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Pappagalli locali dei leader nazionali

C’è questa piccola storia infame che arriva dalle parti di Treviso e riguarda un poliziotto trentenne candidato nel 2019 con Fratelli d’Italia finito nei guai per un giro di prostituzione. A colpire, come spesso accade, è il divario tra ciò che Ivan D’Amore – questo il nome dell’indagato – prometteva ai suoi elettori e i suoi comportamenti privati.

La piccola storia infame del poliziotto trevigiano candidato nel 2019 con FdI nei guai per un giro di prostituzione

“È andata bene, sono sorpreso per le mie 111 preferenze, il terzo in tutta la coalizione, è stato un risultato personale che mi riempie di orgoglio, e che mi incita a continuare su questa strada. Evidentemente sono piaciuti i progetti che ho esposto: sicurezza urbana, lotta all’accattonaggio e alla prostituzione”, diceva D’Amore nel 2019, dopo essersi candidato con Fratelli d’Italia.

Prometteva lo stop della prostituzione in pubblico e intanto nel privato D’Amore è stato arrestato per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, in concorso con una donna colombiana, Mariby Morales di 50 anni. Secondo l’accusa, avrebbe gestito alcuni appartamenti con un vasto giro di prostitute e trans che gli avrebbe garantito un giro d’affari di 70 mila euro al mese.

È una piccola storia infame di coerenza come molte altre, certo. Colpisce però lo svuotamento delle promesse elettorale che non sono nient’altro che le imitazioni di un tic. Essere contro la droga e poi drogarsi, odiare gli omosessuali per nascondersi, voler combattere l’evasione e intanto evadere, tuonare contro il Reddito di cittadinanza e poi intascarselo oppure usare il Superbonus mentre lo si abolisce sono i segnali di una politica intesa come posa pubblica e nient’altro. Migliaia di cloni locali dei leader nazionali che ripetono a pappagallo la manfrina. E poi ci si stupisce dell’astensionismo.

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Chiorazzo vicino al passo indietro. Avanza il modello Abruzzo in Basilicata

Improvvisa accelerata ieri per le prossime elezioni regionali in Basilicata, dopo lo stallo provocato dal candidato indicato dal Pd lucano e da Basilicata Casa Comune per le elezioni del 21 e 22 aprile, Angelo Chiorazzo. Sul suo nome da settimane si è incagliata la possibilità di ripetere anche in Basilicata lo schema elettorale che ha vinto in Sardegna con una coalizione che comprenda il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle, come già accade anche per la competizione in Abruzzo.

Improvvisa accelerata per le elezioni regionali in Basilicata dopo lo stallo provocato dal candidato Angelo Chiorazzo

Nei giorni scorsi la segretaria dem Elly Schlein – che ritiene l’alleanza con il M5S l’unica possibilità di essere competitivi alle elezioni regionali e in prospettiva alle prossime politiche – aveva inviato due emissari per confrontarsi con gli iscritti e i dirigenti locali. Non era andata benissimo. I racconti di chi c’era descrivono una vera e propria rivolta degli scritti lucani in difesa del candidato che avevano indicato, con l’appoggio anche dell’ex ministro dem Roberto Speranza.

Ieri è stata la segretaria Schlein in persona a incontrare Chiorazzo e l’imprenditore avrebbe meditato sul proprio ritiro per agevolare l’allargamento della coalizione, proponendo un altro nome. Dopo i dem Chiorazzo ha incontrato anche Conte a Roma. “Stiamo lavorando per la Basilicata – ha detto il leader M5S ai cronisti – stiamo lavorando a una candidatura credibile e rappresentativa di tutti e di tutte le forze civiche. Ci siamo confrontati con Chiorazzo e continueremo a confrontarci con lui, con il Pd e tutte le forze che vogliono lavorare per uno schieramento progressista”.

Per Conte “l’obiettivo è avere un programma serio e credibile, e un candidato che rappresenti tutti in modo affidabile”. Sulla possibilità di trovare un nome alternativo a quello di Chiorazzo ieri è intervenuto anche Stefano Bonaccini, leader della minoranza dem che fino a poche ore prima dello spoglio in Sardegna era tra i più strenui oppositori del cosiddetto campo largo con i 5S e che oggi ha profondamente cambiato idea. “Ogni volta che si sceglie un candidato o una candidata – ha spiegato Bonaccini – il principio attorno a un programma condiviso dovrebbe essere quello di scegliere il candidato o la candidata più in grado di aggregare forze politiche o movimenti civici e provare a vincere”.

