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Tensione tra Pd e M5s: il campo largo si stringe

L’eventuale ricomposizione del cosiddetto campo largo tra Partito democratico e Movimento 5 stelle accadrà, se accadrà, dopo le elezioni europee. Dai dem filtra la voce che la legge elettorale per Bruxelles, proporzionale, e la possibilità di sviluppi delle indagini in Puglia rimanda qualsiasi discussione. Troppo alta la temperatura.

All’uscita dalle primarie a Bari decisa da Giuseppe Conte in seguito alle inchieste sul voto di scambio ora si aggiunge l’ufficializzazione la corsa solitari del M5S in Piemonte con la candidatura di Sarah Disabato. “Le sorti dell’area del campo progressista non dipendono solo da noi, ma anche da quel che vorrà fare Schlein. Vuole perseguire gli impegni presi con la comunità che l’ha investita segretaria, per trasformare il Pd? O finirà trasformata dal Pd?”, ha detto Conte in un’intervista al Corriere della sera. “Accusarci di slealtà offende il popolo che ha creato il M5S e che, dal 2009, ha fatto del principio della legalità la nostra stella polare. Per noi non sono in gioco delle beghe tra partiti o tra leader, è in gioco la sostanza politica. Si tratta di rinnovare la classe dirigente per costruire qualcosa di diverso dall’Italia che non ci piace. Non possiamo fare spallucce e questo per noi vuol dire essere leali con i cittadini”.

L’eventuale ricomposizione del cosiddetto campo largo tra Pd e M5s è rimandata a dopo le elezioni europee

La segretaria dle Pd Elly Schlein è più impegnata – come spesso le accade – ad arginare le correnti del suo partito. “Quando Elly Schlein dice che non devono essere le correnti del Pd a fare le liste per le elezioni europee, io non solo non posso non essere d’accordo, ma tutta la mia campagna congressuale è stata all’insegna del ‘basta con le correnti’ che determinano le carriere” ha detto il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, battuto proprio dalla Schlein nell’ultimo congresso.

C’è chi poi, tra i dem, non accetta lezioni dai pentastellati: “‘La legalità è la stella polare del M5S’ tuona Conte. Evidentemente qualcuno dei loro ha perso la bussola, per esempio Marcello De Vito, già presidente del consiglio comunale di Roma, condannato a 8 anni e 8 mesi per corruzione, finanziamento illecito e traffico di influenze” scrive su Twitter la deputata Pd Lia Quartapelle. Pronta la replica di Michele Gubitosa, vicepresidente del M5S alla Camera: “La deputata Quartapelle del Partito democratico è nuovamente tornata sulla vicenda legata all’ex M5S De Vito per attaccare Conte e il Movimento. Credo sarebbe meglio che prima di parlare a vanvera i colleghi del Pd facessero lo sforzo di documentarsi, in modo da evitare questo genere di figuracce. O quantomeno potrebbero parlarsi tra di loro, dal momento che già nel weekend avevamo risposto a Casu sulla stessa vicenda, chiarendo che De Vito fu immediatamente allontanato dal M5S, peraltro quando Conte non ne era ancora Presidente.

Il campo largo torna a essere un auspicio per alcuni e un incubo per altri

Possibile che il Partito democratico non abbia migliori argomenti sul tema Comprendiamo la difficoltà e l’agitazione del momento, ma crediamo che la legalità non sia materia per il chiacchiericcio e la polemica politica, perché per noi rappresenta un valore fondante e un tratto distintivo non negoziabile”. E c’è chi, nell’altro campo, gongola per le tristi vicissitudini del campo largo: “Solo per dare un’immagine e senza voler fare il minimo paragone con le guerre in atto, la sinistra più che un campo largo mi sembra un campo minato. Fra sconfitte, liti, leader che si accusano l’un l’altro e candidati che escono ed entrano dalle porte girevoli, se continua così sospenderanno le trattative per impraticabilità di campo” commenta la senatrice di Forza Italia e vice presidente del Senato, Licia Ronzulli, in un’intervista al Giornale. Il campo largo torna a essere un auspicio per alcuni e un incubo per altri. E potrebbe essere così fino alle europee. 

