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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

carCIEri?

Prigioni, sì. I Cie sono nati per recintare uomini, donne e minori in attesa di essere identificati; se la loro eventuale richiesta di asilo viene respinta, o si prova che i loro documenti non sono in regola, vanno rimpatriati. Il sito del Ministero dell’Interno dice che in Italia di Cie e strutture simili, Cda (centri d’accoglienza) e Cara (centri di accoglienza per richiedenti di asilo), ce ne sono almeno 25: da Lampedusa fino a Gradisca d’Isonzo, cancello al confine con i Balcani. La maggior parte degli “ospiti”, gergo ufficiale, è accusata di clandestinità, reato amministrativo bocciato nel 2011 dalla Corte dell’Unione europea. In realtà inchieste e reportage fotografici descrivono Cie, Cara e Cda come luoghi detentivi: le persone vivacchiano su una branda anche fino a 6 mesi. Delegazioni di “Medici senza Frontiere” hanno visitato più volte Cie, Cda e Cara, denunciando che quelle strutture sono emergenziali, e non badano minimamente alla condizione degli ospiti, le loro esigenze igienico-sanitarie e psicologiche. Un’indagine di “Medici per i diritti umani” nel Cie di Ponte Galeria ha fatto emergere storie da brivido: simulazioni di suicidi, numerosi casi di autolesionismo, distribuzione di psicofarmaci senza visite psichiatriche al solo fine di tenere calma la gente. Si sono verificate, infatti, varie rivolte nei centri, roghi appiccati nelle stanze, fughe di massa. La giovane tunisina Nabruki Mimuni, arrestata mentre era in coda per il permesso di soggiorno e tradotta nel Cie di Ponte Galeria, si è impiccata il giorno prima di essere rimpatriata. Un caso estremo, ma sono moltissime le persone che hanno perso dall’oggi al domani un lavoro onesto e si sono ritrovate in uno di questi luoghi, prima di essere rispedite al loro Paese d’origine. Il blog Nuovi Italiani curato da Alessandra Coppola ha seguito alcune storie esemplari e terribili. Come quella di Adama Kebe, somala accoltellata dal suo convivente e finita in un Cie invece di un ospedale perchè non in regola. Volevano rispedirla in un Paese sfasciato dalla guerra civile. Poi c’è il caso di Nadia, 19enne nata e vissuta a Guidonia che non aveva regolarizzato il suo status e, non avendo rinnovato il permesso di soggiorno, stava per essere spedita in Africa prima che il buon senso rischiarasse le teste delle autorità. Dietro alle sbarre Nadia imprecava in romano. Ai microfoni di Amisnet Giuseppe Di Sangiugliano, direttore del Cie di Ponte Galeria, ha confermato che “casi come quello di Nadia ce ne sono moltissimi, a riprova che qualcosa non sta funzionando”.

Da leggere con attenzione la riflessione di Cristiano Arienti. Su CIE, immigrati, nati in Italia e in attesa di giudizio.

Esentare l’esenzione per i disoccupati

La notizia aveva creato ovviamente sconcerto. Il fatto che si trattasse di un “refuso” ancora di più. Scrive LeggiOggi.it:

L’esenzione del ticket per i disoccupati sara’ ripristinata nel ddl di riforma del mercato del lavoro tramite emendamento del Governo.

Lo comunica il ministero del Welfare in una nota precisando che si e’ trattato di “un refuso“. “Con riferimento alle notizie circa lo stop all’esenzione dal ticket sanitario per i disoccupati – precisa la nota – il Ministero del lavoro e delle politiche sociali precisa che ha gia’ rilevato il refuso e pertanto da’ assicurazione che ne fara’ oggetto di una proposta emendativa da presentare durante l’iter parlamentare del disegno di legge di riforma del mercato del lavoro“.

La notizia aveva suscitato una bufera, con i medici che assicuravano un “allarme sanitario” e il Pd che garantiva una modifica in Parlamento.

Nel testo del ddl di riforma del mercato del lavoro all’esame del Senato si prevedeva lo stop all’esenzione dai cosiddetti ticket in materia sanitaria “in favore dei disoccupati e dei loro familiari a carico, appartenenti ad un nucleo familiare con un reddito complessivo inferiore a 8.263,31 euro“. Secondo la relazione illustrativa del provvedimento, la soppressione “e’ connessa all’estensione ‘della platea dei beneficiari dei trattamenti di sostegno al reddito’. La partecipazione alla spesa sanitaria in oggetto – si legge nella relazione – riguarda il pagamento delle prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio e delle altre prestazioni specialistiche, ivi comprese le prestazioni di fisiokinesiterapia e le cure termali“. Le norme in esame – spiega ancora la relazione – “non riguardano i tickets sui medicinali e le relative esenzioni, in quanto entrambi sono eventualmente introdotti e disciplinati dalle singole regioni“.

Sono mesi che su e giù per la Lombardia chiedo a tutti di innamorarsi degli emendamenti, delle mozioni, delle leggi per rimettere in scena la politica e l’amministrazione, per non lasciare la stesura della drammaturgia amministrativa agli altri, per interpretare la ricaduta di ogni singola riga di legge. E i tecnici ci dicono “refuso”. Va bene.

