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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Cosa ci insegnano le elezioni austriache

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Un’analisi condivisibile di Giordano Masini:

«Ma è l’esistenza stessa di una Große Koalition a esaurire le alternative elettorali, e a costringere gli elettori a orientarsi, per esprimere un malcontento che può essere anche fisiologico e razionale, verso opzioni populiste e antisistema. E infatti il processo di erosione della coalizione dei popolari e socialdemocratici era già in corso da anni, l’emergenza migranti non ha fatto che accelerarla facendo esplodere i consensi del FPÖ di Heinz-Christian Strache e del candidato alla presidenza Norbert Hofer, che del suo partito incarna l’immagine più rassicurante e colta, ma i numeri di Van der Bellen (Verdi) e dell’indipendente Irmgrad Griss (sostenuta anche dai liberali di Neos) che si contendono un posto al ballottaggio rende la misura di come gli austriaci stiano cercando non tanto e non solo di difendere il Brennero dall’assalto dei profughi, quanto di trovare alternative al governo in carica e di esprimere un deciso malcontento verso di esso.

Oggi i partiti che governano l’Austria insieme superano di poco il 20% dei voti, nessuno di loro andrà al ballottaggio, e più di un elettore su tre ha votato il candidato dell’estrema destra. In mezzo, due candidati che hanno saputo raccogliere quasi il 20% circa dei consensi ciascuno, mentre l’Austria sia avvia verso un ballottaggio surreale, tra un candidato verde e uno ultranazionalista dai tratti smaccatamente xenofobi. Se qualcuno vede ancora il modello del Partito della Nazione come argine ai populismi di destra e di sinistra, dovrebbe guardare all’Austria come il banco di prova di un clamoroso e allarmante fallimento.»

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Un’Italia sempre uguale

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Disse Norberto Bobbio sul 25 aprile del 1961:

«Il messaggio che ci hanno lasciato i caduti in quei bellissimi documenti che sono le lettere dei condannati a morte della Resistenza, era un messaggio di fede in una riforma della società nella libertà, nella dignità, nella giustizia, nell’odio per i soprusi, nell’amore dei poveri e degli oppressi. Che cosa ne abbiamo fatto di questo messaggio? Abbiamo davanti a noi un’Italia senza fede, incredula, come sempre, in cui dilaga la corruzione, la sfiducia negli ideali, la rassegnazione di fronte al fatto compiuto, la furberia e lo spirito di sopraffazione del più forte sul più debole. Non sono morti per questo coloro che oggi commemoriamo».

Ecco. Fate voi.

Così il PD si è bevuto il referendum sull’acqua

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A proposito di #paninarialgoverno vale la pena leggere Luca Fazio su Il Manifesto di oggi:

«A proposito di referendum (e non solo). Dire partito democratico (o Pd) ormai suona come una contraddizione in termini. Lasciamo stare quello di domenica scorsa, boicottato dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, e mettiamo tra parentesi anche quello sulle riforme costituzionali del prossimo ottobre imposto come una prova di forza che sa di deriva plebiscitaria. Torniamo invece su quello per l’acqua pubblica del 2011 votato da milioni di cittadini – il 57% degli aventi diritto al voto con il 95% schierato per la difesa dell’acqua bene comune – e stravolto l’altra sera con la votazione finale del ddl approvato alla Camera (243 i voti a favore, 129 i contrari e 2 gli astenuti, il prossimo passaggio sarà al Senato).

Durante la votazione, tutti i parlamentari del Movimento 5 Stelle – applauditi e sostenuti da Sinistra Italiana – hanno sventolato magliette e bandiere blu del referendum urlando contro i banchi della maggioranza. Dalle tribune, alcuni attivisti mescolati tra il pubblico hanno lanciato volantini e bandiere del Forum italiano dei movimenti per l’acqua pubblica. Caos democratico. Il parapiglia fuori programma, e il corpo a corpo tra penta stellati e alcuni commessi chiamati a riportare l’ordine in aula, hanno provocato la sospensione della seduta. «L’acqua secondo il Pd è chiaramente a gestione privata – hanno detto i deputati della Commissione ambiente M5S – è il solito teatrino del Pd che sosteneva di rispettare la volontà popolare e invece oggi ha calato la maschera». Per Sinistra Italiana, «la gestione dell’acqua deve essere pubblica come chiesto a gran voce da milioni di cittadini con il referendum del 2011. Solo il pubblico è in grado di mettere in atto quel processo virtuoso tra tariffe, spese di gestione e servizio». Sembra che sia andata diversamente.

Certe intemperanze poco rispettose del parlamento verranno presto sanzionate, se è vero che in seguito alla solidarietà espressa ieri da tutti i capigruppo ai commessi della Camera verrà convocato un ufficio di presidenza su iniziativa della presidente della Camera Laura Boldrini. Fioccheranno sanzioni, mentre ancora non è dato sapere come la politica reagirà – e se reagirà – al colpo di mano che con un bizantinismo da azzeccagarbugli, emendamento su emendamento, ha stravolto l’impianto di un disegno di legge che originariamente era stato pensato per rendere nuovamente pubblico il sistema idrico. Come da volontà popolare.

A una prima lettura, il ddl appena approvato introduce nuove norme che sembrano positive sulla gestione, la pianificazione e il finanziamento del servizio idrico interrato. Ma alcune differenze significative saltano all’occhio se confrontiamo il testo con la sua stesura originaria che sottolineava esplicitamente la totale ripubblicizzazione del servizio idrico. Il nuovo testo, invece, stabilisce che «il servizio idrico integrativo sia considerato un servizio pubblico locale di interesse economico generale assicurato alla collettività, che può essere affidato anche in via diretta a società interamente pubbliche in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate da tutti gli enti locali ricadenti nell’Ato (Ambito territoriale ottimale)».