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Perfino l’analisi della “Stretto di Messina” dice che il Ponte è un flop

Al ministro dei Trasporti e della Infrastrutture Matteo Salvini serve che i lavori del Ponte sullo Stretto comincino il prima possibile per evitare di affondare. Salvini ripete che il ponte (che per lui più che altro è una scialuppa) si comincerà a costruire entro il 2024 ma solo da pochi giorni è stata resa pubblica l’analisi dei costi e dei benefici redatta dalla società “Stretto di Messina”. Il buon senso e la buona politica richiederebbero che a stendere lo studio fosse una società terza e non una di quelle coinvolte nel progetto ma per ora ci si deve accontentare. L’aspetto clamoroso – come sottolinea l’ingegnere meccanico e professore all’Università di Torino Francesco Ramella – è che dall’analisi del rapporto della società “Stretto di Messina” si evince che l’investimento, sotto il profilo strettamente economico, è fallimentare.

Dall’analisi del rapporto della società “Stretto di Messina” si evince che l’investimento, sotto il profilo strettamente economico, è fallimentare

“Per costi di costruzione e gestione, al netto del valore residuo al termine del periodo di analisi, stimati pari a 10,6 miliardi, i benefici economici, dati dalla somma di risparmi di tempo e riduzione di costi operativi dei mezzi di trasporto, assommano a 9,1 miliardi”, scrive Ramella in un studio per lavoce.info. Ramella sottolinea anche come desti perplessità il fatto che i risparmi di tempo per i veicoli merci siano stimati, nel primo anno di esercizio, pari a 365 milioni, ossia quasi il triplo rispetto a quelli per i passeggeri, nonostante che il numero di mezzi pesanti che oggi si servono dei traghetti sia intorno alle 800 mila unità, contro più di dieci milioni di persone che ogni anno attraversano lo Stretto. “Occorre poi ricordare – spiega Ramella – che, storicamente, le valutazioni economiche delle grandi opere sono soggette a optimism bias (pregiudizio dell’ottimismo): quasi sempre a consuntivo i costi risultano superiori a quelli stimati inizialmente (in media per i ponti del 26 per cento) e i benefici più limitati”. In ogni caso, anche qualora si considerino corrette tutte le assunzioni e i risultati della valutazione, la costruzione del ponte impoverirebbe gli italiani per un ammontare di 1,5 miliardi di euro.

A tenere in piedi il progetto sarebbe un risparmio sovrastimato della riduzione delle emissioni climalteranti. Proprio nel ministero di chi nega il cambiamento climatico

E i benefici? Secondo lo studio della “Stretto di Messina” a pesare positivamente sarebbe soprattutto riduzione delle emissioni climalteranti, valutati pari a 10,6 miliardi. È curioso che proprio nel ministero presieduto dal ministro più scettico sul cambiamento climatico – addirittura negazionista in qualche caso – la crisi ambientale venga valutata come il motivo preponderante per la costruzione dell’opera, no? Secondo gli autori della analisi costi benefici, grazie alla costruzione del ponte e alla conseguente eliminazione dei traghetti tra Messina e Villa San Giovanni, al trasferimento su ferrovia di una parte dei passeggeri che oggi utilizzano l’aereo e delle merci trasportate via nave, si conseguirebbe una riduzione di emissioni pari a 12,8 milioni di tonnellate di CO2. Per fare quadrare i conti però hanno dovuto esagerarli e così, come sottolinea Ramella, nel rapporto si è valutato 828 euro il valore attuale delle quote di emissione di gas serra che però nel sistema europeo di scambio è di 60 euro e il valore massimo raggiunto nel febbraio 2023 è stato pari a 105 euro. Oggi si stima che la maggior parte delle emissioni mondiali di CO2 potrebbe essere abbattuta con un costo di gran lunga inferiore a quello preso come riferimento nell’analisi. In sintesi, – scrive Ramella – si può dire che la fattibilità socio-economica del Ponte “è appesa” a una ipotesi di riduzione delle emissioni straordinariamente inefficiente. A Salvini conviene che i suoi elettori cambino idea in fretta sul cambiamento climatico. 

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Una controffensiva, una roba così?

Sei mesi dopo l’attacco di Hamas nel sud di Israele la controffensiva israeliana si può leggere nei numeri. 

Il Ministero della Sanità di Gaza parla di 33.137 persone uccise (i dati si riferiscono alla giornata di ieri). Qualcuno con un grande stomaco risponde che quei numeri sono falsi perché provengono da Hamas. Guardiamo gli altri. Save the Children (non Hamas) denuncia che sono stati uccisi più di 13.800 bambini. La Mezzaluna Rossa Palestinese (non Hamas) scrive che circa 1.000 bambini hanno perso una o entrambe le gambe. L’Unicef parla di almeno 17.000 minori palestinesi attualmente non accompagnati o separati dai loro genitori. Ovviamente migliaia sono orfani. Oltre 75 mila persone – sempre secondo Unicef – sono rimaste ferite e non possono essere assistite perché il sistema sanitario di Gaza è in gran parte distrutto o danneggiato.

