Ansa su “I mangiafemmine”
Un decreto per regolamentare “l’attività venatoria del femminicidio”, firmato, appena vinte le lezioni, da Marzia Rizzo dei Conservatori assieme al leader del partito Valerio Corti, è l’estrema provocazione che segna il ritorno di Giulio Cavalli alla narrativa con la sua satira nutrita da uno humour grottesco e noir che scardina e mette a nudo la paradossale ferocia quotidiana della nostra realtà, da cui erano nate nel 2019 le visioni macabre sui flussi migratori di ‘Carnaio’ (finalista al Premio Campiello).
Il libro alterna cronache di una sempre più affannata campagna elettorale dei Conservatori con racconti di donne uccise dai propri uomini, in carica o ex, a cominciare da quella di Frida Novelli, moglie di Tullio Ravasi, che in ufficio ricatta in modo vile per sesso una povera stagista e a casa è violento e insofferente, sino a esplodere e ammazzare non sopportando che lei sia sempre più ansiosa e impaurita. Un racconto in cui si succedono il modo di vivere il rapporto di Lui e di Lei.
È questo solo il primo fatto a coinvolgere direttamente, durante una incontro stampa tv, il povero Corti con la sua bieca, elementare cultura maschilista, che replica insinuando che forse era colpa di lei, visto che il marito la manteneva da signora permettendole di non lavorare. E dopo, a Marco Fumagalli, responsabile della comunicazione dei Conservatori, chiede di sapere, per il futuro, quanti uomini siano stati ammazzati recentemente da una donna, per poter “riequilibrare la narrazione” relativamente ai vari uxoricidi, come – dice – si sono sempre chiamati questi omicidi.
Il problema è che Corti, dato per vincitore scontato, avendo 13 punti percentuale in più del suo avversario Luigi Posso dei Democratici, non è amato dai moderati, di cui invece dovrebbe assolutamente conquistare i voti, e, con i suoi interventi fuori luogo mentre gli ammazzamenti di donne si susseguono a ritmo incalzante e la gente chiede chiarezza, peggiora sempre più la sua situazione, finché si decide che se il problema che mette in forse la sua vittoria sono le donne, allora si faccia da parte e si candidi alla presidenza una donna, la Rizzo appunto.
Ecco poi il decreto del governo che autorizza il femminicidio come se fosse caccia e la battaglia che contro tutto ciò ingaggia la giornalista Clementina Merlin, ritrovandosi però praticamente sola, coi suoi capi e i democratici che ritengono di lasciar perdere, non accettare la provocazione e affrontano la questione solo contestando le incongruenze giuridiche del decreto. Eppure si annuncia che nel primo giorno di caccia “le femmine abbattute sono ottocentocinquantaquattro. La soppressione è avvenuta regolarmente, rispettando le norme igieniche” previste dal decreto.
Il paese DF, in cui tutto è ambientato, assomiglia sempre più alla nostra realtà e, in questo gioco, le varie giustificazioni, le spiegazioni patriarcali, i riferimenti alla natura dell’uomo cacciatore e della donna che si fa preda, “perché non ci sono notizie di donne stuprate mentre stanno a casa” prese dai lavori domestici, diventano automaticamente non meno paradossali del resto e di citazioni che hanno creato nel tempo gli schemi sul ruolo o carattere della donna, che vanno da Aristotele a San Paolo, da Ambrose Bierce a Flaubert, e sono il vero senso del libro, la sua denuncia dark e impietosa.
Cavalli, giornalista che vive sotto scorta dal 2007 per il suo impegno contro le mafie, sappiamo che sa essere realista e preciso, come qui dimostra con la bella resa narrativa delle pagine sui vari racconti di femminicidi di Clara, Sonia, Frida, Alissa e i loro uomini, ma sa che la letteratura è visionaria, è metafora, e che la verità della sua denuncia, se è questo che vuol fare, nasce proprio dal presentarsi nella sua alterità e utilizzare libertà e stravolgimenti esemplari, che alla fine hanno una natura iperrealista come Kafka insegna e dimostra un maestro quale Swift, in particolare, col discorso sul come affrontare la fame nel mondo.