Politica
I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.
Il distributore automatico di racconti brevi
Allora si va dal distributore e si seleziona la storia. Si può scegliere la lunghezza sulla base del tempo di attesa: due, tre o cinque minuti? Quella da tre minuti, ad esempio, è un foglietto largo otto centimetri e lungo 60, come fosse un enorme scontrino. Quello da cinque è, come è logico, quasi il doppio. A fornirle ci pensa una casa editrice startup, Short Edition.
“Ci abbiamo pensato la prima volta di frone a un distributore di barrette di cioccolato e di bibite. Si può fare la stessa cosa con un po’ di letteratura popolare, per occupare i tempi morti”, ha detto Christophe Sibieude, il confondatore e presidente della startup.
La notizia è qui.
Mi dispiace
Mi dispiace. Ma io non voglio fare l’imperatore. No, non è il mio mestiere. Non voglio governare, né conquistare nessuno; vorrei aiutare tutti se è possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi, esseri umani, dovremmo aiutarci sempre; dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo. Non odiarci e disprezzarci l’un l’altro.
In questo mondo c’è posto per tutti: la natura è ricca, è sufficiente per tutti noi; la vita può essere felice e magnifica.
Ma noi lo abbiamo dimenticato.
L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell’odio, ci ha condotto a passo d’oca a far le cose più abiette.
Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi; la macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà; la scienza ci ha trasformato in cinici; l’abilità ci ha resi duri e cattivi.
Pensiamo troppo e sentiamo poco.
Più che macchinari, ci serve umanità.
Più che abilità, ci serve bontà e gentilezza.
Senza queste qualità, la vita è violenza, e tutto è perduto. L’aviazione e la radio hanno riavvicinato le genti. La natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà dell’uomo, reclama la fratellanza universale, l’unione dell’umanità. Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo, milioni di uomini, donne , bambini disperati.
Vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente.
A coloro che mi odono, io dico: non disperate, l’avidità che ci comanda è solamente un male passeggero. L’amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano, l’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori. E il potere che hanno tolto al popolo, ritornerà al popolo.
E qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa.
Soldati! Non cedete a dei bruti! Uomini che vi sfruttano! Che vi dicono come vivere! Cosa fare! Cosa dire! Cosa pensare! Che vi irreggimentano! Vi condizionano! Vi trattano come bestie! Non vi consegnate a questa gente senza un’anima!
Uomini macchina, con macchine al posto del cervello e del cuore.
Voi non siete macchine, voi non siete bestie, siete uomini!
Voi avete l’amore dell’umanità nel cuore. Voi non odiate coloro che odiano solo quelli che non hanno l’amore altrui.
Soldati! Non difendete la schiavitù! Ma la libertà!
Ricordate,
Promettendovi queste cose dei bruti sono andati al potere: mentivano, non hanno mantenuto quelle promesse e mai lo faranno. I dittatori forse son liberi perché rendono schiavo il popolo. Allora combattiamo per mantenere quelle promesse! Combattiamo per liberare il mondo, eliminando confini e barriere! Eliminando l’avidità, l’odio e l’intolleranza! Combattiamo per un mondo ragionevole; un mondo in cui la scienza e il progresso, diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati! Nel nome della democrazia siate tutti uniti!
Il ponte di Messina e un super condono in Campania: quanto costa avere la maggioranza.
Quanto costa Verdini? La domanda, che risulterebbe offensiva applicata a situazioni di vita ideali, ha una bozza di risposta, terribile risposta, in questo articolo del Corriere: Verdini vorrebbe il ponte di messina e un super condono sulle abitazioni in Campania.
A voi le conclusioni.
La “Cosa rossa”, slavata, con un retrogusto di PD
Voglio essere franco e, per favore, permettetemi anche di non affaticarmi troppo nel fingermi educato: questa “Cosa rossa” che starebbe nascendo tra Fassina, ex M5S e Sel è irricevibile anche solo a pensarla. Vorrebbero convincerci (loro) che nonostante tutto il PD sia l’ancora con cui arrivare a governare e mentre partoriscono un suicidio organizzato vorrebbero anche convincerci di averne tutte le ragioni. Fassina esce dal PD per condizionare meglio il PD. Contento lui. SEL ogni giorno ci avvisa quanto sia di destra Renzi e poi scodinzola dietro al PD per avere uno spazietto su Milano, Cagliari e Roma; in pratica ci vorrebbe convincere che sono dei malfattori quando non si alleano con loro, una cosa così. Alcuni ex 5 stelle si accorgono di essere di sinistra ma di sinistra filogovernativa con questo governo praticamente di destra.
Insomma tutti contro il PD ma attaccati alla mammella democratica. Fatemelo dire: giù il cappello a chi su questo almeno ha le idee chiare. Bravo Civati a dire che la rottura è rotta per davvero. In mezzo a tutti questi mimi ostici a Renzi ma da mimi.
Vogliamo vedere gli scontrini
Mauro Biani. Ovvio.