La moral suasion di Conte e Schlein sta dando i suoi frutti. Con l’alleanza unita la partita è apertissima

Angelo Bonelli di Europa verde aveva sottolineato come quello indicato dal Pd lucano “non è un nome che unisce e quindi bisogna lavorare su un nome. Auspico che anche chi lo ha proposto e lui stesso capiscano che prima di tutto viene la necessità di fermare la destra. Ci sono le condizioni per vincere anche in Basilicata”. L’aspirante presidente imposto da Speranza è pronto a farsi da parte. Il re delle coop bianche lucane ha tentato di resistere fino fino alla fine, evocando “qualche mano interessata” dietro il Sole24ore che aveva scritto di trattative per posti in Giunta in cambio del suo ritiro e ombre inquietanti tra le righe del Fatto Quotidiano che l’ha descritto come “il miglior prodotto di quel mondo che faceva riferimento a Giulio Andreotti, Comunione e Liberazione, don Giacomo Tantardini a La Cascina e a Gianni Letta”.

Alla fine è Chiorazzo a indicare al Pd il candidato presidente mentre il partito è di fatto commissariato da Roma. Qualcuno bisbiglia che Chiorazzo proverà a sedurre Pittella e il M5S accetterà dopo avere dato prova di forza enorme archiviando il “caso Chiorazzo”. “Sciocchezze”, dicono tra i dem a Roma. Qualcuno però lancia la provocazione: perché non si candida chi stava dietro a Chiorazzo? Cioè Roberto Speranza.

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Chiorazzo vicino al passo indietro. Avanza il modello Abruzzo in Basilicata

Improvvisa accelerata ieri per le prossime elezioni regionali in Basilicata, dopo lo stallo provocato dal candidato indicato dal Pd lucano e da Basilicata Casa Comune per le elezioni del 21 e 22 aprile, Angelo Chiorazzo. Sul suo nome da settimane si è incagliata la possibilità di ripetere anche in Basilicata lo schema elettorale che ha vinto in Sardegna con una coalizione che comprenda il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle, come già accade anche per la competizione in Abruzzo.

Improvvisa accelerata per le elezioni regionali in Basilicata dopo lo stallo provocato dal candidato Angelo Chiorazzo

Nei giorni scorsi la segretaria dem Elly Schlein – che ritiene l’alleanza con il M5S l’unica possibilità di essere competitivi alle elezioni regionali e in prospettiva alle prossime politiche – aveva inviato due emissari per confrontarsi con gli iscritti e i dirigenti locali. Non era andata benissimo. I racconti di chi c’era descrivono una vera e propria rivolta degli scritti lucani in difesa del candidato che avevano indicato, con l’appoggio anche dell’ex ministro dem Roberto Speranza.

Ieri è stata la segretaria Schlein in persona a incontrare Chiorazzo e l’imprenditore avrebbe meditato sul proprio ritiro per agevolare l’allargamento della coalizione, proponendo un altro nome. Dopo i dem Chiorazzo ha incontrato anche Conte a Roma. “Stiamo lavorando per la Basilicata – ha detto il leader M5S ai cronisti – stiamo lavorando a una candidatura credibile e rappresentativa di tutti e di tutte le forze civiche. Ci siamo confrontati con Chiorazzo e continueremo a confrontarci con lui, con il Pd e tutte le forze che vogliono lavorare per uno schieramento progressista”.

Per Conte “l’obiettivo è avere un programma serio e credibile, e un candidato che rappresenti tutti in modo affidabile”. Sulla possibilità di trovare un nome alternativo a quello di Chiorazzo ieri è intervenuto anche Stefano Bonaccini, leader della minoranza dem che fino a poche ore prima dello spoglio in Sardegna era tra i più strenui oppositori del cosiddetto campo largo con i 5S e che oggi ha profondamente cambiato idea. “Ogni volta che si sceglie un candidato o una candidata – ha spiegato Bonaccini – il principio attorno a un programma condiviso dovrebbe essere quello di scegliere il candidato o la candidata più in grado di aggregare forze politiche o movimenti civici e provare a vincere”.

