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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

A Roma la Dia si prende il Caffè Fiume

Caffe-FiumeTra i beni confiscati definitivamente anche il famoso Caffè Fiume a Roma, a fare compagnia agli altri beni mobili e immobili sequestrati a maggio di quest’anno e tutti riconducibili all’imprenditore Saverio R., considerato elemento di vertice della cosca di ‘Ndrangheta Fiarè-Razionale e condannato per mafia.

Gli uomini del Centro Operativo DIA di Roma hanno infatti eseguito questa mattina, presso la capitale e nella provincia calabrese di Vibo Valentia, il decreto di definitiva confisca, emesso dalla Corte d’Appello di Catanzaro, su richiesta della Procura Generale di Vibo.

Il totale del patrimonio confiscato ammonta a sette milioni di euro e comprende, oltre al famosissimo Caffè Fiume di via Salaria, a pochi passi da Via Veneto, e alla società omonima, anche un bar-ricevitoria e un appartamento a Vibo Valentia.

Quest’ultimo era curiosamente intestato alla famiglia dell’attuale Sindaco del Comune, Michele Pannia, che lo aveva venduto alla famiglia dell’imprenditore mafioso negli anni 80 senza mai effettuare il passaggio di proprietà, favorendo quindi l’aggiramento della normativa antimafia.

Quattro le società edili confiscate: le prime tre a Roma, ovvero la Roma Services srl, la Edil Consul Services srl e la Studiogi Edil & Money di Giuseppe Scriva srl, e l’ultima a Vibo Valentia, chiamata Gisa Costruzioni di Francolino Maria Grazia.

La confisca si estende anche ad un concessionario di auto, a due appartamenti, un magazzino e un terreno nella capitale, a dieci appartamenti nella provincia di Vibo Valentia, tre conti correnti bancari e per chiudere in bellezza, cinque auto tra cui una Porsche.

(fonte)

Vedi, viviamo nell’economia dei leccaculo.

Vedi, viviamo nell’economia dei leccaculo. Il problema più grande in questo paese non è la corruzione. Il problema è che c’è molta gente qualificata che non sta dove dovrebbe stare perché non vuole leccare il culo a nessuno o non sa quale culo leccare o non sa neppure come si fa, a leccarne uno. Io ho la fortuna di leccare il culo giusto.

(Chimamanda Ngozi Adichie, via Dino)

Palermo: nasce L’Ora quotidiano online. Sarà diretto da Vittorio Corradino, Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza.

1904161_547046008761194_943729624485897696_n(ANSA) PALERMO, 18 ottobre 2014.  Da lunedì prossimo sarà on line www.loraquotidiano.it, un quotidiano digitale generalista,diretto da Vittorio Corradino, Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, affiancati da uno staff di giornalisti con alle spalle anni di cronaca sul campo.   Loraquotidiano.it – dice una nota – intende raccontare la Sicilia giorno per giorno, con un’attenzione particolare su Palermo, recuperando la tradizione artigianale dello storico quotidiano del pomeriggio, pilastro dell’informazione civile e antimafia del giornalismo italiano. Le inchieste giudiziarie più scottanti, i retroscena dei Palazzi del potere politico e di quello economico, le alchimie e i paradossi di una terra che mai come oggi è un laboratorio in continua evoluzione: tutto questo sarà sulle pagine de loraquotidiano.it, ma anche sul magazine bimestrale cartaceo, che ospiterà approfondimenti e inchieste. Contemporaneamente, continua la nota, tornano in edicola I Quaderni de L’Ora: il numero 11 è dedicato all’imminente deposizione del Presidente Giorgio Napolitano al processo sulla Trattativa Stato mafia, con interventi di Alfonso Giordano, presidente del Maxi Processo, dell’ex pm Antonio Ingroia, un sondaggio tra i 90 deputati dell’Ars e con “Squilla il telefono”, inedito teatrale di Giulio Cavalli, sull’inchiesta Stato-mafia della procura di Palermo.

