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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

I prestigiatori del finanziamento ai partiti (e una soluzione concreta)

Qualche mese fa Alfano-Bersani-Casini ci avevano promesso una legge anti corruzione in pochi giorni. Non ne abbiamo più avuto notizia. Ricordo che si diceva di separare la politica dalla finanza impedendo ai partiti di diventare luoghi d’investimento una decina di anni or sono. Dopo aver partorito una legge elettorale che grida vendetta, ora parlano di rivedere i finanziamenti ai partiti. “Rivedere” mentre tutti sentono (perché un politico dovrebbe essere capace di cogliere il comune sentire) che sia il caso di bloccare i bonifici in arrivo, sedersi e parlarne partendo da una rivoluzione totale e non tentando magici aggiustamenti. Ormai sembra che non si riesca a perdere occasione perché la politica si dimostri scollegata dalla realtà, onnivora, prepotente, miope e cretina.

Poi, per fortuna, curiosando in giro scopri che la soluzione possibile è stata elaborata (ovviamente fuori dal trio governativo, ci mancherebbe) e che finalmente un dibattito è possibile senza patetiche tattiche di preservazione della specie. È il meccanismo elaborato da Pellegrino Capaldo contenuto in una proposta di legge di iniziativa popolare che sta per essere depositata alla Cassazione: abrogazione del sistema di rimborso diretto ai partiti e introduzione di un credito d’imposta del 95% sui contributi che i cittadini decidono di versare alla politica (fino a un tetto massimo di 2mila euro).

Scrive il Sole24ore:  Quello ideato da Capaldo è un meccanismo diverso che non nega l’idea del costo della politica a carico della finanza pubblica ma ne rovescia la logica: ai cittadini va lasciata la scelta del sostegno alla politica in modo da promuovere il loro coinvolgimento nella vita dei partiti. Una rivoluzione copernicana che lascia però l’onore per gran parte allo Stato: ai cittadini che decidano di sostenere i movimenti politici viene infatti riconosciuto un credito d’imposta pari al 95% del contributo versato con un tetto massimo di duemila euro. A conti fatti, perciò, un contributo di 2mila euro al proprio partito si tradurrebbe per il cittadino-sostenitore in un esborso effettivo di 100 euro, dal momento che 1.900 euro gli verrebbero restituiti dall’Erario.

Il principio della ‘defiscalizzazione’ del contributo ai movimenti politici esiste già: una quota delle somme versate (pari al 19%) può essere detratta per l’Irpef (persone fisiche) e l’Ires (società). La proposta di legge popolare che sta per essere presentata riserva il credito d’imposta alle sole persone fisiche, mantiene in vita il primo canale di supporto ma cancella il secondo: l’obiettivo è favorire una maggiore partecipazione dei cittadini.
L’altro aspetto sui cui il meccanismo ideato da Capaldo interviene è quello della platea dei beneficiari. Il finanziamento non è riservato ai soli partiti che abbiano partecipato a competizioni elettorali (ottenendo rappresentanza o un numero minino di voti, come accade ora) ma a tutti i movimenti politici e alle fondazioni con precisi requisiti. Le prime devono avere almeno trecento iscritti, le seconde un patrimonio minimo di cinque milioni. Criteri stringenti che non vengono applicate a realtà esistenti con continuità negli ultimi dieci anni. 

Il passaggio alla nuova legge dovrebbe comportare un risparmio per le casse dello Stato: è infatti improbabile ‐ è il ragionamento dell’ideatore della proposta ‐ che l’entità delle somme versate dai cittadini ai partiti per le quali si applica il credito d’imposta del 95% possa eguagliare l’enorme flusso di fondi pubblici che l’attuale legge garantisce alle casse dei nostri partiti. Un aspetto che dovrebbe spingere i movimenti politici a rinnovarsi per riconquistare quella fiducia che gli elettori hanno smarrito da tempo.

Ecco, si potrebbe proprio partire da qui.

ps Anche l’Europa (come scrive Agoravox), tramite un comunicato del Consiglio europeoboccia il sistema dei rimborsi elettorali italiani e l’opacità dei partiti italiani (qui il pdf del documento). E visto che per pensioni articolo 18 abbiamo dovuto procedere in fretta, anche questa volta sui partiti si deve agire in fretta, visto che “ce lo chiede l’Europa”.

La truffa elettorale firmata ABC

Ne scrive Michele Ainis. E la sua è analisi politica senza possibilità di accuse di populismo come ogni tanto (troppo spesso) succede ormai quando si tocca il Alfano-Bersani-Casini, sempre più scendiletto di un governo dove tutti possono per un minuto sentirsi viceré.

L’articolo 515 del codice penale castiga (due anni di galera) chi vende merci contraffatte, spacciando la brutta copia per l’originale. E’ la truffa delle etichette: ti metto in mano una bottiglia di gassosa, dopo averci incollato sopra il cartellino biondo dello champagne. Sempre bollicine, ma di tutt’altro sapore. Attenti: è esattamente quanto ci sta per capitare. O almeno i nostri politici ci provano. Con la riforma costituzionale, ma soprattutto con quella elettorale. Nelle intenzioni dichiarate, nell’etichetta che campeggia sulla confezione, servono ambedue per dimostrare la capacità di rinnovamento dei partiti, restituendo quote di potere agli elettori. Però se assaggi la bevanda le bollicine diventano altrettante ballicine.

La prima truffa sta nel metodo. Perché dopo tante chiacchiere il Porcellum è ancora vivo e vegeto? Riunioni, vertici, rinvii, bozze che non escono dal bozzolo: la riforma è tutta qui. Loro, i partiti, dicono che non si può mettere troppa carne al fuoco, che prima bisogna licenziare la riforma della Costituzione. Balle, sparate per guadagnare tempo. La nostra Carta non spende una parola sui sistemi d’elezione. E difatti non fu modificata quando, nel 1993, il Mattarellum cancellò il proporzionale. Né nel 2005, quando il centrodestra vi sostituì il Porcellum.

