Vai al contenuto

Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

E intanto Cicchitto (sì proprio lui…)

cicchitto-ncd-prende-distanze-berlusconi-salvini.pngEra ovvio che avvenisse e, segnatelo, sarà sempre peggio: se al governo nazionale decidi di affidarti alla stampella del NCD (partito ormai esistente solo sulla carta intestata del Parlamento, più che vivo davvero in giro) inevitabilmente le ricadute sulle amministrative possono fomentare contraccolpi pericolosi. Così oggi Fabrizio Cicchitto (parlamentare NCD, quindi uomo di maggioranza e di governo nazionale) comincia la sua opera di lenta erosione con un intervento sull’Huffington Post che suona come un avvertimento:

«Lasciamo oggi da parte i disastri in corso nel centrodestra e vediamo alcune cose che riguardano Renzi, il suo partito e le scelte politiche in vista delle elezioni. Allora quasi ovunque Sel e Sinistra Italiana presentano liste non distinte ma contrarie frontalmente al Pd. In compenso però la minoranza dem pone ovunque preclusioni ad intese con Ncd e le forze di centro.

Non a caso Sala, che è in campagna elettorale interna al Pd, sembra subito accettare questa preclusione ma si tratta di una linea doppiamente suicida per Renzi al quale infatti sarebbe inibito allearsi negli enti locali con le forze politiche che invece sono decisive per la maggioranza del suo governo e per portarlo fino al 2018. Ora capiamo che questa sia la linea della minoranza dem – che in effetti vorrebbe vedere Renzi appeso a un lampione – ma non possiamo credere che questa possa essere la linea della maggioranza di quel partito.»

E questo è solo l’inizio. Vedrete.

Le parole chiare di Pierfrancesco Majorino

Un’intervista al candidato alle primarie Pierfrancesco Majorino che vale la pena leggere:

Intervista_Repubblica_2015_12_23-320x320Sarebbe il candidato ideale di Sel, se il partito non le chiedesse di fare spazio a Balzani.

«La rete che mi sostiene è fatta da gente del Pd, di Sel, dei comitati, senza tessera, e non certo dei salotti. Per me è un’emozione avere il sostegno di Massimo Recalcati come di Gianluca, operatore sociale di Quarto Oggiaro. Se parliamo di Sel, due dei sette assessori pro-Sala sono proprio di Sel».

Quanti continuano a chiederle di ritirarsi?

«È da mesi che mi propongono di tutto per non farmi candidare. Ma io vado avanti con decisione. Per altro, se mi ritirassi io non ci sarebbe comunque soltanto Balzani, ma si presenterebbe l’ex vicesindaco Ada Lucia De Cesaris. Quello che non capisco è questa idea delle primarie anti-Sala, invece che per un progetto».

Ma non è che, come sostengono i maligni, non si ritira perché ha fatto un accordo con Sala?

«È assurdo solo pensarlo: io mi candido per batterlo, non per fare accordi. Semmai a Sala dico che non può cavarsela con due battute su Expo, visto che i vertici della società sono stati pesantemente coinvolti dalle inchieste. Se perderò darò una mano al centrosinistra e al vincitore, chiunque sia. Ma se vinco mi aspetto la stessa correttezza dagli altri».

Il resto è qui.

Le parole chiare di Giuseppe Sala

091102093-a179af5c-67af-4cef-acba-0fa05f22b68f

Il candidato sindaco alle primarie del centrosinistra Giuseppe Sala in un’intervista ha dichiarato che non accetterà in campagna elettorale finanziamenti da aziende che hanno lavorato a Expo e che non ci sarà nessun allargamento a NCD.

Siamo agli inizi, per ora sono promesse e basta. Ma sono intelligenti. Volevo dirvelo. Io che di certo non sono un suo fan.

A proposito di Bruno Caccia.

header_Caccia-300x225Non si può che essere felici per la (bella) svolta che hanno preso le indagini sull’omicidio di Bruno Caccia e anche se sono passati troppi anni (ma con una vittima di mafia sono troppi anche i primi cinque minuti, se ci pensate) credo che questo risultato sia una soddisfazione per la famiglia, per gli ex colleghi e per i tanti che ne ricordano quotidianamente il nome. E sono proprio tanti, a partire dai meravigliosi ragazzi che abitano tutti i giorni con l’impegno e il lavoro Cascina Caccia. Se passate dalle loro parti passateli a salutare e a vedere che bella forma ha preso quel cascinale che apparteneva all’immondo mandante di quell’omicidio. Bruno Caccia è stato tra i primi a vedere l’odiosa ‘ndrangheta (ne ho scritto per Fanpage qui) e che se ne parli può solo fare bene a questa nazione. Certo l’arresto di ieri è solo il primo passo, come raccontavo oggi agli amici di RadioPopolare (il podcast è qui).

