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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

#nonmifermo La piccola media impresa che va a fuoco

Questa è ormai un’emergenza tale per cui si è arrivati addirittura ad istituire una rete di psicologi ed un numero verde anti-suicidi come sostegno per coloro che ormai sono stati colpevolmente abbandonati dalle Istituzioni.

Non è sostenibile un sistema dove lo Stato pretenda di imporre una pressione fiscale insostenibile senza, però, far fronte ai propri debiti in tempi ragionevoli.

Ridurre l’intero dibattito sul lavoro alla mera regolamentazione delle modalità con cui i lavoratori possono prestare le proprie mansioni, denota una mancanza di conoscenza della specificità del tessuto sociale italiano. In tal modo, ancora una volta, si lasciano al di fuori del dibattito gli artigiani ed i piccoli imprenditori.

In Italia non esistono solo evasori fiscali, ma anche imprenditori che si uccidono per la vergogna di non poter più pagare i propri operai. Imprenditori che non possono far fronte all’insostenibile pressione fiscale, che non si traduce in servizi.

Ne scrive Davide Mapelli qui.

La famiglia leghista a carico dei lombardi (non se n’è accorto nessuno?)

«Adesso basta sono davvero stanca di attacchi senza senso» sbotta l’assessore regionale che definisce «atto di sciacallaggio politico» quello del segretario provinciale. «Colui che dovrebbe essere una figura di garanzia per l’intero partito, da quando è stato eletto ha superato il segno auto proclamandosi difensore della moralità, dimenticandosi però gli inghippi in cui lui stesso e alcuni esponenti cittadini del partito sono stati coinvolti». Proprio lui, che punta il dito sulla candidatura di Renzo Bossi – continua infatti Rizzi – «parlando di nepotismo sbagliato, dovrebbe pensare alla vicenda di sua moglie Silvia Raineri che, dopo aver fallito la sistemazione attraverso un concorso indetto dalla provincia di Brescia, poi congelato per presunte irregolarità, riceve prima un incarico di collaborazione al gruppo Lega in Regione e poi viene assunta tramite un concorso all’Asl di Milano ottenendo immediatamente l’aspettativa per tornare a lavorare in Regione.»

Le parole sono dell’assessore regionale Monica Rizzi contro il segretario provinciale della Lega a Brescia Fabio Rolfi che ne chiede le dimissioni. La moglie di Rolfi (lo dice la Rizzi) è stata sistemata con i soldi dei lombardia nella più formigoniana delle modalità. Insomma, rubano tra di loro e alla fine paga sempre il cittadino. In questo caso padanissimo. Niente da dire?

Noi abbiamo preparato un’interrogazione per saperne di più. Ad maiora.

La sinistra che ha paura a presentarsi come sinistra: l’occasione di SEL

E’ il solito Raffaele Simone, provocatorio e lucido, nell’intervista rilasciata al Clarin. E in fondo è la nostra sfida come Sinistra Ecologia e Libertà (che ‘sinistra’ ce l’ha nel nome mica per niente) di superare la timidezza e l’imbarazzo di una banalizzazione dilagante che ci vorrebbe tutti convergenti al grigio centro o (peggio) sulle post ideologie che nascondono il nulla sottovuoto. Il punto sta sull’idea che si ha di crescita, di sviluppo e di etica pubblica. E la differenza la gioca chi decide di non aspettare l’occasione ma si mette in moto per costruirla. Perché c’è bisogno di sinistra, di ecologia e di libertà.

Il linguista ed esperto di filosofia del linguaggio e della cultura ha scosso il suo paese con Il mostro mite, nel quale, partendo dalla scomparsa della sinistra tradizionale italiana, espone le cause della scelta del mondo di andare a destra.

Linguista ed esperto di filosofia del linguaggio e della cultura, Raffaele Simone è riuscito a scuotere le coscienze del suo paese con Il mostro mite (Taurus) provocatoriamente sottotitolato Perché l’Occidente non va a sinistra? nel quale, partendo dalla scomparsa della sinistra tradizionale italiana che si è fusa nella democrazia cristiana, espone le cause della svolta a destra del mondo e della trasformazione del capitalismo in una cornice confortevole che avvolge tutto – e per questo è una misura buona e invisibile – da lui definita mostro mite. Parla in castigliano perfetto, con grande dettaglio di finezza, sorprendente quando non si padroneggia la lingua madre.

– Una delle conclusioni del suo libro allude alla “naturalità” del pensiero di destra, contro la condizione “artificiale” del pensiero di sinistra nella misura in cui va contro la tendenza naturale all’egoismo
– Esattamente, è proprio questo.

