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La Lega verso il Congresso: nel partito tira aria di processo per Salvini

Non sarà uno “zero virgola uno in più” a salvare il leader della Lega Matteo Salvini. Non basta e non basterà nemmeno provare a insistere sul “tradimento” del fondatore Umberto Bossi che ha candidamente confessato di avere preferito Forza Italia alla Lega nell’urna delle ultime elezioni europee. Calerà anche l’onda di Vannacci, ora comodamente seduto a Strasburgo. Sul generale più di qualcuno in casa Lega sta già scommettendo quanto ci metterà a mettersi in proprio, con tanti saluti a Matteo che l’ha usato come salvagente. “Vannacci è un’importante operazione di marketing politico”, ha detto il capogruppo leghista in Senato Massimiliano Romeo. Una “grande intuizione di Salvini”, certo, ma secondo Romeo il sorpasso di Forza Italia deve indurre “a delle riflessioni” che vanno “fatte nelle sedi competenti” perché “occorre riguadagnare territorio, rafforzare la nostra base, stare più vicino ai nostri amministratori” senza dimenticare “la questione settentrionale”. Nelle parole del capogruppo brillano tutte imputazioni del segretario Salvini al prossimo congresso federale.

Alla Lega non si vede un congresso degno di questo nome dal 2017

Il congresso, appunto. Lo statuto finale della Lega per Salvini premier dice che il Congresso Federale è convocato dal Segretario Federale in via ordinaria ogni 3 (tre) anni. Le cose non sono andate proprio così. L’ultimo congresso degno di questo nome risale al 21 maggio 2017, ben sette ani fa. Matteo Salvini vinse con l’82,7% dei voti ma si tratta di un’era geologica fa. Con i big del partito c’era Roberto Maroni che fece il gesto dell’ombrello. Salvini prometteva “con il Pd né adesso né mai”, lo sfidante per la segreteria era l’allora assessore lombardo all’Agricoltura, Gianni Fava. Il congresso del 2019 è stato un passaggio formale per accentrare ancora più potere in mano al “Capitano” che in quei tempi pareva inarrestabile. In mezzo solo congressi locali, al massimo regionali, in cui le voci dissidenti si sono spente nelle cronache locali. 

Oggi il primo sfidante che si è esposto è Roberto Marcato, assessore regionale alle Attività produttive in Veneto. Non è un caso. “Abbiamo perso tutti gli eurodeputati veneti. – spiega Marcato – Il più votato, anche qui, è un signore che, sul tema dell’autonomia, sostiene che la riforma del Titolo V della Costituzione basti e avanzi. Rispetto alle ultime politiche, che già erano state un bagno di sangue, abbiamo perso ulteriori voti”. Il suo collega nella Giunta di Zaia, l’assessore all’Ambiente Gianpaolo Bottacin, parla di “Lega finita”, diventata “la brutta copia di Fratelli d’Italia” e la voce che circola è che sia pronto a traslocare armi e bagagli verso Forza Italia. 

C’è già uno sfidante, l’assessore regionale Roberto Marcato. E non è un caso che sia veneto

Lui, Salvini, aveva promesso il “congresso dopo le europee” e le europee sono passate. Ora ha annunciato il congresso in autunno. Lì non ci sarà nessuna “operazione di marketing” che tenga. Al congresso molto nervosi ci arriveranno i presidenti di Regione, dal veneto Zaia al lombardo Fontana passando per il friulano Fedriga. Salvini già nella prima conferenza stampa notturna dopo le elezioni europee ha confermato la sua candidatura. “Non cambia nulla”, continua a ripetere, spiegando da amici e giornalisti di “non avere mai pensato di lasciare”. 

“La strategia di un partito non si può costruire con i giochi di prestigio validi per un turno elettorale”, avvisa il consigliere regionale in Veneto Marzio Favero. “Facciamo il congresso per discutere di tutto”, assicura Salvini. In Francia gli stati generali con l’aristocrazia e con il clero vennero convocati dal Re dopo 170 anni passati senza consultare nessuno. Era troppo tardi.  

