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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

I mafiosi che vanno in fiera

Come al solito il Gruppo dello Zuccherificio tiene sempre pronte, alte e accese le antenne:

starvegas-a-enadaIl 23 gennaio 2013 all’interno dell’indagine “Black Monkey”, l’operazione che portò all’arresto di Nicola “Rocco” Femia e altre 28 persone e al sequestro di beni per un valore di 90 milioni di euro, vennero anche arrestati i figli del presunto boss, Rocco Maria Nicola classe 1991 e Guendalina classe 1984.
Dopo due giorni di carcere alla ragazza, madre di una bimba che all’epoca aveva tre mesi oltre al figlio di quattro anni, furono concessi i domiciliari e tornò a vivere nella sua villa con piscina di Conselice. Nel corso dei mesi sono stati scarcerati anche l’altro figlio, Rocco Maria Nicola detto “Nicolas”, in quanto una perizia ne ha attestato l’incompatibilità con la detenzione in carcere e il compagno di Guendalina, Giannalberto Campagna.

Nel settembre 2013 è nata una nuova impresa individuale nel settore del gioco, la “Starvegas di Guendalina Femia”, con sede a Conselice in una delle ville citate nell’ordinanza “Black Monkey”, e unica socia proprio Guendalina Femia. L’Unione dei Comuni della Bassa Romagna ed il Comune di Conselice ne hanno disposto l’immediata chiusura sulla base delle informative prefettizie antimafia interdittive emanate dal Prefetto di Ravenna. Contro questa decisione, Guendalina Femia ha presentato ricorso al Tribunale amministrativo, chiedendone l’annullamento. A dicembre 2014 il TAR respinge il ricorso di quest’ultima.

Parallelamente a tutto questo in bassa Romagna accade un’altra anomalia: sempre a Conselice e sempre nella stessa sede della “Starvegas di Guendalina Femia” il 20/02/2014 viene iscritta nel registro delle imprese la nuova “Starvegas S.R.L.S.” con socio e amministratore unico Ioan Roxana Gabriela, compagna del giovane Rocco Maria Nicola Femia almeno fino al momento di chiusura delle indagini. Come al solito l’attività della nuova impresa avviata effettivamente il 27 marzo 2014 è “produzione e relativa vendita di apparecchi automatici da intrattenimento, produzione, progettazione ed assistenza schede da gioco”.

Il weekend scorso a Rimini vi è stata “Enada Primavera”, la 27esima edizione della Mostra Internazionale degli Apparecchi da Intrattenimento e da Gioco, la più importante fiera per operatori del Sud Europa. Nel 2014 comparve tra l’elenco degli espositori “Starvegas di Guendalina Femia”. Nel 2015 probabilmente perché bloccata dal provvedimento dei Comuni della Bassa Romagna questa azienda non è più presente alla fiera, ma compare naturalmente la più nuova e attiva “Starvegas S.R.L.S.”. All’interno del padiglione 5 era infatti presente lo stand di questa azienda assieme a quello di una nuova piattaforma, la “Goldplay”. Come è possibile leggere nei siti che si occupano di gioco e intrattenimento: “Star Vegas presente a Enada Primavera con Katun, la nuova scheda di qualità realizzata direttamente dalla stessa azienda. In esposizione anche la piattaforma Gold Play, sistema che fornisce servizi e svago all’utilizzatore.”

Detto questo ci sorprende il fatto che la stessa Guendalina Femia abbia avuto la possibilità di recarsi in fiera e di presenziare allo stand della “Starvegas S.R.L.S” di proprietà della “cognata” nonostante l’attesa del giudizio di primo grado del processo “Black Monkey” che la vede ancora imputata con l’accusa di associazione mafiosa oltre ad altri numerosi reati.

Dopo più di due anni dall’ordinanza di custodia cautelare Conselice si ritrova con due nuove imprese ricollegabili alla famiglia Femia, con la stessa legale e dal nome pressoché identico “Starvegas”: una bloccata da un provvedimento dei Comuni perché intestata a Guendalina Femia e l’altra che pare essere subentrata, attiva e presente nel mercato del gioco e intrattenimento perché intestata a una persona non coinvolta nell’indagine “Black Monkey”.

