Vai al contenuto

Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Ma Sala è candidabile come sindaco?

Beppe-sala-sindaco

Ne scrive Panorama, ovviamente tutto da verificare:

«L’ultima “amnesia” di Giuseppe Sala potrebbe costargli la possibilità di correre per Palazzo Marino e la poltrona di consigliere d’amministrazione della Cassa depositi e prestiti, la Cdp, che occupa dallo scorso ottobre: nel numero in edicola da domani, giovedì 12 maggio, Panorama rivela che non risulta siano mai state protocollate le dimissioni di Sala da commissario di Expo2015, carica che lo renderebbe ineleggibile a Milano oltre che incompatibile come consigliere di una società pubblica come la Cdp.
Secondo quanto riporta Panorama, Sala il 28 ottobre 2015 ha firmato l’”autodichiarazione di compatibilità”, necessaria alla nomina in Cdp, affermando di non ricoprire incarichi politici nazionali. Ma questo non è vero: in quel momento Sala era commissario straordinario di governo all’Expo, in piena attività, e questo lo rendeva incompatibile con il nuovo ruolo. In seguito, il candidato Pd risulta essersi poi dimesso solo da amministratore delegato della società Expo, atto annunciato il 18 dicembre 2015 e ratificato due mesi dopo, a campagna elettorale già in corso.
Secondo lo staff di Sala, interpellato da Panorama, le dimissioni “inviate al cda di Expo lo hanno fatto automaticamente decadere anche da commissario”. Ma secondo quanto risulta a Panorama in base alla giurisprudenza le due cariche non cessano assieme. Al contrario, la volontà di terminare l’incarico commissariale andrebbe comunicata al governo e dovrebbe comunque seguire un “atto di pari efficacia costituzionale” rispetto a quello d’incarico: poiché Sala è stato nominato da un decreto del presidente del Consiglio, un altro decreto avrebbe dovuto notificare l’accettazione delle dimissioni, nominando contestualmente un nuovo commissario oppure sopprimere la carica.»

Una palestra estiva? Il referendum.

referendum

Ecco perché il referendum è un’occasione sana, gratuita e con risultati certi: perché se non si cade nella tentazione di farne una battaglia pro o contro Renzi (che è quello che Renzi vorrebbe) ci regala mesi per riflettere sui delicati equilibri che stanno tra la rappresentanza democratica e i meccanismi di governo; ci permette di discutere del peso reale dei poteri dell’esecutivo e del Parlamento; ci costringe a riflettere su un superamento del bicameralismo perfetto con la delicatezza però di chi vuole preservare i criteri democratici di selezione dei rappresentanti; ci propone l’occasione di una rilettura (o forse di una prima lettura, per molti) di una Costituzione che è figlia di un Paese in bilico tra mestieranti del consenso, imbonitori e appassionati costruttori di diritti; ripropone la bellezza di scorgere nelle leggi le opportunità per cui sono state pensate e scritte e soprattutto rischia di rendere terribilmente pop il tornare alla politica.

(il mio buongiorno per Left è qui)

L’abusivismo e quella casa bruciata al sindaco

Angelo-Cambiano

Qualche ora prima era apparso nella trasmissione televisiva di Giletti, ospite per la sua battaglia personale contro l’abusivismo a Licata, la città di cui è sindaco, e poi si è ritrovato a contare i danni di un incendio (doloso, secondo gli investigatori) che ha colpito durante la notte la sua casa di campagna. Così Angelo Cambiano sindaco di centrodestra alla guida del comune agrigentino si è ritrovato di colpo sulle prime pagine di tutti i giornali.

La sua battaglia è iniziata alcuni mesi fa quando, con un protocollo sottoscritto anche dalla Prefettura di Agrigento, ha deciso di abbattere le 150 abitazioni costruite a pochi passi dal mare. Un atto che in realtà avrebbe dovuto compiersi già una decina di anni fa (e infatti la Procura ora ha aperto un’inchiesta per omissione d’atti di ufficio) ma che per ragioni da chiarirsi solo in questi mesi ha trovato uno sbocco fattivo: in città l’azione del sindaco è stata vista da alcuni come un abuso di potere contro il “diritto alla casa” e, come spesso succede, le regole sono diventate di libera interpretazione nell’agone politico.

(continua qui)

Bastonano ma chiedono la tregua, minacciano elezioni ma non si vota

happydays

Signore e signori è andata in onda la direzione del Partito Democratico che, ieri più che mai, è sembrata una brutta puntata di Happy Days: Matteo Renzi spaccone di rinculo ha cercato di abbassare i toni riuscendo a parlare a lungo evitando attentamente qualsiasi discussione reale sul tavolo e quindi disserta di Europa, di immigrazione, di elezioni e sbadato dimentica Verdini, le posizioni della minoranza sul referendum e la polemica sui magistrati.