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La nuova Ue sembra quella vecchia: in pole von der Leyen, Metsola e Costa

L’aria che tira a Bruxelles sta tutta nelle parole che un diplomatico dell’Unione europea bisbiglia a Politico. “Più ottimismo sento, più divento nervoso”. Consolidati i risultati delle elezioni nei Paesi membri l’Ue che verrà potrebbe essere molto più veloce del previsto. L’avanzata della destra non basta a stravolgere gli equilibri e i nomi sono già sul tavolo: la tedesca Ursula von der Leyen per un secondo mandato come presidente della Commissione europea, il portoghese António Costa come presidente del Consiglio europeo, Roberta Metsola di Malta come capo del Parlamento europeo e l’estone Kaja Kallas come capo della politica estera.

Le sfide politiche dell’Ue

Lo schema di accordo verrà discusso per la prima volta il prossimo 17 giugno quando sull’agenda è fissata una cena informale con i leader in previsione dell’accordo formale e ufficiale che potrebbe arrivare il 27 o il 28 giugno. Chiudere in fretta la pratica è la priorità, sfruttando il momento di debolezza del presidente francese Macron per evitare di impantanarsi nella sua proverbiale capacità di sabotare gli accordi in sede europea. Il fattore tempo è fondamentale, secondo i funzionari e diplomatici europei, per non dare troppo vantaggio al Gruppo dei conservatori e riformisti europei (spinti dal successo di Giorgia Meloni) e il Gruppo identità e democrazia di Salvini e Le Pen che già annusa la possibilità prendersi il governo e poi puntare all’Eliseo. Rapidità è richiesta anche dalla guerra in Ucraina. I banchi vuoti nell’aula del Bundestag tedesco per il boicottaggio dei deputati sia dell’Alleanza Sahra Wagenknecht – Ragione e Giustizia (Bsw) sia di Alternativa per la Germania (Afd) sono l’antipasto tedesco del menu europeo. Ursula von der Leyen, che parla già con il tono della presidente confermata alla Commissione europea, ripete che bisogna “aiutare l’Ucraina a governare da sola il suo futuro”. Anche perché l’economia di guerra è uno dei punti programmatici del Ppe che la sostiene e che si è confermato primo partito. Il potenziale ritorno alla Casa bianca di Donald Trump aggiunge sale sulla coda. 

I socialisti, secondo gruppo nel Parlamento europeo, puntano su Costa per sostituire l’attuale presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Nei corridoi Ue i diplomatici stanno già speculando su chi sarà il capo del suo staff. All’inizio di questa settimana l’attuale primo ministro di centro-destra del Portogallo, Luís Montenegro, ha confermato che Lisbona potrebbe sostenere Costa per quel ruolo. L’unico ostacolo all’operazione è l’indagine a carico dell’ex primo ministro portoghese per traffico di influenze. Costa ha risposto già il mese scorso alle domande dei pubblici ministeri e i tempi appaiono lunghi. Per questo i socialisti nordici sperano ancora di potere infilare nella corsa Mette Frederiksen, primo ministro socialista in Danimarca, le cui quotazione appaiono però basse. 

L’equilibrio tra i paesi membri: una partita complessa

La casella più incerta rimane quella della politica estera. Durante la campagna elettorale alcuni Paesi hanno avanzato dubbi su Kallas per le sue radicali posizioni anti-Putin, preoccupati da un’eventuale sottovalutazione delle questioni in Medio Oriente e in Africa. Ma la linea dell’Ue che verrà ha fatto cadere i veti. La più prevedibile delle candidature sarà un altro mandato di due anni e mezzo all’attuale presidente del Parlamento europeo Metsola, che fa parte del Ppe e che dovrebbe essere confermata dal voto del Parlamento europeo. 