Secondo: il nuovo sistema. Bipolare ma identitario, maggioritario ma proporzionale. Un maggiorzionale. Che però ci inganna promettendo che sceglieremo il premier, indicato da ciascun partito sulla scheda elettorale. Siccome salta l’accordo di coalizione preventivo, siccome è alquanto improbabile che un singolo partito s’accaparri il 51 per cento dei seggi in Parlamento, siccome a quel punto dovrà giocoforza stipulare un’alleanza con altri partiti dopo il voto, l’unica cosa certa è che nessuno dei candidati ufficiali ha speranze di varcare l’uscio di palazzo Chigi. Se Bersani e Casini stipuleranno un patto di governo, il premier sarà una terza persona. Altrimenti l’uno o l’altro dovrebbe accettare un patto leonino.

Sennonché l’accordo su cui convergono i partiti è pieno di false promesse. Ci dicono: oltre al premier, sceglierete finalmente il vostro deputato, il vostro senatore. Non è vero, perché esprimeremo un unico voto (modello tedesco, ma in Germania ne hanno due) sia sul collegio uninominale sia sul plurinominale. Dove troveremo una lista bloccata di 3 o 4 compagni di cordata del candidato principale. Prendere o lasciare.

E le incongruenze? La nuova legge elettorale coniugherà una soglia di sbarramento (4 o 5 per cento) con il diritto di tribuna per chi non supera la soglia. Se ne parlò in Francia ai tempi di Le Pen, senza poi farne nulla. Perché la soglia significa o dentro o fuori, non puoi stare con un piede in terra e l’altro sulla luna. Ma se è per questo, anche il premio di maggioranza normalmente si declina al singolare. Altrimenti sarebbe come assegnare due scudetti. Invece i partiti stanno progettando il doppio premio, e magari arriveranno al triplo, come la sigla della nuova maggioranza: ABC, Alfano Bersani Casini. Più che un premio, un viagra. O forse una diga per proteggersi dai barbari, dato che i sondaggi, ahimè, sono in caduta libera.

Quanto alla riforma della Costituzione, anche lì non mancano i raggiri. Come il superamento del bicameralismo perfetto attraverso un bicameralismo “eventuale”, pasticcio foriero di bisticci. Come lo scioglimento delle Camere: il premier propone, il presidente della Repubblica dispone. Proposta non vincolante, dunque se quest’ultimo rifiuta s’apre un’altra zuffa al vertice delle istituzioni. Come il dimezzamento dei parlamentari (in realtà la sforbiciata è del 18 per cento). O come il njet sulla democrazia diretta, su nuovi strumenti di decisione e di controllo in mano agli elettori. Niente da fare, anche in questo caso le parole divorziano dai fatti. Una truffa delle etichette, per l’appunto. D’altronde ne avremo un assaggio alle amministrative, dove il Pdl si maschererà da lista civica, Forza Lecco o Forza Trentino o Forza Peppa. Dal teatrino della politica al ballo in maschera. (Michele Ainis – l’Espresso)

L’analisi interrotta

Oggi studiavo l’avviso di conclusione delle indagini notificato a Nichi Vendola (senza bisogno di troppi opinionisti il documento integrale è qui). Avrei voluto scrivere delle accuse di Lady Asl, Lea Cosentino, e di come le parole virgolettate apparse sui quotidiani in realtà siano semplicemente riportate “de relato” dall’accusatrice. Che forse un po’ di ira da smaltire ne ha, se è vero che  “la dottoressa Cosentino era terrorizzata dal fatto che Vendola potesse sapere che commetteva illeciti’ (lo dichiara Tarantini interrogato), che era stata estromessa dal ruolo proprio dal Governatore dopo il suo coinvolgimento in vicende giudiziarie e che è stata sentita da un giornalista di Repubblica mentre in un ristorante cercava di rivendere iperbolici dossier contro Nichi per qualche spiccio. Poi avrei voluto discutere con voi dell’intervista al primario Sardelli  che sta al centro delle accuse per la nomina ricevuta in cui si legge “Sono arrivato al policlinico di Foggia il primo febbraio 2004, quando c’era il governo Fitto. La situazione al policlinico però era disastrosa: non esisteva un reparto, c’erano solo due posti a chirurgia plastica e quattro a chirurgia d’urgenza. Andai dal direttore generale della Asl per chiedere di fare qualcosa ma non si mosse niente. Così il giorno dell’inaugurazione della Fiera, visto che Fitto era in città, chiesi di incontrarlo. Gli raccontai la situazione e il giorno dopo iniziarono i lavori. In due anni ho creato un reparto d’eccellenza. Venivano a Foggia da Napoli, da Avellino, da Lecce. È qui che nel 2007 ho fatto il primo trapianto da cadavere di vaso sanguigno con la collaborazione del primario di Barcellona e della banca dei tessuti spagnola. Fu la prima volta che sentii il presidente Nichi Vendola. Mi chiamò per farmi i complimenti”. Lo aveva mai conosciuto? “No. Era la prima volta in assoluto. E poi, se devo dirle la verità ed è comunque cosa nota, io politicamente sono vicino alle posizioni della destra”.

Poi certo dovremmo interrogarci se l’abuso d’ufficio (che è il reato contestato, tanto per mettere le cose in ordine e dare il giusto peso) sia tollerabile per portare alla meritocrazia. E forse avrei risposto di no. E che l’impegno è di scrivere regole che siano meritocratiche per davvero, una volta per tutte. Insomma, avevo in bozza il post in cui c’era da analizzare e dibattere con chiarezza su un episodio che (ovviamente) qualcuno ha sparato alla stregua di puttanieri, ladri di soldi pubblici, cerchi magici e soldi in tanzania passando per ‘ndranghetisti secondo l’antico gioco che se si riesce a dimostrare che tutti sono ladri alla fine nessuno è ladro. L’avrei scritto con tutta la vicinanza a Nichi e a SEL che sta diventando grande e ha già bisogno di spalle larghe.

Poi qualche minuto fa è arrivato il secondo avviso di garanzia (in 24 ore) a Vendola per un altro reato su tutt’altro episodio. Dai contorni molto più ampi. E mi sono scoperto disposto a gridare al complotto (come Bossi e altri di questi giorni che non riesco proprio a condividere). E allora ho pensato che forse è meglio fermarsi. Perché la reazione a una sequenza di indagini come questa in fondo è politica. E i cori da stadio e le condanne strepitate non aggiungono nulla. E so che la superficialità non mi sarebbe perdonata (e non me la perdonerei). Quindi aspettiamo che cali la polvere e che galleggino i fatti. Con un abbraccio a Nichi e ai militanti e alla buona politica. Che ne abbiamo tutti bisogno.

