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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Province: il vuoto di democrazia

Carlo Rapicavoli propone un’interessante riflessione che da tempo avevamo anticipato e analizziamo nei nostri giri in giro per l’Italia: con la scadenza di queste amministrative otto province rimangono scoperte in un limbo di rappresentatività che riflette il piano nazionale. Otto province commissariate non sia sa bene come per inseguire una cancellazione (che condivido nell’obiettivo) senza modalità chiare.

Un primo risultato è stato raggiunto: nasce una palese disparità nella rappresentanza di alcuni territori.

I cittadini di otto Province – a differenza delle altre – non avranno più una rappresentanza politica portatrice dei loro interessi in tutte le sedi istituzionali, ma saranno rappresentanti da un Commissario – non eletto ma nominato – che non risponde delle proprie scelte agli elettori ma al Ministro dell’Interno che l’ha nominato.

Con quale mandato un commissario potrà decidere se approvare un no ad esempio un piano urbanistico comunale?

Sulla base di quale autorità rappresentativa potrà stabilire le priorità negli investimenti ad esempio su scuole o su viabilità?

Sulle priorità nella destinazione delle risorse? Sulle scelte in merito al futuro assetto istituzionale nei tavoli di coordinamento?

E’ possibile che non ci renda conto del grave vulnus al sistema democratico ed al diritto di elettorato attivo si sta determinando in questo modo? 

Era proprio necessario anteporre una decisione di tale portata ad una revisione ponderata di riordino istituzionale e di riassetto delle competenze?

Le domande di Rapicavoli non sono banali e non sono provocazione. E, forse, i tecnici dovrebbero avere le risposte. Che però non sono pervenute.

#occupykremlin 250 arresti da festeggiare con i vecchi amici

L’Eco di Mosca conferma i numeri: almeno 250 arresti tra i manifestanti del corteo contro Putin.
Come dice bene Andrea: andiamo avanti così. Domani Berlusconi arriva per festeggiare l’amico Putin con le bollicine tenute in fresco.
Da noi ne parleremo quando uscirà un bel film sul tema. Qui non vanno di moda le indignazioni e le solidarietà troppo contemporanee. Quelle le abbiamo delegate ai reality, evidentemente.

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Benvenuto Macao!

(attenzione, questo è un post che qualcuno estrarrà dal cilindro per farne pantano nella prossima campagna elettorale: salvatelo tra i preferiti per non affaticare l’esercizio della banalità e i motori di ricerca)

Dunque a Milano sboccia Macao. O forse la notizia è che a Milano (e in Lombardia) negli ultimi anni non si è riusciti a rispondere alle motivazioni che dentro Macao sono coagulate. Mentre gli editorialisti prezzolati gridano allo sgombero subito (e fa sorridere vedere i giornali di centrodestra in difficoltà tra l’attacco al sindaco Pisapia e agli okkupanti) oggi qualcuno vorrebbe insegnarci che Macao è violenza. Niente a che vedere con l’arte, dicono. Invece Macao è fantasia. E la fantasia non può essere violenta per natura. E’ straripante, inaspettata, destabilizzante e selvaggia. Ma mai violenta.

Quindi forse sarebbe il caso di puntare meno al luogo e ora interrogarsi sulla spinta propulsiva. Si legge sul manifesto di Macao:

Da un anno ci stiamo mobilitando, riunendoci in assemblee dove discutere della nostra situazione di lavoratori precari nell’ambito della produzione artistica, dello spettacolo, dei media, dell’industria dell’entertainment, dei festival e della cosiddetta economia dell’evento. A questa logica per cui la cultura è sempre più condannata ad essere servile e funzionale ai meccanismi di finanziarizzazione, noi proponiamo un’idea di cultura come soggetto attivo di trasformazione sociale, attraverso la messa al servizio delle nostre competenze, per la costruzione del comune.

Rappresentiamo una fetta consistente della forza lavoro di questa città che per sua vocazione è da sempre un avamposto economico del terziario avanzato. Siamo quella moltitudine di lavoratori delle industrie creative che troppo spesso deve sottostare a condizioni umilianti di accesso al reddito, senza tutela, senza alcuna copertura in termini di welfare e senza essere nemmeno considerati interlocutori validi per l’attuale riforma del lavoro, tutta concentrata sullo strumentale dibattito intorno all’articolo 18. Siamo nati precari, siamo il cuore pulsante dell’economia del futuro, e non intendiamo continuare ad assecondare meccanismi di mancata redistribuzione e di sfruttamento.