La moral suasion di Conte e Schlein sta dando i suoi frutti. Con l’alleanza unita la partita è apertissima

Angelo Bonelli di Europa verde aveva sottolineato come quello indicato dal Pd lucano “non è un nome che unisce e quindi bisogna lavorare su un nome. Auspico che anche chi lo ha proposto e lui stesso capiscano che prima di tutto viene la necessità di fermare la destra. Ci sono le condizioni per vincere anche in Basilicata”. L’aspirante presidente imposto da Speranza è pronto a farsi da parte. Il re delle coop bianche lucane ha tentato di resistere fino fino alla fine, evocando “qualche mano interessata” dietro il Sole24ore che aveva scritto di trattative per posti in Giunta in cambio del suo ritiro e ombre inquietanti tra le righe del Fatto Quotidiano che l’ha descritto come “il miglior prodotto di quel mondo che faceva riferimento a Giulio Andreotti, Comunione e Liberazione, don Giacomo Tantardini a La Cascina e a Gianni Letta”.

Alla fine è Chiorazzo a indicare al Pd il candidato presidente mentre il partito è di fatto commissariato da Roma. Qualcuno bisbiglia che Chiorazzo proverà a sedurre Pittella e il M5S accetterà dopo avere dato prova di forza enorme archiviando il “caso Chiorazzo”. “Sciocchezze”, dicono tra i dem a Roma. Qualcuno però lancia la provocazione: perché non si candida chi stava dietro a Chiorazzo? Cioè Roberto Speranza.

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La sparata del leghista contro i trans spiega bene tutto lo stigma sociale sull’Aids – Lettera43

Il consigliere comunale milanese Piscina ha parlato di «sangue infetto sputato alle forze dell’ordine». Dimostrando sierofobia. E che ancora ce n’è di strada da fare per superare quella discriminazione sull’Hiv che fa tanto Anni 80-90. Tra test poco frequenti e diagnosi tardive, il problema è ancora molto attuale.

La sparata del leghista contro i trans spiega bene tutto lo stigma sociale sull’Aids

C’è questo consigliere comunale a Milano, tal Samuele Piscina (come spesso accade: leghista), che in un suo intervento durante il Consiglio comunale ha spiegato che in un quartiere della città «c’erano transessuali che sputavano sangue infetto alle forze dell’ordine». Lo sdegno, il can can e gli articoli che circolano sui social sono l’immediata conseguenza. Piscina lo sa bene, del resto il suo segretario Matteo Salvini è assurto alle cronache nazionali quando in quello stesso ruolo di consigliere comunale aveva proposto di dividere le carrozze della metropolitana tra bianchi e neri. Ai tempi quasi tutti pensavano che una persona con proposte così sceme oltreché orrende non avrebbe mai fatto strada. E invece Salvini è per la seconda volta vice presidente del Consiglio nonché per la seconda volta ministro.

Il film Philadelphia con Tom Hanks fu una svolta

Ma non è questo ora qui che interessa. Nella frase dello sputo di «sangue infetto» c’è l’odore di uno stigma che ci riporta agli Anni 80-90, quando l’Aids era uno spauracchio tormentoso che entrava nella case degli italiani con uno spot pubblicitario in cui i “malati” venivano rappresentati con una linea fluorescente in mezzo a ignari sani. Quello stigma si è sgretolato con anni di studi, di divulgazione scientifica e di opere cinematografiche e letterarie. Il celebre film Philadelphia con Tom Hanks fu una svolta per raccontare come la discriminazione sia pericolosa quanto la malattia.

In Italia il 58,1 per cento delle nuove diagnosi di Hiv sono tardive

Lo stigma su cui ha pestato il piede il consigliere Piscina però ha anche altri effetti. Da anni su questo campo opera l’associazione “Plus, persone Lgbt+ sieropositive” che si occupa degli aspetti “sociali” dell’Hiv (dalla paura alla solitudine, passando per la disclosure) lasciati troppo spesso alla gestione solitaria della singola persona con Aids. Quello stigma, spiegano dall’associazione, produce come effetto che le persone non facciano i test con sufficiente frequenza, o addirittura non lo facciano mai, contribuendo così alla diffusione del virus. In Italia il 58,1 per cento delle nuove diagnosi di Hiv sono diagnosi tardive, un numero molto più alto della media europea. Ricevere una diagnosi tardiva comporta un ritardo nel raggiungimento di livelli non rilevabili del virus attraverso la terapia e diminuisce le possibilità di avere un’aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione generale.