Pagano i bambini

Una comunità per minori da dieci mesi è vuota. Sono spariti i minori a rischio? No, sono finiti i soldi

La casa è meravigliosa. Tanto spazio, tanta luce, tanta cura dei dettagli. Alle pareti i quadri della vicina scuola d’arte di Cantù. Persino la rampa dell’ascensore è affrescata. Sul divano e sulle mensole, giocattoli e libri. I letti sono fatti, ognuno con un peluche sul cuscino. È la Casa di Paolo e Piera, una comunità educativa per minori inaugurata il 5 giugno 2011 a Olgiate Comasco. È costata 1 milione di euro, raccolti sul territorio dalla Fondazione Paolo Fagetti, con il contributo della Fondazione Cariplo. Una nuova donazione, 200mila euro, è arrivata appena prima di Pasqua. Ma è vuota. In dieci mesi non ha mai visto un bambino.

Enrico Fagetti è il presidente dell’associazione e il papà di Paolo, morto a trent’anni in moto: faceva il volontario in quello che era ancora un istituto per minori, e i genitori hanno deciso di continuare a far vivere almeno i suoi progetti. Enrico è deluso e arrabbiato: «Possibile che in Italia nessun bambino abbia bisogno di un aiuto di questo tipo, quando pochi anni fa le comunità avevano le liste d’attesa? Ci avessero detto che questo era un servizio inutile, avremmo fatto altro. Sembra che i bambini siano spariti. In realtà sono spariti i soldi». Enrico non ha paura di dire a voce alta quello che in tanti sussurrano: «Con i tagli dei trasferimenti agli enti locali, i Comuni non hanno più i soldi per pagare le rette e quindi non allontanano più i minori. Preferiscono lasciarli in famiglia, anche quando la situazione è estremamente compromessa».

Il resto della storia qui.

Ilaria racconta Denise

Ilaria Ramoni, la brava e coraggiosa avvocatessa che ha seguito tutte le udienze del processo Lea Garofalo al fianco della figlia Denise, rilascia un’intervista su quello che è stato, cos’è e cosa sarà. E dice parole importanti.

Uno degli aspetti più particolari di questo processo è stato il clima che si è venuto a creare fuori e dentro l’aula. Tante persone, giovani e meno giovani, che hanno deciso di stare accanto a Denise e alla sua scelta. In modo discreto e responsabile. Tra questi, i ragazzi del Presidio giovani di Libera Milano dedicato a Lea Garofalo hanno deciso di starle vicino in aula durante le sue testimonianze. Mentre seguivano il processo e Denise era coperta da un paravento che non la rendesse riconoscibile, i ragazzi hanno scritto le loro impressioni, emozioni e vicinanza a Denise su dei bigliettini. Che poi noi avvocati le facevamo avere. Un piccolo gesto ma molto importante credo anche per i ragazzi. Denise ha conserva tutti quei messaggi. Ha ricevuto forza e coraggio. E me ne ha anche trasmessa molta.

Il resto qui.

Il circo magico

Francesco Merlo, oggi, irresistibile su Repubblica


Se vo­le­te tro­va­re la fa­mi­glia esa­ge­ra­ta, se cer­ca­te il sud fa­mi­li­sta ti­piz­za­to e mo­stri­fi­ca­to dal­la so­cio­lo­gia, se ave­te no­stal­gia del­l’an­ti­co Me­ri­dio­ne ec­ces­si­vo di “mam­me­ta, pa­te­to, fra­te­to e so­re­te”, è al Nord che do­ve­te an­da­re. A Ge­mo­nio in­fat­ti ca­sa Bos­si è più na­po­le­ta­na di ca­sa Cu­piel­lo, che in fon­do è so­lo tea­tro. E gli af­fi­lia­ti e i com­pa­ri so­no più co­sca nel­la Brian­za che nel­la Cor­leo­ne di og­gi.
So­lo a Ge­mo­nio e non più a Pas­so­pi­scia­ro po­te­te sti­pa­re, in uno stes­so cam­per, il pa­dre bau­scia in ca­not­tie­ra e la mam­ma “ma­va­ra” che pre­pa­ra la te­glia di po­len­ta ma ogni tan­to mol­la sga­nas­so­ni ai ra­gaz­zi e la se­ra si de­di­ca ai ri­ti ma­gi­ci. E, nei se­di­li di die­tro, tan­ti fi­gli mam­mo­ni, ton­ti e spac­co­ni, che mo­stra­no il pet­to al­le ra­gaz­ze ma, ad ogni sor­pas­so, fan­no il ge­sto del­l’om­brel­lo e le cor­na. Nel mez­zo, a di­vi­de­re i ra­gaz­zi che, scom­po­sti, li­ti­ga­no e scal­cia­no, c’è la co­ma­re, l’e­ner­gi­ca zia Ro­sy, ma con il fi­dan­za­to fur­bet­to che al­lun­ga le ma­ni. Ag­giun­ge­te i ca­ni aki­ta, l’om­brel­lo da spiag­gia, sul tet­to una ca­me­ra d’a­ria da usa­re al ma­re co­me un sal­va­gen­te e, per com­ple­ta­re la fa­mi­glia Bos­si, li­be­ra­te quel­l’ar­ma­men­ta­rio espres­si­vo fat­to di per­nac­chie e di­ti me­di di cui al Sud or­mai ci si ver­go­gna e che in­ve­ce in un pez­zo di nord è il co­di­ce del­la clas­se di­ri­gen­te.
Sem­bra un film co­mi­co, un pa­ra­dos­sa­le Ver­do­ne, ma è in­ve­ce la real­tà. Non un’o­pe­ra del­l’in­ge­gno espres­sio­ni­sta del­la com­me­dia al­l’i­ta­lia­na ma il pro­fon­do sud a po­chi chi­lo­me­tri da Mi­la­no, la ri­na­sci­ta per­fet­ta del me­ri­dio­na­le scom­par­so: Fran­chi e In­gras­sia, Ti­be­rio Mur­gia, don Fe­fè, Sa­ro Ur­zì e tut­te le ma­sche­re del­la piz­za e del­la pa­sta al su­go.

