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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

L’istinto guerrafondaio che attraversa tutti i governi

Tra le uscite più funzionali e poetiche del primo Renzi c’era il continuo rimando alle troppe spese per la Difesa e alle poche risorse riservate agli asili. Ve lo ricordate? Anche lui si era espresso chiaramente sugli F35 (smentendosi poi ovviamente nei fatti) e allo stesso modo sembrava finalmente aprire alla cooperazione. Bene: le cose non sono andate esattamente come ci venivano prospettate e il focus pubblicato da Openpolis con ActionAid (che trovate qui) smaschera l’ennesima promessa non mantenuta. Del resto si sa bene come le spese militari siano un argomento intoccabile in Italia ed è un peccato che il rottamatore non abbia avuto il coraggio di rottamare. Ecco tutti i dati:

La collana MiniDossier si arricchisce di una sezione di approfondimento: Agenda Setting. Il primo focus, realizzato con ActionAid, riguarda la cooperazione italiana allo sviluppo. Una panoramica sia dei lavori parlamentari che dei progetti nel mondo.

Mai priorità. La cooperazione allo sviluppo ha fatto fatica a trovare spazio nelle aule parlamentari , non rientrando fra gli argomenti più trattati durante nessuno degli ultimi 4 Esecutivi. 27° con il Governo Berlusconi IV, 49° con il Governo Monti, 47° con il Governo Letta. Solamente con l’Esecutivo Renzi è entrato nella Top15, grazie soprattutto all’approvazione della Legge n. 125/14 del 11 agosto 2014 che modifica la disciplina generale in materia.

Decreto Missioni. Ne è conferma lo spazio sempre minore che viene riservato alla discussione del decreto di rifinanziamento delle missioni internazionali e degli interventi di cooperazione allo sviluppo. Un tempo al centro del dibattito e anche dello scontro fra le forze politiche, è ora derubricato a una semplice prassi a cui – nell’ultimo passaggio riguardante la prima rata 2015 – non è stato neanche concessa una trattazione in un atto dedicato ma è stato inserito nel decreto anti-terrorismo 2015.

Ampia maggioranza. Una prima motivazione la si può trovare nel carattere “bipartisan” che ormai contraddistingue il provvedimento, che stabilmente riceve il consenso dei principali partiti anche quando questi sono su schieramenti contrapposti. In particolare, sotto il Governo Berlusconi IV il Pd ha votato a favore pur stando all’opposizione, stessa cosa a parti invertite con FI che ha dato il suo assenso sotto il Governo Renzi.

Organizzazioni Internazionali. La parte maggior parte (nel 2013 oltre il 76%) delle risorse che l’Italia destina alla cooperazione non vengono gestite direttamente dal nostro Paese ma attraverso le organizzazioni internazionali di cui fa parte. All’Unione Europea per esempio è andato un miliardo e mezzo di euro per portare a termine azioni a favore dei paesi in via di sviluppo. A seguire l’Agenzia Internazionale per lo sviluppo (oltre 300 milioni) e le banche regionali di sviluppo (172 milioni).

Interventi diretti. 3.287 sono state le iniziative italiane di aiuto allo sviluppo nel mondo nel 2013 . Distribuite in 113 paesi in tutti i continenti hanno comunque visto una concentrazione in alcuni paesi: Albania (28 milioni di euro impiegati), Afghanistan (27,9) e Etiopia (18,2) i principali. Da sottolineare come il 43% dei fondi bilaterali in realtà non abbia mai lasciato l’Italia essendo destinato alla gestione dei rifugiati politici in Italia.

Meno fondi. Negli ultimi dieci sono costantemente diminuiti i fondi per la cooperazione allo sviluppo, dai 4,5 miliardi di euro del 2005 si è arrivati ai 2,9 miliardi del 2014. L’Italia quindi si sta allontanando sempre più dal raggiungimento dell’obiettivo ONU che chiede ai paesi donatori di destinare lo 0,7% del reddito nazionale lordo. Se eravamo già distanti nel 2005 (quando destinavamo lo 0,29%) inevitabilmente lo siamo ancor di più nel 2014 (0,16%).