La Lega riproduce stigma e pregiudizi violenti

«A contribuire alla diffusione del virus non sono persone trans “che sputano sangue infetto” ma persone come Piscina che riproducono stigma e pregiudizi violenti», spiega Plus, che propone un’esegesi che smonta in toto le affermazioni del consigliere e – a ben vedere – anche il consigliere stesso. «Prima di tutto ci troviamo a dover ricordare al consigliere Piscina che “transessuale” non è un sostantivo, e che anche quando le si vuole insultare grossolanamente come in questo caso, sarebbe più corretto parlare di persone trans». Sul trucco della sineddoche in malafede usato dalla politica (per cui una persona trans diventa «i trans») ormai abbiamo un’intera letteratura. Sul «sangue infetto», secondo l’associazione Plus «Piscina non si dà neanche pena di dire di cosa sarebbe infetto il sangue, come se l’Hiv fosse l’unica infezione del sangue esistente. In secondo luogo, perché suona molto, troppo, come sangue sporco».

«Trans sputavano sangue infetto sulla polizia» polemiche per le parole del consigliere leghista
Samuele Piscina (Imagoeconomica).

Perché c’è bisogno di un’informazione corretta

«Ma la questione principale», conclude Plus, «non sono le dichiarazioni di un leghista particolarmente transfobico e sierofobico: il problema è che questo sarà uno dei rari casi in cui quest’anno si parlerà di Hiv sui media nazionali. Abbiamo bisogno di un’informazione corretta, che dia voce alla ricerca medico-scientifica e alle persone che vivono con Hiv, e che promuova una conoscenza reale di virus e combatta lo stigma». Su questo il consigliere leghista è un marchio doc: se lo stigma funziona, il mondo là fuori è molto più indietro di quanto si possa immaginare. Forse anche per questo gente come Piscina ha i voti per entrare in un Consiglio comunale.

L’articolo proviene da Lettera43 qui https://www.lettera43.it/piscina-lega-trans-aids-hiv-stigma/

La sparata del leghista contro i trans spiega bene tutto lo stigma sociale sull’Aids – Lettera43

Il consigliere comunale milanese Piscina ha parlato di «sangue infetto sputato alle forze dell’ordine». Dimostrando sierofobia. E che ancora ce n’è di strada da fare per superare quella discriminazione sull’Hiv che fa tanto Anni 80-90. Tra test poco frequenti e diagnosi tardive, il problema è ancora molto attuale.

La sparata del leghista contro i trans spiega bene tutto lo stigma sociale sull’Aids

C’è questo consigliere comunale a Milano, tal Samuele Piscina (come spesso accade: leghista), che in un suo intervento durante il Consiglio comunale ha spiegato che in un quartiere della città «c’erano transessuali che sputavano sangue infetto alle forze dell’ordine». Lo sdegno, il can can e gli articoli che circolano sui social sono l’immediata conseguenza. Piscina lo sa bene, del resto il suo segretario Matteo Salvini è assurto alle cronache nazionali quando in quello stesso ruolo di consigliere comunale aveva proposto di dividere le carrozze della metropolitana tra bianchi e neri. Ai tempi quasi tutti pensavano che una persona con proposte così sceme oltreché orrende non avrebbe mai fatto strada. E invece Salvini è per la seconda volta vice presidente del Consiglio nonché per la seconda volta ministro.

Il film Philadelphia con Tom Hanks fu una svolta

Ma non è questo ora qui che interessa. Nella frase dello sputo di «sangue infetto» c’è l’odore di uno stigma che ci riporta agli Anni 80-90, quando l’Aids era uno spauracchio tormentoso che entrava nella case degli italiani con uno spot pubblicitario in cui i “malati” venivano rappresentati con una linea fluorescente in mezzo a ignari sani. Quello stigma si è sgretolato con anni di studi, di divulgazione scientifica e di opere cinematografiche e letterarie. Il celebre film Philadelphia con Tom Hanks fu una svolta per raccontare come la discriminazione sia pericolosa quanto la malattia.