L’u­ni­co ele­men­to di mo­der­ni­tà è quel “fa­mi­ly” che il te­so­rie­re del­la Le­ga ave­va scrit­to sul­la più pre­zio­sa del­le car­tel­li­ne, fa­mi­ly co­me prin­ci­pa­le vo­ce di bi­lan­cio, la pa­ro­la in­gle­se per in­gen­ti­li­re il de­lit­to, per na­scon­de­re l’in­gom­bran­te scan­da­lo, un gio­co lin­gui­sti­co di co­per­tu­ra che al­la fi­ne ot­tie­ne l’ef­fet­to op­po­sto. Fa­mi­ly è in­fat­ti l’i­ro­nia di­spe­ra­ta di quel te­so­rie­re go­ril­la che sem­bra il ge­mel­lo di Mo­du­gno: «Mam­me­ta, pa­te­to, fra­te­to, non­ne­ta, so­re­ta, zie­ta… o ca­ne. Aaaaaaaaahhh! Ia­te­ven­ne, ia­te­ven­ne».

Il rogo delle tessere, il giorno dello sciacallo, Maroni e Bossi: nella Lega l’hanno presa bene

Comincia a sparare l’assessora Rizzi: “Maroni segretario? Mi dimetto. Da lui caccia alle streghe”.

Ma chi si supera è un militante padano che nel giorno delle dimissioni del Capo ha scritto un testo dal titolo emblematico: “Il giorno dello sciacallo“.

“Oggi il barbaro sognante ha superato se stesso. Nel febbraio ’95 tradì la Lega Nord, oggi ha tradito l’Amico. Ha tradito colui che gli ha dato fama, soldi, potere. E’ inutile continuare a nascondere la testa sotto la sabbia e far finta di non sapere cosa c’era e c’è in atto in Lega Nord. E’ più di un anno che Maroni tenta di prendere la testa del movimento con mezzi leciti e illeciti, questi ultimi sempre ben nascosti. Se oggi in Bellerio il grido di ‘traditore’ pronunciato dai Militanti si è levato spontaneo nei confronti del ‘barbaro’ è perché tutti hanno capito ‘la mossa del Giuda’”.

“Gli eventi di questi ultimi giorni hanno altre si fatto capire l’accordo con i poteri forti ‘italioti’. Come Robert Bruce tradì William Wallace il ‘Robert italiota’ ha tradito e venduto al nemico Umberto Bossi. La Lega è morta? può essere. Se mai succederà che il ‘barbaro traditore’ si impossessi del movimento la Lega morirà comunque, a lui interessa la struttura e la ‘cassa’, modificherà subito il Dna togliendo l’art.1, ‘l’indipendentismo’ e a quel punto noi Militanti, ‘Guerrieri di Bossi’, non avremmo più ragione di esistere. Fin d’ora vi invito a ‘bruciare la tessera’ in una grossa manifestazione che organizzeremo per il nostro ‘Condottiero‘. Un ultimo sogno nel cuore mi è rimasto: Bossi! La Lega mai a un ‘barbaro traditore’ portatela con te nella tomba”.

Beh, buon lavoro.

I suicidi e i cittadini clandestini

Ne scrive Barbara Spinelli su Repubblica oggi, riprendendo quello che scrivevamo ieri e proponendo un tema che è politica.

Quando il cittadino diventa un clandestino

RI­SA­LE a più di die­ci an­ni fa un ar­ti­co­lo di Paul Krug­man — uno dei più pro­fe­ti­ci — sul col­las­so del­la com­pa­gnia ener­ge­ti­ca En­ron. La Gran­de Cri­si che tra­ver­sia­mo fu pre­ce­du­ta da quel pri­mo cu­po se­gna­le, e in es­so l’e­co­no­mi­sta vi­de, sul New York Ti­mes del 29 gen­na­io 2002, la for­ma del­le co­se fu­tu­re. Quel­la sto­ria di fin­ta glo­ria mi­schia­ta a fro­de era ben più de­ci­si­va del­l’as­sal­to al Tra­de Cen­ter, che l’11 set­tem­bre 2001 ave­va se­mi­na­to mor­te e of­fe­so la po­ten­za Usa.