– Gli evoluzionisti, nonostante tutto, hanno affermato che la generosità, la filantropia e la morale sono naturali, un vantaggio evolutivo nella misura in cui l’uomo è un essere sociale. Nel mondo primitivo le società con regole si impongono sulle altre perchè permettono la crescita demografica e la nascita di occupazione, e così via.
– Sta dicendo esattamente quello che affermo. L’idea che descrivo nel libro, per cosi’ dire drammatizzando un po’ (non è una teoria ma un’allegoria un po’ drammatizzata), è la stessa di 2001 Odissea nello spazio di Kubrick: quando teoricamente tutto ha avuto inizio, un’epoca cui nessuno ha potuto assistere,  gli uomini primitivi si massacravano tra loro. A un certo punto, per evitare lo sterminio, per così dire, e in conseguenza del diffondersi della paura, sono state create gradualmente delle regole. E applicando questa metafora alla relazione tra sinistra e destra, credo che stare a sinistra sia meno “naturale” che stare a destra perchè la persona di destra dice: “Questo è mio e nessuno deve toccarlo. Nessuno deve discutere cio’ che io voglio fare”. Sono argomenti di tipo “primitivo”, (lo metta) tra virgolette per piacere, sono argomenti ancora non elaborati. Al contrario la sinistra dice: “Tu devi rinunciare a una parte del tuo perchè c’è gente che ne avrà più bisogno di  te”. O meglio: “L’interesse pubblico (che è un concetto molto sofisticato) prevale sull’interesse privato. Quello che tu decidi di fare deve esser mediato dal pensiero dell’interesse degli altri”. E’ un atteggiamento per cui impiego l’immagine della molla in tensione, perchè la tendenza naturale è verso l’egoismo, e dividere quello che si possiede tra persone che neanche si conoscono è contro natura, nel senso che incontra la resistenza della molla.

– Questo si collega all’eterno dibattito, molto vivace tra i gruppi femministi e tra gli educatori, tra cio’ che è naturale e cio’ che è culturale. Naturale sarebbe di destra e culturale di sinistra.
– Si, l’opposizione è questa, appoggiata in questo momento dagli studi degli etologi che lei menzionava, gli studi sul comportamento delle scimmie più evolute e così via. Sappiamo moltissimo dell’umano, molto di più di quello che ne sapeva Rousseau, che a suo tempo simpatizzava con le posizioni della Chiesa, che suppongono che l’uomo sia originariamente buono e che peggiori con il passare del tempo. Istintivamente credo il contrario. E in questo caso è un’immagine per spiegare il fatto che è molto più frequente e facile il passaggio da sinistra a destra a livello individuale che il contrario.

– E oltretutto è simmetrico.
– In che senso?

– Quando uno proviene da posizioni estreme di sinistra finisce in posizioni estreme di destra, e se uno è moderato, finisce con l’avere posizioni moderate. Dallo stalinismo al fascismo, e dalla socialdemocrazia alla democrazia cristiana, per così dire.
– Si, si. In Italia abbiamo molti casi. E’ esattamente così. In Italia il partito socialista si è quasi totalmente spostato sugli standard di Berlusconi senza subire cambiamenti. E la gente realmente socialista continua a chiedersi come abbiano potuto. Secondo la mia interpretazione è la molla: a un certo punto, stanchi di tenerla tesa, decidono di allentarla.

– Arrendersi?
– Esatto.

– Lei, e anche chi ha scritto il prologo, citate la scena di Aprile di Nanni Moretti (1998), nella quale il protagonista rimane davanti al televisore gridando a Massimo D’Alema: “D’Alema, dì qualcosa di sinistra!”. Moretti aveva già proposto una satira carnevalesca sul disfacimento del comunismo italiano, Palombella rossa (1993), trasformato in una partita di pallanuoto, con un testo esplicito sulla crisi della sinistra.
– In Moretti ci sono molti elementi di questo tipo. Inoltre fu Moretti che diede il via alcuni anni fa ad una manifestazione di protesta contro la gestione attuale della sinistra che si concluse in manifestazioni importanti, il movimento dei Girotondi. Fu lui uno dei promotori. In un dato momento il movimento si sgonfio’ perchè era troppo informale e forse mancavano leader, ma è stato un movimento importante che durò diversi anni.

– Lei è molto pessimista?
– No, no. Ho speranza.

– Si fa fatica a vederlo nel libro.
– Credo sia meglio analizzare i dati in maniera approfondita prima di elaborare una risposta.

– Non crede che la perdita dei principi o delle idee forti della sinistra che Lei denuncia si siano prodotte parallelamente nella destra, che il tradizionalismo o le espressioni più reazionarie in campo morale siano retrocesse?
– Per questo parlo di neodestra, è una destra diversa rispetto alla precedente. Non sono fascisti, hanno solo interessi materiali.