Sullo sfondo c’è però il nuovo Consiglio europeo dove l’onda nera (che qualcuno beatamente ancora nega) si farà sentire, eccome, fortificata dal nuovo prevedibile governo francese. Si corre per proclamare von der Leyen  già il 18 luglio ma pensare che i leader dei Paesi membri vengano a Bruxelles a timbrare gli accordi presi da altri è di una leggerezza quasi naif.

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Erdogan alleato della Nato ma amico pure di Putin

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che lo scorso gennaio ha firmato accordi sui migranti con la premier italiana Giorgia Meloni, parteciperà al summit dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai (SCO) previsto nella capitale del Kazakistan Astana, i prossimi 3 e 4 luglio. I dubbi sulla partecipazione del leader turco sono stati fugati definitivamente dalle parole del presidente russo Vladimir Putin, che ha dichiarato ieri di “attendere l’incontro con Erdogan per discutere di una serie di temi”.

Putin ha incontrato in Russia il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, che di Erdogan è un fedelissimo, e ha fissato ai prossimi 3-4 luglio la data di un incontro più volte rimandato. Inizialmente prevista per fine febbraio, la visita di Putin ad Ankara è stata rinviata e, sebbene il Cremlino abbia più volte reso noto di essere al lavoro per trovare una data tra aprile e maggio, alla fine non se ne è fatto niente. Nel discorso di ieri Putin ha ringraziato il presidente turco per le intese raggiunte con Mosca nella gestione della crisi in Siria, ma sopratutto per gli sforzi messi in atto nella mediazione tra Russia e Ucraina, nello scambio di ostaggi tra i due Paesi e nel raggiungimento dell’intesa che ha permesso il passaggio sicuro del grano ucraino attraverso il Mar Nero, siglata nel luglio 2022.

Intesa saltata un anno dopo proprio per una presa di posizione di Mosca, che chiede il passaggio di navi cariche dei propri prodotti. Erdogan insiste però nel voler far ripartire il ‘corridoio del grano’ e con Putin discuterà anche di questo. “Le relazioni con la Russia vanno molto bene”, ha detto il presidente turco che incidentalmente sarebbe pure un membro della Nato. Che ne pensano gli alleati del Patto Atlantico?

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La memoria labile su Berlusconi

“Dolcissimo papà, il tuo amore vivrà sempre dentro di noi. Firmato Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora e Luigi”. La commemorazione funebre di Silvio Berlusconi a un anno dalla morte appare sui principali quotidiani italiani con una pagina a pagamento.

Mediaset a reti unificate decide di mandare su Rete 4, Canale 5 e Italia 1 il documentario “Caro presidente, un anno dopo” firmato dal giornalista Toni Capuozzo. Bruno Vespa per stare al passo organizza uno speciale di Porta a porta in seconda serata. Rai News ha trasmesso lo speciale “Filo diretto – Ricordando Silvio” in onda dalle 10 con ospiti in studio e collegamenti.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni trafuga una foto in sua compagnia e la schiaffa sui social scrivendo “ci manchi. Ciao presidente”. Matteo Salvini parla di un uomo “innamorato della libertà”. Barbara Berlusconi tira fuori per l’ennesima volta “l’accanimento giudiziario” nei confronti del padre collegandolo alla riforma della Giustizia.

L’associazione Wikimafia ricorda le parole a pagina 310 della sentenza di condanna a Marcello Dell’Utri: “L’imprenditore milanese, abbandonando qualsiasi proposito (da cui non è parso mai sfiorato) di farsi proteggere da rimedi istituzionali, è rientrato sotto l’ombrello di protezione mafiosa assumendo Vittorio Mangano a Arcore e non sottraendosi mai all’obbligo di versare ingenti somme di denaro alla mafia, quale corrispettivo della protezione”.

In Parlamento i 5 Stelle protestano contro la beatificazione postuma di Silvio che “ha dato dell’eroe a un mafioso come Mangano”. Titoli di coda.