Genova secondo Ferruccio

Considero Ferruccio Sansa uno dei migliori giornalisti sulla dissennata cementificazione ligure che cola nell’alluvione di questi giorni. Per questo credo che valga la pena leggere il suo pezzo su Burlando e Liguria:

Questa volta parlerò di me. Un giornalista non dovrebbe mai farlo. Mi rincresce doppiamente perché Genova in questo momento ha bisogno di tutto fuorché di polemiche. Ma credo di doverlo a me stesso, al legame che ho con Genova e alla mia famiglia. E a voi lettori.Nei giorni scorsi Claudio Burlando, Governatore della Liguria al potere da trent’anni, ha attribuito la responsabilità delle alluvioni e dei morti a mio padre, Adriano Sansa, sindaco di Genova dal 1993 al 1997. Una calunnia – il metodo Sansa invece del metodo Boffo – per salvare la poltrona: Burlando e la sua combriccola sono allarmati dalla voce di una mia candidatura alle elezioni regionali (ma di questo parlerò poi). Ma la politica, come diceva il socialista Rino Formica, “è sangue e merda”. Forse in quella ligure oggi c’è poco sangue. Perciò sono costretto a rispondere.
Mi limiterò ai fatti:

1. Burlando è stato vicesindaco e sindaco di Genova dal 1990 al 1993. In quei tre anni ci sono state due alluvioni (1992 e 1993). Come assessore all’Urbanistica, sarà un caso, Burlando scelse un architetto che negli anni successivi ha firmato operazioni immobiliari da centinaia di migliaia di metri cubi realizzate da costruttori oggi latitanti.

2. Mio padre è stato sindaco dal 1993 (due mesi dopo l’alluvione) al 1997. Quando arrivò in Comune la realizzazione dello scolmatore incriminato era resa impossibile dai processi pendenti. Non fu lui, come invece afferma Burlando, a voler bloccare i lavori. Non solo: mio padre fu il primo sindaco che scelse uno stimatissimo geologo – Sandro Nosengo – come assessore all’Urbanistica. La priorità era chiara: basta cemento (furono fermate le nuove edificazioni in collina), puntiamo sul risanamento del territorio e dei fiumi. Così si fece: i geologi consigliarono di investire in un piano complessivo che risanasse il bacino idrico di tutti i torrenti (non solo del Bisagno). Per i piani di bacino dei corsi d’acqua, per la loro risistemazione e per la pulizia (lavoro indispensabile che, ahimé non porta voti, né tagli di nastri) furono investiti molti miliardi di lire. Il risultato, come ricordano i genovesi, fu che non si verificarono più alluvioni per diciotto anni.

3. Burlando è il dominus della politica ligure da trent’anni (è in congedo per motivi politici dai primi anni 90) avendo ricoperto le seguenti cariche: assessore ai trasporti (1983-1985), vicesindaco (1992-3), sindaco (1993 fino all’arresto, fu poi assolto), quindi ministro (1996-1998 con un seguito di polemiche a causa dei ripetuti deragliamenti ferroviari), infine è Governatore dal 2005 (riconfermato senza le primarie). Insomma, avrebbe avuto il tempo per fare qualcosa per evitare le alluvioni.

4. Negli ultimi anni sono stati arrestati due vice-presidenti della Giunta BurlandoQuasi metà del consiglio regionale è indagato.

5. Dall’anno del suo insediamento a oggi si contano in Liguria 4 alluvioni: 2010, 2011 (Genova e Cinque Terre), 2014.

6. Nel frattempo Burlando ha varato un Piano Casa che il presidente dei Verdi italiani, Angelo Bonelli, ha definito “il più devastante d’Italia”. L’assessore all’Urbanistica che lo predispose è stato poi arrestato.