– Lei enumera le mete non raggiunte dalla sinistra in Europa negli ultimi 150 anni. Afferma che “non si è prodotto un progresso costante nell’istruzione e nella cultura”… Le statistiche sul progresso umano delle Nazioni Unite dicono un’altra cosa, che gli indici di alfebetizzazione non hanno smesso di crescere.
– Non abbiamo raggiunto l’obiettivo.

– Però lei sostiene che non ci sono progressi. Successivamente aggiunge che “non si è prodotta nessuna rivalorizzazione dell’attività intellettuale e creativa”. Non le posso fornire dati, però l’impressione è che sia il contrario, che il lavoro creativo non sia mai stato  tanto remunerato come di questi tempi.
– Però non sto parlando della modernità e del risultato nel tempo attuale della tradizione precedente di sinistra.

– Dice anche che non si è raggiunta “la diffusione generalizzata di una mentalità minimamente razionale e laica”. Questo ha avuto alti e bassi.
– Varie fasi, si. Quello attuale è un momento difficile in Spagna, Italia e Francia. Voi avete un futuro di controriforme durissimo.

– Però continuo: “Nemmeno si è raggiunta una coscienza civica solidale e di uno spirito di pace collettivo”. Ci sono esempi di progresso morale molto evidenti: nel 2003 per la prima volta c’è stata una mobilitazione sociale globale e di massa contro una guerra che ancora non era cominciata e che avrebbe avuto luogo a centinaia di chiometri di distanza. Non ci sono precedenti.
– Quello che volevo dire è che non sono tutti risultati di tipo socialista. Sono risultati di una coscienza nuova, post moderna, più o meno, nella quale la cultura giovanile gioca un ruolo fondamentale non necessariamente di tipo socialista. Significa che le grandi illusioni del socialismo possono essere state parzialmente realizzate però non totalmente. Per esempio, l’uguaglianza è un tema in grave crisi ed è uno dei tratti principali della sinistra. La disuguaglianza  trionfa praticamente in tutto il mondo ed era uno dei tratti principali della modernità. C’è un’altra lista nel libro, le date storiche, i grandi momenti non raggiunti dalla sinistra…

– Però ciò che lei denuncia della sinistra non accade anche alla destra? Vale dire la de-ideologizzazione? 
– Ma alla destra non interessa allo stesso modo, perchè essere di destra suppone che i fenomeni, i processi, alla fine vadano avanti da soli.

– Quindi la neodestra è apolitica?
Diciamo che non ha interesse a modificare i processi, e in questo senso, lo spiego nel libro, la sinistra ha finito per adottare lo stesso atteggiamento della destra, perchè ha abbracciato quello che io definisco “l’infinita tolleranza verso il sociale”, che significa che non conta quello che succede ma l’importante è che fluisca tranquillamente. In questo senso il tema dell’immigrazione clandestina è centrale. Nessun paese d’Europa ha elaborato un modo o un progetto per governare questo fenomeno che è immenso e che modifica l’aspetto del mondo in pochi anni. Altro tema che mi sembra molto rilevante, altro tema mancante della sinistra, è la rivoluzione digitale, che è considerata come un’ innovazione tecnologica pura e semplice mentre in realtà è un cambio di mentalità.

– Uno dei motori tradizionali della sinistra è l’idea di progresso, anche se originariamente non è marxista ma propria dell’Illuminismo.
– Si, l’idea che l’umanità è in moto, che cammina in modo ascendente.

– La sinistra l’ha abbandonata?
– Perchè lo dice?

– Perchè i messaggi che lancia, anche se legittimi, sono conservatori: salvaguardiamo l’ambiente, i diritti sociali, il benessere… cioè un atteggiamento difensivo, come se la sinistra, che è la sovrana del futuro, ora avesse, per così dire, paura del futuro.
– Esattamente. La sinistra ha perfino paura a presentarsi come sinistra. Sono d’accordo con lei, il posto del progresso è stato occupato dalla crescita, il mito attuale è quello della crescita, e credo che sia un altro mito pericolosissimo della neodestra. Io sono abbastanza favorevole alla decrescita, se non alla Latouche in un altro modo più dolce, però la mia idea è che la crescita sia un errore gravissimo. E’ un altro pezzo del mondo che va distrutto.