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Giornalismo che si oppone all’opposizione

Un conduttore televisivo sempre dolce con il potere che zittisce un parlamentare durante una trasmissione sulla rete pubblica nazionale è la scena che ci mancava per tastare il polso dell’aria che tira. I partiti di governo che come si oppongono all’opposizione sono il sintomo di una debolezza politica molto più pericolosa di quello che si può pensare. 

I fatti. Durante la trasmissione A porta a porta il conduttore Bruno Vespa litiga con il deputato del Pd Marco Furfaro che in replica al generale Vannacci dice l’ovvio: “io penso che sia tutto lecito e legittimo in politica, – ha detto il dem – uno è di destra e l’altro è di sinistra. Però io credo che sia inaccettabile che nel servizio pubblico noi ascoltiamo un parlamentare europeo che dice che la Decima Mas ha avuto una stagione gloriosa”.

Vespa si inalbera. “Intanto io non le consento che nel servizio pubblico non si possa ospitare un signore che ha preso 530.000 preferenze. Abbia pazienza. Punto primo. Poi punto secondo, la Decima Mas come ha detto Vannacci ha avuto due momenti. Io dico questo perché lei ha detto che non è possibile far parlare uno così nel servizio pubblico, eh no”, dice il conduttore. Il ragionamento è fragile. Quindi perché non ospitare Putin legittimamente eletto in Russia per fargli dire che l’Ucraina va rasa ala suolo per essere denazificata Rimanendo qui in Italia siamo pieni di politici con un bagaglio enorme di preferenze e una fedina penale vergognosa. Meritano il palcoscenico Rai?

Ha ragione Furfaro quando dice che “è inaccettabile” che un europarlamentare dica in tv “che Mussolini era uno statista”. Forse Furfaro ha sbagliato solo una cosa: la trasmissione di Vespa non è “sua”, è nostra. 

Buon mercoledì. 

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Aspettando Salis e Godot la melina continua

Per dare un’idea della situazione, che da fuori potrebbe sembrare perfino malafede, occorre tornare alle parole di lunedì del ministro agli Esteri Antonio Tajani che a proposito di Ilaria Salis appena eletta europarlamentare nelle liste di Alleanza verdi sinistra aveva detto testualmente: “Io non ho l’autorità di far liberare” Ilaria Salis. “Tocca a noi e al Parlamento europeo notificare all’autorità ungherese l’elezione di Salis a deputato europeo poi dovrà essere soprattutto il Parlamento europeo a intervenire perché ci sia la possibilità per lei di partecipare all’Assemblea”.

Per Tajani “tocca a noi e al Parlamento europeo” notificare alle autorità ungheresi l’elezione di Ilaria Salis a deputato europeo

Secondo Tajani ci sarebbe da aspettare almeno un mese prima di poter confezionare qualsiasi comunicazione ufficiale. Attenzione: un mese di detenzione di Ilaria Salis non è propriamente una passeggiata. Si tratta di una detenzione in un’Ungheria piuttosto labile nel rispetto dei diritti, scontando gli arresti domiciliari a un indirizzo che è stato reso pubblico in fase processuale e che gira tra le chat di estremisti che promettono vendetta.

Roberto Salis, padre di Ilaria, ieri ha detto che il giudice “ha dichiarato ai nostri avvocati ungheresi che per terminare la detenzione domiciliare è sufficiente che arrivi una comunicazione ufficiale da parte delle autorità competenti italiane, nella fattispecie il ministro degli Esteri e il ministro dell’Interno, che attestino l’avvenuta elezione”. Quindi, secondo il padre di Ilaria, Tajani avrebbe l’autorità di far liberare sua figlia. Eppure sembra che la melina continui. Solo che adesso non si tratta più di una vicenda personale, è roba che porta la firma di 170 mila italiani.