Apriamo MACAO perché la cultura si riprenda con forza un pezzo di Milano, in risposta a una storia che troppo spesso ha visto la città devastata per mano di professionisti di appalti pubblici, di spregiudicate concessioni edilizie, in una logica neo liberista che da sempre ha umiliato noi abitanti perseguendo un unico obiettivo: fare il profitto di pochi per escludere i molti.

Insomma Macao apre perché il dibattito è stato escluso dalle istituzioni. E forse non stupisce che proprio su questo blog si diceva che non fosse pensabile crescita senza cultura, del patrimonio culturale a pezzi, dei tagli alla cultura come un lento assassinio alla consapevolezza, e il nostro appello con più di 1300 firme.

Perché se la cultura non può essere bene comune è solo sofismi al servizio di qualche altro interesse.

Io non posso votare. Eppure l’Italia sono anch’io.

In Italia il suffragio è davvero universale? No, il 5,3% della popolazione non può votare!

Il prossimo 6 e 7 maggio si voterà in oltre mille comuni italiani. Di questi 28 sono capoluoghi di provincia e 4 anche capoluoghi di Regione. In totale, comprendendo i comuni delle regioni a statuto speciale, saranno chiamati al voto più di 9 milioni di elettori. Considerando solo i comuni maggiori, una percentuale in taluni casi superiore al 10% di potenziali elettori (per esempio a Como, Parma, Verona e Piacenza, dove si arriva addirittura al 14,4%) verrà esclusa dal voto perché non in possesso della cittadinanza italiana. Si tratta di cittadini di origine straniera non comunitari, residenti regolarmente in quei comuni spesso da anni, del tutto integrati nella vita della comunità in cui vivono, studiano e lavorano e che tuttavia si vedono interdetta la possibilità di partecipare alla scelta di chi dovrà amministrarli. Nei comuni capoluoghi che andranno al voto, solo 4024 persone, l’1,5% del totale degli stranieri residenti in quelle città, ha infatti ottenuto la cittadinanza nel 2010 e potrà partecipare alla consultazione. Una percentuale limitatissima, dovuta alle difficoltà di dimostrare il possesso dei requisiti richiesti dalla legislazione attuale.

In totale, ad oggi, ben il 5,3% della popolazione residente non può votare. Per rendere visibile questa situazione, la Campagna l’Italia sono anch’io distribuirà, nei comuni interessati dalla consultazione, un adesivo con la frase ‘Io non posso votare’.

Per superare questa palese ingiustizia, più di 100mila cittadine e cittadini italiani hanno sottoscritto le proposte di legge di iniziativa popolare presentate dalla Campagna l’Italia sono anch’io, una sulla cittadinanza e l’altra per introdurre il diritto di voto alle consultazioni amministrative senza discriminazioni di cittadinanza e di nazionalità.

Il testo che la Campagna ha adottato è stato elaborato dall’Anci nel 2005 e mette in atto un principio contenuto nella convenzione di Strasburgo del 1992 sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale. Il nostro Paese non ha mai ratificato la lettera C della Convenzione, che riguarda proprio il diritto di voto. La proposta di legge prevede invece che sia garantito il diritto all’elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali, provinciali e regionali anche a chi non sia cittadino italiano dopo cinque anni di regolare soggiorno in Italia.

La Campagna l’Italia sono anch’io, alla vigilia dell’importante consultazione amministrativa, ribadisce la necessità di approvare al più presto una normativa che assicuri questo fondamentale diritto anche a chi oggi ne è escluso. A supporto della proposta, una serie di dati (in allegato) che dimostrano quanto ampia sia la percentuale di esclusi soprattutto in alcune città, tanto da mettere in dubbio l’effettiva attuazione del principio del ‘suffragio universale’ previsto dalla nostra Costituzione.

Ricordiamo che L’Italia sono anch’io è stata promossa, nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia, da 19 organizzazioni della società civile (Acli, Arci, Asgi, Caritas Italiana, Centro Astalli, Cgil, Cnca, Comitato 1° Marzo, Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace e i diritti umani, Emmaus Italia, Fcei, Fondazione Migrantes, Libera, Lunaria, Il Razzismo Brutta Storia, Rete G2, Sei Ugl, Tavola della Pace, Terra del Fuoco) col sostegno dell’editore Carlo Feltrinelli. Presidente del comitato promotore è il sindaco di Reggio Emilia e presidente dell’Anci Graziano Delrio.

