Sull’Ucraina abbiamo scherzato. Pure l’atlantista Rampini in ritirata
La traiettoria della difficile guerra in Ucraina dopo l’invasione russa partorisce stelle cadenti, commentatori convinti di un’idea che ora predicano l’opposto senza nemmeno un plissé. Nell’orda si riconoscono le bretelle del giornalista del Corriere della Sera Federico Rampini. In un video all’interno della sua rubrica Rampini ci spiega che “bisogna parlare del futuro dell’Ucraina in termini realistici che significa anche crudeli”. “Nei vertici militari americani – spiega Rampini – pochi si illudono che sia possibile liberare tutta l’Ucraina dalla Russia”.
Rampini teorizzava la completa vittoria sul campo dell’Ucraina. Ora ammette: impossibile liberare i territori occupati
Qui allo spettatore sorge il primo velenoso dubbio. Ma come? Ma non era lo stesso Rampini un’esponente di quella folta schiera che fin dalle prime ore dell’invasione russa ci ha spiegato urbi et orbi che la completa vittoria militare dell’Ucraina era l’unica soluzione possibile? E poi: ma non c’era anche Rampini tra coloro che accusavano di filoputinismo chiunque si sforzasse di raccontare la realtà sul campo al di là dell’epica bellicista Deve avere cambiato idea, mica una cambiamento da poco. Ha tutta l’aria di essere un’inversione.
“Probabilmente, dopo le elezioni americane bisognerà trattare con Putin e, alla fine, lasciargli il territorio dell’Ucraina che ha occupato”, scrive il giornalista del Corriere. Dell’esigenza di una trattativa politica che non passasse dalle armi e che prevedesse una mediazione (la più giusta possibile) scrivono le associazioni pacifiste di tutto il mondo fin dall’inizio del conflitto. Non si tratta di “buonismo dei pacifinti”, come sprezzantemente dicono i sodali di Rampini: si tratta di realismo. È la famosa complessità che in Italia si dileggiava. Ora Rampini è diventato pacifinto e consapevole della complessità.
Il nuovo Rampini ora si domanda: “cosa si può dare all’Ucraina in cambio di questo grandissimo sacrificio? La certezza di entrare a far parte dell’Unione Europea al più presto e quindi dell’Occidente, cosa che desidera. E inoltre è necessario stabilire dei patti bilaterali di difesa con la Francia, con la Germania, con la Gran Bretagna, visto che non si potrà accelerare più di tanto il suo ingresso nella Nato”. In un aspetto l’atteggiamento è sempre lo stesso: come per la guerra anche per la pace si dà per scontato che siano altri Paesi a dover decidere le sorti dell’Ucraina.
Il giornalista attaccò su Repubblica il direttore di Avvenire per aver detto ciò che lui stesso sostiene ora
Rampini uno punto zero – vale la pena ricordarlo – era quello che due anni fa apostrofò come amico di Putin il mansueto ex direttore di Avvenire Marco Tarquinio che si era permesso durante una trasmissione televisiva di contestare che 330 miliardi di dollari (la prima spesa complessiva per armi degli Stati europei della Nato) fossero “pochi” e che provò a spiegare come “le sanzioni non piegano i regimi” ma molto spesso “piegano i popoli”. Rampini si infuriò: “Ma stiamo scherzando? – sbottò in diretta televisiva – Questa è un’offesa vergognosa alle madri dei bambini uccisi. Questa è una cosa ignobile che si è permesso di dire e che rivela da che parte sta lei. È uno dei tanti che lavorano per Putin. Questo è il suicidio dell’Occidente: siamo pieni di gente che non vuole aprire gli occhi davanti al vero pericolo”. L’allora direttore di Avvenire non si scompose per “non abbassarsi agli insulti” ma fece notare che “evidentemente Rampini è uno che scrive, ma non legge”.
Ora la penna del Corriere della Sera deve avere trovato qualche minuto per leggere altre opinioni al di là della sua e ha scoperto che la complessità non si cancella deridendola. Chissà che delusione tra i suoi fiancheggiatori bellicisti. Resta solo un ultimo dubbio: non è che le opinioni cambiano in previsione delle nuove opinioni del nuovo potere che avanza negli Usa dove Rampini vive?
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