Ma basta metterlo in controluce per vederci sotto in inchiostro simpatico il Renzi di sempre: prova a parlare di cultura ma lo fa per dirci che lui che ne ha parlato da Fazio ha fatto il picco di share (quindi per logica la trasmissione dei pacchi diventerà una commissione parlamentare permanente); dice che non intende polemizzare con i magistrati (tanto ha il plotone d’esecuzione nella redazione de l’Unità); chiede un tregua (verrebbe da chiedere a chi, visto che ha reso un partito a sua immagine e somiglianza); avvisa che i risultati delle amministrative sono “storicamente più bassi” delle politiche (per sbaglio gli devono avere consegnato i sondaggi veri, dimenticandosi di correggerli con la bava) e per finire annuncia il congresso anticipato. Fantastico. Renzi è il politico che usa sempre il voto come doping personale anche se poi non si vota mai. Gli basta il pensiero, si vede.

(il mio buongiorno per Left continua qui)

E bravo Pif

Prendetevi un minuto e ascoltate Pif in questo video. Non solo per la vicenda di Maniaci, ascoltatelo tutto:

Dice la Boschi che l’ANPI è come Casapound

Cioè, non ha detto proprio così ma se dovessimo fare lo stesso giochetto che ha usato lei contro “quelli di sinistra che votano no al referendum di ottobre” il risultato sarebbe questo. Perché le parole sono importanti e perché una frase come quella della ministra è sbagliata per almeno cinque motivi. Ne ho scritto per Fanpage:

È forse il primo, grossolano, errore di Maria Elena Boschi: preferendo il fare al dire la ministra ha cercato sempre di parlare il meno possibile, concentrandosi sul legare il proprio cognome ad una serie di riforme. A differenza di altri membri del governo la Boschi sembra avere imparato la lezione renziana: lasciare a Matteo la comunicazione e concentrarsi sulla sensazione di essere impegnati, al lavoro, in movimento. Per questo l’uscita di ieri della Boschi a Desenzano del Garda, tappa del tour che il PD ha voluto programmare per tutta Italia in previsione del referendum costituzionale di ottobre, è un errore marchiano: “Sappiamo – ha detto Boschi – che parte della sinistra non voterà le riforme costituzionali e si porranno sullo stesso piano di CasaPound e noi con CasaPound non votiamo“. Incassando un applauso (per altro imbarazzato) da parte dei tifosi presenti.

È un autogol, quello della Boschi, per diversi motivi ma soprattutto è la prima vera “caduta di stile” di una campagna che dimostra già ora mostra di tendere i nervi ai componenti del governo: quella che dovrebbe essere una discussione nel merito (“stare nel merito delle cose” è un altro dei comandamenti del gruppo di comunicazione vicino al premier che dall’inizio della legislatura sembra essersi perso per strada) si sposta, al solito, sulla delazione degli avversari che questa volta non sono solo più conservatori o gufi ma addirittura parafascisti.

(continua qui)

Quella pessima frase detta ieri in tv

matteorenzichetempochefa

L’avevo notata in diretta ma vedo che Luigi ne scrive puntualmente nel suo blog:

«Con la consueta aria da gradasso, il Sommo Cretino ha sparato: «Io dico: “Cari giudici, fate il vostro lavoro, io faccio il mio: io devo fare le leggi, voi dovete applicarle”».
Tu devi fare le leggi? E allora il Parlamento a che serve? Domanda retorica: serve solo a convertire in legge i decreti del Governo, tutti coperti dalla foglia di fico dell’urgenza. Come non dargli l’opportuna delega, al Governo, quando si è dei semplici cooptati dalle segreterie dei partiti che lo sostengono? Fanculo alla separazione dei poteri: esecutivo e legislativo possono ben stare in capo a una sola persona, meglio se poi cumula le cariche di Presidente del Consiglio e di Segretario del partito di maggioranza relativa, che l’apposita legge elettorale trasformerà in assoluta. Perché tutto proceda in modo snello, togliamo l’intoppo di una seconda Camera, e poi che manca? Ah, sì, manca che al Quirinale ci sia un Mattarella e al Csm un Legnini: presto, portate una corona d’alloro, ché il gradasso la pretende.»

Il resto è qui.

La solita truffa per zittire i magistrati

magistratura

Devo subito fare una confessione: sogno di vivere in un Paese intrinsecamente politico. Mi piacerebbe discutere con la mia farmacista delle complicazione e gli interessi che mi sfuggono nel mondo dei farmaci, vorrei potere dedicare qualche minuto in più e un caffè a chi i giornali (che noi scriviamo) tutti i giorni poi li vende e magari chiedere al bar quale sia il “sentiment” fuori dai social, quello che probabilmente il mio barista chiamerebbe il “cosa rode in giro”; mi piacerebbe che davvero fuori da scuola, nei discorsi in attesa dell’entrata e dell’uscita, si capisse che le lamentazioni spesso sono esigenze da farsi riconoscere, diritti da organizzare; vorrei soprattutto, e sempre di più, confrontarmi con coloro che sono lontani dalla realtà che vivo, per lavoro e per situazione, vorrei riuscire a discutere ogni riforma con quelli che dentro la riforma ci vivono per davvero, quelli per cui una legge, al di là della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, gli cambia la quotidianità, gli orari, i modi e le abitudini.