L’Onu (non Hamas) fa saper che 2,3 milioni di persone fanno la fame e che la carestia sarà diffusa entro maggio in diverse parti di Gaza. Sono una trentina – sempre secondo l’Onu – le persone morte per fame e per sete. L’80% della popolazione è sfollata. Per terra ci sono 26 milioni di detriti del 62% di case distrutte. Otto scuole su dieci sono state devastate, almeno 625mila studenti non hanno nessuna forma di distruzione. 

Funzionano solo 10 ospedali su 36. L’Ufficio stampa governativo di Gaza indica che sono stati uccisi 140 giornalisti. Non bisogna rifarsi dei datiti Hamas, dicono. l Comitato per la Protezione dei Giornalisti stima in 90 il numero di reporter e cameraman uccisi.

Buon lunedì. 

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L’insostenibile leggerezza di Delmastro

Andrea Delmastro Delle Vedove, sottosegretario alla Giustizia, uomo irrinunciabile della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, l’ha chiamata leggerezza”. Osservando con attenzione si tratta in effetti dellennesima leggerezza. Delmastro con leggerezza ha rivelato informazioni coperte dal segreto di Stato al suo coinquilino nonché compagno di partito Giovanni Donzelli. Donzelli con leggerezza ha utilizzato quelle informazioni riservate per bastonare i suoi avversari politici. Una leggerezza. Si sa, i sottosegretari di governo con leggerezza fanno comunella con i loro coinquilini come degli studenti universitari qualsiasi. 

Poi con leggerezza il sottosegretario Delmastro ha festeggiato il capodanno insieme allaltro suo compagno di partito Emanuele Pozzolo che con leggerezza passava di là. Dicono i presenti che fosse un poalticcio e con leggerezza abbia armeggiato con una pistola. Con leggerezza il sottosegretario alla Giustizia ha raccontato di essere proprio in quel momento andato a buttare la spazzatura. Un testimone dice che non è vero ma Delmastro con leggerezza ha detto che il testimone, quello che si è preso una pallottola nella gamba, ricorda male. 

Poi con leggerezza nei giorni scorsi il sottosegretario ha partecipato a una cena elettorale a Biella per sostenere la candidatura a sindaco di Marzio Olivero, suo compagno di partito. Hanno discusso con leggerezza tra una portata e laltra della nomina del revisore dei conti della cassa di Risparmio di Biella e con leggerezza stavano finendo per darsele davanti a tutta. È intervenuta la scorta del leggero sottosegretario e li ha separati. Spiega il sottosegretario che stavano litigando per finta, che ha fatto una leggerezza. 

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Il lavoro non fa la felicità: così i valori della società sono cambiati – Lettera43

Un rapporto Censis-Eudaimon certifica che la maggior parte delle persone rifiuta straordinari e si nega a call e mail extra, preferendo badare a gestione dello stress e relazioni. E secondo un’altra ricerca un dipendente su due non è soddisfatto del proprio ruolo. C’entrano anche gli stipendi da fame. Oltre a uno scollamento di imprenditori e classe dirigente dalla realtà.

Il lavoro non fa la felicità: così i valori della società sono cambiati

C’è una novità che si fatica a intercettare nel dibattito pubblico: il lavoro non è più l’attività di vita per eccellenza intorno alla quale tutto il resto deve strutturarsi. Sta scritto nero su bianco nel settimo rapporto “Il welfare aziendale e la sfida dei nuovi valori del lavoro” firmato Censis-Eudaimon. Si scopre che la grande maggioranza dei lavoratori esplicitamente indica che nel prossimo futuro ha intenzione di ridurre il tempo dedicato al lavoro, mentre quote significative già oggi, qualora possibile, proteggono il proprio tempo di non lavoro rifiutando straordinari, negandosi a call, mail e a ogni attività extra rispetto alle mansioni definite. E quote alte di occupati dichiarano che, rispetto a qualche anno fa, il lavoro è meno importante, perché nella loro vita è cresciuta la rilevanza di attività personali alternative.