In Italia il 58,1 per cento delle nuove diagnosi di Hiv sono tardive

Lo stigma su cui ha pestato il piede il consigliere Piscina però ha anche altri effetti. Da anni su questo campo opera l’associazione “Plus, persone Lgbt+ sieropositive” che si occupa degli aspetti “sociali” dell’Hiv (dalla paura alla solitudine, passando per la disclosure) lasciati troppo spesso alla gestione solitaria della singola persona con Aids. Quello stigma, spiegano dall’associazione, produce come effetto che le persone non facciano i test con sufficiente frequenza, o addirittura non lo facciano mai, contribuendo così alla diffusione del virus. In Italia il 58,1 per cento delle nuove diagnosi di Hiv sono diagnosi tardive, un numero molto più alto della media europea. Ricevere una diagnosi tardiva comporta un ritardo nel raggiungimento di livelli non rilevabili del virus attraverso la terapia e diminuisce le possibilità di avere un’aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione generale.

La Lega riproduce stigma e pregiudizi violenti

«A contribuire alla diffusione del virus non sono persone trans “che sputano sangue infetto” ma persone come Piscina che riproducono stigma e pregiudizi violenti», spiega Plus, che propone un’esegesi che smonta in toto le affermazioni del consigliere e – a ben vedere – anche il consigliere stesso. «Prima di tutto ci troviamo a dover ricordare al consigliere Piscina che “transessuale” non è un sostantivo, e che anche quando le si vuole insultare grossolanamente come in questo caso, sarebbe più corretto parlare di persone trans». Sul trucco della sineddoche in malafede usato dalla politica (per cui una persona trans diventa «i trans») ormai abbiamo un’intera letteratura. Sul «sangue infetto», secondo l’associazione Plus «Piscina non si dà neanche pena di dire di cosa sarebbe infetto il sangue, come se l’Hiv fosse l’unica infezione del sangue esistente. In secondo luogo, perché suona molto, troppo, come sangue sporco».

«Trans sputavano sangue infetto sulla polizia» polemiche per le parole del consigliere leghista
Samuele Piscina (Imagoeconomica).

Perché c’è bisogno di un’informazione corretta

«Ma la questione principale», conclude Plus, «non sono le dichiarazioni di un leghista particolarmente transfobico e sierofobico: il problema è che questo sarà uno dei rari casi in cui quest’anno si parlerà di Hiv sui media nazionali. Abbiamo bisogno di un’informazione corretta, che dia voce alla ricerca medico-scientifica e alle persone che vivono con Hiv, e che promuova una conoscenza reale di virus e combatta lo stigma». Su questo il consigliere leghista è un marchio doc: se lo stigma funziona, il mondo là fuori è molto più indietro di quanto si possa immaginare. Forse anche per questo gente come Piscina ha i voti per entrare in un Consiglio comunale.

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Dritto senza Rovescio. Con Giorgia è un siparietto

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la stessa che lamenta di essere sotto il tiro della stampa brutta, sporca e cattiva che le impedisce di essere amata come meriterebbe è stata intervistata per venti minuti durante l’ultima trasmissione Diritto e rovescio condotta da Paolo Del Debbio.

La premier Meloni è stata intervistata per venti minuti durante l’ultima trasmissione Diritto e rovescio condotta da Paolo Del Debbio

Per rendere l’idea del pezzo di giornalismo d’assolo si può partire dalla fine, quando Del Debbio suadente ha detto alla premier che “con questi dati e con questi successi che ha elencato una carbonara o un’amatriciana al conduttore potrebbe anche essere offerta lì a Palazzo Chigi…”. Meloni in collegamento si gusta la scena del giornalista azzerbinato e gli risponde “quando vuole”, chiamandolo per nome “Paolo”. “Io sono un ragazzo alla buona, mi accontento di poco…”, spiega Del Debbio e la conversazione scivola in un quadretto familiare, qualcosa di simile a una sit-com che deve sforzarsi di sembrare giornalismo.

In contemporanea su un altro canale che per molti è colpevole di essere “troppo grillino” (La7) l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ora leader dei Cinque Stelle, veniva sottoposto al tiro incrociato di Lilly Gruber e del suo valletto, il giornalista Massimo Giannini. Giannini era molto divertito dal nomignolo “CamaleConte” affibbiato al presidente M5S ripetendolo più volte e la giornalista del Corriere della sera Monica Guerzoni ha detto di ritenere Conte “il miglior alleato di Meloni”. Su che base?, chiede Conte. Su nessuna base, ha risposto lei. Gruber e Giannini avevano avuto lo stesso atteggiamento con la segretaria del Pd Elly Schlein. Forse tra l’aggressione e l’asservimento ci sarebbe una via di mezzo: il giornalismo.