«Un gran­de even­to — era scrit­to — cam­bia ogni co­sa so­lo se cam­bia il mo­do in cui ve­di te stes­so. L’at­tac­co ter­ro­ri­sta non po­te­va far­lo, per­ché di es­so fum­mo vit­ti­me più che per­pe­tra­to­ri. L’11 set­tem­bre ci in­se­gnò mol­to sul wa­ha­bi­smo, ma non mol­to sul­l’a­me­ri­ca­ni­smo ».
La vi­cen­da En­ron mi­se fi­ne al­l’e­tà di in­no­cen­za del ca­pi­ta­li­smo, sve­lan­do le sre­go­la­tez­ze e il las­si­smo in cui era pre­ci­pi­ta­to. I sa­cer­do­ti di quel­l’e­tà era­no pri­gio­nie­ri di dog­mi, e nes­su­na do­man­da du­ra scal­fi­va la con­vin­zio­ne che que­sto fos­se il mi­glio­re dei mon­di pos­si­bi­li. Fu co­me il ter­re­mo­to di Li­sbo­na, che nel 1755 co­strin­se la fi­lo­so­fia eu­ro­pea ad ab­ban­do­na­re (gra­zie a Vol­tai­re, a Kant) l’ot­ti­mi­sti­ca fe­de nel­la Prov­vi­den­za. Nel­l’im­me­dia­to non uc­ci­se co­me l’11 set­tem­bre, ma sic­co­me non esi­ste sa­cer­do­te sen­za sa­cri­fi­ci cruen­ti an­che que­sto pre­sto cam­biò: fra il 2007 e og­gi la cri­si ha co­min­cia­to ad ave­re i suoi mor­ti, sot­to for­ma di sui­ci­di. So­no ini­zia­ti in Fran­cia, nel 2007-2008. Ora que­st’in­fe­li­ci­tà estre­ma, im­po­ten­te, lam­bi­sce Gre­cia e Ita­lia, col­pi­te dal­la re­ces­sio­ne e da mi­su­re che ren­do­no di­spe­ran­te il rap­por­to fra l’uo­mo e il la­vo­ro, l’uo­mo e la pro­pria vec­chia­ia, l’uo­mo e la li­ber­tà. Sen­za la­vo­ro, sen­za la pos­si­bi­li­tà di adem­pie­re gli ob­bli­ghi che più con­ta­no (ver­so i pro­pri fi­gli, la pro­pria di­gni­tà) la stes­sa li­ber­tà po­li­ti­ca s’ap­pan­na: di­ven­ti un emi­gran­te clan­de­sti­no in pa­tria, un tra­pian­ta­to.
Sui­ci­di di que­sto ti­po non so­no pa­to­lo­gie in­ti­me, di­slo­ca­zio­ni­del­l’a­ni­ma che nel­la mor­te cer­ca un suo me­to­do. In Fran­cia, in Gre­cia, in Ita­lia, so­no tut­ti le­ga­ti al­la cri­si. So­no com­mes­si da pen­sio­na­ti, la­vo­ra­to­ri, im­pren­di­to­ri pre­si nel­la gab­bia di de­bi­ti, mu­tui non rim­bor­sa­bi­li, azien­de fal­li­te. È si­gni­fi­ca­ti­vo che qua­si tut­ti si im­mo­li­no in piaz­za o nei po­sti di la­vo­ro, la­scian­do let­te­re-te­sta­men­ti che di­co­no l’in­di­ci­bi­le scel­ta. Di­mi­tris Chri­stou­las, il pen­sio­na­to che il 4 apri­le s’è tol­to la vi­ta in Syn­tag­ma Squa­re — la piaz­za del­le pro­te­ste — scri­ve che il go­ver­no, ri­bat­tez­za­to «go­ver­no col­la­bo­ra­zio­ni­sta di Tso­la­ko­glou » in ri­cor­do del Pre­mier che nel ’41-42 aprì le por­te ai na­zi­sti, «ha an­nien­ta­to la mia ca­pa­ci­tà di so­prav­vi­ven­za, ba­sa­ta su una pen­sio­ne di­gni­to­sa cui ave­vo con­tri­bui­to per 35 an­ni».
Chri­stou­las non vuol «met­ter­si a pe­sca­re nel­la spaz­za­tu­ra» di che so­sten­tar­si, e av­ver­te: i gio­va­ni de­ru­ba­ti di fu­tu­ro im­pic­che­ran­no i re­spon­sa­bi­li co­me fe­ce­ro gli ita­lia­ni a Piaz­za­le Lo­re­to con Mus­so­li­ni. «Vi­sta la mia età avan­za­ta, non pos­so rea­gi­re in mo­do at­ti­vo.
Ma se un mio con­cit­ta­di­no af­fer­ras­se un Ka­la­sh­ni­kov, sa­rei pron­to a sta­re al suo fian­co». Le sta­ti­sti­che sui pri­mi cin­que me­si del 2011 cer­ti­fi­ca­no un in­cre­men­to di sui­ci­di del 40 per cen­to, ri­spet­to al­lo stes­so pe­rio­do del 2010.
Di­sa­stri si­mi­li ac­ca­do­no in Ita­lia. La Cgia, As­so­cia­zio­ne ar­ti­gia­ni e pic­co­le im­pre­se di Me­stre, an­nun­cia che nel 2008-2010 i sui­ci­di so­no cre­sciu­ti del 24,6%: so­no usci­ti dal mon­do im­pren­di­to­ri, la-vo­ra­to­ri di­pen­den­ti, pen­sio­na­ti. Nel 2008 i sui­ci­di eco­no­mi­ci so­no 150, nel 2010 so­no 187. C’è un «ef­fet­to imi­ta­zio­ne», spie­ga la Cgia, ma il ter­mi­ne è le­ni­ti­vo. Ci si con­so­lò co­sì nel 2008, quan­do si uc­ci­se­ro 24 di­pen­den­ti di Te­le­com-Fran­cia (una pri­ma av­vi­sa­glia era ve­nu­ta l’an­no pri­ma da Re­nault: tre sui­ci­di in 4 me­si). Il mo­ti­vo so­cia­le ven­ne sot­to­va­lu­ta­to, co­me nel 2002 si sot­to­va­lu­tò il crol­lo di En­ron, ro­vi­no­so per i fon­di pen­sio­ne di mi­glia­ia di la­vo­ra­to­ri. Giu­sep­pe Bor­to­lus­si, se­gre­ta­rio del­la Cgia, par­la di «per­di­ta di si­cu­rez­za, so­li­tu­di­ne, di­spe­ra­zio­ne, ri­bel­lio­ne con­tro un mon­do che si sta ri­ve­lan­do ci­ni­co, ino­spi­ta­le ». Go­ver­ni, gior­na­li­sti, eco­no­mi­sti do­vreb­be­ro smet­te­re le sa­cer­do­ta­li li­ta­nie sul­la «re­si­sten­za al cam­bia­men­to». Fa­par­te del lo­ro me­stie­re pro­va­re a ca­pi­re le se­gre­te mol­le del­l’uo­mo, non so­lo dei bi­lan­ci. Il sui­ci­da è un in­di­gna­to che nau­fra­ga per­ché non ri­co­no­sciu­to, non vi­sto.