Più attenzione al benessere psicofisico e alle relazioni

I numeri ci dicono che il 93,7 per cento dei lavoratori e delle lavoratrici occupati in Italia considera molto importante il benessere e la felicità quotidiana. La stragrande maggioranza dei lavoratori ritiene che dedicare più tempo a sé stessi e alla propria famiglia sia la strada per aumentare il benessere. L’82,8 per cento del campione del Censis si è dichiarato più attento rispetto al passato al proprio benessere psicofisico, alla sua salute, alla gestione dello stress e alle relazioni. L’87,3 per cento degli occupati ritiene un errore fare del lavoro il centro della propria vita e per il 52,1 per cento il lavoro oggi influenza meno la vita privata rispetto al passato. Anche per questo, il 67,7 per cento degli occupati vorrebbe ridurre il tempo dedicato all’attività lavorativa nel prossimo futuro.

Solo il 49 per cento delle persone si ritiene felice del proprio lavoro

La quarta edizione della ricerca promossa dall’Associazione ricerca felicità 2024 restituisce risultati simili. Solo il 49 per cento del campione si ritiene felice del proprio lavoro. La percentuale è particolarmente negativa tra i lavoratori e le lavoratrici del Nord-Ovest (46 per cento), tra i colletti blu (44 per cento) e tra i più giovani (44 per cento).

Il lavoro non fa la felicità: così i valori della società sono cambiati
Il lavoro non è più al centro delle priorità degli italiani (Imagoeconomica).

Spiega Sandro Formica, vicepresidente e direttore scientifico dell’Associazione ricerca felicità: «Il lavoro ha un ruolo attivo nell’alimentazione della felicità. Non è un’impressione, non è trascurabile, è un fatto. Dalla nostra ricerca emerge chiaramente anche uno scollamento nel percepito dei lavoratori: se è vero per il 76 per cento che il loro lavoro migliora l’azienda, non si registra invece reciprocità in termini di soddisfazione dei bisogni, che per il 35 per cento non sono soddisfatti dal proprio lavoro. Man mano che viene data centralità al lavoratore, lo scollamento si fa ancor più esplicito: per il 41 per cento il lavoro non dà un senso alla vita, per il 47 per cento non aiuta a capire sé stessi».

Lavoro deriva da “pena”, “sforzo”, “fatica”, “sofferenza”

Siamo una Repubblica fondata sul lavoro? Una Repubblica fondata sul lavoro significa che il lavoro realizza la Repubblica. “Lavoro” in italiano, labour in inglese, travail in francese, trabajo in spagnolo, arbeit in tedesco. “Lavoro” e labour derivano dal latino labor che significava “pena”, “sforzo”, “fatica”, “sofferenza” e ogni attività penosa, e corrispondeva esattamente al greco πόνος. Nel XII secolo, insieme a labeur era apparso ouvrier, dal latino operaius, “uomo di pena”, che rinvia esso stesso a due parole: opus, “opera”, e operae, gli “impegni”, le “obbligazioni” che devono essere assolti sia dall’affrancato verso l’antico padrone, sia di fronte a un cliente nel caso di un contratto d’affari tra uomini liberi (locatio operis faciendi).

Il lavoro non fa la felicità: così i valori della società sono cambiati
Lavoratori in una raffineria di gas naturale (Imagoeconomica).

Nell’etimologia latina nessun riferimento alla gioia o al piacere

Non è presente, nell’etimologia latina, alcun riferimento alla gioia o al piacere come effetto del lavoro stesso. Ma se andiamo ancora più indietro nella ricerca delle origini del termine lavoro, arriviamo alla radice sanscrita labh (a sua volta dalla più antica radice rabh) che, in senso letterale, significa afferrare, mentre, in senso figurato, vuol dire orientare la volontà, il desiderio, l’intento, oppure intraprendere, ottenere. Se ci fermiamo a questa etimologia il lavoro diventa il luogo dove l’essere umano afferra il desiderio, orienta la volontà, intraprende e ottiene per se stesso, per il suo bisogno di autodeterminazione e per il suo benessere. E nel lavoro si professano i propri ideali, si alimenta la Repubblica italiana.

I problemi: stipendi da fame e classe dirigente scollata dalla realtà

Qui sorge la domanda: ma siamo davvero sicuri che oltre agli stipendi da fame (che non crescono da decenni) il “problema” di certa nostra imprenditoria non sia l’incapacità di cogliere l’evoluzione dei valori? Quanta classe dirigente c’è in grado di comprendere una soddisfazione personale che non derivi dal successo (pubblico) e dal potere? Siamo sicuri che basti minimizzare tutto come pigrizia? A meno che – il dubbio è legittimo – la ricerca della felicità sia un hobby riservato solo al circolo dei ricchi.