(fonte)

L’angelo custode (musulmano) degli italiani a Tunisi

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Hamadi ben Abdelssalam

Nelle ore successive all’attacco al Parlamento e al Museo del Bardo di Tunisi si sono moltiplicati i racconti dei sopravvissuti e dei tanti testimoni, per la maggior parte turisti stranieri.
 È emersa così la storia di Hamadi ben Abdelssalam, guida turistica del gruppo di italiani in visita nella capitale tunisina.

Da musulmano praticante – che sostiene la totale estraneità dell’Islam da questi atti estremisti – Hamadi imputa a un miracolo il salvataggio dei turisti. Ma è stato invece proprio lui a metterli al sicuro.

Dopo aver udito i primi spari, il gruppo di 47 turisti sul bus 26 della Costa Fascinosa si divide; trenta restano con lui, lo seguono. Grazie alla sua conoscenza del Museo del Bardo, l’uomo riesce a condurli attraverso un’uscita sul retro. Passando per una grotta sotterranea, li conduce nel Palazzo del Parlamento: insieme ad un’altra guida, Hamadi li sottrae alla violenza spostando continuamente il gruppo in diverse aule del palazzo. Dopo circa 4 ore, riesce a scortarli ai pullman e a riportarli sulla nave.

Il ricordo dei turisti italiani, profondamente segnati dall’esperienza, va quindi anche ad Hamadi – che non esitano a definire “un angelo custode” -, commosso davanti alla gratitudine inattesa di coloro che ha salvato senza nemmeno rifletterci. Dopo gli esempi di Lassana Bathily e Ahmed Merabet, uomini “giusti” durante le stragi di Parigi, la storia di Hamadi si inserisce tra quelle dei musulmani che alzano la testa contro l’estremismo e dichiarano con forza la lontananza del loro credo da questi inni di violenza: una dichiarazione di fede, comunione, dove non c’è alcuno spazio per la sopraffazione.

(clic)

‘Ndrangheta: la famiglia Crea che a Roma si controlla Primavalle

È in corso, dalle prime ore del mattino, una operazione della Polizia con diversi arresti nei confronti di esponenti della criminalità calabrese. Si tratta – informa una nota – di esponenti della famiglia Crea, originari dell’alto ionio reggino, in particolare del paese di Stilo (Reggio Calabria), ritenuti responsabili, a vario titolo, di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione abusiva di armi e accesso abusivo a un sistema informatico o telematico, con l’aggravante del concorso esterno in associazione mafiosa per aver agevolato l’operatività della ‘ndrangheta, con articolazioni territoriali operanti in Calabria e nella provincia di Roma per il controllo delle attività illecite sul territorio. Il gruppo criminale gestiva diverse attività commerciali nel quartiere romano di Primavalle e si era inserito nel tessuto economico, commerciale e sociale del quartiere, imponendo la propria presenza nel territorio.

(clic)

La radiocronaca dello “spettacolino” di Renzi (nelle Università private)