7. La Giunta Burlando ha sostenuto la costruzione di porticcioli turistici, in perfetto accordo con Claudio Scajola (memorabile la loro presenza, fianco a fianco, all’inaugurazione dei lavori del porto di Imperia, poi travolto da indagini e arresti)

8. Il centrosinistra di Burlando ha sostenuto la realizzazione di un porticciolo da mille posti barca alle foci del fiume Magra che ogni anno provoca disastri. La società realizzatrice era controllata da Mps, la banca rossa. Nel cda sedeva il tesoriere della campagna di Burlando.

9. Dopo l’alluvione del 2011, che nello spezzino causò 13 morti, la maggioranza di centrosinistra ha dato il via alla realizzazione di un centro commerciale da 5.000 persone in una zona che lo stesso assessore all’Ambiente della Regione di Burlando definì “zona a rischio di alluvioni”. È certo un caso che l’operazione sia stata realizzata in pochi mesi, senza timore di ricorsi al Tar (che invece bloccavano le opere anti-alluvione) e con maggiore solerzia dei lavori del Bisagno.

10. In Liguria mentre mancavano i soldi per lo scolmatore del Fereggiano (la Regione ha dato solo 5 milioni), la Giunta regionale di Burlando spendeva 1,6 milioni l’anno per pubblicità istituzionale distribuendo denaro a quasi tutti gli organi di informazione locale. Senza dire dei 2 milioni stanziati per il prossimo Giro d’Italia.

11. Il Tar ha respinto la sospensiva dei lavori del Bisagno nell’agosto 2012, ma dopo due anni i lavori non sono ancora ripresi. Da notare che gli stessi imprenditori mesi fa avevano inviato una lettera al presidente del Consiglio, a Burlando e a Doria per sollecitare l’apertura del cantiere.

12. Dopo anni di inerzia, mercoledì Burlando ha annunciato che i lavori riprenderanno nel 2015. Cinque giorni dopo l’alluvione. Perché non l’ha fatto prima?

13. L’assessore alla Protezione civile della Regione Liguria (che avrebbe dovuto fare prevenzione e diramare allarmi) è Raffaella Paita, delfina di Burlando che il Pd vorrebbe candidare alla guida della Regione nel 2015. Paita è letteralmente sparita dopo l’alluvione.

14. Ma soprattutto: dei 10 milioni stanziati per l’alluvione del 2010 a Sestri Ponente ben otto sono rimasti nelle casse della Regione invece di finire alla gente e ai commercianti.

Questi sono fatti.

Ps. Da mesi a Genova si parla di una mia possibile candidatura alla guida della Regione. Ma nessuno mi ha chiesto di candidarmi. Sono un giornalista del Fatto Quotidiano, che mi consente con assoluta libertà di esprimere le mie opinioni e di scrivere inchieste sul centrodestra di Scajola, l’Idv di Di Pietro, la Lega di Belsito. E, ovviamente, sul centrosinistra di Burlando. Credo che un giornalista possa svolgere un importante ruolo civile anche con la sua professione. Denunciando i mali della Liguria e indicando possibili nuove strade.

L’etica della bonifica dei Grossi nelle loro telefonate

soldi che servivano per la bonifica e la post-gestione della discarica sparivano in Lussemburgo. E finivano in auto di lusso, appartamenti e persino un castello da ristrutturareDopo gli arresti ordinati giovedì dalla Procura di Latina nei confronti di sei manager del gruppo Green Holding, colosso lombardo dello smaltimento rifiuti, accusati di peculato per aver sottratto 34 milioni di euro destinati alle bonifiche della discarica Indeco di Borgo Montello, dalle intercettazioni dell’inchiesta della squadra mobile di Latina emergono gli interessi dei “signori dei rifiuti”. I manager di Green Holding – tra cui Andrea Grossi, figlio di Giuseppe, il “re delle bonifiche” lombardo coinvolto nell’affare Montecity-Santa Giulia – parlano di appartamenti, ristrutturazioni al castello di Brignano Gera d’Adda a Bergamo acquistato dalla holding di Segrate, auto sportive da 450mila euro da immatricolare in Polonia e progetti di “impiantini” da realizzare di fronte all’Ilva di Taranto. In esclusiva ecco le intercettazioni dell’indagine “Evergreen” dei pm Nunzia D’Elia e Luigia Spinellidella Procura di Latina.

