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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Tutto quello che sai sugli zingari è falso

In un dibattito surreale che arrichisce solo i voti dell’odio i Radicali di Roma e l’associazione èpossibile hanno preparato un documento che vale la pena leggere. Lo trovate qui.

Da custodire la conclusione:

Schermata del 2015-05-19 14:49:51(PS Siamo in dirittura d’arrivo del nostro crowdfunding per il mio prossimo spettacolo e libro. Se volete darci una mano potete farlo qui. E passatene parola. Se potete e se volete. Grazie.)

EXPO: il patetico mistero dei biglietti venduti (e del cibo sprecato)

L’ottimo Da Rold per Linkiesta:

02_breve_padiglione_italia_500x320C’è un grande mistero che continua a circolare tra i padiglioni di Expo 2015: quanti visitatori e quanti biglietti sono stati venduti fino ad ora? E soprattutto: quali saranno le ricadute economiche, dal momento che per arrivare al pareggio di bilancio dovranno essere staccati almeno 24 milioni di tagliandi, come ha spiegato l’amministratore delegato Giuseppe Sala? Sono domande alle quali gli organizzatori continuano a non voler dare risposta e su cui si avrà (forse) chiarezza alla fine di ottobre, quando calerà il sipario sull’evento. A due settimane dall’inaugurazione, Sala ha voluto ribadirlo durante una conferenza stampa, la prima, per fare il primo punto sulla manifestazione universale. Il leit motiv è sempre lo stesso: «Non vogliamo creare polemiche sul nulla». Accanto a lui, a sostenerlo, c’è pure il governo, con il ministro Maurizio Martina e, insieme, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia («Abbiamo vinto la prima tappa. Gli scettici sono molto diminuiti, gli entusiasti sono aumentati») e la regione Lombardia con il presidente Roberto Maroni.

Non solo. Altro mistero è legato alla questione del cibo sprecato dai padiglioni. Il tema è centrale perché riguarda da vicino proprio il principio sotto cui è la manifestazione universale, «nutrire il pianeta». E, come si può vedere al Padiglione Zero, «evitare sprechi». Sala anche qui si è riservato di dare dati precisi più avanti, limitandosi a rispondere che del cibo scartato si occupano Caritas e Banco Alimentare. Il caso è stato sollevato da Fanpage.

Dopo gli annunci degli scorsi mesi («Venduti già dieci milioni di biglietti»), Sala ha parlato nel dettaglio di quanti ne siano stati staccati effettivamente finora: «Abbiamo già incassato 5 milioni di biglietti, ma ce ne sono altri 6 coperti da fideiussioni, già prenotati e certi. In totale 11,3 milioni di biglietti venduti, su cui garantisco». Per andare più nello specifico i distributori minori hanno venduto 1 milione e 800 mila biglietti, 700 mila con la distribuzione diretta, 350 mila con le scuole. «Poi ci sono i Paesi partecipanti», ha detto Sala. Quindi ci sono i tre tour operator italiani: Best Tour con 2 milioni di biglietti, Duomo Viaggi con 1 milione e 800 mila biglietti, e Uvet con 800 mila. «Il restante dei biglietti è stato venduto dai nostri partner – ha spiegato Sala -. Coop ha venduto quasi 650 mila biglietti, Banca Intesa 475 mila, Telecom 250 mila e i partner di Padiglione Italia 500 mila». «Stiamo crescendo a ritmo costante, la situazione continua a essere positiva e non posso che confermare la previsione di 20 milioni di visitatori e 24 milioni di biglietti venduti» ha concluso.

Il balletto, però, continua ormai da mesi. Le dichiarazioni di Sala sono cambiate a seconda dei periodi: si è passati da 5 fino a 3 poi a 7 fino agli 11 milioni del 2 maggio. Linkiesta ne ha già scritto in passato, spiegando la differenza tra quelli effettivamente venduti e quelli coperti da fideiussione. Il punto vero, a quanto pare, è come calcolare anche i tipi di biglietti. Molti sono scontati, altri ancora sono stati offerti alle scolaresche a prezzi più bassi: gli studenti delle scuole pubbliche pagano 10 euro ad alunno. Decifrare quindi quale sarà l’incasso totale al momento non deve essere facile. Forse il numero di visitatori attuale potrebbe aiutare. Anche perché, come hanno sottolineato diversi quotidiani, tra cui il Fatto Quotidiano, i tornelli all’entrata sono di alta tecnologia, costruiti apposta per fornire e monitorare in tempo reale quanta gente entra e esce. Ma, anche qui, Expo 2015 non si scompone.