– Non si parla nemmeno molto del fatto  che l’evoluzione demografica è preoccupante
– Si, è un problema, ovviamente. In Italia se ne parla poco. E’ un tema importantissimo perchè il mondo fatto a misura di un determinato numero di abitanti, che non si può superare. Però è evidente che ci scontriamo di nuovo con il mito della crescita. Perchè il futuro deve essere necessariamente di crescita e non di stabilizzazione o redistribuzione. Per concludere, le dirò che la sinistra ha assunto i miti della destra, liberali o neoliberali senza rendersi conto di quello che stava facendo.

– Lei parla molto della perfida alleanza tra la socialdemocrazia italiana e la democrazia cristiana. Condividono un substrato filosofico non minoritario: l’esigenza di uguaglianza, la solidarietà, la compassione. Probabilmente non è un’alleanza contronatura.
– No, non lo è in assoluto. Hanno due elementi in comune, oltre allo spirito della Chiesa che è stato attribuito alla sinistra per anni. E’ l’elemento fondante dello statalismo, cioè lo Stato occupa il centro della vita della società, e inoltre, per lo meno in Italia, anche se credo che in Europa le cose vadano più o meno allo stesso modo, lo spirito dell’assistenzialismo, ovvero che lo Stato dev’essere obbligato ad assistere le persone che versano in gravi condizioni. Questi due elementi unificano le due componenti, in questo senso non è un’alleanza contro natura. Contro natura è il carattere chimicamente infelice di tale fusione, che si rivela a proposito di temi incandescenti, come per esempio quelli bioetici. Però quello che mi impressiona di più è che il termine stesso di socialismo in Italia sia scomparso completamente. Il suo amico Walter Veltroni dichiarò a qualcuno che lo accusava di inserire uno spirito socialista nel programma dell’appena nato Partito Democratico: “Ma per favore, non c’è niente di socialista”, come se fosse un’accusa, un’insinuazione offensiva.
E questo mi sembra un tradimento grave, un tradimento storico, perchè c’è gente che continua a credere nei principi del socialismo, come me, e non credo di essere il solo.

– Un’altra caratteristica che avvicina il socialismo e la democrazia cristiana è la visione paternalistica della società, forse addirittura accondiscendente.
– Credo di si, perchè nonostante la loro preoccupazione per così dire di democrazia democratica, sia gli uni che gli altri continuano ad avere fortissime gerarchie, praticamente una sfera di intoccabili. In Italia, ma anche in altri paesi, c’è una durissima polemica contro i costi della casta. Lo spirito democratico non è così incisivo da eliminare lo spirito di casta.

– Tra le forme aberranti della politica attuale, sia di destra che di sinistra, c’è il populismo. Sembra che la democrazia digitale punti a quello.
– E’ dovuto alla mediatizzazione del mondo. E’ qualcosa che accade in tutto il mondo, perchè i media permettono a chiunque di arrivare al singolo individuo e di indurlo a pensare che il potente è come lui. E che ha gli stessi bisogni, gusti, costumi, lo stesso linguaggio…

 Il movimento 15-M [cioè degli indignados, dal “15 maggio”, giorno del 2011 in cui è sorta la protesta, NdT] è sicuramente più un sintomo che un fenomeno…
– Si, è più un sintomo che un risultato.

– …è un indice del fatto che esiste una sinistra, però anche una disaffezione per i partiti di sinistra.
– Sono fenomeni in ebollizione, però l’ebollizione nella politica è una cosa diversa delle proposte e dall’elaborazione dei programmi. Nel momento in cui ci mettiamo a elaborare idee e programmi e progetti, dobbiamo creare una struttura, che è il contrario dello spirito che si manifesta nel fenomeno degli indignati. Inoltre gli indignati incorporano un’idea che storicamente si è dimostrata non falsa, ma impossibile, quella della democrazia diretta.

– Indesiderabile?
– Per me è indesiderabile, pericolosissima. Però sempre presente come illusione, come speranza, in un momento determinato della vita. Per questo motivo i partiti di sinistra non lo capitalizzano [il movimento degli indignados, NdT]. In ogni caso mi sembra che i politici dovrebbero riflettere con attenzione e in modo puntuale su questo fenomeno perchè implica l’espressione di un’inquietudine, un punto di saturazione nel quale non ci siamo mai ritrovati prima.

– Li si accusa di non avere un discorso articolato, però in ogni caso è molto più articolato rispetto a  quello del maggio del ‘68, che oltre ad avere slogan molto meno sofisticati come “sotto i ciottoli c’è la sabbia”, a poco a poco ha influito anche su tutto il pensiero della sinistra dei tre decenni successivi. 
– E’ vero, però se si ricorda misero alle corde lo stato francese. In Francia ci fu davvero il timore di un colpo di stato. Inoltre c’era un sentimento di gioia di vivere che negli indignati non è presente. E’ qui che appare la mediatizzazione e la cultura digitale. Ci sono vari elementi molto diversi. Nel momento in cui un movimento si concretizza in forma di proposta si è già convertito in partito. La differenza fondamentale è la perseveranza. Nella misura in cui il movimento dura, avrà i suoi capi e responsabili. Nel momento in cui li crea e si rende conto che alcuni capi sono necessari per la sopravvivenza, si sarà trasformato in partito. Il movimento come pura forma di ebollizione è solo un sintomo di inquietudine, niente di più.