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di Francesca Coin

Circondato da guardie del corpo e accolto da una folla di giovani alla ricerca concitata di un autografo, Renzi è arrivato ieri alla Luiss, l’università di Confindustria come una popstar degli anni Ottanta, una di quelle per cui le fan gridavano e si strappavano i capelli, un po’ come in quel film di Carlo Cotti, Sposerò Simon Le Bon. A guardarlo bene quel teatrino surreale non mancava di mettere una certa tristezza. Manzoni, la buona scuola e l’azzeccagarbugli, una mescolanza di argomenti privi di alcun nesso logico, tenuti insieme solo dagli occhi sedotti di una platea imbonita e dalla boria di chi parlava, mentre ad altri non rimaneva che arrendersi allo spettacolo mesto di Premier che cita mozzichi dei Promessi Sposi quasi fossero l’ultimo libro che ha letto, assaliti dalla realizzazione tragica che la linea di demarcazione tra la politica, la cultura e lo spettacolo è definitivamente venuta a mancare. Teatrini, frasi fatte, risa auto-compiaciute: non è un caso che Renzi abbia scelto la Luiss per farsi applaudire. L’ultima volta che ci ha provato in un’università pubblica, infatti, è stato contestato. Non da tutti, c’è da dire, a rigor del vero: i docenti se ne stavano seduti docili e concilianti in platea, ma gli studenti – cui l’ingresso al Politecnico era negato – dall’esterno chiedevano che se il Premier ne andasse. Così, dopo un discorso fatto ancora una volta di slogan e ritornelli, cultura-coraggio-innovazione, un po’ come i Duran Duran cantavano no-no-notorious, Livio Serra, rappresentante degli studenti, era entrato per offrire al Presidente un cappello da giullare, dicendosi indignato che il Politecnico di Torino si fosse ridotto a fare da “passerella per il Presidente del Consiglio” tanto più di fronte a un tale scempio di retorica. Che cos’è che indigna tanto, delle passerelle di Renzi? Prima di tutto quella specie di abisso che separa i riflettori, i selfies e le telecamere dal mondo vero, quello che di cotante parole non sa che farsene, anzi ne farebbe volentieri a meno perché di problemi ne ha altri. Ma di fatto c’è un problema più profondo, cioè che in quella parlata da giullare, in quel sorriso auto-compiaciuto, Renzi offusca una realtà tragica, il fatto che la sua Luiss, Università privata promossa da Confindustria il cui Presidente è Emma Marcegaglia, sta all’istruzione pubblica come le sue parole di innovazione stanno ai bisogni reali dell’Italia. Sono, cioè, baluardi di una retorica vuota e auto-referenziale, uno spettacolo di dubbio gusto che finiti i plausi e i riflettori ci riportano all’agonia ignorata di un paese stremato dall’austerità e dal declino, senza un euro per la ricerca e le borse di studio, in cui crescono i neet e la fuga dei cervelli, mentre lui e i suoi finanziatori privati sorridono, si fanno i selfies e ci salutano dalle telecamere.

(fonte)

Una lettera sulla scuola che dovrebbe esser buona

Mi arriva una lettera che volentieri condivido:

97521Onorevoli Deputati e Senatori, Siamo un gruppo di insegnanti iscritti nelle Graduatorie ad Esaurimento (GAE), che avendo preso visione del testo del DDL approvato dal CdM, seppure ancora non definitivo, ha delle forti perplessità sul Piano assunzione straordinario di cui all’art. 8. In questo ddl e’ prevista, oltre all’assunzione dei vincitori del concorso 2012, anche di coloro che sono inseriti nelle GAE, secondo dei criteri che sono esplicitati nel comma 4 dello stesso art. 8. La parte che non è assolutamente condivisibile è quella inserita nei commi 5 e 10 dell’art. 8, laddove si dice che “in caso di indisponibilità di posti per gli albi territoriali indicati, non si procede all’assunzione” e “ a decorrere dal primo Settembre, le graduatorie ad esaurimento perdono efficacia ai fini dell’assunzione con contratti di qualsiasi tipo e durata”. Di fatto così si rischia la soppressione della GAE (Graduatorie ad Esaurimento), anche se vi residueranno ancora iscritti . Questo sarebbe una palese violazione dei diritti acquisiti, ex lege, da decine di migliaia di persone che hanno seguito scrupolosamente un percorso approvato dalle leggi dello Stato Italiano! Chi è in GAE, vi si trova perchè ha superato e vinto un concorso pubblico per titoli ed esami ( es. 1999) o ha superato una durissima selezione per far parte delle Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento (SiSS) a valore concorsuale. Chi è in GAE ha seguito le legge che gli assicurava il diritto all’assunzione, secondo lo scorrimento della Graduatoria ad Esaurimento, sia che avesse avuto o meno la possibilità di fare supplenze, vedasi art. 1 C. 605 L. 27/12/2006 n. 296, che trasformava le graduatorie permanenti in “ad esaurimento”. Se voi doveste legiferare violando tali principi di diritto, ecco quali saranno i risultati: 1) saranno calpestati giuridicamente i diritti acquisiti di migliaia di persone nonché il principio costituzionale di eguaglianza previsto dall’art. 3 della Costituzione Italiana e cioè che a parità di condizioni deve corrispondere un trattamento eguale. Chi, inserito nelle GAE, rimanesse escluso dalle assunzioni, con la conseguente soppressione delle stesse e si vedesse negato il diritto all’immissione in ruolo subirebbe una discriminazione palese nei confronti di chi avesse la “fortuna” di rientrare tra i nuovi criteri decisi dal Parlamento per la nomina in ruolo. La legge non può e non deve essere retroattiva. L’unica possibile soppressione della GAE è dopo aver immesso in ruolo tutti i docenti ivi inseriti. 2) verrebbe violato il principio del legittimo affidamento, quale corollario della certezza del diritto, riconosciuto sia a livello europeo (sin dal 1978) sia a livello nazionale; 3) si aprirebbe un inevitabile e massiccio contenzioso giudiziario tra lo Stato e decine di migliaia di docenti inseriti in GAE ed ingiustamente esclusi dal piano di assunzioni, compresi i docenti che in GAE sono iscritti con riserva; 4) i docenti che rimanessero esclusi dall’assunzione e che vedrebbero perdere l’efficacia della GAE, avrebbero così come unica possibilità di accesso al ruolo, il partecipare e vincere il concorso che verrebbe indetto nel 2016 o in futuro. Tale eventualità sarebbe inaccettabile giuridicamente, in quanto i docenti delle GAE un concorso lo hanno già fatto ( concorso del 1990, concorso a cattedra per titoli ed esami del 1999 o scuole di specializzazione avente valore concorsuale). 5) Si perderà definitivamente quel minimo di fiducia e di credibilità nello Stato e nei suoi rappresentanti. Noi proponiamo e chiediamo che vengano assunti dal primo Settembre 2015 tutti coloro che sono inseriti nelle GAE, così come era proposto nel documento La Buona Scuola, sbandierato sin dal Settembre 2014, con lo svuotamento totale della Graduatoria ad esaurimento o, in subordine, l’immissione con ruolo giuridico già dal settembre 2015 ed effetti dal primo Settembre 2016, soprattutto per coloro che rimarrebbero esclusi, in quanto residuali, dal piano straordinario di assunzioni. Per i docenti che sono in graduatoria ad esaurimento in materie c.d. obsolete, chiediamo la riconversione in ambiti affini.
Gruppo FB GAE: TUTTI E SUBITO IN RUOLO!

Disabituati alla bellezza

(Post di Gianni Biondillo e Marco Belpoliti per Nazione Indiana)

Come è andata a finire con l’Area ExEnel

di Gianni Biondillo e Marco Belpoliti

enel1Nel gennaio del 2012 su questo blog era apparso questo articolo. Altri in contemporanea ne uscirono su vari blog e quotidiani, a firma di Marco Belpoliti, Luca Molinari, Marco Biraghi, etc.

Sollevavano un problema: la costruzione nell’area di fronte al Cimitero Monumentale di Milano di due edifici fuori scala, di un albergo inutile e di un parcheggio sotterraneo di 250 posti camuffato da piazza in una zona di rispetto architettonico, con un progetto che lasciava molto a desiderare dal punto di vista estetico e urbanistico. Ne era nato un dibattito (vedi ad esempio qui) che aveva coinvolto giornali, architetti, intellettuali, politici. La questione si era trasferita, dopo varie vicissitudini e discussioni, nelle aule del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, che aveva bocciato il ricorso del gruppo di cittadini che si erano organizzati nella sigla Area Ex Enel con un suo sito.