A creare ancora più confusione è l’afflusso serale, al prezzo scontato di 5 euro. Fino ad ora, ha spiegato Sala, rispondendo a una domanda in conferenza stampa, «si sono contati 100.000 visitatori dopo le 19». Ora l’obiettivo è prolungare l’apertura. Ma qui ne è nata una piccola polemica tra le istituzioni per il sovraccarico del lavoro del trasporto pubblico. In realtà, sotto si cela un’altra diatriba, legata al fatto che l’indotto su Milano è – a quanto pare – sotto le attese. A conferma, secondo gli stessi organizzatori, che Expo 2015 non è come il Salone del Mobile. Bisognerà aspettare novembre per capire se Expo è stato un successo? Probabilmente sì, nella speranza che tra sei mesi i dati e i bilanci siano finalmente certi.

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Ho lavorato in nero all’Expo. E non mi hanno nemmeno pagato.

image23“Ho lavorato due giorni al padiglione Expo del Belgio, senza essere pagato”. Comincia così la testimonianza di Giovanni Tomasino, 26enne fresco di laurea in Scienze politiche che ha fatto sulla propria pelle l’esperienza di lavorare nel padiglione che – come ha raccontato il fattoquotidiano.it – ha fatto registrare il primosciopero e la prima defezione di lavoratori dal sito dell’Esposizione universale di Milano. Il motivo? Una ventina di addetti alla ristoriazione e sala hanno scoperto in busta paga cifre diverse da quelle prospettate e che le due settimane di lavoro antecedenti all’inaugurazione non erano state trretruite. Hanno incrociato le braccia giovedì e venerdì hanno deciso di fare le valigie per tornare a Bruxelles.

Ma a Giovanni è andata anche peggio. “Caro Direttore”, scrive in una lettera aperta al fattoquotidiano.it (leggi), “ho lavorato in quello stesso padiglione per due giorni senza essere pagato”. Da lì un racconto della brutte sorprese in cui può incappare chi cerca fortuna all’ombra dei padiglioni. “Sono stato lì dall’8 al 9 maggio. Mi sono presentato alle 10.00 all’ingresso ovest di Cascina Triulza, dove trovo un collaboratore del padiglione con altri ragazzi per fare una giornata di formazione come barista presso il padiglione belga”.

Queste le premesse, ecco come proseguono. “Entriamo in fiera con dei pass non nostri, perché “tanto non li controllano”. Arrivati al padiglione scopriamo che il bar era ancora chiuso e passiamo la prima giornata a pulirlo e sistemare tutte le cose mancanti, facendo lavoro da magazzinieri. Ci viene spiegato come usare il forno e verso le 21.00, prima di andarcene, parliamo con un esperto di spillatura che ci spiega che avremmo dovuto spillare solo in bicchieri di plastica e che quindi non era necessario alcun corso accelerato di spillatura”.

E siamo al secondo giorno. “Partecipiamo all’evento di inaugurazione del padiglione servendo qualche birra e qualche croissant gratis. Al pomeriggio, visto che il bar non avrebbe aperto, vengo mandato a lavare i piatti in cucina e verso le 16.00 veniamo convocati per fare finalmente il punto della situazione. Speranzoso di poter finalmente firmare il mio contratto, mi viene invece detto che avevo finito di lavorare con loro perché “not fast”, troppo lento. I ragazzi che erano con me a sentire queste parole si sono messi a ridere pensando fosse solo uno scherzo: tra noi l’ingiustizia è stata da subito evidente”.

Giovanni vive a Buccinasco, a 20 km dall’aera Expo. Tornerai lì a cercare lavoro? “Francamente no. Certo ci speravo, perché per un neolaureato un’esperienza formativa anche retribuita poco è un occasione. Ma la formazione lì non c’è masi stata, solo un modo di avere manodopera gratis. Dopo 48 ore non sapevo neppure cosa sasrebbe stato di me, come accaduto ad altri. Quando sono tornato a casa mi sono reso conto di aver semplicemente lavorato gratis. E che questo non era giusto”.