E per questo il mio buongiorno stamattina per Left l’abbiamo voluto dedicare a lui e al suo sorriso, qui.

Tutti amici degli amici di Renzi

image

Lo so, l’ho già scritto ma lo ripeto. Perché ogni volta che qualcuno arriva al potere, alla presidenza del consiglio o comunque lì da quelle parti improvvisamente sembra che tutti quelli del suo paese, del suo rione, della sua cerchia di amici, con il suo stesso accento siano i migliori onnipresenti dappertutto?

Ma davvero non siamo ancora stanchi dei servi sciocchi dopo anni di prostituzione (a volte nel senso più pieno della parola) con Berlusconi; incapaci di riconoscere un’inquietante emersione di classe dirigente improvvisamente così prossima, vicina vicina da sembrare appena uscita da un’aperitivo consumato insieme prima di andarsene a casa?

Come esiste merito se partiamo dal presupposto che il migliore in qualche ruolo sia tra la microscopica cerchia dei conoscenti, in un cerchio così piccolo rispetto al Paese e al merito?

Ciondolano con questa collana di amici e aglio e vorrebbero essere incoronati saggi mentre sono megere travestite da brillanti paninari fuori tempo massimo.

La speranza senza speranza

FullSizeRender2

Che colore ha la speranza oggi? Me lo chiedevo stamattina seduto nei camerini di uno dei circhi storici d’Italia, insieme ad un’icona del teatro, del cinema e poi del circo. Discutevamo del pubblico che ormai raggiunge al massimo un divertimento amaro. Lei che aveva cominciato da bambina, come clown in miniatura con il nome d’arte di «Lacrima», e mi raccontava come fosse legge del teatro e del cinema e dello spettacolo tutto la cultura del lavoro. «Lavoro più degli altri, meglio degli altri, poi magari mi appoggio su un barlume di talento che mi è caduto in tasca per sorte e arrivo al risultato.  Come sarebbe tutto più semplice, ho pensato, se davvero ci fosse non dico la meritocrazia che ormai è parola talmente vuota da essere buona per una statuetta da presepe, ma almeno il lavoro, almeno quello», si pensava.

Perché ci avevano fatto credere che il modello capitalista funzionasse proprio perché premia il lavoro, ci avevano detto. L’hanno raccontato ai nostri genitori e anche ai nostri nonni prima di loro e si erano convinti davvero che un sistema che premiasse la fatica sarebbe stato alleno giusto. Giusto come sono giunte le cose perché ti danno di speranza di riuscire: un Paese giusto, un processo giusto, una rete sociale giusta, una pensione giusta, una sanità giusta, una giusta classe dirigente.

Risultato? Fallito. Perché davvero bighellonando in giro per l’Italia tra scuole e palcoscenici mi succede sempre più spesso di notare nel viso, quelli giovani, di chi ti chiede che occhi abbia la speranza, ecco, mi capita sempre più spesso di parlare di speranza come si parla di animali selvatici ad un bambino metropolitano. Con il gusto per lo sconosciuto e con tutta la fatica di cogliere la speranza per davvero.

Ma esattamente quando abbiamo perso la speranza? Dico, quando ci siamo accorti che continuavamo a citarla ma non ce n’era più in giro? Perché mi è rimasta questa domanda qui, fissa in testa, da stamattina al circo. Quando ci hanno rifilato questa speranza senza speranza, prodotta in serie come le possibilità che in realtà non sono possibili?

L’arte di raccontare crescita. Che non c’è.

ottimismoPer fortuna Massimo Mantellini (che di internet se ne intende e ci lavora) mi conforta sull’opinione che anche Riccardo Luna si sia un (bel) po’ incagliato nella retorica del vedere crescita a tutti i costi. Lo spiega bene qui.

Nell’eterno scontro tra ottimisti per servitù e presunti gufi (innescato paninaramente da Renzi e i suoi) alla fine si perde il senso di ciò che è vero e quello che non lo è. E questa non mi sembra una grande notizia. E mi sembra una pessima modernità. Esattamente uguale ai vecchi. Eh.

Michael Moore scrive a Donald Trump

n-MOORE-large570

Caro Donald Trump,

forse ricorderà (è molto probabile dal momento che ha “una memoria di ferro”), che ci incontrammo nel novembre del 1998 dietro le quinte di un programma televisivo pomeridiano al quale fummo invitati. Tuttavia, un attimo prima di andare in onda, un produttore mi chiamò in disparte per dirmi che lei si sentiva un po’ “agitato” di apparire in onda con me. Mi ha detto che lei non voleva essere “fatto a pezzi” e voleva che l’assicurassi che non mi sarei scagliato contro di lei. “Non penserà mica che voglia aggredirlo e metterlo alle strette?”, chiesi perplesso. “No – rispose la produttrice – È solo un po’ nervoso”. “Eh? Non l’ho mai incontrato prima d’ora. Non ha alcun motivo di essere teso”, dissi. “Non so nemmeno molto sul suo conto, oltre il fatto che gli piace ribattezzare le cose sul suo nome. Se vuole posso parlarci io”. Come ricorderà, è quello che feci. Mi avvicinai e mi presentai. “La produttrice mi ha detto che è preoccupato per quello che potrei dire o fare durante il programma. Senza offesa, ma la conosco a malapena. Sono del Michigan. La prego di non preoccuparsi, andremo d’accordo!”.