An­che su que­sto Krug­man fu veg­gen­te, nel 2002: «Per chi non è di­ret­ta­men­te im­pli­ca­to — gran par­te dei po­li­ti­ci non lo è — non con­ta quel che ha fat­to, ma quel che fa». Man­cò in­fat­ti ogni esa­me cri­ti­co del pas­sa­to, del con­sen­so a tan­te sre­go­la­tez­ze. Un de­cen­nio è pas­sa­to, e l’ot­tu­sa rea­zio­ne del mi­ni­stro del Te­so­ro di Bush, Paul O’Neill, fa tut­to­ra scuo­la: «Le im­pre­se ven­go­no e van­no. È il ge­nio­del ca­pi­ta­li­smo». I sui­ci­di in Gre­cia o Ita­lia so­no una ri­bel­lio­ne con­tro il fa­ta­li­smo di que­sta de­fi­ni­zio­ne — ge­nio — che ve­de nel ca­pi­ta­li­smo una for­za di na­li­mi­ta­re­tu­ra, con­tro cui nul­la si può se non ca­der fuo­ri dal­la gio­stra im­paz­zi­ta. Un fal­so pro­fe­ta, Sa­muel Hun­ting­ton, pre­dis­se nel ’92 pros­si­mi scon­tri tra le ci­vil­tà. Lo scon­tro è den­tro le ci­vil­tà: la no­stra. I sui­ci­di ne so­no il sin­to­mo. Chi non ci cre­de va­da al­l’A­qui­la. Sal­va­to­re Set­tis ha vi­sto una Pom­pei del XXI se­co­lo ( Re­pub­bli­ca 7-4). Le ro­vi­ne del ter­re­mo­to so­no re­sta­te ta­li e qua­li, co­me in un rac­con­to di fan­ta­scien­za. Chi ha det­to che il ca­pi­ta­li­smo è mo­vi­men­to?
Il sui­ci­dio stu­dia­to nel­l’800 da Emi­le Dur­kheim è l’au­toaf­fon­da­men­to del cit­ta­di­no cui so­no strap­pa­ti non so­lo i di­rit­ti ma gli ob­bli­ghi stes­si del­la cit­ta­di­nan­za: la li­be­ra sot­to­mis­sio­ne al­la ne­ces­si­tà del la­vo­ro, il sen­tir­si par­te di una so­cie­tà, di un or­di­ne pro­fes­sio­na­le, di un sin­da­ca­to che in­clu­da e in­te­gri. A dif­fe­ren­za del sui­ci­dio in­ti­mi­sta, o del­l’im­mo­la­zio­ne al­trui­sta, Dur­kheim lo chia­ma sui­ci­dio ano­mi­co. La sua ra­di­ce è nel­l’a­no­mia: nel­lo sva­ni­re di nor­me che ogni cri­si com­por­ta. Nel­l’im­pu­ni­tà di cui go­do­no gli ini­zia­ti che di nor­me fan­no a me­no.
In que­st’a­no­mia vi­via­mo, sen­za più gli av­vo­ca­ti del­l’in­di­vi­duo che so­no sta­ti i sin­da­ca­ti, gli or­di­ni pro­fes­sio­na­li, le chie­se, i par­ti­ti. La cor­ru­zio­ne di que­sti ul­ti­mi è una man­na, per chi vuol fa­re un de­ser­to e chia­mar­lo pa­ce. Gre­cia e Ita­lia ne so­no ma­la­te, e non a ca­so è qui che il cit­ta­di­no tra­mu­ta­to in clien­te non spe­ra più di es­se­re udi­to. «Mai gli uo­mi­ni con­sen­ti­reb­be­ro a i pro­pri de­si­de­ri se si cre­des­se­ro au­to­riz­za­ti a su­pe­ra­re il li­mi­te lo­ro as­se­gna­to. Ma per le ra­gio­ni sud­det­te non pos­so­no det­tar­si da so­li que­sta leg­ge di giu­sti­zia. Do­vran­no per­ciò ri­ce­ver­la da una au­to­ri­tà che ri­spet­ta­no e al­la qua­le si in­chi­na­no spon­ta­nea­men­te. Sol­tan­to la so­cie­tà, sia di­ret­ta­men­te e nel suo in­sie­me, sia me­dian­te uno dei suoi or­ga­ni è ca­pa­ce di svol­ge­re que­sta fun­zio­ne mo­de­ra­tri­ce, sol­tan­to es­sa è quel po­te­re mo­ra­le su­pe­rio­re di cui l’in­di­vi­duo ac­cet­ta l’au­to­ri­tà. Sol­tan­to es­sa ha l’au­to­ri­tà ne­ces­sa­ria a con­fe­ri­re il di­rit­to e a se­gna­re al­le pas­sio­ni il li­mi­te ol­tre il qua­le non de­vo­no an­da­re». (Dur­kheim, Il sui­ci­dio, 1897).
Del­la so­cie­tà fan­no par­te par­ti­ti, sin­da­ca­ti, im­pren­di­to­ri, go­ver­nan­ti: tut­ti si so­no ri­ve­la­ti in­ca­pa­ci di os­ser­va­re e dun­que im­por­re le nor­me, tut­ti so­no por­ta­to­ri di ano­mia. Per que­sto leg­gi e tu­te­le so­no co­sì im­por­tan­ti. Di­ce­va nel­l’800 il cat­to­li­co Hen­ri La­cor­dai­re: «Tra il for­te e il de­bo­le, tra il ric­co e il po­ve­ro, tra il pa­dro­ne e il ser­vi­to­re: quel che op­pri­me è la li­ber­tà, quel che af­fran­ca è la leg­ge».
Di leg­ge, di nò­mos, han­no bi­so­gno i cit­ta­di­ni gre­ci e ita­lia­ni, apo­li­di in pa­tria. Se è ve­ro che vi­via­mo tra­sfor­ma­zio­ni pla­ne­ta­rie, ur­ge sa­pe­re che es­se sca­te­na­no sem­pre un au­men­to di sui­ci­di: se­con­do Dur­kheim an­che i boom eco­no­mi­ci de­mo­ra­liz­za­no.
Dob­bia­mo in­fi­ne sa­pe­re che Ca­mus ave­va ra­gio­ne: la ri­vol­ta è la ri­spo­sta, l’u­ni­ca for­se, al sui­ci­dio (il pae­se «si sal­va al pia­no ter­ra », di­ce Er­ri De Lu­ca). Quan­do è po­si­ti­va, la ri­vol­ta ten­de a rein­tro­dur­re il sen­so del­la leg­ge lì do­ve s’è in­se­dia­ta l’a­no­mia.