Spesa militare. Se il Decreto Missioni nel corso degli anni ha aumentato la percentuale delle risorse destinate alla cooperazione dobbiamo ricordare che con quell’atto viene stanziato appena il 4% del budget totale per difesa e aiuto allo sviluppo. Un’analisi complessiva invece rileva come la tendenza sia di una diminuzione della parte dedicata alla cooperazione, che in dieci anni è passata dal 14% all’11%.

MiniDossier Openpolis. “Agenda Setting: La cooperazione italiana” è il numero 7/2015 della collana di approfondimento MiniDossier. L’impostazione di data journalism prevede la verifica, l’analisi e la comparazione dei dati provenienti da fonti ufficiali per fare emergere notizie e proporre un altro punto di vista. Anche per dare continuità a questo lavoro durante l’anno è fondamentale sostenere openpolis attraverso la campagna di adesione.

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Cosa ha detto Tsipras ai greci

“Amici greci,
da sei mesi il governo greco combatte una battaglia in condizioni di soffocamento economico senza precedenti, per implementare il mandato che ci avete dato il 25 gennaio. Il mandato che stavamo negoziando coi nostri partner chiedeva di mettere fine all’austerità e permettere alla prosperità ed alla giustizia sociale di tornare nel nostro paese. Era un mandato per un accordo sostenibile che rispettasse la democrazia e le regoli comuni europee, per condurre all’uscita finale dalla crisi. Durante questo periodo di negoziazioni, ci è stato chiesto di mettere in atto gli accordi fatti col precedente governo nel “memorandum”, nonostante questi fossero stati categoricamente condannati dal popolo greco nelle recenti elezioni. Comunque, nemmeno per un momento abbiamo pensato di arrenderci, cioè di tradire la vostra fiducia.
Dopo cinque mesi di dure contrattazioni, i nostri partner, sfortunatamente, hanno rilanciato all’eurogruppo di due giorni fa un ultimatum alla democrazia greca ed al popolo greco. Un ultimatum che è contrario ai principi fondanti ed ai valori dell’Europa, i valori del progetto comune europeo. Hanno chiesto al governo greco di accettare una proposta che accumula un nuovo insostenibile peso sul popolo ellenico e colpisce profondamente le possibilità di recupero dell’economia e della società greche. Una proposta che non soltanto perpetua lo stato di incertezza ma accentua persino le disuguaglianze sociali.
La proposta delle istituzioni include: misure per un’ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro, tagli alle pensioni, ulteriori riduzioni nel salario minimo del settore pubblico e incremento dell’IVA su cibo, ristorazione e turismo, eliminando inoltre le agevolazioni fiscali per le isole greche. Queste proposte violano direttamente fondamentali diritti europei, mostrano che riguardo a lavoro, uguaglianza e dignità, lo scopo di alcuni partners e istituzioni non è il raggiungimento di un buon accordo per tutte le parti, ma l’umiliazione dell’intero popolo greco. Queste proposte sottolineano in particolare l’insistenza del Fondo Monetario Internazionale in una dura e punitiva austerity, e sottolineano più che mai la necessità per i grandi poteri europei di prendere iniziative che conducano al termine della crisi del debito sovrano ellenico. Una crisi che colpisce altri paesi europei e che sta minacciando il futuro prossimo dell’integrazione continentale.