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Un processo tira l’altro. Sorci Verdini per Denis & Son

Piccolo riassunto dei guai con la giustizia della famiglia Verdini, capitanata dal patriarca Denis che negli anni è stato uno dei più fedeli collaboratori di Silvio Berlusconi (Forza Italia), poi amicale consigliere di Matteo Renzi (quindi Italia viva) e infine quasi parente acquisito di Matteo Salvini (infine Lega).

Piccolo riassunto dei guai con la giustizia della famiglia Verdini, capitanata dal patriarca Denis

Denis è stato condannato in via definitiva a 6 anni per bancarotta nelle vicende del Credito Cooperativo Fiorentino, a 5 anni e 6 mesi per il fallimento della Società Toscana Edizioni ed a 3 anni e 10 mesi per il fallimento di un’impresa edile di Campi Bisenzio (FI), condanne che sta scontando nel carcere di Sollicciano. Suo figlio Tommaso è finito agli arresti domiciliari lo scorso 28 dicembre nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Roma sulle commesse Anas. Il ministro Salvini aveva detto di essere certo della sua innocenza.

Tommaso Verdini ha chiesto di patteggiare una pena a due anni e 10 mesi. La Procura di Roma non si è ancora pronunciata sulla richiesta avanzata dai suoi difensori. Nelle scorse settimane i pm di piazzale Clodio hanno chiesto e ottenuto il giudizio immediato per reati di corruzione e turbativa d’asta anche per Fabio Pileri, socio di Tommaso Verdini nella società Inver.

La figlia Diletta invece ha patteggiato un anno di reclusione. Secondo l’accusa, si sarebbe spacciata per avvocato con una badante romena per seguirla in un processo di lavoro. Poi avrebbe scritto anche una finta sentenza, vantandosi con la cliente di aver vinto la causa. La vicenda è emersa grazie a un servizio della trasmissione Le iene. Non male, eh?

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Nervi tesi tra Pd e M5S per le primarie saltate a Bari. Schlein: “Così si aiuta la destra”. Conte: “La legalità non è un optional”

Il primo che prova a metterci una pezza è lo storico dirigente del Partito democratico Goffredo Bettini che ospite al programma Omnibus su La7 lancia un appello “sia Conte che al Pd per ritirare i rispettivi candidati e trovare una soluzione che possa di nuovo ricostruire e riallacciare un processo unitario e rendere così più probabile, direi quasi certa, la vittoria del centrosinistra a Bari”. Il dem ci tiene a precisare che “nello statuto del PD ci sono le primarie” ma “le primarie, in certi caso, sono anche un po’ una trappola: quando si tratta di fare l’unità tra due partiti, in situazioni in cui uno dei due è stato all’opposizione e l’altro ha governato, occorre trovare una candidatura che sia il più possibile unitaria”. 

Scambio di accuse tra i Pd e 5 stelle. Ognuno chiede all’altro di convergere sul proprio candidato

L’ennesima inchiesta su un presunto voto di scambio che ha portato all’arresto di otto persone, tra cui il sindaco di Triggiano, Antonio Donatelli e Sandro Cataldo, marito dell’assessora regionale ai Trasporti, Anita Maurodinoia indagata annuncia uno strascico lungo nei rapporti tra il Pd e il Movimento 5 stelle. Saltate le primarie tra Vito Leccese (uomo del sindaco di Bari Decaro e del presidente Emliano) sostenuto dal PD e l’avvocato Laforgia sostenuto dal M5s ora a traballare è il percorso che stavano costruendo Elly Schlein e Giuseppe Conte. “A me dispiace, perché era la prima volta, poteva essere un laboratorio: il Movimento Cinque Stelle si apriva alle primarie, che hanno sempre caratterizzato la vita democratica, le scelte democratiche dei candidati, da parte del Partito Democratico. Di questo sono dispiaciuto”, dice il sindaco di Bari Antonio Decaro. 

Il sindaco dem di Firenze Dario Nardella invita Conte a ripensare la sua “decisione di andare da solo”: “non possiamo permetterci di regalare Bari, che è stata amministrata molto bene, alla destra solo perché siamo divisi. – dice Nardella – Dobbiamo fare ogni sforzo per trovare ciò che ci può riportare uniti, tenendo conto che c’era un accordo tra Pd e M5s per fare le primarie”. 

