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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Una lettera a PPP

 La scrive qui Francesco Pecoraro e vale la pena spendere un minuto per leggerla:

Caro Maestro, quando non c’è tensione verso il meglio, tutto va verso il peggio, ogni cosa arretra di qualche casella, ogni istanza di progresso fa un passo indietro, quando non addirittura scompare.

Devo anche informarla che nell’attuale presente, oltre al ristagno e all’arretramento del progresso, si è verificato anche l’arresto dello sviluppo (evoco qui una sua famosa distinzione): il capitalismo italiano arranca in una dimensione arretrata, mentre un mondo ormai quasi completamente cino-americano ci travolge in uno sviluppo tecnologico apparentemente immateriale, di cui lei, morto troppo presto, non può avere la benché minima nozione.

La chiamiamo rivoluzione digitale: le interesserebbe molto.

Il Novecento ha costruito l’hardware del mondo in cui viviamo. Il XXI Secolo ne sta globalmente allestendo il software, che in un futuro prossimo servirà a gestirne anche la più trascurabile molecola. Il processo è appena cominciato, gli esiti sono imprevedibili. Mi scuso per aver usato termini e concetti che lei non può capire e che anch’io capisco poco.

Ma le generazioni nate a ridosso e subito dopo l’anno Duemila, cioè coloro che fanno risalire l’Inizio dei Tempi all’attacco alle Twin Towers del settembre 2001, va a dire i nati dentro il processo di digitalizzazione del mondo – quante cose sono successe dopo la sua morte! –, ecco, di quelli non sappiamo nulla, nessuno sa nulla.

Buona parte di loro (cioè quelli non del tutto emarginati) sembra vivere placidamente in seno al Grande Ceto Medio Occidentale, dando tutto per acquisito, anzi per scontato, non avendogli i padri trasmesso alcuna tensione politica, alcun disagio che non sia economico. Ma anche quest’ultimo ordine di problemi sembrano accettarlo come un dato di fatto, tipo: «il mondo è fatto così, chi sono io per metterlo in discussione?».

Manfredi Borsellino? Uno squilibrato. Lucia Borsellino? Cretina precisa. (Questa volta le intercettazioni ci sono)

borsellino-figliManfredi Borsellino? “Uno squilibrato”. La sorella Lucia? “Cretina precisa”. È il 19 luglio 2015, anniversario numero 23 della strage di via d’Amelio, il massacro del giudice Paolo Borsellinoe della sua scorta. Silvana Saguto, una delle donne che a Palermo incarna il volto dell’antimafia fatta di numeri ed euro sottratti a Cosa nostra, sta partecipando – in qualità di madrina – alla manifestazione “Le vele della legalità”. Ricorda il sacrificio del magistrato assassinato, parla dell’antimafia dei sequestri, quella che dal 2010 rappresenta guidando la sezione misure di prevenzione del tribunale. Poi sale sulla sua auto blindata, telefona ad un’amica, e – come racconta Repubblica – si lascia andare ad una serie di insulti contro i figli di Borsellino. Inveisce soprattutto con Manfredi, oggi commissario di polizia, che 24 ore prima al palazzo di giustizia ha abbracciato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, tra la commozione generale. “Ma poi, Manfredi Borsellino che si commuove, ma perché minchia ti commuovi a 43 anni per un padre che ti è morto 23 anni fa? Che figura fai”.

Ma non solo. “Ma che – continua Saguto – dov’è uno… le palle ci vogliono. Parlava di sua sorella e si commuoveva, ma vaffanculo”. Sono i giorni del caso Crocetta, con il settimanale Espresso che ha pubblicato il testo dell’intercettazione (poi smentita dalla procura di Palermo, che indaga per calunnia e pubblicazione di notizie false) in cui il medico del governatore dice che Lucia Borsellino“va fatta saltare come il padre”. Ed è per questo che Manfredi Borsellino era intervenuto davanti al capo dello Stato, per difendere la sorella, che due settimane prima si era dimessa da assessore regionale alla sanità. Saguto però è un fiume in piena, e bolla Manfredi come “uno squilibrato, lo è stato sempre, lo era pure quand’era piccolo”. Lucia Borsellino, invece, per il magistrato è “cretina precisa”. Parole pesantissime quelle pronunciate da Saguto, che colpiscono al cuore la credibilità di una fetta ampia del mondo della cosiddetta antimafia.
Ne scrive Giuseppe Pipitone qui.