Cocò: quando un bimbo è solo uno scudo umano
Il pezzo di Niccolò Zancan per La Stampa:
Cocò non era lì per caso. Cocò stava lavorando anche se non lo sapeva. Cocò era stato arruolato da suo nonno. Doveva fare semplicemente se stesso: il bambino. Il nonno spacciava, lui stava al suo fianco. Vorranno mica ammazzare un bambino di 3 anni? Cocò è stato ucciso nella guerra fra due clan rivali in terra di ’ndrangheta, per il predominio nella zona della Sibaritide, in provincia di Cosenza. Era lo scudo umano di suo nonno. Gli hanno sparato in testa. E adesso, dopo un’indagine durata un anno e mezzo, i carabinieri e la direzione distrettuale antimafia di Catanzaro sono sicuri di aver individuato i responsabili. Sono due rivali in affari.
Sono due piccoli trafficanti emergenti. Si chiamano Cosimo Donato detto Topo e Faustino Campilongo detto Panzetta: «Due spacciatori di stupefacenti operativi fin dal 2003. Essi si rifornivano di stupefacente da Iannicelli, il quale, a sua volta, lo prelevava dagli zingari di Cassano allo Ionio». Le 289 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmate dal gip di Catanzaro fanno paura. Perché per capire quello che è successo la notte fra il 16 e il 17 gennaio 2014 bisogna partire da lui, da Nicolas Junior Campolongo dettò Cocò.
Giuseppe Iannicelli era sua nonno. Uscito da poco dal carcere, era tornato a trafficare cocaina ed eroina ma aveva bisogno di incrementare gli affari. Molti parenti erano ancora in cella, tutti dipendevano da lui. «Giuseppe Iannicelli era dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti, dapprima in seno alla consorteria ’ndranghetistica degli zingari, quindi avvicinandosi al sodalizio storicamente contrapposto dei Forastefano».
Cambiando alleanze criminali, cercando di allargare il suo giro, sapeva di essere in pericolo. Ecco perché quando andava a consegnare la droga in conto vendita alla sua rete di pusher e quando tornava ad esigere i crediti, portava sempre con sè la compagna Ibtissam Touss e il piccolo Cocò. Li caricava in auto.
Erano la sua assicurazione sulla vita. «Cocò era utilizzato da Iannicelli al fine di scongiurare agguati», hanno dichiarato a verbale due testimoni e un pentito. Così ha spiegato il figlio stesso di Iannicelli: «Si accompagnava a Cocò e alla marocchina perché era convinto che in loro presenza nessuno avrebbe potuto fargli del male». Molti sapevano. Sapevano che il bambino era stato arruolato. Sapevano che gli equilibri criminali della zona si erano rotti.
È una storia di ‘ndrangheta, di boss e manovalanza. Di capannoni incendiati per ritorsione. Di pestaggi esemplari davanti ai bar del paese. Pistole e minacce. Matrimoni combinati a pagamento. Soldi da spartire. Famiglie intrecciate e segreti. E in quel contesto che Giuseppe Iannicelli si scontra con «Topo» e «Panzetta». Loro sono i suoi spacciatori tra Firmo, Lungro ed Acquaformosa. Ma mentre lui cambia alleanze, loro restano legati al clan degli zingari. Chi comanda?
Iannicelli è sempre più solo. Fino a rendere Cosimo Donato e Faustino Campilongo preoccupati che si possa pentire, che incominci a collaborare. Forse è quello il momento in cui prendono la decisione. Ma prima chiedono protezione al boss di Altomonte, Saverio Donato.
Il procuratore aggiunto Vincenzo Luberto il 3 settembre 2015 firma un’integrazione urgente all’inchiesta da sottoporre al gip. È un’intercettazione ambientale: «Dalla conversazione si evince che Cosimo Donato e Faustino Campilongo hanno ricevuto mandato, da parte di persona non menzionata, di rubare un’autovettura e assassinare una persona. L’incarico sarebbe stato accettato». Parlavano di Giuseppe Iannicelli. Lo avrebbero ammazzato, lui con il suo scudo umano.
Tutto è stato ricostruito. Così il collaboratore di giustizia Pasquale Perciaccante, dissociato dalla cosca Abruzzese: «Non si fidavano tanto di questo Iannicelli. Perché parlava sempre, tenìa la bocca troppo sporca, parlava sempre parlava». Giuseppe Iannicelli è stato attirato in una trappola con una scusa. Hanno sparato a lui, a Cocò e alla signora Ibtissam Touss, «la marocchina».
L’auto data alle fiamme, i cadaveri carbonizzati per eliminare le tracce. Erano trascorse poche ore, ma le famiglie criminali intercettate già parlavano di come verificare se si potessero recuperare 7 mila euro che doveva avere Iannicelli: «Impossibile, tutto bruciato». «Topo» e «Panzetta» erano in paese poche ore dopo il triplice omicidio.