Qui di seguito vi alleghiamo un documento con i dati raccolti dal comitato nazionale della Campagna“L’Italia sono anch’io” che delinea un quadro generale sulla situazione attuale dei cittadini stranieri non comunitari che non hanno ancora acquisito il diritto di voto amministrativo e sui bambini figli dell’immigrazione che avrebbero diritto all’acquisizione della cittadinanza italiana.

SCARICA LA SCHEDA DI APPROFONDIMENTO

#nonmifermo AMO LE DIFFERENZE – INTE(G)RAZIONE CONTRO IL RAZZISMO

Non ci fermiamo. Ostinatamente, seriamente e rivendicando il diritto alla speranza andiamo a prenderci la Lombardia migliore partendo dalle fragilità e dalle debolezze da custodire. Amiamo le differenze e lavoriamo per la coesione, la contaminazione e un diverso modo di stare insieme. Senza la sussidiarietà di forma formigoniana ma con la solidarietà come scritta nella Costituzione. Sabato a Bergamo, in fondo, parte la nostra più bella campagna progettuale. Per la Lombardia migliore che già c’è.

AMO LE DIFFERENZE – INTE(G)RAZIONE CONTRO IL RAZZISMO
sabato 12 maggio 2012 14.30 Bergamo – via della Vittoria, 1 – AUDITORIUM SAN SISTO

Non Mi Fermo è il luogo in cui stiamo mentre ci prendiamo la responsabilità di ascoltare, ascoltarci e fare politica. Insieme. Non Mi Fermo non è un partito, non è una corrente (anche se le porte sono sempre aperte) e non è un movimento sostitutivo: Non Mi Fermo è un luogo di analisi e una proposta sempre in fieri. Cittadini e amministratori per cogliere l’opportunità, le buone pratiche e le possibili strade da percorrere.

Intervengono:

GIULIO CAVALLI – attore, scrittore, regista e consigliere regionale della Lombardia;
EDDA PANDO – membro della Rete Immigrati autorganizzati (comitato immigrati auto organizzati )
ANTONIO MUMOLO – Avvocato e Presidente Associazione Avvocato di Strada Onlus. Il progetto “Avvocato di strada” si pone l’obiettivo di tutelare i diritti delle persone senza dimora.
MAURIZIO MARTINA – consigliere regionale della Lombardia e segretario regionale del Partito Democratico;
ROMANA VITTORIA GANDOSSI – insegnante di Adro (BS);
HENRI OLAMA – formatore, musicista e scrittore;
PINO PETRUZZELLI – attore e regista;
FILIPPO FOSSATI – Presidente UISP (Unione italiana sport per tutti). L’associazione ha l’obiettivo di estendere il diritto allo sport a tutti i cittadini;
LUCIANO SCAGLIOTTI – Presidente ENAR ITALIA (European Network Against Racism). L’European Network Against Racism (ENAR) è una rete europea di oltre 700 organizzazioni che lavorano per combattere il razzismo in tutti gli Stati membri dell’UE e agisce come la voce del movimento anti-razzista in Europa;
ENRICO BALLARDINI – musicista e attore teatrale;
FONDAZIONE MIGRANTES – organismo costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana per assicurare l’assistenza religiosa ai migranti, italiani e stranieri;
MANILA FILELLA – non mi fermo;
CLAUDIO BELLINZONA – non mi fermo;
BRUNO GOISIS – membro della “Comunità Ruah”. La Comunità Ruah è un centro di accoglienza maschile per immigrati situato nella città di Bergamo;
TODO CAMBIA – associazione interculturale antirazzista.

http://www.nonmifermo.it/

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Pio La Torre, il contadino architetto

Le grandi invenzioni sono di grandi uomini. I grandi uomini hanno una dote, inventano quando gli altri non stanno nemmeno pensando e quando realizzano I mediocri si rodono per non averci pensato e dicono “anche io lo pensavo, era quello che dicevo anche io”.

Pio La Torre era un uomo di umili origini, chiese di tornare a Palermo mentre lo aspettava una carriera da deputato antimafia. Ma lui voleva combattere sul fronte e nel 1981 tornò. Le sue prime antipatie se le attirò con la campagna contro la base missilistica a Comiso, Pio comincia a scavare.