Conte: “l’accusa di slealtà da parte del Pd la rispedisco al mittente”

Conte non ci sta a fare la figura del sabotatore. Su potenziali alleanze a livello nazionale le “conseguenze ci sono se il Pd continua di parlare di slealtà da parte nostra” è un’accusa “offensiva che respingo al mittente”, ha detto il presidente del Movimento cinque stelle”. “Il Pd non ha rispetto dei partiti con cui lavora. Se non ritirano le accuse di slealtà sarà sempre più difficile lavorare con il Pd”, ha aggiunto. L’ex presidente del Consiglio ci tiene a precisare che di Bari aveva già parlato con Schlein mercoledì, preannunciando che ulteriori sviluppi dell’inchiesta avrebbero determinato lo scioglimento dei patti. Il candidato Laforgia sostenuto dal M5s e Sinistra italiana scrive una nota per dire che “negare una interlocuzione e attribuire a Conte ogni decisione è semplicemente irresponsabile, prima che falso”. Per Laforgia il suo avversario Vito Leccese, sostenuto da Pd e Verdi, “non può negare che sin dalla mattina di ieri ho parlato con lui, e poi con altri autorevoli interlocutori del PD – e non solo – per cercare una soluzione unitaria. Sa bene – dice il candidato grillino – che sino a pochi minuti prima di arrivare in piazza della Libertà ho chiesto a lui e al PD, nella sua massima espressione, di condividere la decisione di sospendere il voto delle primarie”. Poco dopo Conte incalza: “Michele Laforgia – dice il leader del Movimento –  è una personalità della società civile che non abbiamo indicato noi, ditemi perché non va bene”. Fratoianni chiede ai candidati di smettere di litigare e “di trovare una soluzione”.

Schlein: così si aiuta la destra

Ma non sembrano esserci i presupposti. “Chi ha iniziato a fare politica con palazzo Chigi capisco che non abbia dimestichezza con la militanza e con i gazebo. Pretendo però che si abbia rispetto. È una sberla per tutta la gente perbene che si stava preparando ad andare a votare. Così – ha detto Schlein in serata – aiutano la destra”. “Per il M5S la legalità non è un valore negoziabile, non è merce di scambio”, replica a stretto giro Conte.

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Yermak: “Per l’Ucraina sta scadendo il tempo”

La difesa dell’Ucraina non può permettersi di aspettare i tempi della politica e ora è in seria difficoltà. “Il problema per noi è il tempo: vorrei sottolineare che adesso è un momento critico per l’Ucraina. È molto importante che il pacchetto di aiuti venga approvato questo mese (dal Congresso degli Stati Uniti) perché nel frattempo ci sta costando vite”, ha dichiarato in un’intervista a Politico il capo di gabinetto del presidente ucraino Andry Yermak. “Il duro colpo che l’Ucraina ha subito nelle ultime tre settimane fa parte della campagna russa in vista di una grande offensiva… che potrebbe iniziare alla fine di maggio o all’inizio di giugno. Senza sistemi di difesa aerea è impossibile difendere le nostre città”, ha aggiunto.

Il capo di gabinetto del presidente ucraino Andry Yermak parla di “momento critico per l’Ucraina” e chiede che il pacchetto di aiuti Usa venga approvato questo mese

Nella notte le forze russe hanno attaccato l’Ucraina con 5 missili e 13 droni kamikaze. “Durante la notte e la mattina del 5 aprile, sono stati sventati diversi tentativi da parte del regime di Kiev di effettuare attacchi terroristici utilizzando droni aerei”, ha affermato in un comunicato il ministero della Difesa russo, precisando che in totale sono stati abbattuti o intercettati 53 droni, tra cui 44 sopra la regione di Rostov. 

L’esercito di Kiev avrebbe risposto effettuando con successo un attacco all’aeroporto di Morozovsk nella regione russa di Rostov, a seguito del quale sarebbero stati distrutti almeno 6 aerei. Lo riporta Unian citando fonti informate. In particolare si tratterebbe di bombardieri Su-24, Su-24M e Su-34 che la Russia utilizza per sganciare bombe aeree guidate sulle posizioni delle forze armate in prima linea e sulle città ucraine.