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Dritto senza Rovescio. Con Giorgia è un siparietto

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la stessa che lamenta di essere sotto il tiro della stampa brutta, sporca e cattiva che le impedisce di essere amata come meriterebbe è stata intervistata per venti minuti durante l’ultima trasmissione Diritto e rovescio condotta da Paolo Del Debbio.

La premier Meloni è stata intervistata per venti minuti durante l’ultima trasmissione Diritto e rovescio condotta da Paolo Del Debbio

Per rendere l’idea del pezzo di giornalismo d’assolo si può partire dalla fine, quando Del Debbio suadente ha detto alla premier che “con questi dati e con questi successi che ha elencato una carbonara o un’amatriciana al conduttore potrebbe anche essere offerta lì a Palazzo Chigi…”. Meloni in collegamento si gusta la scena del giornalista azzerbinato e gli risponde “quando vuole”, chiamandolo per nome “Paolo”. “Io sono un ragazzo alla buona, mi accontento di poco…”, spiega Del Debbio e la conversazione scivola in un quadretto familiare, qualcosa di simile a una sit-com che deve sforzarsi di sembrare giornalismo.

In contemporanea su un altro canale che per molti è colpevole di essere “troppo grillino” (La7) l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ora leader dei Cinque Stelle, veniva sottoposto al tiro incrociato di Lilly Gruber e del suo valletto, il giornalista Massimo Giannini. Giannini era molto divertito dal nomignolo “CamaleConte” affibbiato al presidente M5S ripetendolo più volte e la giornalista del Corriere della sera Monica Guerzoni ha detto di ritenere Conte “il miglior alleato di Meloni”. Su che base?, chiede Conte. Su nessuna base, ha risposto lei. Gruber e Giannini avevano avuto lo stesso atteggiamento con la segretaria del Pd Elly Schlein. Forse tra l’aggressione e l’asservimento ci sarebbe una via di mezzo: il giornalismo.

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Una Festa contro la violenza. L’8 marzo ci ricorda i diritti violati delle donne

Ogni anno siamo qui, all’8 marzo festeggiato come “festa della donna” senza consapevolezza che più che una festa questo 8 marzo sia un memorandum dei diritti. Come ogni anno di fronte al report del Viminale su cosa è successo l’anno prima si rimane impietriti. Le diverse violenze sulle donne sono argomento prelibato per le lotte politiche, giusto il tempo del prossimo 8 marzo.

Ogni anno siamo qui a festeggiare l’8 marzo come “festa della donna” senza consapevolezza che più che una festa sia un memorandum dei diritti

Nel 2023, 120 donne sono state uccise, con una diminuzione del 6%. Il rapporto evidenzia una riduzione dei maltrattamenti familiari, ma un aumento delle violenze sessuali. L’applicazione del “codice rosso” indica un aumento delle segnalazioni di violenza e delle violazioni degli ordini di protezione. Il report 8 marzo. Giornata internazionale dei diritti della donna del Servizio Analisi Criminale della Polizia della Direzione Centrale Polizia Criminale, Ufficio a composizione interforze del Dipartimento della pubblica sicurezza, evidenzia anche un calo dei maltrattamenti familiari, ma un aumento delle violenze sessuali nel quadriennio 2020-2023.

Nel 2023, 120 donne sono state uccise, con una diminuzione del 6%

Il rapporto del Viminale evidenzia che delle 120 le donne uccise l’anno scorso, 64 sono state assassinate da partner o ex compagni con una diminuzione del 6%. Anche l’incidenza delle donne uccise in ambito familiare/affettivo evidenzia una diminuzione tra il 2020 e il 2023: in circa un quarto dei casi le uccisioni di donne si collocano nel quadro del rapporto genitori/figli. Ad uccidere le madri sono stati nell’89% degli episodi i figli maschi. I presunti autori degli omicidi di donne risultano individuati con percentuali intorno al 90%.