Li ha visti persino Giuseppe Iannicelli Junior: «Le mani nere, unte. I loro vestiti puzzavano di benzina. Erano agitati, impauriti». Ma nessuno è andato a parlarne spontaneamente alle forze dell’ordine. I due killer guadagnavano bene. Cambiavano auto spesso. Si vantavano: «Hai visto che non siamo due poco di buono?».
#Left cosa ci abbiamo messo dentro
COVER STORY
PROPAGANDA PERMANENTE
Informazione su misura
di Corradino Mineo
A Matteo Renzi serve che giornali e telegiornali suonino all’unisono la grancassa. Che vedano la ripresa, diffondano ottimismo, cancellino le minoranze. Cronaca di un circolo vizioso
Le parole sono proiettili
Ilaria Bonaccorsi intervista Giovanni Minoli
Oggi a Radio24, «Che nel 2012, quando vinsi l’Oscar per la divulgazione storica con La “Storia siamo noi” la Rai mi ha mandato via». I talk show perdono ascolti, la Rai non è più servizio pubblico. La televisione ha vinto e la politica ha perso. «Va raccontato il bicchiere mezzo pieno, così come la parte vuota. Questa è onestà intellettuale».
Matteo non vede non sente non parla
di Loris Mazzetti
Tutto merito di un buon suggeritore
di Luca Sappino
Più di un portavoce e più di un consigliere, Filippo Sensi, in arte @nonmfup è l’uomo chiave della comunicazione del premier. E’ Renzi, forse più dello stesso Renzi.
droghe
Come si riducono danni (e morti)
di Alessandro De Pascale
Come lavorano gli operatori che si occupano di riduzione del danno in un rave in Val D’Orcia
politica
La Quercia che seppellì il Pci
di Stefano Santachiara
Nel 1989 un militante scrisse a Veltroni suggerendo di inserire nel simbolo una quercia che evocasse la rivoluzione francese. Questa è la sua versione
mafia
A undici anni sai che lavoro fa tuo padre
di Giulio Cavalli
Poco dopo l’arresto di Gregorio Malvaso, sua moglie decide di raccontare quello che sa ed entra con i figli nel programma di protezione
tennis
Se uno smash abbatte i pregiudizi
di Alessia Laudati
Ritratto di Althea Gibson che decenni prima delle sorelle Williams sfidava la segregazione razziale sui campi di terra rossa
Afghanistan
MSF si racconta: «Da 14 anni sotto le bombe»
di Umberto De Giovannangeli
Dopo la strage di Kunduz abbiamo sentito Loris De Filippi, presidente della sezione italiana
Serbia
Qui terra di nessuno, dall’altra parte l’Europa
di Michela AG Iaccarino
Sulle tracce dei rifugiati siriani lungo la frontiera serbo-croata
portogallo
Dopo la Grecia, ora la sinistra parla portoghese
di Tiziana Barillà
Dopo il voto nel Paese lusitano, parla Marisa Matias europarlamentare del Bloco de Esquerda
Spagna
Gitana e senatrice
di Ilaria Giupponi
Intervista con la senatrice andalusa Silvia Heredia Martin, gitana: «Non mi hanno votato perché sono o non sono gitana»
New York
Open studios, a cena tra i quadri
di Maurita Cardone da New York
Gli studi degli artisti aperti in un’area della città che cambia
storia
Nasce il museo dell’arte in ostaggio
di Simona Maggiorelli
I capolavori rubati dai nazisti e mai più ritrovati: un museo alle porte di Milano ne tiene viva la memoria in 3D
graphic novel
Una macchietta coi baffetti
di Massimo Basili
Una biografia a fumetti racconta la storia del fuhrer. L’ha disegnata nel 1971 il giapponese Shigeru Mizuki
medicina
Premio Nobel, quella donna che salva i poveri con l’artemisia
di Pietro Greco
musica
Erica Mou, adesso io devo andare
di Giorgia Furlan
Giovanissima, da Sanremo al premio come “artista veramente indipendente”al MEI, la cantautrice pugliese si racconta
Marino: i forti con i deboli e la differenza tra sindaco e testimonial.
Detto questo Ignazio Marino ha compiuto una lunga serie di azioni poco opportune per di più comunicate nel modo più sbagliato. Oggi noi discutiamo quindi del fallimento politico o del fallimento del comunicatore? Questo è il punto da chiarire. E dobbiamo essere consapevoli, ovviamente ognuno con le proprie idee, che nel giudizio che da oggi per il sindaco di Roma è diventata una difficilissima pressione c’è dentro tutta la superficialità e il malpensare popolare che è montato come panna ma è rimasto nascosto nel merito. Ignazio Marino è un testimonial sprovveduto per la capitale. Forse sì. Non ha le spalle larghe per sopportare la lava vomitata dai fanfaroni. Ma se deve essere fatto fuori, si parli anche di politica. Anche.
Ne ho scritto (poco prima delle dimissioni) qui.
(La vignetta è di Mauro Biani, azzeccatissima. Al solito.)
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