Perché questa lettera? “Perché di sicuro non sono stato “not fast” in quei due giorni di lavoro in cui non ho visto un soldo né un contratto. Ero lì in nero, sotto la bandiera di uno Stato europeo, sotto gli occhi di milioni di visitatori. Mi sono sentito trattato in modo disonesto, sfruttato. Sarebbe stato più facile far finta di niente, perché “tanto ci sono cose più gravi”, invece scrivo perché penso possa essere utile a me stesso. Cercare lavoro è una sfida in cui è facile farsi cadere le cose addosso e restare giornate a casa a far nulla: scrivo per non arrendermi”.

(clic)

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Un’oligarchia di servi cortesi

71taB1G1hfL._SL1500_Credo che ormai non sia più semplicemente una questione di meritocrazia mancante: è proprio distorto il concetto di meritocrazia. Oggi il merito più grande che possa capitare (perché i meriti capitano, ai nostri tempi) è quello di essere vicini alla persona giusta che si ritrova improvvisamente (perché da noi i meriti capitano spesso improvvisi, ai nostri tempi) in una posizione di potere. Così intere filiere di classi dirigenti sono riconducibili ad un cortile frequentato insieme qualche anno prima fortunatamente diventato nuova “stanza dei bottoni”. Pur questo trovo utilissimo il libro di Marco Travaglio (per, da amico, non condividendo tante sue posizioni politiche) Slurp: Lecchini, cortigiani e penne alla bava al servizio dei potenti che ci hanno rovinati.

Perché almeno togliamoci la soddisfazione di tenerli bene a mente, i maniaci del servilismo. Ci farà bene. Il libro lo potete comprare qui.

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Le banche “al nord” sempre così gentili con la ‘ndrangheta

mafia-tangenti-pizzo-corbis-672x351L’ho ripetuto spesso, soprattutto in questi ultimi anni, in ogni occasione pubblica in cui mi sia capitato di parlare e ascoltare di ‘ndrangheta al nord: un giorno, finite le banalizzazioni che vanno per la maggiore in questo periodo, credo che andremo a prendere a calci nel culo qualche direttore di filiale di banca che mentre chiede al normale cittadino diciotto firme per il rilascio di un bancomat con moltissima leggerezza presta soldi (senza o con pochissime garanzie) ad imprese più che sospette. Siamo zeppi di aziende edili che risultano senza mezzi, oppure cooperative che non risultano avere dipendenti e che ottengono comunque lauti fidi e mutui.

Intanto registriamo a Mantova l’ennesimo caso:

Un cantiere iniziato e sospeso con il 30% dei lavori realizzati. Una società, quella che ha iniziato i lavori, che è fallita, indebitata per oltre 30 milioni di euro, nonostante il tentativo di evitare il concordato fallimentare attraverso la ristrutturazione del debito. Una banca, Mps, che ha erogato più di 27 milioni a questa società che, a sua volta, ne ha spesi 13 e rotti. E altri 13 milioni e 750mila euro che non si sa dove siano finiti. Succede a Mantova. I protagonisti di questa intricata vicenda sono la società Edilizia Forum Mondadori (nulla a che fare con l’omonimo gruppo editoriale, ndr) e il costruttore Antonio Muto, liquidatore della società e già indagato nell’inchiesta “Pesci” della Procura Antimafia di Brescia per la lottizzazione Lagocastello – 200 villette e un albergo in riva al lago e di fronte al castello di San Giorgio, mai realizzate per il divieto di edificabilità imposto dal Consiglio di Stato -, inchiesta che vede coinvolto anche il sindaco di Mantova, Nicola Sodano, indagato per corruzione e peculato. E, coprotagonista della vicenda, anche una delle più grandi banche italiane, il Monte dei Paschi di Siena.

L’articolo è qui.

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Le minacce che partono dall’anticamera di un Presidente di Corte d’Appello, la strana scorta e lo strano lodigiano

foto8C’è un’inchiesta della Procura di Milano che lambisce l’anticamera del presidente della Corte d’appello, Giovanni Canzio. Tutto è cominciato il 10 gennaio 2013, quando una giornalista del Corriere della sera, Elisabetta Andreis, riceve una telefonata di minaccia: “Lei, signora Andreis, dove si trova in questo momento? È qui in tribunale? Non si preoccupi, anche noi potremmo farle delle domande… E lei con la sua famiglia dove si trova? E al lavoro dove va? Lei ci risponda, o rispondiamo noi”.