Il report 8 Marzo, che analizza il quadriennio 2020/2023, è stato realizzato in collaborazione con la Lega Pallavolo Serie A Femminile visto che le giovani campionesse hanno arricchito il documento con le loro testimonianze sul valore dello sport per promuovere un’effettiva parità di genere. Per quanto attiene alle vittime delle delittuosità l’incidenza di quelle di genere femminile ha registrato valori che si attestano tra il 57 e il 96%, tranne che per la deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, i cui valori oscillano dal 26% del 2022 al 17% dell’anno successivo.

Nel 2023 si è registra una diminuzione dei maltrattamenti contro familiari e conviventi e degli atti persecutori

Nel 2023 si registra anche, una diminuzione dei maltrattamenti contro familiari e conviventi e degli atti persecutori, reati nei tre anni precedenti, avevano entrambi già evidenziato un incremento costante. Trend in crescita invece per le violenze sessuali che, viene fatto notare nel documento, almeno in parte, può essere letto quale il parziale “affioramento di un sommerso”, ossia la testimonianza anche di una aumentata sensibilità verso il fenomeno.

“Interessante” anche il dato inerente all’applicazione del “codice rosso”, che vede un “significativo incremento”, sia dei delitti commessi che delle segnalazioni a carico dei presunti autori noti” come la violazione di provvedimenti di allontanamento della casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Ma anche in questo caso il dato “può essere interpretato in modo positivo” ovvero “come un incremento della propensione alla denuncia”.

Nel mondo una donna su tre è stata violentata, picchiata, costretta all’atto sessuale oppure abusata almeno una volta nella sua vita

Poi ci sono i numeri nel mondo. Una donna su tre, secondo dati dell’Unifem, è stata violentata, picchiata, costretta all’atto sessuale oppure abusata almeno una volta nella sua vita. Secondo uno studio dell’Oms e della Banca Mondiale, la violenza domestica è la causa principale di morte o di lesioni gravi per donne tra 16 e 44 anni: più importante del cancro, della malaria o degli incidenti stradali. La violenza contro le donne è una fra le forme più gravi e diffuse di violazione dei diritti umani.

 

Leggi anche: Mattarella scende in campo contro la violenza sulle donne. La denuncia del capo dello Stato: “Ancora oggi troppe e inaccettabili molestie”

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La sicurezza al tempo del governo Meloni. Alto impatto, grosso flop

Anche ieri le agenzie di stampa hanno battuto frenetiche: “Nella serata del 7 marzo ad Aprilia, i Carabinieri del Reparto Territoriale di Aprilia, – dovete immaginarlo letto con la voce marziale dell’Istituto Luce dell’anno 2024 – hanno svolto un servizio straordinario di controllo del territorio ad alto impatto in coordinamento con la Questura di Latina, Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Aprilia e tutta una lista di forze, interforze, forze minori coinvolte nell’operazione”.

Mentre si dà grande eco mediatica alle operazioni “Alto impatto” volute dall’esecutivo cala l’attenzione sulle inchieste di mafia

Risultato? La segnalazione di “un cittadino indiano classe ‘66 residente ad Aprilia, commerciante di autolavaggio per violazioni in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”, “un cittadino turco classe ‘91 residente ad Aprilia titolare di un’attività di rosticceria” e il “titolare di una frutteria, per commercializzazione di borse in plastica non rispondenti alle caratteristiche di legge”. Sembra una barzelletta e invece è la fotografia del concetto di sicurezza secondo questo governo. Sempre ieri a Napoli un’altra “operazione a alto impatto” ha recuperato “due pistole sequestrate, di cui una con matricola abrasa ed una a salve priva dell’obbligatorio tappo rosso, numerose cartucce, 22 orologi, di cui 10 contraffatti”.

Due giorni fa l’operazione “a alto impatto” è caduta su Nocera Inferiore. Risultati? L’arredto di “G.N. (classe 1975), colto nella flagranza del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. L’uomo, sottoposto a perquisizione domiciliare, è stato infatti trovato in possesso di 13 panetti di sostanza stupefacente del tipo hashish”. Una settimana fa è stata imperdibile l’operazione “a alto impatto” nel quartiere Forcella di Napoli. “Circa 200 uomini di Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza stanno eseguendo numerose perquisizioni”, battono le agenzie. Risultato? Poco meno di zero. Tant’è che le notizie che si ritrovano parlano dei militari coinvolti e non dei risultati.