Sembrava sollevato, poi si avvicinò a me e mi disse: “Non volevo avere rogne e volevo solo assicurarmi che noi due potessimo andare d’accordo, che non mi prendesse di mira per qualche assurdo motivo”. “Prenderla di mira”? Ho pensato, ma dove siamo, in terza elementare? Sono rimasto sconvolto da come un sedicente uomo duro del Queens si trasformasse in un gattino spaventato.Siamo andati in onda e non è successo nulla di sconveniente. Non le ho tirato i capelli, non le ho messo la gomma da masticare sulla sedia. “Che inetto”, pensai mentre lasciavo gli studi televisivi.

Eccoci qui nel 2015 e, come tante altre persone bianche arrabbiate, lei è spaventato da uno spauracchio; uno spauracchio costituito da tutti i musulmani. Non solo quelli che hanno ucciso, ma tutti i mussulmani. Fortunatamente, Donald, lei e i suoi sostenitori non assomigliate più al volto degli Stati Uniti moderni. Non siamo una nazione di bianchi arrabbiati. Ecco un dato statistico che le farà rizzare i capelli: l’ottantuno percento di coloro che andranno alle urne l’anno prossimo per eleggere il presidente è costituito da donne, cittadini di colore, ragazzi tra i 18 e i 35 anni. Ovvero, né da persone come lei, né da coloro che la vorrebbero a capo del Paese. Per questo, in preda alla disperazione e alla follia, può anche proporre il divieto d’accesso in questo Paese a tutti i musulmani. Sono cresciuto con l’idea che siamo tutti fratelli e sorelle, senza distinzione di razza, credo o colore della pelle, il che significa che, se deve essere imposto un divieto ai musulmani, lo stesso divieto deve essere imposto a me e a chiunque altro. Siamo tutti musulmani.

Così come siamo tutti messicani, siamo tutti cattolici ed ebrei, bianchi e neri e tutte le altre sfumature intermedie. Siamo tutti figli di Dio (o della natura o di qualsiasi altra cosa in cui creda), parte della famiglia umana e questo non può essere cambiato di una virgola per effetto di quello che dice o che fa. Se non le piacciono queste regole statunitensi, allora se ne può andare in castigo in uno dei suoi grattacieli a meditare su quello che ha detto. Poi ci lascia in pace, così eleggiamo un vero presidente, che sia forte e compassionevole allo stesso tempo, o abbastanza forte da non apparire lamentoso e spaventato da un tizio con un cappellino da baseball seduto accanto a lui sul divano di uno show televisivo.

Lei non è così forte, Donny, e sono contento di aver avuto modo di costatare la sua vera essenza tanti anni fa. Siamo tutti musulmani. Se ne faccia una ragione.

Distinti saluti,
Michael Moore

PS: chiedo a tutti di leggere questa lettera e di firmare la seguente dichiarazione: “Siamo tutti musulmani” e di condividere una foto con un cartello che dica “SIAMO TUTTI MUSULMANI” su Twitter, Facebook o Instagram utilizzando l’ hashtag #WeAreAllMuslim. Pubblicherò tutte le foto sul mio sito e poi gliele invierò, Sig. Trump. Si unisca a noi.

(Questo post è stato pubblicato per la prima volta su The Huffington Post U.S. ed è stato poi tradotto dall’inglese da Valentina Mecca)

L’onore dell’Arma? Trovare gli assassini di Cucchi

cucchi-stefano-ilariaAlla fine viene fuori che Stefano Cucchi è stato pestato. Pensa te. E vengono fuori anche le telefonate di un carabiniere con la moglie in cui si definisce “divertimento” la violenza esplosa contro il ragazzo.

Il fatto è che in questo Paese troppo spesso i Carabinieri “saltano” in difesa del proprio onore, subito sull’attenti come se il gioco di “infangare l’Arma” sia il passatempo preferito di molti. E invece no. Qui sono dei carabinieri che hanno sporcato l’Arma. Che sia chiaro. E basta prenderli e farli condannare per dimostrare che si tratta di persone che hanno commesso un reato, prima che carabinieri. E così l’Arma è salva.

Semplice. No?

(intanto è sparito il reato di tortura, ne ho scritto qui)