– Non crede che riveli l’esistenza di una maggioranza sociale di sinistra non articolata?
– Non so se di sinistra, ma sicuramente esprime una saturazione. Non so se è solo di sinistra, perchè c’è una grande base proletaria nei movimenti della destra storica. Il fascismo nacque sulla spinta delle  classi più svantaggiate.

#nonmifermo Stupisce lo stupore

In Lombardia e sulla Lega. Perché, aldilà delle singole responsabilità ora in fase di accertamento, sono questi i rischi che corre una politica dove è pressoché inesistente il confine fra partito e famiglia (e la Lega non è certo un caso isolato) e l’ideale coincide con una cultura pressappochista e anticostituzionale, violenta e razzista, il cui immaginario è stato riempito nel tempo di facezie, parolacce, volgari gesticolazioni, come scrive Claudio su #nonmifermo nel suo ultimo post.

Il Nord dei grandi appalti, delle bonifiche, delle speculazioni edilizie, dell’Expo. Il Nord che “lava” il denaro proveniente dal business della droga, della prostituzione, del gioco d’azzardo. Il Nord operoso degli “amici degli amici”, di Don Verzé e Salvatore Ligresti. Il Nord dell’inchiesta Infinito, dei patteggiamenti per le mancate bonifiche a Rogoredo, delle truffe, le estorsioni, i capo-bastone e i capo-mandamento.

Quel Nord che faceva scrivere a Giuseppe Poggio Longostrevi nel 2000, prima di suicidarsi: “Per me pagare Abelli era come stipulare un’assicurazione”. L’Onorevole Gian Carlo Abelli, ancora oggi referente politico per la sanità lombarda, vicino agli ambienti di “Comunione e Liberazione” e delegato per i rapporti con il Parlamento del presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni.

La Lombardia, appunto: emblema dell’operosità nordista e motore del sogno federale caro a Umberto Bossi.

 

BeppeGrillo.it intervista Giulio Cavalli sul libro L’INNOCENZA DI GIULIO

da il Blog di Beppe Grillo

Tra la politica e la criminalità organizzata c’è, sin dai tempi dell’Unità d’Italia, una neppure tanto celata familiarità. Di solito vi è un triangolo formato dal Politico Inconsapevole, dal Tramite, un’interfaccia in apparenza rispettabile che fa da garante agli accordi, e da uno più esponenti mafiosi. Il finale è più o meno sempre lo stesso. Il Tramite finisce in galera o morto ammazzato come Totò Cuffaro e Salvo LIma, il mafioso si prende uno o più ergastoli, come Totò Riina e Provenzano e il Politico Inconsapevole, dopo aver gridato ai quattro venti la sua estraneità e innocenza, fa carriera. Una volta c’era Andreotti, ora ci sono i suoi figli e nipoti. Attenzione si scindono e si moltiplicano. Piccoli Andreotti crescono.