La Lamborghini con targa polacca e il castello

Parlano Andrea Grossi e Vincenzo Cimini, amministratore del gruppo. Il giudice annota che “in altre conversazioni Andrea Grossi riferiva che stava provando un’autovettura sportiva da 450mila euro, paragonabile alla Lamborghini”. Inoltre, la Green Holding è “proprietaria di un castello a Brignano Gera d’Adda in provincia di Bergamo, acquistato da Giuseppe Grossi padre di Andrea”.

Telefonata del 20 giugno 2014

Andrea Grossi: Va bene, va bene, buono, buono, buono…no ma quei soldi lì quella macchina lì non li vale mica! Adesso, sarà quello che vuoi ma è…è…
Vincenzo Cimini: Loro han detto, infatti gli ho detto: cazzo, invece…no perché questa c’ha la…come si dice la nuova scocca, anche la piattaforma, come si chiama…il pianale
Andrea Grossi: Mhm…ho capito! Boh non te lo so dire…va beh
Vincenzo Cimini: Normalmente 235 km/h…cioè ‘sta versione qua che ci abbiamo in mano sì, ma secondo me va supportata con la Lamborghini
Andrea Grossi: Eh ma ci fanno anche un buono sconto su quella macchina lì eh…
Vincenzo Cimini: Sì infatti mi hanno dato il listino, poi te lo devo dare (…)
Andrea Grossi: Ok, ok va beh adesso vediamo dai, facciamo adesso…Provala, poi vediamo la prendiamo in Polonia…con la targa polacca
Vincenzo Cimini: Infatti…va bene dai
Andrea Grossi: Che non prendiamo manco i tutor e le multe dai…
Vincenzo Cimini: Cazzo…
Andrea Grossi: Mh mh mh…
Vincenzo Cimini: Eh è bella sta cosa dai!
Andrea Grossi: Michia! Figa Enzo più di così che cazzo bisogna fare…non lo so io, eh?
Vincenzo Cimini: Sì
Andrea Grossi: O sbaglio?
Vincenzo Cimini: Sì, sì, sì, dobbiamo mettere a posto il castello, poi veramente fanculo ci prendiamo una settimana, non un giorno

“Ho già in mente il business: un impiantino davanti all’Ilva”
Andrea Grossi e la madre (non indagata) parlano al telefono il 20 giugno 2014, dopo aver concluso positivamente le operazioni finanziarie con le società lussemburghesi.

Andrea Grossi: Michia, da Dio! Ti ho tenuto anche un appartamentino bello fresco a Margara!
La madre: (Ride)…bene, bene dai…
Andrea Grossi: Figa ragazzi…che c’ho già il business! Mi è già venuto in mente! Per fare un impiantino di selezione, e poi di fronte all’Ilva! e poi…così monetizziamo perché è nostro, lo vendiamo, così! E poi col tempo, quando incassiamo le nostre partite lo vendiamo alla società (…) e poi…un bell’appartamentino a Margara che teniamo, uno tanto si può anche permettersi di tenerlo!
La madre: Ma sì, no, lo facciamo…lo affittiamo!
Andrea Grossi: Sì, sì, lo affittiamo! Lo teniamo e lo affittiamo!
La madre: Lo affittiamo! …No?
Andrea Grossi: Sì, sì! Da Dio no!
La madre: Perfetto! Perfetto, lo affittiamo così intanto paghi l’Imu
Andrea Grossi: In tre anni glieli diamo, non ci accorgiamo…

Del progetto dell’impianto vicino all’Ilva di Taranto Andrea Grossi parla il giorno successivo anche in un’altra conversazione con Stefano Lazzari, del cda di Indeco.