La Russia intanto insiste sulla “pista ucraina” per l’attacco al municipio di Crocus in cui sono morte 144 persone e 360 sono rimaste ferite. Nonostante l’attentato sia stato rivendicato dall’Isis gli investigatori russi fanno sapere di avere trovato nei telefono dei dodici sospettati arrestati “foto di uomini in mimetica con la bandiera Ucraina sullo sfondo di edifici distrutti”, si legge nella nota degli investigatori che non aggiungono ulteriori dettagli. “Questi dati potrebbero testimoniare un legame tra l’attacco e lo svolgimento dell’operazione militare speciale”, si legge nel comunicato stampa, utilizzando l’eufemismo imposto dal Cremlino per descrivere l’offensiva in Ucraina.

 

Leggi anche: Moody’s, il piano Nato farebbe esplodere il debito pubblico. Secondo l’agenzia di rating l’Italia è tra i paesi più a rischio

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Lobby fossile a tutto gas. 57 aziende causano da sole l’80% delle emissioni

Un nuovo studio dimostra che solo 57 produttori di di petrolio, gas, carbone e cemento sono direttamente collegati all’80% delle emissioni mondiali di gas serra dall’accordo sul clima di Parigi del 2016. Una potente schiera di società (controllate dagli stati o multinazionali in mano agli azionisti) che sarebbero – secondo il report di Carbon Majors Database – sarebbe il principale motore della crisi climatica.

Solo 57 produttori di di petrolio, gas, carbone e cemento sono direttamente collegati all’80% delle emissioni mondiali di gas serra

Nonostante nel 2016 i governi si siano impegnati a tagliare i gas serra l’analisi rileva che la maggior parte dei grandi produttori ha addirittura aumentato la produzione di combustibili fossili e le relative emissioni nei sette anni successivi a quell’accordo rispetto ai sette anni precedenti. Dal database rilasciato ieri dei 122 maggiori inquinati al mondo i ricercatori scrivono che il 65% delle aziende statali e il 55% delle aziende del settore privato hanno aumentato la produzione in barba agli accordi sottoscritti dagli Stati. In testa alle aziende inquinatrici svetta il colosso statunitense ExxonMobil che avrebbe prodotto 3,6 gigatonnellate di CO2 in sette anni, ovvero l’1,4% del totale globale. Seguono Shell, BP, Chevron e TotalEnergies con l’1% delle emissioni globali a testa. Dai dati risulta evidente l’aumento di emissioni legate allo sfruttamento di carbone, nonostante l’Agenzia internazionale dell’energia abbia più volte avvertito che non è possibile aprire nuovi giacimenti di petrolio e gas se il mondo deve rimanere entro i limiti stabiliti del riscaldamento globale.

L’elenco del Carbon Majors Database. ExxonMobil capofila tra gli inquinatori

Gli scienziati concordano nel ritenere che le temperature globali si stiano avvicinando rapidamente all’obiettivo di Parigi, l’aumento entro gli 1,5°, con conseguenze potenzialmente disastrose per le persone e l’ambiente. “È moralmente riprovevole per le aziende continuare ad espandere l’esplorazione e la produzione di combustibili al carbonio di fronte alla consapevolezza decennale che i loro prodotti sono dannosi”, ha detto Richard Heede, che ha istituito il set di dati Carbon Majors nel 2013. “Non si possono incolpare i consumatori che sono stati costretti a dipendere dal petrolio e dal gas a causa della cattura del governo da parte delle compagnie petrolifere e del gas”, ha aggiunto. Tzeporah Berman, direttore del programma internazionale presso Stand.earth e presidente del Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili, spiega che “la ricerca di Carbon Majors ci mostra esattamente chi è responsabile del calore letale, del clima estremo e dell’inquinamento atmosferico che minaccia le vite e scatena il caos sui nostri oceani e sulle nostre foreste. Queste aziende – dice Berman – hanno realizzato miliardi di dollari di profitti negando il problema e ritardando e ostacolando la politica climatica. Stanno spendendo milioni in campagne pubblicitarie sull’essere parte di una soluzione sostenibile, pur continuando a investire in una maggiore estrazione di combustibili fossili”.

Il 65% dei colossi statali e il 55% di quelli privati hanno aumentato la produzione in barba alle intese di Parigi

Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia il consumo globale di carbone è aumentato di quasi l’8% dal 2015 al 2022, raggiungendo un massimo storico di 8,3 miliardi di tonnellate nel 2022. Questa ricerca rileva che dal 2015 al 2022, le emissioni di CO2 e legate alla produzione di carbone di proprietà degli investitori sono diminuite del 28%, mentre le emissioni di CO2 e legate alla produzione di carbone delle società statali e degli Stati nazionali sono aumentate rispettivamente del 29% e del 19%. È il paradosso di una lotta al cambiamento climatico che si limita a essere pronunciata più che praticata.