Amici greci,

in questo momento pesa sulle nostre spalle, attraverso le lotte ed i sacrifici, la responsabilità storica del popolo greco per il consolidamento della democrazia e della sovranità nazionale. La nostra responsabilità per il futuro del nostro paese. E la nostra responsabilità ci richiede di rispondere all’ultimatum sulla base del mandato del popolo greco. Pochi minuti fa alla riunione di gabinetto ho proposto l’organizzazione di un referendum, perché il popolo greco possa decidere in maniera sovrana.
Questa proposta è stata accettata all’unanimità. Domani la camera dei rappresentanti sarà convocata d’urgenza per ratificare la proposta del gabinetto per un referendum la prossima domenica, 5 luglio, sull’accettazione o il rigetto della proposta delle istituzioni. Ho già informato della mia decisione il presidente francese e la cancelliera tedesca, il presidente della BCE e domani una mia lettera chiederà formalmente ai leader della UE ed alle istituzioni di estendere per pochi giorni il programma attuale in modo da permettere al popolo greco di decidere, libero da ogni pressione e ricatto, come richiesto dalla costituzione del nostro paese e dalla tradizione democratica europea.
Amici greci, al ricatto dell’ultimatum che ci chiede di accettare una severa e degradante austerità senza fine e senza prospettive di ripresa economica, vi chiedo di risponde in maniera sovrana e orgogliosa, come la nostra storia ci chiede.
Ad una austerità autoritaria e violenta, risponderemo con la democrazia, con calma e decisione. La Grecia, il luogo di nascita della democrazia, manderà una forte e sonora risposta all’Europa ed al mondo. Mi impegno personalmente al rispetto dei risultati della vostra scelta democratica, qualsiasi essi siano. Sono assolutamente fiducioso che la vostra scelta onorerà la storia del nostro paese e manderà un messaggio di dignità al mondo.
In questi momenti critici dobbiamo tutti ricordare che l’Europa è la casa comune dei popoli. Che in Europa non ci sono proprietari ed ospiti. La Grecia è e rimarrà una parte fondamentale dell’Europa, e l’Europa è una parte della Grecia. Ma senza democrazia, l’Europa sarebbe un’Europa senza identità e senza bussola. Vi invito a mostrare unità nazionale e calma e fare la scelta giusta.
Per noi, per le generazioni future, per la storia dei greci. Per la sovranità e la dignità del nostro popolo.”
(Alexis Tsipras Atene, 26 giugno 2015)

 

L’Europa della matita rossa

Io non so se avete avuto occasione di leggere il documento su cui la Grecia di Tsipras e la tecnocrazia europea stanno trattando le fasi finale della diatriba iniziata proprio con l’elezione (democratica) del leader di Syriza. Se volete dargli un’occhiata lo trovate qui: sembra il compito in classe corretto da una maestrina stizzita solo che le regole in discussione hanno una consistente parte politica. L’Europa insomma, ancora una volta, sta imponendo la distruzione dello stato sociale adducendo parametri economici che contravvengono le democratiche scelte di un popolo. E quello che non capisco, se mi è concesso, è perché se da una parte la politica (e la stampa al suo servizio) gioiscono sbavando di fronte al pugno duro con la Grecia dall’altra parte tutti quelli che continuano a ripeterci quanto  la questione greca sia anche e soprattutto una questione di democrazia e di una diversa Europa siano così disuniti e silenziosi. Ci sia gioca talmente tanto su questo foglietto stropicciato e stracorretto che una diversa sinistra non può che partire da qui. Accettando anche la sfida di rendere golosa una notizia che in pochi vogliono dare.

#Left cosa ci abbiamo messo dentro questa settimana (oltre al cuore)

Ho la fortuna di raccontare storie e ne sento la responsabilità. Sempre. Nel numero di #Left che trovate in edicola da oggi ho avuto la fortuna di raccontare il mio viaggio sulle rotte dei migranti che transitano (ripeto: transitano) dall’Italia per cercare le vie verso il nord. Sono stato con loro dal treno notte da Roma Termini fino a Bolzano, Brennero e poi più su. Sono curioso di sapere cosa ne pensate.

Il resto è tutto qui.

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Respingimenti, la lezione dei ferrovieri francesi: in certi casi la disobbedienza è un dovere

(Il testo di una nobile lettera, contro i respingimenti dei rifugiati alla frontiera con l’Italia, del principale sindacato dei ferrovieri francesi, scelta e tradotta da Maria Cristina Gibelli).
Il principale sindacato dei ferrovieri francesi si ribella alla politica di respingimento dei rifugiati in atto alla frontiera con l’Italia e scrive una lettera al Presidente della SNCF (l’azienda nazionale delle ferrovie francesi), ricordando a lui, e quindi anche a Hollande e al ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve, che fra il 1942 e il 1944, durante il governo di Vichy, 76.000 ebrei francesi furono deportati nei campi di sterminio nazisti utilizzando i treni merci delle ferrovie dello stato; e ricordando altresì che molti furono gli episodi di eroismo dei ferrovieri in difesa dei deportati. Ieri si era costretti a viaggiare verso la morte, oggi si impedisce di viaggiare verso la vita (m.c.g.).