A dicembre dell’anno scorso oltre 500 i poliziotti che, coordinati dal Servizio centrale operativo (Sco) della Polizia di Stato, sono stati impiegati in una operazione contro il fenomeno della criminalità giovanile in 14 province italiane (Arezzo, Bari, Catania, Genova, Milano, Modena, Napoli, Palermo, Padova, Pescara, Reggio-Emilia, Rovigo, Salerno e Verona). In totale sono state arrestate 41 persone, di cui un quarto minori, e denunciate in stato di libertà 74 persone, 24 delle quali minorenni. Sono i minorenni che stanno riempiendo le carceri italiani che straripano dopo il cosiddetto Decreto Caivano. Gente arrestata per reati minori che si aggiunge alle straripanti emergenze delle carceri italiane.

Esibizioni muscolari e scarsi risultati. A parte riempire le carceri di minorenni

Nel frattempo ieri i Carabinieri del Comando Provinciale di Vibo Valentia e del Reparto Crimini Violenti del Raggruppamento Operativo Speciale, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Vibo Valentia, nei confronti di due persone, una delle quali già detenuta per associazione mafiosa e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, mentre l’altra con precedenti in materia di armi risultava libera per la morte di Francesco Tutino, 63 anni, il cui corpo carbonizzato è stato trovato all’interno di un’auto bersagliata da colpi di fucile edinterrata tra le campagne di Calimera, frazione di San Calogero, nel gennaio 2022.

A Palermo sono stati confiscati beni per un valore di circa 3500mila euro tra le disponibilità economico-imprenditoriali riconducibili ad Albanese Stefano, tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “cupola 2.0” perché’ intraneo alla “famiglia mafiosa di Polizzi Generosa. In Sicilia 8.600 beni confiscati attendono di essere assegnati. La Direzione nazionale antimafia resiste sotto i colpi della maggioranza di governo.

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Europa delle donne?

A proposito di Europa, delle prossime elezioni europee che si svolgeranno dal 6 al 9 giugno e dei partiti di estrema destra che stanno guadagnando posizioni e che potrebbero cambiare la geografie dell’Europarlamento e della Commissione: non sarà un buon tempo per le donne. Il gruppo di estrema destra Identità e Democrazia (Id) e il gruppo di destra dei conservatori e dei riformatori europei (Cer) sono destinati a guadagnare seggi. A livello nazionale i partiti affiliati a questi gruppi si distinguono per il continuo tentativo di annacquare o di eliminare diritti chiave come l’accesso all’aborto o le leggi contro la discriminazione di genere. 

I populisti di estrema destra hanno preso di mira in Andalusia “il ruolo della donna come vittima e dell’uomo come aggressore” e quelli che molti considerano diritti fondamentali negli ultimi anni. Il partito polacco di destra Law and Justice ha messo fuori legge l’aborto nella maggior parte dei casi nel 2020, una misura che il nuovo primo ministro Donald Tusk sta lavorando per rovesciare. Nel frattempo, il governo di Viktor Orbán in Ungheria ha reso obbligatorio per le donne in gravidanza ascoltare il battito cardiaco del feto prima di poter accedere alla procedura.

In Italia, il governo della coalizione di destra è stato preso di mira per non aver protetto le donne tagliando i finanziamenti ai programmi per combattere la violenza di genere. Il partito di estrema destra spagnola Vox, che è presente in diversi governi di coalizione a livello locale e regionale, si è spostato a rottamare i dipartimenti incaricati di promuovere l’uguaglianza e in alcuni casi ha inoltre soppresso ogni menzione della violenza di genere o dei diritti LGBTQ+.

“La destra e l’estrema destra potrebbero cercare di replicare a livello dell’Ue le misure restrittive che sostengono a livello nazionale” ha affermato Jéromine Andolfatto, responsabile della politica e della campagna presso la Lobby europea delle donne. Non ci sono dati completi sull’argomento, ma un sondaggio su 145 parlamentari di 45 Paesi europei nel 2018 ha rilevato che oltre l’85% delle donne intervistate aveva subito violenza psicologica e quasi la metà aveva ricevuto minacce di stupro o percosse fisiche. Circa una deputata su quattro che era stata vittima di molestie sessuali ha riferito l’incidente alle forze dell’ordine.

Buon 8 marzo. 

Nella foto: sciopero femminista in Spagna, 8 marzo 2019 (Wikipedia)

Per approfondire leggi Left di marzo All’opposizione per Costituzione

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