Ripristinati i treni notte. Con un pensiero agli amici del Binario 21

La notizia circola con insistenza e se ne aspetta l’ufficialità a breve: dal 12 giugno ripartiranno tre tratte, Milano-Lecce, Milano-Palermo e Torino-Lecce. Le Ferrovie dello Stato corrono già ai ripari con una dichiarazione che lascia poco spazio a troppe deduzioni: «Non siamo stati noi a cambiare idea. Stiamo parlando di un servizio universale, non di una tratta commerciale, e quindi il nostro committente, in questo caso il ministero del Tesoro ci ha chiesto questo ripristino».
Sulla battaglia (che è di dignità, di lavoro e di unità nazionale) abbiamo scritto (qui gli articoli) e abbiamo presentato una mozione votata in Consiglio. Per questo credo che il ripristino sia una buona notizia non solo per i lavoratori ma per la politica che (una volta tanto) decide di ascoltare quello che succede giù dai palazzi. Dice Erri De Luca che le rivoluzioni si fanno al piano terra, questa volta ci si è riusciti sulla torre.
E forse la foto più bella sarebbe il sorriso dei figli preoccupati in questi mesi per i padri aggrappati e infreddoliti al binario 21.

Ogni promessa è debito: ecco la nostra proposta di legge su #opendata in Lombardia

Ne avevamo parlato (qui e qui) e ne abbiamo discusso molto sui social. Ora siamo pronti. Ho depositato la nostra proposta di legge open data per Regione Lombardia (con il consigliere Pizzul PD, sempre attento sul punto), ora passerà al vaglio della commissione prima di arrivare in Aula. E ovviamente va migliorato, modificato, tutti insieme. Qui potete seguire tutto il percorso della legge. Per ogni suggerimento siamo a disposizione. Perché oltre alle trote e alle minetti in regione ci stiamo per essere legislatori, preferibilmente seri, attenti e ovviamente aperti.

PROGETTO DI LEGGE N. 0154

di iniziativa dei consiglieri regionali: Cavalli, Pizzul

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“Disposizioni in materia di accesso, pubblicazione e riutilizzo dei documenti e dei dati pubblici dell’amministrazione regionale in formato aperto tramite software libero e la rete internet”.

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PRESENTATO IL 28/03/2012

ASSEGNATO IN DATA 03/04/2012

ALLE COMMISSIONI REFERENTE II

CONSULTIVA I

Altri pareri Comitato paritetico di controllo e valutazione

RELAZIONE

Il progetto di legge si propone di favorire il processo di innovazione tecnologica e informatica di Regione Lombardia in un contesto di trasparenza e di pluralismo informatico attraverso la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione, la fruibilità e la riutilizzabilità gratuita dei documenti e dei dati pubblici di cui è titolare o da essa detenuti in modalità digitale, favorendo anche la diffusione di software libero e formati aperti per la gestione dei dati e documenti, eliminando altresì ogni barriera dovuta a difformità di standard.

Con questo progetto di legge, si intende pertanto perseguire lo sviluppo della società dell’informazione e della conoscenza in ambito regionale per favorire il progresso sociale, il miglioramento della qualità della vita, lo sviluppo delle iniziative economiche private legate al riutilizzo delle informazioni del settore pubblico, e la partecipazione collaborativa di realtà pubbliche e private promuovendo forme di cittadinanza attiva.

In una realtà dove i dati, i documenti e i contenuti digitali pubblici sono una risorsa con una continua crescita esponenziale, la disponibilità in real-time di questi dati, potrebbe portare, in un mondo web-connesso, a prendere decisioni e cambiamenti comportamentali in tempo reale in base alle proprie esigenze personali. I dati pubblici possono permetterci di prendere un treno o un bus in tempo, pianificare i nostri spostamenti con uno sguardo verso le previsioni meteo, verificare in qualsiasi momento la disponibilità di punti car/bike sharing nelle vicinanze, calcolare la quantità di emissioni inquinanti del proprio veicolo e l’impatto sulla qualità dell’aria nella propria città, dove andare a vivere con la propria famiglia, in quale università studiare o quale prodotto comprare.

Un rilascio strutturato, centralizzato e aggregato dei dati, in conformità delle leggi vigenti in materia, permetterebbe quindi lo sviluppo di nuove applicazioni e soluzioni multimediali innovative che porterebbero nuovi business sul territorio lombardo, un indotto economico significativo e un insieme di servizi a valore aggiunto per tutti i cittadini lombardi. Per esempio, la disponibilità pubblica dei dati di tutta la rete lombarda dei mezzi di trasporto e della frequenza dei mezzi, potrebbe semplificare lo sviluppo di applicazioni che favoriscano la pianificazione ottimale dei propri viaggi, con uno sguardo continuo verso la riduzione delle emissioni inquinanti, o ancora applicazioni in grado di raccogliere dati su come migliorare la rete dei trasporti pubblici.

Obiettivo ultimo di questo progetto di legge è rendere la stessa amministrazione pubblica volano di innovazione.

Progetto di Legge

Disposizioni in materia di accesso, pubblicazione e riutilizzo dei documenti e dei dati pubblici dell’amministrazione regionale in formato aperto tramite software libero e la rete internet.

Articolo 1

(Finalità)

1. Regione Lombardia, in attuazione del Codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82) e del decreto legislativo 24 gennaio 2006 n. 36 (Attuazione della direttiva 2003/98/CE relativa al riutilizzo di documenti nel settore pubblico), assicura la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione, la fruibilità e la riutilizzabilità gratuite dei documenti e dei dati pubblici di cui è titolare o da essa detenuti in modalità digitale.

Al fine di garantire la più ampia libertà di accesso all’informazione pubblica, di favorire la partecipazione dei cittadini, delle imprese, delle fondazioni e delle associazioni ai processi decisionali della pubblica amministrazione, di incentivare la collaborazione tra pubblico e privato e di rendere riutilizzabile il maggior numero di documenti e di dati pubblici, in base a modalità che assicurano condizioni eque, proporzionate e non discriminatorie, la Regione favorisce:

a) il processo di innovazione tecnologica e informatica della propria organizzazione in un contesto di trasparenza e di pluralismo informatico attraverso l’impiego e la diffusione di software libero e formati aperti per la gestione dei dati e documenti, eliminando altresì ogni barriera dovuta a difformità di standard;

b) lo sviluppo della società dell’informazione e della conoscenza in ambito regionale per favorire il progresso sociale, il miglioramento della qualità della vita, lo sviluppo delle iniziative economiche private legate al riutilizzo delle informazioni del settore pubblico e la partecipazione collaborativa di realtà pubbliche e private promuovendo forme di cittadinanza attiva.

Articolo 2

(Definizioni)