Signor Presidente,

la Federazione CGT dei ferrovieri le ha scritto per esprimere la sua ira quando lei è andato a presentare le sue scuse negli Stati Uniti presso le lobby americane a proposito del ruolo giocato dalle ferrovie francesi durante la seconda guerra mondiale. Abbiamo detto che certamente la SNCF ha partecipato al trasporto dei deportati verso i campi di concentramento per ordine del governo di Vichy, ma sarebbe stato opportuno ricordare anche quanti ferrovieri, in maggioranza militanti della CGT, sono stati uccisi, feriti o internati per aver opposto resistenza.

Il governo francese si è impegnato per un rimborso rilevante (a priori, 60 milioni di euro) nei confronti dei deportati ebrei, o dei loro discendenti residenti negli Stati Uniti. Fino ad allora, la direzione della Ferrovie dello stato si era difesa sulla base del principio della requisizione obbligatoria imposta dallo Stato francese in quel periodo oscuro della nostra storia. Ma non dimentichiamoci che dei ferrovieri sono stati mandati a morte per aver rifiutato di obbedire, altri hanno svolto questo ignobile compito sotto la minaccia delle armi, altri ancora hanno organizzato l’evasione dei deportati a rischio della loro vita e hanno ottenuto la qualifica di “Giusti”.

Oggi si stanno costituendo delle associazioni per portare aiuto ai migranti che arrivano dall’Africa o dal Medio Oriente. E anche in queste organizzazioni sono impegnati dei ferrovieri per lo più aderenti alla CGT.  Queste donne, questi bambini, questi uomini, spesso giovani, fuggono la guerra, la carestia e la morte; vanno in esilio perché braccati in quanto oppositori politici di dittature.

Sappiamo tutti che la situazione catastrofica dalla quale fuggono i migranti ha la sua origine nel capitalismo mondializzato e nella avidità delle grandi multinazionali. Sappiamo tutti che le potenze economiche del “mondo dei ricchi”, per lo più occidentali, obbediscono ciecamente alle imprese transnazionali che commerciano con dittatori e oppressori. Anche la stessa SNCF non firma forse contratti con alcune monarchie del Golfo o con lo Stato di Israele malgrado la sorte che esso riserva al popolo palestinese violando le convenzioni dell’ONU?

Ecco perché, e con estrema urgenza, occorre accogliere questi migranti, garantire loro sicurezza, cura e asilo in Europa; perché anche noi francesi abbiamo delle responsabilità nei confronti della politica internazionale portata avanti dal nostro governo e da alcune imprese nazionali.

Contemporaneamente, apprendiamo che la stazione ferroviaria di Menton Garavan, alla frontiera italiana, funziona come un “parco dei migranti” controllato dalle forze dell’ordine, per organizzare il respingimento di questi poveretti. Apprendiamo che i dirigenti locali della SNCF si nascondono dietro le ordinanze della prefettura per mettere questo luogo sotto il controllo della polizia, tutto come 70 anni fa. Forse può apparire aneddotico, ma apprendiamo che queste persone sono in regola con la SNCF perché sono titolari di un biglietto ferroviario che non gli è neppure stato rimborsato, mentre il prezzo di un biglietto costituisce per loro un impegno enorme data la situazione di estrema precarietà.

Signor Presidente, fra qualche anno uno dei vostri successori andrà a presentare le sue scuse sul suolo africano? O il principio di requisizione verrà di nuovo utilizzato per coprire fatti ignobili? Vi poniamo solennemente questa domanda e vi chiediamo di porla ai signori Hollande, Valls e Cazeneuve, Fabius e Macron nei loro rispettivi ruoli.

