per il completamento degli interventi.
La capacità di spesa rappresenta un altro elemento di preoccupazione. Per diverse misure di interesse per il Terzo settore, le risorse effettivamente assegnate sono ancora ben al di sotto degli stanziamenti previsti. Per il Servizio Civile, ad esempio, dei 650 milioni stanziati, risultano assegnati progetti per soli 428 milioni di euro.
La complessità delle procedure burocratiche amplifica queste criticità. Il programma Gol (Garanzia Occupabilità Lavoratori) è emblematico: nonostante diversi interventi correttivi per semplificare l’accesso ai fondi, al 18 aprile 2024 risultavano attivi solo 968 progetti per un importo di 658,4 milioni, a fronte di uno stanziamento complessivo di 5,5 miliardi.
Il quadro che emerge è quello di un’opportunità che rischia di essere mancata. La mancanza di un coinvolgimento strutturale del Terzo settore nella progettazione e attuazione degli interventi limita l’efficacia del Pnrr proprio in quei settori – dal welfare all’inclusione sociale – in cui il no profit potrebbe giocare un ruolo chiave.
Per invertire la rotta, servirebbe un cambio di passo deciso: procedure più snelle per l’accesso ai fondi, un maggiore ruolo degli enti nella co-progettazione degli interventi, e soprattutto un monitoraggio costante e trasparente dell’attuazione del Piano. Solo così il Pnrr potrà trasformarsi da semplice elenco di progetti e risorse in un vero motore di cambiamento, capace di valorizzare appieno il contributo del Terzo settore per una ripresa equa e sostenibile.
I dati di Openpolis lanciano un chiaro allarme: senza un intervento deciso, il rischio è che questa occasione storica si trasformi in un’ennesima promessa mancata per il Terzo settore e, di conseguenza, per tutto il Paese.
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