1. Ai fini della presente legge, si intende per:

  1. accesso: il diritto riconosciuto a chiunque di richiedere e ottenere informazioni, documenti e dati pubblici o di pubblico interesse gratuitamente qualora gli stessi non fossero già stati resi noti;
  2. dato pubblico: il dato conoscibile, accessibile e riusabile da chiunque liberamente;
  3. dato della pubblica amministrazione: il dato prodotto, o comunque in possesso direttamente o indirettamente, dall’ente pubblico regionale;
  4. documento: ogni rappresentazione elettronica, digitale, informatica, grafica, fotocinematografica, elettromagnetica, o di qualunque altra specie, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti dall’amministrazione regionale e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale;
  5. dato aperto: un contenuto, un documento o un dato si definisce aperto se chiunque è in grado di utilizzarlo, ri-utilizzarlo e ridistribuirlo liberamente, soggetto, al massimo, alla richiesta di attribuzione e condivisione allo stesso modo;
  6. formati di dati aperti: i formati di salvataggio ed interscambio di dati informatici le cui specifiche complete di implementazione siano note, standardizzate, a disposizione di ogni utente e liberamente utilizzabili per tutti gli usi consentiti dalla legge; siano documentati in modo completo e approfondito in modo che sia possibile scrivere un programma per elaboratore in grado di leggere e/o scrivere dati in tali formati sfruttando tutte le strutture e le specifiche descritte nella documentazione; non siano presenti restrizioni di alcun tipo all’uso di tali formati di dati;
  7. software libero: ogni programma per elaboratore elettronico distribuito con una licenza di software libero tale per cui sia garantita la libertà gratuita di eseguire il programma per qualsiasi scopo, la libertà di studiare il programma e modificarlo, la
    libertà di ridistribuire copie del programma in modo da aiutare il prossimo, e la libertà di migliorare il programma e di distribuirne pubblicamente i miglioramenti, in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio;
  8. riutilizzo: l’uso del dato di cui è in possesso Regione Lombardia, da parte di persone fisiche o giuridiche, a fini commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale per il quale il documento o il dato che lo rappresenta è stato prodotto o utilizzato nell’ambito dei fini istituzionali, secondo norme di copyright e licenze riconosciute a livello nazionale ed internazionale.

Articolo 3

(Accesso tramite la rete internet e riutilizzo dei dati e delle informazioni)

1. La Regione Lombardia utilizza le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per rendere fruibili i documenti e i dati pubblici di cui è in possesso, assicurandone la pubblicazione tramite la rete internet in formati aperti secondo gli standard internazionali e avvalendosi di software libero per la loro gestione, raccolta, archiviazione e pubblicazione.

I dati e le informazioni di cui al comma 1 sono gratuitamente accessibili tramite la rete internet, e sono riutilizzabili nel rispetto della normativa statale in materia di digitalizzazione della pubblica amministrazione, di accesso agli atti amministrativi, di protezione dei dati personali, di riutilizzo delle informazioni del settore pubblico, di diritto della proprietà intellettuale e industriale.

Le licenze per il riutilizzo dei dati pubblici e delle informazioni, predisposte in ottemperanza al d.lgs. 36/2006 devono consentire la più ampia e libera utilizzazione gratuita, anche per fini commerciali e con finalità di lucro.

La Regione opera per rimuovere e arrestare gli ostacoli che impediscono la piena accessibilità ai documenti e ai dati pubblici assicurando la parità di trattamento tra tutti i riutilizzatori e si adopera per promuovere l’adozione da parte degli enti, delle società, dei consorzi e delle associazioni a cui partecipa delle misure necessarie per garantire la pubblicazione e il riutilizzo dei dati e dei documenti.

La Regione assicura che in presenza di ogni singola richiesta di documenti che li descriva ragionevolmente e sia stata fatta secondo le regole che specificano tempo, luogo, oneri e procedure da seguire, renderà i documenti, i contenuti e i dati pubblici immediatamente disponibili a chiunque, in formato aperto.

Articolo 4

(Reclamo)

1. La Regione assicura l’effettiva disponibilità tramite la rete internet e riutilizzabilità dei documenti e dei dati pubblici. I provvedimenti di cui all’articolo 5, comma 1, lettera h), individuano le modalità per le richieste di messa a disposizione tramite la rete internet e di riutilizzo di dati e documenti pubblici, le modalità di reclamo e assicurano che i reclami siano verificati ed evasi entro trenta giorni dal ricevimento, salvo motivate proroghe, secondo i criteri individuati dagli stessi provvedimenti di attuazione.

Articolo 5

(Provvedimenti di attuazione)

1. La Giunta regionale e l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, secondo le rispettive competenze, adottano, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge e sentita la commissione consiliare competente, uno o più provvedimenti che – sulla base di un processo consultivo rivolto agli utenti in qualità di fruitori finali della presente Legge –  definiscono, in particolare:

  1. i dati, le informazioni, i contenuti e i documenti che possono essere oggetto di immediata pubblicazione e riutilizzo;
  2. le modalità per individuare ulteriori dati, contenuti e documenti, che possono essere oggetto di pubblicazione e riutilizzo in futuro;
  3. le modalità di pubblicazione dei dati, delle informazioni, dei contenuti e dei documenti, e le modalità di gestione e aggiornamento del portale regionale per favorire e semplificare al meglio l’accesso ai medesimi e per garantire un aggiornamento continuo dei dati pubblicati;
  4. le licenze per il riutilizzo dei documenti e dei dati pubblici di cui l’amministrazione regionale è in possesso sia direttamente che indirettamente;
  5. l’elenco dei formati di dati aperti utilizzabili, individuabili anche in via indiretta, tramite riferimento a standard internazionali per la gestione dei documenti e dei dati pubblici di cui l’amministrazione regionale è in possesso direttamente o indirettamente;
  6. l’identificazione delle soluzioni software libere più opportune che verranno utilizzate per la gestione, manipolazione, archiviazione e pubblicazione dei dati, dei contenuti e dei documenti identificati ai punti a) e b);
  7. le modalità per la presentazione del reclamo di cui all’articolo 4 nonché per l’evasione della richiesta da parte dell’ufficio competente;
  8. forme di coordinamento interregionale e di collaborazione con le amministrazioni locali e con altri soggetti pubblici e privati del territorio lombardo, affinché anche le amministrazioni locali si adoperino di formati open e software libero per la gestione dei loro dati e documenti;
  9. forme di collaborazione con università del territorio lombardo e realtà esperte del settore per la definizione di proposte progettuali che usino i dati, i contenuti e i documenti pubblici di Regione Lombardia al fine di definire nuovi servizi al cittadino a valore aggiunto.

Articolo 6

(Norma transitoria)

1. La presente legge regionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione Lombardia.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Lombardia.

Articolo 7

(Clausole Valutative)

1. Regione Lombardia deve definire le metodologie, i criteri, le modalità di valutazione, ed eventualmente identificare Enti Universitari del territorio lombardo accreditati, al fine di valutare annualmente sia l’operato in attuazione della presente legge (Art. 5) che i risultati ottenuti. L’attuazione della presente legge dovrà tenere in considerazione, di anno in anno, i risultati e le direttive raccolte attraverso le forme di valutazione che verranno definite in itinere.