Ci auguriamo che lei si ribelli e faccia rapidamente opposizione a queste procedure riprovevoli e che la nostra Società porti soccorso e assistenza ai migranti e dia loro il diritto di viaggiare, piuttosto che servire una politica europea e francese che non si assume le sue responsabilità e non trova risposte altro che la repressione e la chiusura delle frontiere.

In certi casi, la disobbedienza è un dovere.

L’immagine qui sotto rappresenta l’ingresso di bambini ebrei francesi ai vagoni piombati diretti verso i lager nazisti, in partenza dalle stazioni delle ferrovie francesi. Una storia che non si vorrebbe veder ripetere oggi, nel paese della Liberté, Egalité, Fraternité.
bambini ebrei e SNCF

Buonismo, cattivismo e senso di colpa

Siccome di buoni e di buonismi ce ne stiamo occupando da un po’ mi sembra giusto segnalare l’intervento (brillante come sempre) di Luigi Manconi:

Un esempio solo: esiste in Europa un solo stratega militare o un polemologo o un ingegnere navale o, accontentiamoci, un marinaio che confermi l’utilità di “bombardare i barconi”, “attuare il blocco navale”, “affondare scafi e scafisti”? In altri termini, il crudelismo sociale e ideologico si rivela un’utopia regressiva e fosca (espellere i rom? Ma se, al 52 per cento, sono cittadini italiani!).

E, tuttavia, quel processo di torva regressione non si arresta. La vita sociale sembra involvere in una spirale avvitata su se stessa e in un progressivo accorciamento della misura dei rapporti di comunità: così che la “dimensione umana” si restringe vieppiù, fino a coincidere con quella del nucleo familiare.

Non è più solo la crisi dell’universalismo: è, piuttosto, la manifestazione ultima ed estrema di quella stessa crisi. E non è nemmeno più l’esaltazione della società liquida: in suo luogo, si delinea una società di “nicchie”, compartimentate e, nelle aspirazioni , autosufficienti e indipendenti.

Ne discende che non regge più alcuna solidarietà più lunga del perimetro della propria abitazione privata. Lo stesso localismo – metro politico di misura degli ultimi due decenni – risulta troppo “largo”: imporre una qualsivoglia integrazione comunitaria è un’impresa ardua da realizzare in un tempo di così acuta crisi sociale e di così esasperata frammentazione.

È in questo quadro che il senso di responsabilità – come reciproco farsi carico dell’altro – rovina. Io mi faccio carico di me stesso, dei miei cari e, al più, dei miei simili più simili. Il legame sociale, fondamento di ogni comunità organizzata, si riduce al vincolo familiare e, eventualmente, a quello di famiglia estesa e di parentela allargata.

La sequenza successiva è fatale: se non mi assumo responsabilità per quanti si trovano al di fuori di questa cerchia ristretta e saldamente presidiata, non proverò senso di colpa per la mancata assunzione di responsabilità. Tutto qui. La cancellazione del senso di colpa ha questa origine e segue questa dinamica.

L’articolo è qui.

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Stare sul pezzo. In che senso.

Sono per due giorni sulle rotte dei migranti attraverso l’Italia. Che attraversano l’Italia. Quegli stessi che ci dovrebbero invadere. E davvero ancora una volta credo che dobbiamo avere paura di ciò che crediamo vero e invece non lo è. Intanto confezioniamo il pezzo per il prossimo #LEFT. Dopo il Brennero domani sarò a Ventimiglia. L’Italia comunque è piena di umanità.

Buona serata.