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Il sindaco torna a casa

Mimmo Lucano è stato eletto sindaco di Riace. Sì, sì, Mimmo Lucano è anche un nuovo europarlamentare nelle liste di Alleanze verdi sinistra, 190 mila preferenze sparse per l’Italia che sono una sberla in faccia all’Italia che abbraccia gli autocrati per appaltare le esecuzioni nel Mediterraneo e su terraferma. Ma Mimmo Lucano è tornato sindaco nella sua Riace, quella terra martoriata da sei anni in cui l’ex sindaco era il cadavere da esporre per distruggere un’idea di accoglienza che smutandava l’Europa e i carnefici di destra e di sinistra che si sono avvicendati al Viminale. 

Mimmo Lucano ha sconfitto le calunnie che non gli hanno scalfito lo spirito, Riace ha battuto il refrain assassino che la raccontava come borgo a disposizione dei traffici del suo sindaco. L’ex sindaco Tonino Tripoli, ex salviniano che ha abbandonato la nave per rifugiarsi in Forza Italia, è stato superato di 83 voti. 83 voti che vengono dopo i processi strampalati smontati pezzo per pezzo. 83 voti che vengono dopo un conato di giornalisti che banchettavano sui cadaveri. 83 voti che hanno dovuto superare un’Unione europea mortifera e indifferente. 

Riace ha votato Mimmo Lucano perché quel modello di stare insieme non è il prodotto della vanità di un sindaco ma è un benefico modello di comunità. «La mia Europa si chiama Riace», ha detto Mimmo mentre commosso leggeva i numeri del trionfo. Portare Riace in Europa è l’obiettivo politico. La marea nera non si ferma solo con la denuncia, l’Europa torva si supera con un modello contrario che preferisca il calcolo umano al calcolo politico. Hanno provato a demolirlo, non ci sono riusciti. Ben tornato a casa sindaco.  

Buon martedì. 

Nella foto: Mimmo Lucano, frame del video

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Schlein rilancia l’alternativa al centrodestra con M5S e Avs

La segretaria del Partito democratico Elly Schlein nella sala del Nazareno affollata di dirigenti e neo eletti Pd in Europa, la mette così: “Il messaggio è chiaro: Giorgia, stiamo arrivando”. La segretaria del Pd riferisce che con Meloni c’è stata una telefonata: “Ci siamo sentite, come normale che sia, per farci i complimenti per i reciproci risultati positivi”. I dem sono il partito che cresce di più in termini di voti, insieme ad Alleanza Verdi e Sinistra, soprattutto al Sud dove il Pd trainato anche dal record di preferenze di Antonio Decaro (quasi 500mila). La battaglia sul salario minimo, sulla sanità, contro l’autonomia differenziata hanno pagato in termini di consenso. E permesso di accorciare le distanze con Fdi. “Il Pd è il partito che è cresciuto di più dalle politiche, 10 punti dai sondaggi dall’inizio dello scorso anno, 2 in più dalle europee del 2019, 7 punti in più al sud rispetto alle europee. La distanza da Fdi si è assottigliata; da 2 milioni a un milione di voti”, spiega Schlein. E la somma dei partiti all’opposizione supera quella della maggioranza di centrodestra. Ora la sfida per la segretaria è la costruzione di un’alternativa. Il divario di voti con il M5s per i dem hanno chiarito i rapporti di forza. “Il Pd è il perno indiscusso per la costruzione dell’alternativa. Ora speriamo che passate le europee, con il risultato netto” che si è determinato con il Pd “di distacco primo partito del centrosinistra” si possa costruire l’alternativa, “noi – sottolinea Schlein – continueremo a lavorarci testardamente in modo unitario”. Schlein ci tiene a sottolineare che il Pd “non si considera autosufficiente” ma avverte che Giuseppe Conte che “perseverare nella strada della divisione o della competizione con il Pd, non credo porti a un risultato diverso rispetto a quello di ieri”. 