 

A proposito di comunione

Non si può essere felici finché intorno a noi tutti soffrono e si infliggono sofferenze; non si può essere morali fintantoché il procedere delle cose umane viene deciso da violenza, inganno e ingiustizia; non si può neppure essere saggi fintantoché l’umanità non si sia impegnata nella gara della saggezza e non introduca l’uomo alla vita e al sapere del più saggio dei modi. (Friedrich Nietzsche)

Sonia e la lingua comune in Europa contro le mafie

Per la prima volta il Parlamento Europeo, dimostrando di aver compreso la minaccia rappresentata dal fenomeno mafioso, istituisce un organismo finalizzato alla predisposizione e all’attuazione di politiche di contrasto alla criminalità organizzata, alla corruzione e al riciclaggio di denaro a livello globale. La Commissione CRIM, composta da 45 membri del Parlamento e il cui mandato avrà la durata di un anno, rinnovabile per una volta, si occuperà di studiare in maniera approfondita la minaccia criminale mafiosa, e, nel contempo, di mettere allo stesso tavolo tutti gli organismi che, a livello nazionale, europeo e internazionale, sono impegnati nella lotta al crimine organizzato, al fine di rafforzarne la cooperazione. Sonia Alfano ce ne aveva parlato a Milano per #nonmifermo. Ora Sonia ne è presidente.

Io e Sonia non ci siamo mai lasciati e per questo mi brilla il cuore vederla lì. E’ una vittoria al merito, al suo lavoro, all’impegno e alla buona politica. Nonostante qualche mentitor cortese di troppo che le gira intorno e le difficoltà di un percorso così lungo e arduo.

Nella sua intervista al Corriere dichiara: «Bisogna che dentro tutti gli Stati membri si parli la stessa lingua nella lotta al crimine. L’Europa ha perso tempo nel prendere coscienza, mentre la mafia non ha mai considerato un problema i confini geografici. Per fare questo ascolteremo procuratori dei vari Paesi, gli investigatori, le associazioni che si occupano di contrasto al crimine». Ed è un inizio pieno di speranza.

Buon lavoro, Sonia.

(Vicepresidente è Rosario Crocetta. Per dire. Un’Italia migliore che già c’è.)

Dimesso a 60 mila euro in più

Stefano Maullu si dimette da assessore (le intense motivazioni politiche le avevamo scritte qui) e non decide di fare il consigliere regionale solamente. Non basta. Mentre l’indignazione sulla voracità della casta alimenta il crollo della credibilità della politica, Formigoni (che incredibilmente mentre viene travolto da problemi in sequenza trova comunque il tempo di sistemare chirurgicamente gli amici e gli amici degli amici) sistema il suo ex assessore alla presidenza della TEM (la tangenziale esterna milanese che fa gola ai soliti cantieristi). E certo un ex assessore al commercio sembra proprio indispensabile per presiedere la costruzione di un’infrastruttura del genere, dirà qualcuno. Peccato che l’unica cosa chiara del nuovo incarico del vecchio assessore siano quei 60.000 euro all’anno che (guarda caso) sono più o meno la cifra che Maullu avrebbe perso con le proprie dimissioni.

Quando ero bambino, a calcio, giocava sempre titolare in porta il figlio di un amico dell’allenatore. Pensavo che fosse un’ingiustizia per i bambini; poi con Formigoni ho capito che è il metodo per fare la formazione. Tanto se si perde in questo gioco, perde solo il pubblico.

Formigoni, c’è posta per te

E passiamo al fatto che possa serenamente dire che non ha mai avuto rapporti direttamente con Daccò. Ebbene lo spettacolo dei suoi «rapporti» con Daccò è sotto gli occhi dei molti chef d’alto bordo dove regolarmente veniva nutrito a spese di Daccò stesso, vuoi Sadler, vuoi Cracco, vuoi Santin, vuoi Aimo e Nadia, per non parlare dei locali «à la page» della Costa Smeralda dove a chi, come me, accadeva di passare per motivi vari, era possibilissimo ammirare il nostro Governatore seguire come un cagnolino al guinzaglio Daccò, lo stesso con cui non aveva rapporti diretti. Vederli insieme era una gioia degli occhi: soprattutto per una come me che assieme a tanti altri meravigliosi amici di Cl ha militato per lui volantinando, incontrando gente, garantendo sulla sua persona. Era una gioia degli occhi perché – e qui secondo me è la vera tragedia, cioè non tanto se e come egli abbia intascato soldi – Robertino con Daccò e tutta la sua famigliola, si divertiva e tanto! Eccolo con la sua «24 ore»: me lo vedo sul molo di Portisco arrivare diritto da Milano pronto ad imbarcarsi sullo yacht di Daccò dove le sue figliole (guarda caso, non sono depositarie del diritto a usare del Pirellone come mega location per eventi da migliaia di euro a botta?) lo attendevano con ansia pronte a togliersi il pezzo di sopra del bikini appena il capitano avesse tirato su l’ancora, perché così il sole si prende meglio, chiaramente. 