Poi il misterioso interlocutore interrompe la comunicazione. Andreis va alla polizia e denuncia l’accaduto. Sta conducendo per il Corriere un’inchiesta sulle aste giudiziarie e su una gara indetta dalla Camera di commercio di Milano per la gestione della pubblicità e la pubblicazione sul web degli avvisi d’asta e per la preparazione del processo civile telematico. La gara, avviata nel 2012 con fondi Expo per il Tribunale di Milano, era stata vinta dalla società Edicom Finance con un ribasso da brivido (72,5 per cento) e in condizioni che avevano insospettito l’Autorità nazionale anticorruzione di Raffaele Cantone.

Per capire meglio i termini della questione, la giornalista aveva contattato via e-mail anche Canzio, che le aveva però fatto rispondere di non essere disponibile. Poi era partita la telefonata minacciosa. Ed erano scattate le indagini, affidate al pm Paolo Filippini. Arriva subito la prima, imbarazzante sorpresa: il pm scopre che la chiamata è partita da un telefono fisso dell’anticamera di Canzio, quello a disposizione del capo scorta del presidente della Corte d’appello, il brigadiere dei carabinieri Roberto Scapoli, il quale, secondo i tabulati telefonici, risulta in contatto con titolari di società attive nelle vendite giudiziarie. La seconda sorpresa è ancor più sconcertante: in quell’anticamera staziona spesso un amico di Scapoli, Giuseppe Frustaci, che si qualifica come agente della Questura e lo sostituisce quando è assente. Scapoli a Palazzo lo presenta come “collega”. Ma dalle indagini emerge che Frustaci non è affatto un poliziotto: è stato, al massimo, guardia giurata volontaria per la vigilanza ittica e venatoria a Lodi. In compenso, un rapporto dei carabinieri lo dipinge come un personaggio che stringe rapporti con appartenenti alle forze di polizia e al personale amministrativo del Palazzo di giustizia di Milano, dai quali riceve notizie, anche riservate, che poi rivenderebbe ad agenzie investigative private.

Oggi Frustaci è titolare di un’impresa edile, la Gf Costruzioni. Ma mentre non risultano sue attività nell’edilizia, sembra darsi molto da fare nel mondo dell’intelligence. Nel 2007 è stato condannato dal Tribunale di Lodi al pagamento di 2.400 euro di ammenda per aver fatto l’investigatore privato senza le autorizzazioni. Aveva addirittura condotto una strana bonifica presso gli uffici della polizia provinciale di Lodi, per verificare la presenza di “cimici”.

Secondo una relazione della Digos, si fa passare per informatore dei servizi segreti. Altre volte, si presenta come primo dirigente o come maresciallo dei carabinieri della Direzione investigativa antimafia (Dia) di Milano. Oppure si spaccia per uomo dei servizi, proponendo scambi d’informazioni a poliziotti e carabinieri veri. Nel 2013, la Corte d’appello di Brescia lo condanna a 1 anno e 4 mesi per aver rubato da un’armeria, la “Galleria del tiro” di Lograto, Brescia, diverse armi comuni da sparo. Malgrado questo curriculum, è spesso accanto a Scapoli, nell’anticamera di Canzio, il magistrato più alto in grado del Palazzo di giustizia di Milano.

Il pm Filippini nel settembre 2014 iscrive Scapoli nel registro degli indagati. Due mesi dopo aggiunge anche Frustaci. Reati ipotizzati: minacce (nei confronti della giornalista del Corriere), concorso in turbativa d’asta e rivelazione di segreti d’ufficio (per l’anomala vittoria della Edicom Finance). Il magistrato chiede al gip di poter intercettare i due indagati, ma il giudice per le indagini preliminari Anna Maria Zamagni nel novembre 2014 ipotizza che in questo procedimento Canzio, pur non essendo parte offesa, possa essere danneggiato dal reato: dichiara dunque la propria incompetenza e una parte degli atti va così alla procura di Brescia, competente per le vicende che riguardano i magistrati milanesi. Resta a Milano l’indagine sulle minacce alla giornalista del Corriere. E l’imbarazzo per una brutta storia che si è consumata, a sua insaputa, nell’anticamera del presidente Canzio e che ancora non è arrivata alla parola fine.