Ora sull’intera materia si è espresso il Consiglio di Stato (Sentenza Ex-Enel.1), dando ragione ai cittadini che hanno sollevato il tema della legittimità della scelte della giunta Moratti, prima, e Pisapia, poi. Tutto questo è succintamente spiegato nella lettera che segue indirizzata a “il Corriere della Sera” che, unico giornale milanese, ha dato alcuni giorni fa con un ampio articolo notizia della sentenza, intervistando l’assessore all’Urbanistica del Comune di Milano e vice-sindaco, Ada Lucia De Cesaris, sostenitrice della scelta urbanistica e giuridica bocciata dal Consiglio di Stato. Ora che Milano è sotto i riflettori dell’intero paese per l’apertura imminente dell’Expo a maggio, vale la pena di tornare a riflettere su questo caso (60 milioni di euro investiti da privati che ora non potranno proseguire i lavori iniziati) che ripropone le questioni della gestione politica delle nostre città, della partecipazione dei cittadini e della bellezza architettonica.

***

enel2Su queste pagine giorni fa è apparso un lungo articolo sul blocco del cantiere Ex Enel. Il Consiglio di Stato ha dichiarato l’intera operazione illegittima, ha bloccato l’intero cantiere, dopo il ricorso intentato da alcuni cittadini. Quei cittadini siamo noi, ed è giusto che spieghiamo le ragioni del ricorso, e come si è arrivati a questo punto.

Scriviamo per spiegare ai lettori – ai milanesi e non solo a loro – cosa succede in città, e non tanto, come si usa in questi casi, per mandare messaggi a qualcuno.

Proviamo a raccontare brevemente la storia, per aiutare tutti a capire. L’area di fronte al Cimitero Monumentale, di ex proprietà dell’Enel, e dunque pubblica, molti anni fa fu svenduta a una società privata. Dopo lunghi anni di abbandono, e poi di occupazione da parte del centro sociale Bulk, durante l’amministrazione di Letizia Moratti, alcuni imprenditori decisero di costruire degli immobili residenziali.

Per fare questo, il Consiglio Comunale di allora (Moratti) approvò una delibera che modificava le cubature edificabili, triplicandole. In un colpo solo quel terreno, comprato per 10, valeva 300.

Per trasformarle in area residenziale, edificabile, e per aumentare le cubature consentite per legge e concedere le concessioni, l’amministrazione comunale si avvalse dello strumento del “programma integrato di intervento”, uno strumento che, nel diritto italiano, è consentito solo ed esclusivamente in casi di evidente interesse pubblico e strategico per la città.

Anni dopo la giunta Pisapia, durante un assolato agosto di quattro anni fa, tra i suoi primi provvedimenti importanti, riportò in consiglio comunale la delibera e la approvò: senza nessun comunicato stampa, e senza che la notizia venisse riportata da alcun giornale. Una procedura che, vista l’importanza dell’operazione riguardante una zona centrale della città, risultava quantomeno anomala.

Il progetto approvato prevedeva, in tre isolati situati di fronte al Cimitero Monumentale, il luogo più visitato dai turisti dopo il Duomo, tre palazzoni di più di 10 piani ciascuno, in un quartiere di edifici di 4 piani al massimo; edifici ad uso residenziale, brutti come raramente possono esserlo: talmente brutti da far apparire al confronto l’edilizia di Quarto Oggiaro come dei palazzi del Bernini.

Alla notizia di questo scempio, un gruppo di abitanti del quartiere e alcuni intellettuali, scrittori, architetti, ha provato a intervenire. Abbiamo chiesto di incontrare la proprietà, il Comune, cercando il dialogo, sostenendo che andava bene il profitto economico dei privati, ma che l’operazione avrebbe potuto essere un po’ meno spregiudicata, contenere qualche spazio pubblico, e concedere qualcosa alla qualità architettonica. Non chiedevamo di scomodare grandi architetti, semplicemente di evitare il ricorso in pieno centro storico a un’edilizia così sfacciata e imbarazzante. In sostanza chiedevamo l’adozione di una logica progettuale moderna, non tre palazzoni da edilizia speculativa.

Il Comune di Milano non ci ha voluto dare ascolto. Lo stesso atteggiamento hanno mantenuto i proprietari del terreno. Entrambi ci hanno detto soltanto di pure loro causa, che tanto l’avrebberio vinta.

