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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

La sera andavano da Fazio

E’ passata in sordina la condanna ad Antonio Fazio. Mi aspettavo che ci fosse una nota, una riga di qualcuno. Almeno per aprire una riflessione perché il sistema che ha permesso a Fazio di sentirsi libero di agire e, come ha detto lui stesso, convinto di ‘fare del bene’ ha dei nomi e dei cognomi in voga ancora oggi. Qualcuno lo voleva premier (Leoluca Orlando), qualcuno lo indicava come ‘coscienza critica’ del Paese. Tutti i fan ammutoliti li trovate qui.

L’impermeabile

Ogni tanto speri che il vento si abbastanza forte, poi leggi Enrico Letta che dice: il centrosinistra deve usare un attacco a tre punte, ossia Bersani al centro, Vendola e Di Pietro a sinistra e Fini e Casini a destra, neanche il Milan di Sacchi aveva tre punte così e fregheremmo la palla a Berlusconi. Attenzione, l’ha detto dopo i ballottaggi.

Liberare la regione? costa

C’è un’aria strana in Regione. Si esulta. Ma sottovoce. Si perde. Ma sottovoce. Perché le elezioni politiche potrebbero (per fortuna) essere vicine, l’illegittimo Formigoni è pronto per armarsi verso Roma e intanto si dividono subito i diversi fronti. Mica quelli di partito: il fronte di quelli che per Roma questo forse è l’ultimo treno, il fronte di quelli che se cade tutto ci sono ancora le ultime campagne elettorali da pagare, quelli che hanno già il leader perdente pronto per non esagerare nel rompere gli equilibri, quelli che sanno che tra poco non ci saranno nemmeno le poltrone. E’ un bel vedere. Intanto si vocifera che CL abbia già scelto il suo candidato perché, che piaccia o no, hanno sempre rispettato i tempi della politica meglio dei nostri guru lombardi. Della politica. Ma piano piano entra uno spiffero di vento…

Il governatore Fazio non capisce

Ci sono delle responsabilità giudiziarie, e su Antonio Fazio e Gianpiero Fiorani pesano come macigni. Poi ci sono i modi in cui si vivono, si pensano e si costruiscono i reati: l’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio dice di non capire la condanna, ma la cosa che turba (per usare un eufemismo) è che era convinto di fare del bene. E allora si aprono scenari da psicanalisi che dipingono bene la classe dirigente che gestisce questo Paese.

Il Partito della Mafia

Al Borgo la voce mafia coi suoi derivati valse e vale sempre bellezza, graziosità, perfezione, eccellenza nel suo genere. Una ragazza bellina, che apparisca a noi cosciente di esser tale […] e nell’insieme abbia un non so che di superiore e di elevato, ha della mafia, ed è mafiusamafiusedda. […] All’idea di bellezza la voce mafia unisce quella di superiorità e di valentia nel miglior significato della parola e, discorrendo di uomo, qualche cosa di più: coscienza d’esser uomo, sicurtà d’animo e, in eccesso di questa, baldezza (Pitrè, 1889, pp. 289-90). Sul ‘Partito della Mafia’ un bel pezzo qui.

Ti ricordi Fukushima?

La notizia in televisione e sui giornali sembra essere sparita. Eppure l’IAEA ha dato gli ultimi aggiornamenti che meriterebbero almeno mezza pagina. Cortesemente ci informa che l’incidente nucleare giapponese fa impallidire Chernobyl e che l’incidente (e questo è un bene ricordarlo a tutti ma proprio tutti) non è ancora concluso. Non si sa con chiarezza quale sia lo stato reale dei reattori e sta finendo lo spazio per stoccare l’acqua irradiata. Con i referendum (confermati proprio poche ore fa) non possiamo spegnere Fukushima ma almeno raffreddare i bollori lobbystici dei soliti noti. Per chi è indeciso qui può sedersi a vedere in diretta quanto vale la pena dire no (scrivendo sì) al nucleare oggi.