(clic)

LEFT oggi in edicola: cosa ci abbiamo messo dentro

Left_Cover_N18_16Mag2015COVER STORY

ORA IMMAGINATE
LA SINISTRA

di Luca Sappino

QUEI GRILLINI DELUSI DA BEPPE
di Ilaria Giupponi

UNA RETE DAL BASSO PROPONE IDEE
di Donatella Coccoli e Raffaele Lupoli

DELL’ITALIA DEI NO NON SI FA A MENO
di Tiziana Barillà

ANCHE STEFANO FASSINA SULL’USCIO DEL PD
di Giulio Cavalli e Luca Sappino

25 MOTIVI PER DIRE NO A RENZI
di Michela A.G.Iaccarino

CONSIGLI PER GUARIRE DAL RENZIPENSIERO
di Giorgia Furlan

 

Società Left

 

speciali regionali
IL CAPOLAVORO DC DI DE LUCA
di Raffaele Lupoli

ALL’OMBRA DELL’ULIVO RINSECCHITO
di Vincenzo Cramarossa

diritti
IL CARCERE HA FALLITO
di Luigi Manconi

LA GALERA SERVE A CHI STA FUORI
di Ascanio Celestini

lavoro
UNA TRANQUILLA GIORNATA DI LOTTA
di Tiziana Barillà

L’ULTIMA FRONTIERA, PIÙ COLF PER TUTTE
di Marco Craviolatti

 

Esteri, Left

 

spagna
IL PODEMOS DI CENTRO ALLA PROVA DEL VOTO
di Tiziana Trotta

grecia
IN GIOCO È LA DEMOCRAZIA EUROPEA
di Andrea Ventura

califfato
LA VIOLENZA DELL’IS CONTRO LE DONNE
di Umberto De Giovannangeli

israele
GLI ULTIMI NOMADI DEL DESERTO
di Michela A.G.Iaccarino

 

Cultura, Left

 

festival di cannes
NIENTE SELFIE, SIAMO FRANCESI
di Daniela Ceselli

salone del libro
SIGNORELLI: «IL MIO DE MARTINO, LAICO E UMANISTA»
di Simona Maggiorelli

scienza
COMINCIA L’ERA DELLA MEDICINA AD PERSONAM
di Pietro Greco

cinema
SOLARINO: «SE UNA COSA È BELLA BISOGNA DIRLO»
di Alessandra Grimaldi

Tutto è perduto quando il popolo diventa di sangue freddo

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Importa che ci siano nello stato degli uomini che tengano senza sosta gli occhi aperti sul gabinetto, che seguano le brighe del governo, che svelino i suoi progetti ambiziosi, che suonino gli allarmi agli approcci della tempesta, che risveglino la nazione dalla sua letargia, che le scoprano l’abisso che si scava sotto i suoi passi, e s’appressino a notare colui sul quale deve cadere l’indignazione pubblica. Così la più grande disgrazia che possa arrivare a uno stato libero, dove il principe è potente e intraprendente, è che non ci siano né discussione pubblica, né effervescenza, né partiti. Tutto è perduto quando il popolo diventa di sangue freddo, e quando, senza inquietarsi per la conservazione dei suoi diritti, non prende più parte agli affari: mentre si vede la libertà uscire senza sosta dai fuochi della sedizione.

Le catene della schiavitù, Jean-Paul Marat.

Caro Renzi, ti risponde un insegnante

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Valerio Cuccaroni, insegna lettere ad Ancora. Insieme a centinaia di migliaia di colleghi ha ricevuto una mail da Renzi sulla sua “Buona Scuola”. Ecco cosa ha risposto, punto, su punto allo spot di governo:

Gen­ti­lis­simo Pre­si­dente del Con­si­glio, ritengo la sua let­tera, reca­pi­ta­taci mer­co­ledì, una forma di pro­pa­ganda, che, ammessa e com­pren­si­bile per un segre­ta­rio di par­tito in calo di con­sensi, non è ammis­si­bile né com­pren­si­bile per un Pre­si­dente del Con­si­glio, che ha tutti i mezzi per espri­mersi, senza dover inva­dere le caselle postali dei cit­ta­dini per con­vin­cerli a forza della bontà di un prov­ve­di­mento che man­tiene osti­na­ta­mente molti lati oscuri.