Andrea Grossi: E in più mi son portato a casa il 100% della Riccia (…) dove voglio far qualcosa di fronte all’Ilva, che è un terreno che avevamo dove c’era la Smari…ed un appartamento a Margara!
Stefano Lazzari: Sei un grande! Sei un grande!!
Andrea Grossi: E perché solo mercato figa, sono un mercante!

La “puzza energetica”
Parlano Andrea Grossi e Vincenzo Cimini, amministratori di Green Holding.

Andrea Grossi: Ma che cazzo te ne fai! Ti devi vendere Margara per pagare il mutuo di Parre, poi ti rimene l’immobile a Parre, che cazzo ne fai…?
Vincenzo Cimini: Un cazzo! Devi vendere quello! …
Andrea Grossi: Eh! E chi te lo compra!
Vincenzo Cimini: Mica è così semplice! Infatti! Quello lo devi svendere di brutto…infatti…va beh, tanto mo’ l’accordo lo devono ancora…scrivere…
Andrea Grossi: Ne hai parlato di Matera?
Vincenzo Cimini: (…) la tecnologia di Matera non c’entra niente con quella sua! Là è un’estrazione…dalle due masse, quindi c’è una puzza energetica, là fa il biodiesel allora (incomprensibile e ride) sembrare un ignorante, però…
Andrea Grossi: Come va la macchina, spinge?
Vincenzo Cimini: L’ho tenuta in città…

Indeco, la discarica “fattura un milione e mezzo al mese”
Telefonata tra Andrea Grossi e Vincenzo Cimini, amministratori di Green Holding.

Andrea Grossi: E poi considera che hai delle aziende che comunque, se quando tu hai finito quella cosa del Comune ecc. ecc…già Indeco ti accumula un milione, un milione e mezzo di liquidità tutti i mesi, ho visto se li metti insieme…
Vincenzo Cimini: Adesso lunedì pomeriggio Andrea sono già al tavolo tecnico in Regione eh…proprio buono quel canale lì c’è il responsabile dell’area…dell’assessorato (…)

L’ampliamento del bacino denominato S8 della discarica Indeco di Borgo Montello, secondo il giudice, “è perseguito al fine di ottenere nuove risorse finanziarie derivanti dai nuovi invasi e colmare in tal modo le lacune dei milioni di euro post-mortem non accantonati e distratti nel corso degli anni (…) Nella conversazione che segue Grossi Andrea, commentando l’apertura di un nuovo invaso, fa comprendere che la nuova realizzazione serve anche a sistemare il post-mortem pregresso”. Telefonata del 20 giugno 2014 tra Andrea Grossi e Antonio Romei, del cda di Indeco.

Andrea Grossi: Ok, ok, ok…lì cosa dovremmo fare di fatturato?
Antonio Romei: Eh lì di fatturato faccia conto se sono 50mila tonnellate l’anno che si prevede di smaltire…son fra i tre, tre milioni e mezzo…
Andrea Grossi: Va bene, va bene, va bene…
Antonio Romei: E che quindi…durerà cinque anni, cinque o sei anni, e…però ci mettiamo a posto tutto il post-mortem
Andrea Grossi: Va bene, va bene, va bene…così almeno pure lì, sistemiamo…
Antonio Romei: Ah, ho cominciato a intermediare su Busto, infatti un po’ di rifiuti di Napoli vanno a Busto Arsizio.

(fonte)

‘Ndrangheta in Val d’Aosta

Cinque condanne nel processo a Torino sull’inchiesta Hybris. Il giudice ha inflitto: 8 anni e 4 mesi di carcere a Claudio Taccone (46), 13 anni e 6 mesi al figlio Ferdinando (22), 8 anni, 7 mesi e 10 giorni all’altro figlio Vincenzo – di Saint-Marcel (Aosta) -, 8 anni e 2 mesi a Domenico Mammoliti (27) e 3 anni a Santo Mammoliti (40), di Aosta. Contestati a vario titolo i reati di tentata estorsione, danneggiamento, rapina, tentato omicidio e lesioni, con l’aggravante del metodo mafioso.