Venerdì scorso, all’interno della bufera giudiziaria che investe la sanità lombarda, è stato arrestato Antonio Simone, ex assessore alla Sanità negli anni Novanta, ciellino doc, tra i giovani che fecero parte dell’ entourage ristretto di don Luigi Giussani, padre di Cl. Le indagini hanno già condotto in carcere il faccendiere Piero Daccò. La moglie di Antonio Simone scrive a Formigoni una lettera che in un paese normale non galleggerebbe più di qualche minuto prima delle dimissioni.

No, Pippo, su Penati non sono d’accordo

Tutti sanno quanto sia vicino a Pippo Civati (politicamente ma soprattutto amico) ma questa intervista su Penati è condivisibile su molti aspetti ma manca un punto. Quando dice “la valutazione di opportunità politica sulle dimissioni spetta solo a lui. E la farà nel caso in cui ci fosse il rinvio a giudizio” dissento: Penati è (stato) il portabandiera della coalizione di centrosinistra. Lì dove sta Formigoni noi proponevamo di metterci Penati (sbagliando) e le sue responsabilità (e le sue decisioni) non possono essere scaricate “nel gruppo misto”. Senza polemica, eh. E senza dimenticare che il punto qui è la sfacciata e criminogena lobby formigoniana.

Fare quello che c’è da fare. Da innamorati.

“È vero, principe, che lei una volta ha detto che la ‘bellezza’ salverà il mondo? State a sentire, signori,” esclamò con voce stentorea, rivolgendosi a tutti, “il principe sostiene che il mondo sarà salvato dalla bellezza! E io sostengo che questi pensieri gioiosi gli vengono in testa perché è innamorato. Signori, il principe è innamorato […] Ma quale bellezza salverà il mondo?…”.
(Ippolìt; III, 5) Fëdor Michajlovič Dostoevskij

Ecco, se facessimo tutti quello che facciamo da innamorati del nostro lavoro, della nostra funzione o della nostra prossima questione avremmo fatto di più, avremmo fatto meglio e non avremmo ceduto alle lusinghe.

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Se non sono capaci la chiamano antipolitica

L’avevo scritto ieri: perché l’antipolitica sta negli amministratori incapaci, asserviti alle lobby, bulimici di potere e soldi e incapaci di pensare ad altro che non sia la preservazione ossessiva della specie. La propria. Oggi Michele Serra su Repubblica torna sul tema:

Per ar­ri­va­re pre­pa­ra­ti a un fu­tu­ro di scon­quas­si, sa­rà be­ne evi­ta­re di chia­ma­re “an­ti­po­li­ti­ca” tut­to quel­lo che non ca­pia­mo. Spe­cial­men­te noi an­zia­not­ti, cre­sciu­ti den­tro una so­cie­tà fat­ta di par­ti­ti e di sin­da­ca­ti, ten­dia­mo a but­ta­re in quel sac­co tut­to e il con­tra­rio di tut­to. Ma è sba­glia­to. La so­la ve­ra an­ti­po­li­ti­ca (non da og­gi) è la non-po­li­ti­ca. È il me­ne­fre­ghi­smo ci­vi­co, la tir­chie­ria vol­ga­re di chi al­la co­sa pub­bli­ca non dà nul­la (nep­pu­re la fa­ti­ca di in­for­mar­si) ma da lei tut­to pre­ten­de. È l’e­va­sio­ne fi­sca­le, il qua­lun­qui­smo igno­ran­te, la fur­bi­zia ple­bea op­po­sta al­l’im­pe­gno po­po­la­re.

Sug­ge­ri­rei di non de­fi­ni­re an­ti­po­li­ti­ca, in­ve­ce, ciò che ri­bol­le fuo­ri dai par­ti­ti, e si rag­gru­ma in re­te e al­tro­ve at­tor­no a pa­ro­le d’or­di­ne cer­to mol­to di­scu­ti­bi­li, ma to­tal­men­te po­li­ti­che. Il gril­li­smo (che non amo) è cer­ta­men­te po­li­ti­ca. E, per quan­to roz­za­men­te espres­si, so­no ma­te­ria po­li­ti­ca an­che lo sde­gno con­tro i pri­vi­le­gi ca­sta­li, il sor­do som­mo­vi­men­to con­tro il si­ste­ma dei par­ti­ti, per­fi­no la con­te­sta­zio­ne del si­ste­ma di ri­scos­sio­ne fi­sca­le in­car­na­to da Equi­ta­lia. Al­cu­ne di que­ste pul­sio­ni so­no ti­pi­ca­men­te di de­stra. Al­tre po­pu­li­ste di si­ni­stra. Al­tre an­co­ra del tut­to nuo­ve e tut­te da in­ter­pre­ta­re. Esor­ciz­za­re il tut­to de­fi­nen­do­lo “an­ti­po­li­ti­ca” ser­ve so­la­men­te a tap­par­si oc­chi e orec­chie.