L’agenda rossa? Un delirio della figlia di Borsellino

Parole e opere di Arnaldo La Barbera, nel bel pezzo di Giuseppe Pipitone::

La borsa che custodiva quell’agenda rossa finì ovviamente agli atti degli inquirenti subito dopo la strage che massacrò Borsellino e gli uomini della scorta. “Dopo la strage – ha spiegato Lucia – la borsa ci venne riconsegnata dal questore Arnaldo La Barbera, ma mancava l’agenda rossa. Mi lamentai subito della mancanza di quell’agenda rossa. Ho avuto una reazione scomposta. Me ne andai sbattendo la porta. Chiesi con vigore che fine avesse fatto la borsa e La Barbera, rivolgendosi a mia madre, le disse che probabilmente avevo bisogno di un supporto psicologico perché era particolarmente provata. Mi fu detto che deliravo. La Barbera escludeva che l’agenda fosse nella borsa”. Sulla scomparsa del diario di Borsellino è già stato celebrato a Caltanissetta un processo (concluso con l’assoluzione) a Giovanni Arcangioli, il carabiniere immortalato pochi attimi dopo la strage mentre si muove in via d’Amelio con in mano la borsa del giudice.

PPP

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Alcuni anni dopo, da adolescente, ti ho ritrovato in una libreria del centro. Stavo marinando la scuola per evitare una interrogazione. Spulciando nel sempre magro scaffale della poesia di ogni libreria italiana mi si presentò una edizione economica delle Ceneri di Gramsci. Conservo ancora quel volume con affetto. Fu il primo di una lunga serie. Negli anni c’è sempre stato qualche poeta che ha cercato di convincermi che fossi migliore come regista. E registi che ti apprezzavano di più come narratore. E narratori che preferivano la tua opera di polemista. E così via, in un circolo vizioso di rabbiosi specialisti intenti a marcare il proprio territorio, sistematicamente invaso da te, eretico viandante che transumavi fra le discipline, indifferente alle regole. Spesso inventandotele strada facendo. Era questa vitalità irrequieta, in fondo, che ho sempre amato di te. Quella che fin da ragazzo mi ha catturato, senza remore. Il tuo coraggio bambino, incosciente, il tuo sporgerti sull’abisso. Oggi che tutti ti lodano e di te hanno fatto un santino inviolabile, oggi che sei un’icona persino per quella destra becera che tanto ti ha attaccato in vita, oggi anche i miei “colleghi” coetanei del piccolo mondo culturale nazionale – geneticamente, per casta, di sinistra – hanno dimenticato, o forse fingono per convenienza, quanto i loro padri nobili ti odiassero.

(Gianni Biondillo su Pasolini, qui.)

Una riflessione su Roma

colosseo

Ma se abbassiamo il volume ai toni da melodramma di questa opera disastrosa, possiamo ricavarne qualche dato. Per farlo dobbiamo puntare la lente sulle questioni che la contraddittoria esperienza di Marino ha lasciato sullo sfondo: ossia quali sono le condizioni di Roma, che città è, quali sono i suoi bisogni – al di là delle “strade e i giardini da sistemare”, come scriveva con un tono davvero stucchevole qualche giorno fa sull’Unità Matteo Renzi.

Da leggere oggi Raimo su Internazionale.

La confusione tra nazione, Stato e governo

In un bellissimo post su minima & moralia Luiz Ruffato (scrittore brasiliano non gradito al suo governo) descrive il cortocircuito del potere brasiliano:

Un’altra conseguenza, si potrebbe aggiungere, è la continua confusione tra nazione, Stato e governo, come se il governo (ogni governo) si senta in ultima istanza promanazione diretta dello Stato e strenuo difensore dell’idea (immaginaria) di nazione.

Ecco, forse sarebbe da ripensare anche qui. Forse.