Intervista a Giulio Cavalli, scrittore, autore e attore teatrale

Un boss qualsiasi
“Ciao a tutti gli amici del blog di Beppe Grillo, sono Giulio Cavalli, autore, scrittore e attore teatrale. Mi occupo di criminalità organizzata, mi occupo di mafie e corruzione, anzi mi occupo di mafia e politica perché mafia e politica in molti aspetti sono simili e poi, in fondo, sia la mafia che la politica noi possiamo non occuparci di loro ma loro inevitabilmente si occupano di noi.
Vorrei parlare del valore e dell’opportunità nell’analisi politica partendo da un personaggio su cui abbiamo sentito di tutto. Una discussione che molto spesso abbiamo deciso di delegare al Giovanardi di turno oppure a quelle tribune politiche dove si decide solo da che parte stare, tra colpevolisti e innocentisti. Lui è Giulio Andreotti ed è in fondo il protagonista politico di questi ultimi 50 anni. Il processo Andreotti dovrebbe essere un bigino, dovrebbe essere nelle cartelle, nei zaini degli studenti insieme al libro di geografia o di storia. Perché il processo Andreotti fondamentalmente ci racconta non solo l’innocenza del senatore a vita ma quanto e se siamo stati innocenti noi in questo paese e quanto siano stati innocenti i meccanismi democratici. All’interno del processo Andreotti, così come nel processo Dell’Utri e in molti altri processi che per via giudiziaria sono finiti con una prescrizione, che è molto diversa da una dichiarazione di innocenza, contiene dei fatti riscontrati, provati, addirittura confessati dall’imputato. E allora bisognerebbe pensare quanto possa un Paese essere degno rimanendo ancorato a meccanismi giudiziari che, a differenza di quello che ci vogliono far credere, sono ben diversi dai valori dell’opportunità.
Quanto è stato opportuno Giulio Andreotti che si è seduto fino alla primavera del 1980 con gli uomini della mafia? Quanto può essere opportuno un uomo di governo che ha attraversato la Prima Repubblica e la Seconda Repubblica e che forse riuscirà a vedere anche la Terza, che ha deciso che Cosa Nostra fosse un ottimo strumento per gestire il consenso e controllare il territorio, proprio come un boss qualsiasi, semplicemente in giacca e cravatta con una credibilità istituzionale e mondiale ben diversa da quello che può essere il boss di questo o di quel rione in Sicilia o in Calabria. Il processo Andreotti ci racconta che ormai ci siamo disabituati a separare il valore della opportunità dal valore della verità giudiziaria, nello stesso Paese in cui Pertini, ma anche Paolo Borsellino, persone politicamente e partiticamente molto diverse tra di loro, ci avevano insegnato che le ombre non erano tollerabili, in un Paese che è diventato bravissimo a essere intollerante con diverse forme di diverso e che invece sembra che non riesca più a essere intollerante con una classe politica che ci racconta che ha incontrato un mafioso ma non ne sapeva nulla, che per caso è capitata in una riunione tra boss ma non se ne era resa conto. Oppure che aveva fatto in modo inconsapevole a sua insaputa un piacere a questa e a quella famiglia.

Andreottismo oggi
Io credo che sia importante partire da Andreotti per chiedersi quanto oggi l’andreottismo funzioni, perché relegare la vicenda del processo Andreotti solo al divo Giulio è il modo più semplice per continuare a permettere alla politica di essere oscena, cioè fuori scena, lo dice bene Scarpinato in un suo libro “Il ritorno del principe”.
Gli Andreotti di oggi sono i politici che si sono serviti o che continuano a servirsi delle mafie per accelerare la loro carriera o per avere protezione in un Paese in cui corruzione, riciclaggio e criminalità organizzata sono tre sorelle di un comune denominatore. Sarebbe il caso di provare a leggere in modo intellettualmente onesto ciò che è scritto nelle carte del processo Andreotti perché diventa urgente accorgersi degli andreottismi, che funzionano e che continuano a funzionare, e riconoscere chi sono oggi i figli di Andreotti. E quanto sia tollerabile al di là della prescrizione, al di là di una Cassazione come nel caso di Dell’Utri che decide che il processo debba ritornare in appello, quanto sia tollerabile sapere che questo o quel politico si sia seduto al tavolo della criminalità organizzata e abbia fatto da ponte, lui garante con le istituzioni.
Chiedersi se non sia il caso di diventare intolleranti, ma intolleranti sul serio, per dichiarare una volta per tutte che ci sono dei limiti che non possono essere superati e ci sono dei comportamenti che non possono essere accettati in un Paese civile. Stupisce della vicenda Andreotti che in fondo il suo processo sembra una favola, una favola strana perché, se ci pensate quasi tutti i cattivi che giravano intorno alla favola più o meno sono stati fotografati mentre bussavano alla sua porta. E però in fondo tutti i cattivi sono finiti abbastanza male, chi arrestato, chi morto ammazzato come i suoi solidali siciliani. E invece, molto spesso, i collegamenti e quindi gli uomini prestati alla politica e forse fratelli della criminalità organizzata sono sempre riusciti a salvarsi, non solo dalla giustizia ma anche nella memoria, nel giudizio morale di questo Paese. E verrebbe da chiedersi perché Dell’Utri sia riconosciuto e ricordato a Milano come un grande esperto di libri antichi, oppure Cosentino non debba essere visto come uomo endogamico ai casalesi prestato alla politica, ma debba essere un’altra vittima di magistratura o di un’opinione pubblica feroce che ha tentato di cannibalizzarlo. E nello stesso Paese in cui improvvisamente Totò Cuffaro, scaricato chissà se dalla mafia o dalla politica, invece si è ritrovato a pagare pegno, nonostante sia in ottima compagnia perché è visitato regolarmente da Pier Ferdinando Casini che riesce ad avere questa grande scissione, comune a molti della nostra classe politica, per cui i meccanismi morali e i meccanismi etici non debbano per forza coincidere con i meccanismi politici.