Dove sta il trucco? Nel testo iniziale l’affidamento della gestione in house era blindato con la parola «prioritariamente». La sua eliminazione non sarebbe un dettaglio di poco conto, anzi, secondo M5S e Si si tratta di un vero e proprio insulto alla democrazia. Le novità più rilevanti, insieme ad altre modifiche cesellate ad arte, infatti prefigurano nuovi scenari che si scontrano con la volontà del popolo italiano. Il servizio idrico smette di essere qualificato come un servizio pubblico che non avendo una rilevanza economica viene sottratto alla libera concorrenza: ci si potrà lucrare sopra. La gestione e l’erogazione del servizio possono essere nelle mani dello stesso soggetto (anche di società quotate in borsa), e fognature, acquedotti e impianti di depurazione non devono essere affidate necessariamente a organi di diritto pubblico. Sono state apportate modifiche anche sulle concessioni per uso differente da quello potabile: nel ddl originale potevano essere revocate anche prima della loro scadenza e assolutamente non più rinnovabili, mentre ora la materia verrà regolamentata da un decreto legislativo ancora tutto da scrivere entro il 2016.

Altre novità, invece, risultano meno sgradite. A tutti i cittadini, sulla carta, dovranno essere garantiti almeno 50 litri di acqua potabile al giorno (anche in caso di mancato pagamento delle bollette, che presto verranno conteggiate con nuovi contatori installati in ogni abitazione). Le bollette diventeranno più «trasparenti» (con parametri di qualità dell’acqua, conteggio delle perdite idriche e dati sugli investimenti negli acquedotti). Sull’acquisto di ogni bottiglia di acqua minerale sarà previsto il contributo di 1 centesimo per finanziare progetti di cooperazione per l’accesso all’acqua potabile. Niente di particolarmente grave per le intoccabili multinazionali dell’acqua: aumenteranno i prezzi.»

La cricca del calcio

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Un’inchiesta di Lirio Abbate:

«Le prove del patto segreto che ha portato a pilotare la spartizione dei diritti televisivi delle partite di calcio del campionato di Serie A vengono descritte da l’Espresso nel numero in edicola da venerdì 22 aprile, in cui si racconta della cricca e delle trattative riservate. Per questi fatti l’Antitrust ha irrogato sanzioni per complessivi 66 milioni di euro ai principali operatori televisivi nel mercato della pay-tv, Sky e RTI/Mediaset Premium, nonché alla Lega Calcio e al suo advisor Infront per l’intesa restrittiva della concorrenza che ha alterato la gara per il triennio 2015-2018, svoltasi nel giugno 2014.

La sanzione più alta è per Mediaset Premium: oltre 51 milioni. Per la Lega 1.944.070, per Infront Italy 9 milioni, per Sky 4 milioni.

Nel servizio pubblicato da l’Espresso viene ricostruito il cartello fra le tv che si dividono i diritti e in questo guazzabuglio di interessi miliardari c’è il vicepresidente esecutivo di Mediaset Pier Silvio Berlusconi, l’amministratore delegato di Sky Italia Andrea Zappia, il numero uno di Infront e advisor della Lega calcio Marco Bogarelli. Con un unico intento: addomesticare, mettendosi d’accordo invece di farsi concorrenza, la gara d’appalto. I risvolti di questo “sistema” sono descritti nelle email dei manager televisivi, acquisiti dall’Autorità garante che ha effettuato l’istruttoria, che il settimanale pubblica e attraverso le quali emergono gli accordi e le trattative riservate.

Dalla documentazione pubblicata da l’Espresso si ricostruisce come Mediaset scenda in campo con le indicazioni fornite da Pier Silvio Berlusconi. Le sue ipotesi sono discusse per posta elettronica fra i manager del gruppo televisivo. I quali adombrano il possibile coinvolgimento di Lega e Infront«a sostegno dei propri interessi come promotori di una negoziazione nei confronti di Sky». Il gruppo del Biscione mette in campo il proprio peso politico ed economico sul “sistema” e l’amicizia del milanista Adriano Galliani con il patron di Infront Marco Bogarelli.

«Parto dal punto di vista di PS (Pier Silvio Berlusconi, ndr) che vorrebbe vedere assegnato lo scenario A+D (piattaforma satellitare e digitale terrestre), tale scenario è perfetto per andare da Sky a negoziare, ma temo, adesso faremo tutte le simulazioni, più complesso e più costoso da realizzare e non più vantaggioso», si legge in una email interna di Mediaset. Che prosegue: «Tutto questo sarà possibile se la Lega e Infront fanno capire a Sky che è più probabile la nostra vittoria». «Condivido quello che scrivi», risponde un altro manager il 7 giugno 2014, «è ovvio, meglio vincere A+D contro Sky che vince A+B (digitale terrestre, ndr), ma A+D va usata per negoziare con Sky e non da usare. Il dubbio ora è meglio vincere A+D, gestire le cause e poi con un punto di forza andare da Sky o far negoziare subito Infront? Credo sia conveniente che negozi Infront così evitiamo le cause, ma Pier (Pier Silvio Berlusconi, ndr) come sembra non è dell’idea, perché sente la vittoria in mano A+D. Questo è il punto! Comunque noi ci metteremo a lavorare agli scenari».

L’Espresso spiega attraverso i documenti utilizzati nell’istruttoria come secondo l’Authority «l’intesa è promossa da Lega e Infront e reca vantaggio principalmente a Mediaset Premium, mentre Sky vi aderisce perché indotta anche dalla condotta delle altre parti». Per il Garante l’intesa è imputabile a tutte le parti del procedimento, ma con ruoli distinti.»

È qui.