Schlein: ‘Il Pd è il perno indiscusso per l’alternativa

Il Movimento 5 Stelle fa i conti con un “risultato deludente”, come ha sottolineato l’ex premier nelle dichiarazioni a spoglio in corso. Un risultato, ha aggiunto Conte, che merita una riflessione profonda. A cosa porterà’ questa riflessione e’ il quesito che ci si pone tra i dem. Il timore è che l’alleato decida di scartare di lato, alla ricerca di uno spirito anti-sistema e anti Pd simile a quello delle origini. La speranza è che Conte si convinca del fatto che “perde chi non è unitario”, come dice la segretaria Pd: “Chi ha avuto l’atteggiamento più unitario è stato premiato, e non parlo solo del Pd”, spiega Schlein riferendosi evidentemente agli alleati di Alleanza Verdi e Sinistra: “Mi viene da dire che le divisioni non pagano. Non pagano quelle dei progressisti e non pagano quelle tra chi si è presentato insieme per governare”, e qui la stoccata è a Matteo Salvini. È anche per capire quale direzione prenderà il M5s, e quindi il cantiere dell’alternativa, che Schlein chiamerà nelle prossime ore Conte. 

Conte promette “una riflessione profonda”

Da Alleanza verdi sinistra Angelo Bonelli manda un messaggio chiaro rispetto alla creazione di un’alternativa al centrodestra: “Noi intendiamo assumere questa iniziativa nei confronti di Schlein e Conte, gli errori commessi alle politiche li abbiamo pagati cari. Renzi e Calenda Per noi è fondamentale un programma che federi”, dice a Rai Radio1. Fratoianni e Bonelli da mesi lavorano per consolidare il dialogo con il M5s a discapito di Renzi e Calenda. L’ottimo risultato di Avs fortifica una campo largo che si fermi un centimetro prima di Renzi e Calenda. È lo stesso confine che ha in testa Conte. La deputata dem Debora Serracchiani avverte: “dobbiamo parlare senza alcuna sudditanza né sensi di superiorità, con la capacità politica di essere punto di mediazione”. 

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La sfida tra lei e gli altri non ha portato bene

Nella Lega la chiamano la zarina, anche se oggi sembra piuttosto spenta. Susanna Ceccardi è colei che nel 2014, ospite di Michele Santoro, disse: “Chi mi accusa di tenere più alla vita di un chihuahua che alla vita di un immigrato, non capisce che i chihuahua non sbarcano a migliaia sulle nostre coste”. Da sindaca di Cascina (Pisa) disse: “Non ho messo la foto di Sergio Mattarella nel mio ufficio, è un retaggio dell’ancien régime” e si rifiutò di celebrare un unione civile gay perché, “il registrucolo degli amanti omosessuali è un’invasione di campo che ha ragioni di progettualità ideologica in vista del mutamento del concetto di famiglia”.

Nel 2017 disse “menomale” che i medici calabresi guadagnano meno di quelli dell’Emilia Romagna. Qualche mese fa ha confuso Aldo Moro con Berlinguer e con De Gasperi. Due anni fa ha confuso l’articolo 1 con l’articolo 3 della Costituzione. Per queste elezioni europee Ceccardi ha giocato la sua campagna con lo slogan “o me” e “o lui/lei”, nel goffo tentativo di polarizzare il suo elettorato (come se ce ne fosse bisogno). L’ha fatto con Mimmo Lucano, l’ha fatto con Lucia Annunziata, l’ha fatto Ilaria Salis, l’ha fatto con Elly Schlein.

Lucano, Annunziata e Salis sono stati comodamente eletti a Strasburgo, facendo incetta di voti. Elly Schlein ha incassato un clamoroso risultato da segretaria del Partito democratico. Si potrebbe tranquillamente dire che gli elettori tra Ceccardi e gli altri hanno sempre scelto gli altri. Lei è rimasta in silenzio per ore perdendo la grinta della campagna elettorale, appesa alla ripartizione dei seggi che la Lega potrebbe racimolare in giro e alle scelte del generale Vannacci. È il rischio di fare i bulli: quando si perde, si perde sempre fragorosamente.