(il mio buongiorno per Left continua qui)

L’articolo che Dossetti avrebbe voluto in Costituzione

Cultura1

L’appello di Tomaso Montanari che è, in fondo, anche un manifesto politico:

«Giuseppe Dossetti avrebbe voluto in Costituzione un articolo che dicesse che:

«La resistenza individuale e collettiva agli atti dei poteri pubblici che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla presente Costituzione è diritto e dovere di ogni cittadino». 

Oggi tutti noi siamo in questa piazza romana perché sentiamo questo dovere. E perché vogliamo esercitare questo diritto.

Lo vogliamo fare con tutta la nostra voce: e siamo felici che alle nostre voci si aggiunga quella potente della tromba marina del Tritone di Gian Lorenzo Bernini, che oggi è un nostro speciale compagno di lotta.

In questi mesi una serie di decisioni scellerate di questo governo – un governo sostenuto da una maggioranza parlamentare resa possibile da una legge formalmente dichiarata incostituzionale – sta di fatto sradicando dalla Costituzione l’articolo 9.

Denuciamo che oggi la Repubblica non promuove lo sviluppo della cultura.

Non promuove la ricerca.

Non tutela il paesaggio, cioè l’ambiente.

Non tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Oggi è emergenza cultura!

Nei primi colloqui che ho avuto con lui, il ministro Dario Franceschini (allora appena nominato) mi disse che il presidente del Consiglio aveva il progetto di abbattere la tutela pubblica del paesaggio e del patrimonio («far fuori le soprintendenze», mi disse). E che lui, il ministro, si sarebbe opposto.

Ebbene, i fatti – i fatti che ci hanno portato in questa piazza – certificano che quel confronto, se mai c’è stato davvero, l’ha vinto il presidente del Consiglio, e l’ha perso il ministro per i Beni culturali.

Anzi l’hanno perso il paesaggio e il patrimonio artistico: cioè tutti noi, e i nostri figli.

Noi chiediamo l’abrogazione dello Sblocca Italia: una legge criminogena che consegna l’Italia ai signori del cemento e del petrolio. Una legge scritta sotto la dettatura telefonica delle lobbies.

Vogliamo, invece, una legge che porti a zero il consumo suolo: una legge vera, non come quella, ipocrita e dannosa, che giace in Parlamento.

Chiediamo al governo di ritirare l’odioso provvedimento del silenzio assenso. Prima si sono svuotate le soprintendenze di mezzi e di personale. E, ora che non ce la fanno più a rispondere in tempi brevi, si vuol far pagare il conto ai cittadini: perché il famoso silenzio assenso servirà solo a costruire Grandi Opere Inutili. Utili, anzi, solo a chi le costruisce, e fatali per l’ambiente: e non di rado per la vita stessa dei cittadini, falciati da alluvioni e da frane provocate dal cemento.

Chiediamo al governo di rinunciare alla bestemmia del Ponte sullo Stretto.

Vogliamo l’Unica Grande Opera utile, e cioè il risanamento e la messa in sicurezza del territorio.

Chiediamo al governo di ritirare l’articolo della Legge Madia che mette le soprintendenze sotto i prefetti: che mette, cioè, la tutela tecnico-scientifica del territorio sotto il potere del governo stesso.

Nemmeno un governo eletto plebiscitariamente (e questo, notoriamente, non lo è) ha il potere di distruggere ciò che dobbiamo lasciare alle future generazioni. Siamo custodi, non padroni.

E la nostra voce è umile: ma contiene quella dei nostri figli, e dei figli dei nostri figli: finché non si spenga la luna. È il futuro che ci supplica di non distruggere la bella Italia.

Vogliamo che la soprintendenza sia una vera magistratura del territorio e del patrimonio storico e artistico. Indipendente dal potere politico.»

(continua qui)

Bisogna imparare a dubitare per essere curiosi

Ogni uomo che abbia la benché minima esperienza del mondo conclude facilmente che tutti gli altri, persino i più ragionevoli, talvolta ragionano male, e ragionano male, di solito, sui propri interessi. Così, bisogna esser follemente presuntuosi per immaginare d’esser gli unici al mondo ragionevoli nel proprio interesse, e per non dubitare costantemente del proprio giudizio quando occorre. Perciò mi stupisce la stravaganza della maggior parte della gente, e specie dei contendenti, che s’immaginano sempre tutti quanti d’aver le migliori ragioni del mondo.
(Jean Domat, Pensieri, XVII sec.)

 

 

*Immagine tratta dalla bellissima tesi di Simona Della Croce “STORIA E GIORNALISMO. PEPPINO IMPASTATO: DA TERRORISTA A SIMBOLO DELLA LOTTA CONTRO LA MAFIA. IL POTERE DELL’INFORMAZIONE E LA FORZA DELLA MEMORIA.” anno 2010/2011 (la potete leggere qui)