Al punto 1 della sua let­tera, in effetti, dimo­stra di igno­rare le richie­ste dei sin­da­cati, quindi dei rap­pre­sen­tanti di noi lavo­ra­tori della scuola, che chie­diamo in migliaia di stral­ciare dal dise­gno di legge il capi­tolo assun­zioni, per inse­rirlo in un appo­sito decreto legge che con il suo carat­tere d’urgenza darebbe la sicu­rezza delle assun­zioni. Per­ché tenerlo nel ddl, allora? Si tratta di un’evidente arma di ricatto, con cui il suo Governo cerca di divi­dere il fronte della protesta.

Al punto 4 dimo­stra di igno­rare ciò che avviene nei Paesi a cui dice di rifarsi. In Fran­cia il merito è pre­miato con scatti di car­riera, ma que­sti scatti sono deter­mi­nati da con­corsi pub­blici, non da chia­mate dirette di que­sto o quel pre­side. La Mini­stra Ste­fa­nia Gian­nini cono­sce come fun­zio­nano Capes e Agre­ga­tion in Fran­cia: per­ché non ha pro­po­sto un mec­ca­ni­smo con­cor­suale simile?

Al punto 5 non chia­ri­sce la più con­te­stata delle que­stioni, quella del pre­side, ma non rie­sce a con­te­nersi e alla fine della let­tera rivela la verità: Lei non demorde, con­ti­nua a insi­stere affin­ché il pre­side sia chia­mato a sce­gliere «tra vin­ci­tori di con­corso, in un ambito ter­ri­to­riale ristretto». Pre­si­dente, ma si rende conto? Crede che siamo dav­vero dei bab­bei? Chi è il pre­side per deci­dere quali sareb­bero i migliori inse­gnanti in tutte le disci­pline, un tut­to­logo? E chi garan­ti­sce sulla sua capa­cità di scegliere?

Lei ha per­sino l’ardire, Pre­si­dente, di umi­liarci, men­tre invade ino­pi­na­ta­mente le nostre caselle di posta, affer­mando che «la buona scuola c’è già. Siete voi. O meglio: siete molti tra voi, non tutti voi». Ammet­tiamo pure che sia vero: non tutti gli inse­gnanti sono bravi. A parte l’ovvietà della con­sta­ta­zione — tutti gli uomini sono forse alti, belli e forti? — essa afferma una verità che vale anche per i pre­sidi. Non tutti i pre­sidi sono bravi. Per la legge dei grandi numeri, però, è più facile tro­vare un inse­gnante bravo che un pre­side bravo, gen­ti­lis­simo Pre­si­dente. Rifletta su que­sto sem­plice dato. E se a sce­gliere gli inse­gnanti fosse un pre­side inca­pace? Chi risar­ci­rebbe gli inse­gnanti esclusi? Lei?

Ai punti 6 e 7 parla prima di coin­vol­gi­mento dei ragazzi nelle aziende, poi di edu­ca­zione alla cit­ta­di­nanza, dimo­strando come nella sua visione del mondo il com­pito di for­mare i cit­ta­dini debba essere assunto da una scuola azien­da­liz­zata, con i ragazzi che dovreb­bero essere per un certo periodo al ser­vi­zio delle aziende, pie­gan­dosi sin dall’età della for­ma­zione ai rap­porti di potere, men­tre un cit­ta­dino con­sa­pe­vole potrebbe anche con­te­stare que­sto ordine delle cose, imma­gi­nando un mondo, in cui sono le aziende che vanno a impa­rare nelle scuole come si governa in maniera col­le­giale un’organizzazione.

In ultimo, a «ognuno» di noi chiede di discu­tere: ora? Men­tre state varando la riforma? Ora Lei vor­rebbe farci cre­dere che ascol­terà «ognuno» di noi? Insomma, que­sto è troppo. Lei in que­sta let­tera dimo­stra di aver perso la bus­sola. È ora che lasci spa­zio a qual­cun altro che sap­pia rap­pre­sen­tare meglio quella «potenza super­cul­tu­rale» — ma forse voleva scri­vere «super­po­tenza cul­tu­rale», come ha soste­nuto nel video? — che è l’Italia.

Non le auguro buon lavoro, per­ché sarei un ipo­crita, visto che le ho appena chie­sto di dimettersi.

Con molta indignazione.

* docente di let­tere ad Ancona

(fonte)