'NDRANGHETA: ARRESTATI 4 ESPONENTI DEI PESCE DI ROSARNO

Bobo Maroni premia il manager inquisito

Io non riesco ad immaginare un abbassamento dell’etica peggiore di questo tempo lombardo:

La Regione Lombardia ha assegnato il premio di risultato nella sanità, tra gli altri, a Paolo Moroni, direttore dell’ospedale Melegnano e coinvolto in un’indagine giudiziaria.
Il caso era scoppiato lo scorso maggio, quando i vertici dell’azienda ospedaliera di Melegnano erano stati coinvolti in un’inchiesta relativa ad Expo 2015 e a presunti reati di corruzione nel settore delle forniture sanitarie. A seguito della vicenda il manager era stato sospeso.
La cifra del premio è superiore ai 25mila euro.

(fonte)

Buongiorno maestro: insegna il sindaco del comune sciolto per mafia

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Aldredo Celeste incontra una straordinaria personalità dell’intellighenzia politica lombarda.

Di Alfredo Celeste mi è capitato spesso di scriverne. Ne ha scritto benissimo (e continua a farlo) la brava Esther Castano che insieme ad Ersilio Mattioni (autore dell’articolo per L’Espresso che riporto qui sotto) l’ha marcato ad uomo ricevendone spesso insulti e reazioni scomposte (oltre a sconvenienti avvisi di vigili esageratamente ligi). Ora il buon Celeste continua tranquillamente ad insegnare presso il liceo europeo di Arconate e ovviamente qualcuno storce il naso. Più di qualcuno. Curia esclusa. E allora si ripropone il vecchio dovere dell’opportunità che in questo Paese (profondo nord incluso) sembra così difficile da esercitare. Leggere per credere:

Lo scontro è impari, una piccola scuola di provincia contro la Curia di Milano. Il motivo è assai serio: la nomina a insegnante di religione di Alfredo Celeste, l’ex sindaco del primo comune in Lombardia sciolto per mafia. Che oggi è imputato per corruzione in un processo sui rapporti tra la politica e la ‘ndrangheta ed è sottoposto alla richiesta di “sorveglianza speciale per tre anni con obbligo di soggiorno, in quanto soggetto socialmente pericoloso”, misura voluta dalla Direzione distrettuale antimafia. Tutto questo perché Celeste ha per anni frequentato persone accusate di appartenenza o vicinanza con i clan calabresi.

Una brutta tegola sulla testa di Ermanno Puricelli, preside del liceo europeo di Arconate, comune di 6 mila abitanti in provincia di Milano. Che reagisce: “La scuola è stata messa in una situazione inaccettabile. Qui c’è un problema di grande rilievo: non si tratta di una lite di condominio, ma del primo comune lombardo sciolto per infiltrazioni mafiose. La Curia torni sui suoi passi. C’è un confine culturale che merita di essere presidiato: Insegniamo la legalità, ai nostri studenti dobbiamo garantire docenti che siamo al di sopra di ogni sospetto. Nel caso del professor Celeste questa condizione non è data”.

Il primo round, però, è stato vinto dell’imputato. La Curia ha fatto orecchie da mercante e il professore è già tornato in classe, fra l’imbarazzo di studenti e genitori, “perché i fatti contestati – spiega il preside Puricelli – non sono accaduti su Marte, bensì nel nostro territorio, a Sedriano, a pochi passi da qui. Mandare Celeste in questa scuola è stato un errore evidente”. Alla diocesi di Milano, invece, sembrano cadere dalle nuvole e l’ufficio comunicazioni sociali rende un’unica stringata dichiarazione: “Stiamo raccogliendo informazioni a proposito di quanto ci segnale. Vi contatteremo presto. Cordiali saluti”. Eppure la presidenza del liceo aveva già messo tutto nero su bianco, inviando alla Curia una lettera dai toni netti e ipotizzando per il docente l’incompatibilità ambientale: “Abbiamo espresso il nostro disagio, ricordando la vicenda e la storia di questo insegnante. Dalle informazioni finora disponibili e dalle prove raccolte è chiaro che stiamo mandando in classe una persona non totalmente credibile. Abbiamo interpellato la Curia già due volte. Attendiamo risposte”.