Le decisioni politiche della criminalità organizzata
Colpisce come molto spesso che le decisioni politiche (anche qui in Lombardia è successo) sono state prese dalla criminalità organizzata prima ancora della politica. E’ una criminalità organizzata che ha già dimostrato di essere politicamente molto più illuminata, è il caso ad esempio di Massimo Ponzoni,
il segretario dell’Ufficio di presidenza di Regione Lombardia, segnalato nell’operazione “Crimine infinito” e in alcune altre informative come molto vicino alle famiglie che contano della ‘ndrangheta brianzola. Stupisce che nelle elezioni del 2010 in una intercettazione alcuni uomini della ‘ndrangheta dicono che ormai non è più affidabile. E invece la politica nel 2012 non riesce ancora a sfiduciarlo e deve intervenire la magistratura e ancora oggi nella politica c’è qualcuno invece che si erge a difensore. Trovo molto andreottiane alcune intercettazioni che avvengono in Lombardia dove la mafia non esiste, di alcuni uomini di ‘ndrangheta che dichiarano di avere comprato questo o quel terreno che verrà sicuramente rivalutato e si vedrà modificata la destinazione d’uso in previsione di Expo, mentre Expo e la definizione dei terreni in realtà non passa ancora alla discussione degli organi di democratici, quelli eletti. Oppure dovrebbe colpire come negli ultimi casi di corruzione siano stati coinvolti non assessori, e quindi non gente nominata classe dirigente, ma ex assessori, semplicemente appartenenti a correnti importanti di questo o di quel partito che dimostrano di aver preso decisioni o almeno di aver fatto credere di poter prendere delle decisioni passando dagli uffici tecnici di assessorati diversi. Dimostrando una volta per tutte che probabilmente esistono degli interessi sotterranei e collaterali che riescono ad attraversare gli uffici che utilizzati legalmente invece ci richiederebbero tantissimo tempo e tantissime votazioni. E allora se, come nel caso di Andreotti, ogni tanto la mafia sembra sapere già quali sono le decisioni della politica, ci sono secondo me due ipotesi: la prima, quella meno preoccupante, anzi quella assolutamente più ottimista, è che la criminalità organizzata sappia con un canale preferenziale le informazioni della politica prima dei cittadini. La seconda invece, molto più preoccupante, che sia ispiratrice delle decisioni della politica. Quanto questo sia declinabile nel caso di Andreotti o nel caso di tanti piccoli Andreotti che imperversano in questo Paese poi io credo che stia alla decisione e alla consapevolezza di ognuno.”

Chi ha sostenuto l’assessore Colucci?

Esattamente due anni fa: 16 marzo 2010. In piena bagarre elettorale per le regionali un avvocato e un consigliere comunale del Pdl si sentono al telefono: parlano di politica. Meglio: di appoggi da dare e di voti da veicolare. Obiettivo: una poltrona d’assessore accanto al governatore Roberto Formigoni.

Nulla di strano, se non fosse per un particolare: la telefonata è annotata nell’informativa della squadra Mobile di Reggio Calabria messa agli atti dell’inchiesta sulla ‘ndrangheta lombarda e sugli affari di Giuseppe Lampada, ritenuto il riciclatore della potente cosca Condello. Il 30 novembre 2011, Lampada finirà in carcere assieme ad altre nove persone. Tra loro il consigliere della Regione Calabria Franco Morelli e l’avvocato Vincenzo Minasi.

Accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, il legale, originario di Palmi, il 16 marzo 2010 è al telefono con il consigliere comunale del Pdl di Avellino Orazio Sorece, nonché coordinatore per la Campania di Noi riformatori movimento politico fondato da Francesco Colucci, storico questore della Camera. Al centro della telefonata c’è la candidatura del figlio Alessandro Colucci “capolista del Pdl – annotano gli investigatori – e amico dell’Onorevole Francesco Morelli”.

Orazio Sorace arriva subito al dunque: “Ti volevo chiedere una gentilezza: su Milano io ci ho il figlio dell’Onorevole Colucci (…) che è candidato, io collaboro con il papà alla Camera, lui è Questore della Camera”. E ancora: “Possiamo dargli una mano?” perché “lui è molto vicino a Formigoni” e “stiamo cercando tutti di farlo uscire con un bel numero per poter fare l’assessore alla Regione”. Per Minasi non ci sono problemi: “Certo – dice- che gli posso dare una mano ci mancherebbe pure! Fammi avere un po’ di materiale elettorale”. A questo punto Sorace spiega che “lui (Colucci, ndr) praticamente è capolista del Pdl già uscente” e che nelle precedenti elezioni ha incassato “quattordicimila voti”.