Soltanto l’impresa costruttrice di una parte degli edifici si è mostrata invece disponibile, modificando le facciate di loro pertinenza in corso d’opera, e ridisegnando un piccolo parco. Da parte loro si trattava di un impegno ulteriore, che andava oltre il loro immediato interesse, e quindi da considerare assolutamente apprezzabile.

Avendo quest’unico interlocutore, ovviamente non trovammo un vero accordo. Il vero soggetto in grado di imporre un interesse pubblico all’area, vale a dire il Comune, mancò invece all’appello. Rimanendo convinti che l’operazione fosse sbagliata sotto il profilo architettonico, politico, urbanistico, e legislativo, e non riuscendo a ottenere altri risultati se non quello – comunque importante – di far riprogettare gli spazi aperti, fummo costretti a non ritirare il ricorso in tribunale.

Oggi il Tribunale di Roma ha dichiarato l’intera operazione illegittima, in quanto priva del presupposto di un interesse strategico e pubblico. Ci ha dato ragione. Una pessima notizia, a ben vedere. Non soltanto perché ora il progetto è diventato un problema, ma soprattutto perché non eravamo e non dovevamo essere noi i paladini dell’interesse della città.

Non debbono essere i privati cittadini a vigilare sulla legittimità delle operazioni immobiliari, sulla qualità architettonica e sul rispetto delle norme urbanistiche. È un ruolo che spetta alle istituzioni.

Avere ragione non ci interessa: ci interessa, così come sin dall’inizio, che si costruisca bene, in modo sensato, intelligente, corretto, restituendo alla città vivibilità e bellezza.

Ci interessava allora, e ci interessa ancora di più adesso. Adesso che c’è un “buco” nel cuore della città, e non vediamo l’ora che questa sia l’occasione per dare a questa zona importante della città una soluzione degna di Milano. Soprattutto alla luce dei numerosi fallimenti urbanistici di questa città.

Ora non possiamo che augurarci che questo “buco” sia l’occasione per ripartire da una logica diversa, con un piglio diverso, con un orizzonte progettuale più alto e di più ampio respiro. L’orizzonte legittimamente alto e ambizioso di disegnare e pensare la città.

Si tratta di un compito arduo, che spetta in primo luogo al Comune di Milano. Speriamo che questa volta ci provi.

Marco Belpoliti
Gianni Biondillo
Marco Biraghi
Paola Lenarduzzi
Roberto Marone
Luca Molinari
Alberto Saibene

(pubblicato precedentemente su Il Corriere della Sera – Milano, il 22 marzo 2015. Questo post è da oggi on line anche su DoppioZero. Le vignette sono un regalo di Guido Scarabottolo)

Lo stato #verybello dei cantieri per #expo2015. Astenersi ottimisti per servilismo.

 

Non c’è dubbio che tra scandali giudiziari, infiltrazioni mafiose, traduzioni che fanno impallidire Google Translate e un assortimento verybello di catastrofi comunicative, per Expo 2015 sia stata durissima arrivare fino a qui. Ma ormai manca poco più di mese al taglio del nastro.

Il 13 marzo 2015 il primo ministro Matteo Renzi ha fatto un sopralluogo all’interno del Grande Cantiere, tra i circa tremila operai che lavorano giorno e notte per portare a termine l’impresa. “Siete l’anima e il cuore di questo cantiere,” ha detto tra un selfie e una stretta di mano. “Dovete lavorare con l’orgoglio di chi sta costruendo una grande cattedrale laica. Ce la faremo come è sempre nel nostro dna, magari facendo un po’ di corse alla fine.”

Lo stesso giorno, Expo ha caricato sul proprio canale YouTube l’ultimo episodio di “Belvedere in città,” una serie di video ripresi da un drone per mostrare l’erezione della “cattedrale laica” che dovrebbe essere presa d’assalto da venti milioni (o forse dieci?) di visitatori da ogni angolo del globo, pronti a spendere a più non posso e inondare Milano di soldi.

La realtà, tuttavia, è decisamente meno ottimista di quanto dia a intendere Renzi e di alcuni articoli apologetici che definiscono il cantiere uno “straordinario laboratorio di costruzione” che cresce con una “vertiginosa rapidità.”

Il resto qui.