E’ difficile pensare che la diocesi sia all’oscuro di tutto. Il 10 ottobre 2012, quando Celeste fu arresto nell’ambito dell’inchiesta sui rapporti politica-mafia, la Curia lo sospese dall’insegnamento. Ma se all’epoca il professore era un semplice indagato, ora è un imputato, gli sono piovuti addosso altri due procedimenti giudiziari e il ‘suo’ comune, il 16 ottobre 2013, è stato sciolto per mafia.

Come se non bastasse, settimana scorsa, il capo del settore finanziario di Sedriano, Albertina Grassi, ha reso in tribunale a Milano (nell’ambito del procedimento sulla richiesta di sorveglianza speciale) una testimonianza importante sulle pressioni ricevute dall’ex sindaco per favorire un imprenditore locale attivo nel campo dei vivai, la cui azienda navigava in cattive acque avendo contratto ingenti debiti sia con il comune sia con l’erario. Si tratta di Aldo De Lorenzis, imparentato con i Musitano, definiti dai magistrati di Milano “una famiglia mafiosa dominante nei comuni dell’hinterland”.

Celeste, tra il 2009 e il 2012, ha intrattenuto rapporti amichevoli con altre due persone sospettate di vicinanza alla ‘ndrangheta. Uno è Eugenio Costantino (la cui giovane figlia, Teresa, fu consigliere Pdl a Sedriano), in carcere con l’accusa di essere un ‘boss’ della mafia calabrese: avrebbe procurato 4 mila voti all’ex assessore regionale Domenico Zambetti al prezzo di 200 mila euro. Per Costantino – che fu ‘reclutato’ nel servizio d’ordine a tutela di Nicole Minetti, invitata dall’ex sindaco come “madrina della creatività femminile” – Celeste organizzò pure una festa di compleanno, affittando un salone dell’oratorio. L’altro è Marco Scalambra, chirurgo della Humanitas e marito dell’ex capogruppo Pdl a Sedriano, accusato di essere stato il collettore di voti per le cosche alle elezioni comunali di Rho nel 2011, arrestato e adesso imputato a piede libero. Famoso un suo sms, inviato a un candidato: “Fammi sapere entro domani se ti interessano i voti delle lobby calabresi”.

Celeste, nel frattempo, ostenta sicurezza: ha liquidato con un’alzata di spalle i timori del preside del liceo, ha fatto ricorso al Tar del Lazio contro lo scioglimento per mafia di Sedriano e si gode i tempi lunghi dei tribunali italiani. A causa di un errore tecnico in un capo d’imputazione il suo processo più delicato, quello per corruzione, non è ancora cominciato a due anni dall’arresto.

La sentenza di primo grado appare lontana, mentre la prescrizione (ridotta a sette anni e mezzo da una legge del governo Berlusconi nel 2005) è un’ipotesi plausibile. Non contento, Celeste annuncia la sua ricandidatura a sindaco. Dopo la spaccatura del Pdl ha scelto di stare con Silvio. Dice di provare “vergogna per la giustizia” e di confidare “solo nel buon Dio”.

Adesso aspetta il via libera di Forza Italia, anche se Mariastella Gelmini, coordinatrice dei berlusconiani in terra lombarda, ignora chi sia: “L’ex sindaco di Sedriano? E chi è?” Poi, fatta mente locale, chiosa: “Non è un problema nostro, Celeste è esponente del Nuovo Centrodestra, vicino al consigliere regionale Alessandro Colucci”. Peccato che il professore di religione prestato alla politica abbia aperto, qualche mese fa, un club ‘Forza Silvio’. I conti non tornano.