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Meloni supera il referendum. A FdI più voti delle ultime politiche

Giorgia Meloni aveva deciso di usare le elezioni europee come referendum se sé stessa e sul governo (anche se per lei le due cose coincidono) e alla fine ha avuto ragione. Fratelli d’Italia cresce rispetto alle ultime elezioni politiche che già l’avevano portata a Palazzo Chigi. “Fratelli d’Italia si conferma primo partito italiano, superando il risultato delle scorse elezioni politiche”, scrive sui suoi social Meloni postando una foto in cui fa con la mano il segno della vittoria. In conferenza stampa dice di accogliere i risultati delle europee con ancora più gioia rispetto alle ultime politiche promette ancora più determinazione. Giovanni Donzelli, parlando al comitato di Fdi al Parco dei Principi, dice che a vincere è stata l’Italia: “Il dato da notare è che mentre in tutta Europa i governi hanno risentito della crisi internazionale e delle difficoltà economiche” il governo italiano “esce forte da queste elezioni”, osserva il responsabile dell’organizzazione di Fratelli d’Italia. 

Pd

È una vittoria dentro e fuori dal suo partito anche quello della segretaria del Partito democratico Elly Schlein. Il risultato delle europee sbroglia diverse matasse. L’avvicinamento dei dem nei confronti di Fratelli d’Italia rende il Pd di Schlein l’asse portante della costruzione di una possibile alternativa a questo governo, spegnendo le ambizioni e la competizione di Conte e del M5s e rimettendo nell’angolo le pretese dei pezzi del cosiddetto Terzo polo. Il risultato del Partito democratico, ancora di più alla luce dei numeri di Renzi e di Calenda, serve a Schlein anche per ridimensionare l’opposizione interna che dall’inizio della sua reggenza spingevano per spostarsi al centro mollando il M5s. Le candidature volute dalla segretaria (Cecilia Strada in primis) hanno funzionato tenendo insieme il partito. La difficile gestione delle diverse sensibilità ha permesso l’affermazione elettorale anche di candidati non vicinissimi a Schlein, restituendo l’immagine di un partito in fin dei conti unito. Spostare l’asse del partito a sinistra ha attratto voti. “Sentiamo la responsabilità di costruire l’alternativa”, dice la segretaria tenendosi a fianco sorridente il neo europarlamentare Bonaccini. 

Forza Italia

Antonio Tajani ce l’ha fatta. Nel quartier generale di Forza Italia si diceva fino a ieri che anche uno 0,1% in più rispetto alla Lega sarebbe stato un grande risultato. “Ci davano per morti e invece siamo vivi e vegeti”, dice il coordinatore di Forza Italia. Avrebbe colpito in particolare, raccontano fonti azzurre all’Adnkronos, oltre al risultato della Lega, quello degli Stati Uniti d’Europa con Iv di Matteo Renzi che rischia di restare fuori dalla corsa mancando lo sbarramento del 4 per cento. Si aprirebbe così, avrebbero commentato nel corso della riunione con il segretario nazionale, un grande spazio politico che Fi potrebbe riempire.

Alleanza Verdi-Sinistra

Candidature indovinate, posizioni nette e copertura (riuscita) del fronte pacifista. Alleanza Verdi-Sinistra sfiora il 7% e colleziona un risultato sorprendente per tutti. “Ne abbiamo sentite molte. Ci hanno accusato di usare candidature a fini strumentali. Abbiamo fatto bene ad agire. Ilaria Salis da stasera è un europarlamentare”, ha detto il leader di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni nel comitato elettorale di Avs a Roma. Ma il risultato è molto di più dell’italiana in arresto nell’Ungheria di Orbàn. “Questa sera diciamo ai leader delle altre forze di opposizione: ora e’ il momento di costruire una convergenza, a cominciare dal premierato e dall’autonomia differenziata, ci vuole responsabilità e coraggio”, dice Fratoianni. E sullo sfondo anche Schlein sorride. 

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