Il resto lo scrive Davide Milosa qui.

Il giocatore viene privato del gioco. Grazie.

Sul regolamento di un circolo di minigolf si legge: Il comportamento indisciplinato e con maleducazione, o danneggiando la mazza o l’impianto, il giocatore viene privato del gioco. Grazie. La Direzione.

[Stefano Bartezzaghi, Non ne ho la più squallida idea, Milano, Mondadori 2012, p. 55]

Le formiche svizzere e la difesa del territorio

Poche settimane fa in Svizzera si è votato per alcuni referendum (ce lo racconta Massimo Pillera): …riguarda la limitazione a costruire seconde case o case vacanza. Un vero e proprio limite che impedisce di fatto la costruzione nelle zone di montagna e nelle valli, limitando al 20% di un Comune l’area di potenziali costruzioni. Poiché ogni Comune ha già delle seconde case, le possibilità rimanenti in tutta la Svizzera sono molto limitate. Formiche al lavoro quindi che impediscono la cementificazione del territorio già complicata in quel paese. Pensate che prima di farsi approvare un progetto per edificare, è necessario “piantare i pali”, cioè simulare ciò che verrà costruito, con dei pali che descrivono esattamente larghezza, lunghezza ed altezza del progetto. In questo modo chiunque vive nelle vicinanze può capire se la costruzione simulata da questa leggera impalcatura virtuale, può toglierti panorama, o impedirti di vedere altre case, o limitarti ore di esposizione al sole. Il cittadino quindi può impedire la realizzazione di questo progetto oppure, decidere di non ricorrere se il costruttore risarcisce l’eventuale danno. Possono opporsi naturalmente anche organizzazioni di quartiere o associazioni che abbiano interesse culturale a mantenere un assettopanoramico storico. Insomma una Valutazione di impatto ambientale strategica affidata direttamente ai cittadini ed ai residenti della zona. Solo dopo aver superato questo test, è possibile richiedere al Comune tutte le autorizzazioni a costruire. Grazie a questo sistema, oggi esiste in Europa un territorio come l’Appenzell, che visto dall’alto appare come enorme distesa di verde cangiante inframmezzata da cime e laghi, con qualche villaggio e casette inserite qua e là, collegata da piccole striscioline mai lineari che rappresentano le strade. Una regione dove le case sembrano quelle delle favole, poiché le abitazioni non superano l’altezza di un metro e ottanta centimetri (per esigenze di riscaldamento e non spreco energetico). Un posto dove anni fa il megacampione di Formula 1, Michael Schumacher, voleva costruire una villa con annesso circuito di prova per auto e dopo aver “piantato i pali” fu costretto a scappar via perché altrimenti il popolo li avrebbe piantati chissà dove.

Eppure la costruzione avrebbe comportato interessanti investimenti, indotto turistico, esposizione mediatica (pensate alla villa di Clooney sul lago di Como), a fronte di un raro disagio dal suono “roarr” che il pilota avrebbe provocato durante le sue poche permanenze nel luogo. Invece niente, nonostante il clamore austro-elvetico sulla vicenda il Campione non riuscì ad ottenere alcuna autorizzazione. Gli appenzellesi difesero il silenzio e l’aria pulita di quei luoghi, come i loro antichi parenti. Ancora oggi per tradizione, in Aprile, le votazioni cantonali ed i referendum si tengono nella piazza all’aperto e per alzata di mano, anzi di spadino.

Tanto per dire le differenze. No?

Vergognoso il tetto di spesa sui farmaci salvavita. E le rassicurazioni di Formigoni non sono credibili.

“Formigoni che a parole rassicura i pazienti degli ospedali lombardi non è per nulla credibile.

L’unica realtà, al momento, è l’indicazione ai medici di contenere i costi, con l’imposizione di un tetto di spesa ai farmaci del file F, quelli per curare tumori, Aids e malattie rare, e con l’avvio di controlli serrati sulle prescrizioni.

Dopo la decisione di colpevolizzare i lombardi rendendoli edotti delle spese sostenute dalla Regione per ogni esame, visita, ricovero o intervento, ora arriva la scure del risparmio anche sulle medicine salvavita.

Con la conseguenza evidente che i manager ospedalieri tentino in ogni modo di far quadrare i conti. Anche tagliando su cure arbitrariamente ritenute insostenibili, a grave danno dei pazienti.

Tutto ciò è inumano e inaccettabile a prescindere. Ma a maggior ragione se il giro di vite su costi imprescindibili per quanto elevati arriva da una Regione che sulla strumentalizzazione dell’etica e dei valori cristiani ha costruito un impero. Con diverse ombre”.