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Nervi tesi tra Pd e M5s per le primarie saltate a Bari

Il primo che prova a metterci una pezza è lo storico dirigente del Partito democratico Goffredo Bettini che ospite al programma Omnibus su La7 lancia un appello “sia Conte che al Pd per ritirare i rispettivi candidati e trovare una soluzione che possa di nuovo ricostruire e riallacciare un processo unitario e rendere così più probabile, direi quasi certa, la vittoria del centrosinistra a Bari”. Il dem ci tiene a precisare che “nello statuto del PD ci sono le primarie” ma “le primarie, in certi caso, sono anche un po’ una trappola: quando si tratta di fare l’unità tra due partiti, in situazioni in cui uno dei due è stato all’opposizione e l’altro ha governato, occorre trovare una candidatura che sia il più possibile unitaria”. 

Scambio di accuse tra i Pd e 5 stelle. Ognuno chiede all’altro di convergere sul proprio candidato

L’ennesima inchiesta su un presunto voto di scambio che ha portato all’arresto di otto persone, tra cui il sindaco di Triggiano, Antonio Donatelli e Sandro Cataldo, marito dell’assessora regionale ai Trasporti, Anita Maurodinoia indagata annuncia uno strascico lungo nei rapporti tra il Pd e il Movimento 5 stelle. Saltate le primarie tra Vito Leccese (uomo del sindaco di Bari Decaro e del presidente Emliano) sostenuto dal PD e l’avvocato Laforgia sostenuto dal M5s ora a traballare è il percorso che stavano costruendo Elly Schlein e Giuseppe Conte. “A me dispiace, perché era la prima volta, poteva essere un laboratorio: il Movimento Cinque Stelle si apriva alle primarie, che hanno sempre caratterizzato la vita democratica, le scelte democratiche dei candidati, da parte del Partito Democratico. Di questo sono dispiaciuto”, dice il sindaco di Bari Antonio Decaro. 

Il sindaco dem di Firenze Dario Nardella invita Conte a ripensare la sua “decisione di andare da solo”: “non possiamo permetterci di regalare Bari, che è stata amministrata molto bene, alla destra solo perché siamo divisi. – dice Nardella – Dobbiamo fare ogni sforzo per trovare ciò che ci può riportare uniti, tenendo conto che c’era un accordo tra Pd e M5s per fare le primarie”. 

Conte: “l’accusa di slealtà da parte del Pd la rispedisco al mittente”

Conte non ci sta a fare la figura del sabotatore. Su potenziali alleanze a livello nazionale le “conseguenze ci sono se il Pd continua di parlare di slealtà da parte nostra” è un’accusa “offensiva che respingo al mittente”, ha detto il presidente del Movimento cinque stelle”. “Il Pd non ha rispetto dei partiti con cui lavora. Se non ritirano le accuse di slealtà sarà sempre più difficile lavorare con il Pd”, ha aggiunto. L’ex presidente del Consiglio ci tiene a precisare che di Bari aveva già parlato con Schlein mercoledì, preannunciando che ulteriori sviluppi dell’inchiesta avrebbero determinato lo scioglimento dei patti. Il candidato Laforgia sostenuto dal M5s e Sinistra italiana scrive una nota per dire che “negare una interlocuzione e attribuire a Conte ogni decisione è semplicemente irresponsabile, prima che falso”. Per Laforgia il suo avversario Vito Leccese, sostenuto da Pd e Verdi, “non può negare che sin dalla mattina di ieri ho parlato con lui, e poi con altri autorevoli interlocutori del PD – e non solo – per cercare una soluzione unitaria. Sa bene – dice il candidato grillino – che sino a pochi minuti prima di arrivare in piazza della Libertà ho chiesto a lui e al PD, nella sua massima espressione, di condividere la decisione di sospendere il voto delle primarie”. Poco dopo Conte incalza: “Michele Laforgia – dice il leader del Movimento –  è una personalità della società civile che non abbiamo indicato noi, ditemi perché non va bene”. Fratoianni chiede ai candidati di smettere di litigare e “di trovare una soluzione”. Non sarà oggi. I nervi sono troppo tesi. 

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