 

Il re degli amministratori giudiziari è (sempre più) nudo

La storia esce dalla penna di Salvo Vitale:

Schermata del 2015-06-20 09:18:32Ricordate la favola dei fratelli Andsersen?: c’era una volta un re vanitoso, gli piaceva vestirsi bene e farsi ammirare. Un giorno arrivarono due imbroglioni che dissero di avere un meraviglioso tessuto che risultava invisibile solo per gli stolti. Confezionarono un vestito per il re con questa stoffa inesistente, ma nessuno, per non farsi dire che era uno stolto, osò dire al re che quel vestito non c’era. Neanche lo stesso re. Tutti fingevano e dicevano che il vestito inesistente era bellissimo. Quando il re attraversò la città, solo un bambino, nella sua innocenza, gridò : “Ma il re è nudo!!!” Ma il re continuò imperterrito la sua sfilata. Adesso abbiamo un altro re, il re degli amministratori giudiziari di Palermo, quello che ha amministrato immensi patrimoni di grandi mafiosi, come l’Immobiliare Strasburgo del mafioso Piazza o la Aedilia Venusta di Rizzacasa, o l’Hotel Ponte, dove la presenza del mafioso Sbeglia è stata sufficiente per fare scattare sequestri e confisca. Ma Cappellano è quello che avrebbe dovuto amministrare il tesoro di Ciancimino, nascosto nella discarica rumena di Klina. E invece si è trovato in una situazione in cui tra una società e l’altra la discarica è stata alla fine messa in vendita, acquistata da alcune persone, nei confronti delle quali il procuratore di Roma Pignatone ha emesso un mandato di cattura con l’accusa di riciclaggio. In realtà alcune di queste persone hanno dovuto scontare 10 mesi di carcere e sono state adesso messe ai domiciliari, malgrado l’imputazione non prevedesse l’arresto, essendo la pena prevista inferiore ai tre anni. La difesa di una di queste persone, il Valenti, è stata attualmente sostenuta da Antonio Ingroia.
Ieri Cappellano, alla vista di Pino Maniaci a Roma, in aula, è stato preso da una crisi di nervi, è uscito improvvisamente col cellulare all’orecchio, forse avrà chiesto consiglio a sua comare, è rientrato ed ha chiesto che l’udienza fosse riservata, a porte chiuse, poiché sostiene di avere ricevuto, dopo il servizio delle Iene, quattro lettere minatorie, pertanto è in ballo la sua tranquillità personale, e poiché ha sporto due querele, una alle Iene, una a Pino Maniaci. Singolare l’imputazione che avrebbe motivato la querela, ovvero di essere vittima del “fumus persecutionis”: il poveretto si sente perseguitato. E perciò non tranquillo. La corte ha chiesto di produrre agli atti queste querele e le lettere minatorie, o, come pare più probabile, una richiesta di correzione, ma Cappellano ha detto che la querela non è stata ancora scritta dal suo legale, perché voleva interessarsene di persona. Insomma la querela che non c’è per motivare l’allontanamento di Pino Maniaci che c’è. Aspettiamo con ansia questa querela, che finalmente sarebbe la prima presa di posizione dopo tutte le accuse che abbiamo giornalmente fatto. La corte uscita dall’aula per valutare la richiesta, è rientrata e l’ha respinta. Finalmente Cappellano ha potuto parlare e ha dichiarato che tra l’Italia e la Romania, a causa della discarica di Klina si stava creando, nientemeno che un incidente diplomatico, a causa di 100.000 euro che sarebbero stati offerti per la gara d’acquisto di una parte della discarica, da un rumeno che oggi, a suo dire, ricopre la carica di viceministro. E’ invece accertato che la firma sull’offerta dei 100.000 euro è quella di un lavavetri rumeno. L’udienza si è chiusa alle 16,30 perché Seminara doveva andare a prendere un aereo per tornare a Palermo e sentirsi più tranquillo, ma è stata aggiornata a mercoledì 24 giugno, mentre il controinterrogatorio inizierà il 16 luglio e Seminara dovrà dimostrare come ha fatto, nel giro di due ore, a procurarsi 100.000 euro, con il consenso del giudice che lo ha nominato. Insomma, a causa di un “omino coi baffi”, molto simile al bambino della favola, l’intoccabile re è stato spogliato dei suoi vestiti ed è rimasto quello che è ed è sempre stato, ovvero uno che ha fatto carriera grazie alle amicizie giuste nei punti giusti, specie nel ricco settore dell’amministrazione dei beni dei mafiosi. Ma nessuno sinora lo aveva detto, anche se tutti lo sapevano.