Ma il suo colpo di genio fu quello di applicare un criterio logico, verificare come mai alla camera di commercio di Palermo alcune aziende prima fanno la fame, poi vanno a fatturati da capogiro, domande che non vanno giù alla criminalità. Pio riflette e nel frattempo scava, va contro la costruzione di un palazzo congressi, voluto da costruttori in forte odore di mafia. E scava.

Contrasta I grandi progetti di risanamento della costa palermitana, vuole sapere chi saranno le ditte che se ne occupano per non contaminare di soldi sporchi mentre si pulisce il mare. E scava.

Il culmine è la proposta di legge, poi controfirmata dall’allora ministro Rognoni, in cui si chiede di riconoscere il reato di associazione mafiosa e di indagare e sequestrare in caso di arresto, I patrimoni dei membri di Cosa Nostra. Pensare che senza questo disegno di legge, Falcone non avrebbe potuto avere un tavolino dove allineare gli assegni e capire I movimenti patrimoniali che regolavano il denaro della mafia. Sta finendo di scavare.

Un post da leggere di Ettore Zanca su Pio La Torre.

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Facciamoci del male: Brescia, ancora.

Ne avevamo parlato ieri. Forse eravamo ottimisti. Depositata l’interrogazione.

A San Polo, il quartiere di Brescia dove l’ASL ha riscontrato un aumento dei tumori del 40%, presto sorgerà anche un nuovo elettrodotto ad alta e altissima tensione della società elettrica «Terna

A Brescia non c’è pace per il quartiere avvelenato di San Polo: alle tante fonti di inquinamento ora si aggiungerà anche un nuovo elettrodotto da 380 kV che interesserà anche i comuni confinanti di Rezzato e Castenedolo: si tratta di un progetto presentato nel marzo del 2011 dalla società «Terna Rete Italia», che gestisce la rete elettrica nazionale. Il piano, pensato per le grandi utenze industriali, prevede la costruzione di due nuove stazioni elettriche ad altissima tensione, la stazione “Brescia Sud-Est”, nel territorio di Rezzato; e la stazione “Alfa Acciai”, all’interno dell’omonima acciaieria. Saranno costruiti inoltre due raccordi aerei con cavi di alta (132 kV) e altissima (380 kV) tensione e una linea con cavi interrati, sempre di altissima tensione, che scorrerà sotto tutta via San Polo. Grazie alla «dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza» del Ministero dello Sviluppo Economico la società elettrica potrà procedere con gli espropri delle proprietà private e pubbliche; il progetto non sarà nemmeno sottoposto a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), perché il tratto con i cavi dell’alta tensione a cielo aperto non supera i 3 km (è infatti di 2,95 Km). La stazione “Alfa Acciai” verrà costruita vicino a un deposito di materiale radioattivo privo dei requisiti previsti dalla legge. Il dott. Morando Soffritti, direttore dell’Istituto Ramazzini di Bologna, ha precisato ai nostri microfoni che i cavi di altissima tensione (oltre i 350 kV), anche se interrati, sono pericolosi per la salute, e ha chiesto un’attenta analisi del progetto da parte delle istituzioni. Il termine per le osservazioni però scadrà il prossimo 20 maggio. Radio Popolare, “Metroregione” 03-05-2012 Andrea Tornago

Un appello per difendere le disabilità a scuola

Un appello che sosterremo. Con tutte le nostre forze, in commissione e in Consiglio.

“LEDHA Vi scrive questa lettera per sollecitare tutte le istituzioni ad attivarsi per tempo per fare in modo che, il prossimo anno scolastico, possa vedere garantito, senza ritardi e disagi, il pieno diritto allo studio per tutti i ragazzi con disabilità che frequentano le scuole superiori della nostra regione.

Come è noto è in atto da diverso tempo una contrapposizione tra Province e Comuni lombardi in merito all’attribuzione delle competenze sul servizio di assistenza educativa per gli studenti con disabilità che frequentano le scuole superiori.
Una situazione di conflitto che all’inizio di quest’anno scolastico ha creato non pochi problemi ai ragazzi ed alle loro famiglie: una situazione che si è risolta, solo ad anno scolastico avviato, grazie ad una posizione di responsabilità assunta collettivamente dai Comuni lombardi, che hanno, ancora una volta, garantito questo fondamentale servizio, agli alunni con disabilità. La causa di questo problema è una differente interpretazione della norma nazionale che viene enfatizzata, a nostro avviso, per un semplice problema di risorse.