Vincitori abusivi

Ieri il sole è sorto alle tre del pomeriggio. E già si capisce che non è una storia iniziata con una giornata normale. Milano esplosa in piazza Duomo con un festa che di ‘politico’ aveva soprattutto la voglia di uscirne insieme e Napoli che vuole diventare la città dove tornare sono le cartoline dell’alba. E in giro si scrivono fiumi di analisi e commenti.

Festeggiano i partiti: abbiamo vinto noi, dicono tutti eppure la sfida, adesso, è quella di avere dei partiti all’altezza dei candidati. Giuliano a Milano e Luigi a Napoli si ritrovano a comporre le squadre per i prossimi cinque anni e sanno bene come questo vento li terrà sotto osservazione. Continuate a starmi vicino diceva ieri Pisapia emozionato in piazza Duomo, non abbassiamo la guardia scrivono in molti sulla rete. Perché questo profumo non può corrompersi nemmeno con un’ombra piccola nel gioco solito delle spartizioni: Giuliano e Luigi stanno disegnando un’altra storia, ci hanno raccontato la forza dell’onda unita a Milano e l’abbattimento dei recinti di partito a Napoli. Le squadre saranno il prossimo capitolo.

Oggi siamo pieni di analisi e analisti che si rincorrono (alcuni con le solite idee già fallite di aprire al terzo polo o a stravaganti alleanze centriste) sotto questo primo sole. Eppure Milano e Napoli hanno votato contro il berlusconismo ma hanno votato anche verso la voglia di sinistra. La sinistra che, al di là delle demonizzazioni dei berluscones più esagitati, sta nel controllo di consumo di suolo, nell’obbiettivo dell’uguaglianza sociale, nel dovere di costruire opportunità, nel diritto ad un lavoro (in sicurezza), nelle leggi come modello di convivenza civile, nell’ambiente come eredità da conservare e nella trasparenza delle proprie azioni.

A Milano Giuliano ha messo insieme le persone per desideri e obbiettivi stralciando i diversi colori, le provenienze o i ceti di appartenenza. E sono contento di avere fortemente voluto una responsabilità di coalizione per credere in un finale a cui credevano in pochi. Anche se trovo sempliciotta (e continuerò a ripeterlo con forza) la scusante della coalizione per un risultato di partito che è nazionale e che deve  (e continuerò a ripeterlo con forza) porre interrogativi. Perché a Milano ha vinto “il partito” di Pisapia che oggi nessuno sa che faccia abbia realmente se non per averlo letto nelle facce della gente che ieri ha riempito la piazza. E noi dobbiamo ripartire da quella gente.

A Napoli Luigi ha segnato la fine della partitocrazia. Ha vinto più di quanto possa giustificare chiunque. Ha vinto raccontando una politica che sta nei progetti e non nei simboli. Ha vinto chiedendo agli intermediari delle segreterie di mettersi da parte. Ha vinto raccogliendo una “vocazione maggioritaria” che tutti si tirano per la giacchetta. Eppure ha vinto da solo. Perché in prima battuta ha dovuto battere (guarda caso, come Giuliano) anche quelli che oggi si mettono in posa con il sorriso dei padri della vittoria e perché ha surclassato i partiti che l’hanno sostenuto.

Poi c’è il carro dei vincitori: che è sempre uno dei momenti più divertenti nella sbornia del giorno dopo. Con Pisapia al secondo turno non c’è nessuna possibilità mi diceva qualcuno che ieri si metteva in posa con il neo sindaco. Tutti moderati o comunisti secondo le bisogna. Luigi era un infame ricattatore che voleva distruggere il partito (e io e Sonia Alfano con lui) secondo alcuni che oggi lo appendono come manifesto della vittoria. Forse la cautela nei giudizi (e la memoria dei giudizi) è un valore che splende sotto questo vento.

Ha ragione l’amico Pippo Civati, sono qui tutti a dire che è finito un ciclo, e però ci stanno dentro e sperano che duri ancora un po’. Noi entriamoci in fretta.