Già un anno fa e poi per diversi mesi all’inizio dell’anno scolastico in corso abbiamo avuto modo attraverso lettere e comunicati e in diversi incontri di natura istituzionale, di esprimere il nostro disappunto per questa situazione di incertezza che mette a rischio il diritto allo studio di molto ragazzi con disabilità. Abbiamo anche sostenuto le ragioni delle famiglie che si sono rivolte alla Ma
gistratura per vedere rispettati i diritti dei loro figli, vedendo accolte le tesi del nostro Servizio Legale che attribuisce questa competenza alle Province.

Purtroppo già ora ci arrivano segnalazioni di diverse famiglie a cui da una parte i Comuni hanno preannunciato l’intenzione di non proseguire il servizio per il prossimo anno scolastico e dall’altra non hanno modo di presentare una richiesta alle Province che continuano ad affermare la loro non competenza a riguardo.

LEDHA quindi lancia un appello al vostro senso di responsabilità e alle rispettive funzioni istituzionali, affinché si trovi, entro la fine dell’anno scolastico, una soluzione che consenta di guardare con tranquillità, almeno da questo punto di vista, all’apertura delle scuole dopo la pausa estiva.

Con la speranza che anche questo nostro ennesimo appello non cada nel vuoto, vi rinnoviamo la disponibilità delle associazioni delle persone con disabilità e delle loro famiglie che LEDHA rappresenta, ad essere parte, con il nostro bagaglio di competenze, di questo percorso di lavoro.

Distinti saluti

Fulvio Santagostini
Presidente LEDHA

#nonmifermo Ripensare il suolo, ripensare il cemento, ripartire dall’analisi

Proprio ieri sera in Feltrinelli a Milano, in occasione della presentazione del libro di Luca Martinelli “La caduta di Stalingrado” su Sesto San Giovanni e l’ex Area Falck che vi consiglio, discutevo con l’amico Mario Portanova e con il rappresentante di Legambiente Lombardia, Damiano Di Simine, della carente analisi dei numeri: del consumo di suolo in Italia si parla molto, si fa troppo poco e interpreta pochissimo. Per questo credo che la riflessione di Claudio per #nonmifermo possa essere uno strumento da cui partire per le proposte. Per prendere il proprio lavoro sul serio, leggere i numeri per costruire una chiave di lettura e trovare la sintesi dell’agire. Insieme. Politica, insomma.

Sul cemento, invece, vale la pena fare qualche riflessione in più. Anzitutto, sui numeri. Infatti, si potrebbe pensare che l’aumento del numero degli edifici sia proporzionale a quello rilevato per la popolazione italiana. Purtroppo, non è così. All’11% di incremento (pari a oltre 1.500.000 edifici in più rispetto a 10 anni fa), la popolazione italiana è cresciuta solo del 4,3%. Più o meno la stessa proporzione che si rileva considerando un altro denominatore, quello delle abitazioni, cresciuto meno del 6%.

Con ciò l’Istat non fa altro che confermare una condizione allarmante che da molto tempo associazioni e movimenti politici (molti dei quali però fuori dal Parlamento) denunciano instancabilmente. Solo pochi mesi fa, FAI e WWF avevano ricostruito la drammatica situazione del consumo di suolo in un dossier intitolato “Terra Rubata – Viaggio nell’Italia che scompare”. Nel rapporto appare ancora più evidente la gravità delle ripercussioni determinate da politiche pro-cemento; in particolare, attraverso il graduale smantellamento da parte dei governi Berlusconi non solo di auspicate “logiche pianificatorie” (vengono in mente le parole di Adriano Olivetti: “L’urbanistica reclama la pianificazione”), sostituite dal concetto di “mera realizzazione” (alla base della c.d. “Legge Obiettivo” e dei provvedimenti approvati dal 2001 al 2006), ma anche di un rigido sistema di controlli e verifiche. Un’Italia letteralmente erosa, che al ritmo di consumo attuale nei prossimi 20 anni rischia di perdere altri 600mila ettari di suolo. In altre parole, un quadrato di 6.400 Kmq.

Nel post anche le linee guida per le proposte.

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