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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Gli ho messo io l’anello alla Madonna

Attenzione a credere che la ‘ndrangheta sia solo “colletti bianchi”, attenzione ad illuderci che l’istituzionalizzazione delle cosche calabresi in fondo ci renda tutti meno colpevoli perché abbiamo a che fare con “alte sfere” irraggiungibili. Oggi la ‘ndrangheta (e la perversione religiosa per condonarsi dai propri crimini) è anche quella che sta nelle parole di Simone Pepe, ‘ndranghetista di terza generazione dall’accento ormai romanissimo.

La religione è portatrice di un rito da ripetere a memoria riadattato all’affiliazione, la madonna è il vibratore della propria prepotenza da esibire. Vale la pena ascoltare questa intercettazione per rendersi conto (per l’ennesima volta, ma serve eccome) come l’ignoranza, la banalità e la tragicomica etica degli uomini d’onore ci rendano, in fondo, ancora più colpevoli quando decidiamo di non interessarsi, di non sapere o peggio di accettare:

EXPO in fretta e furia. Anche le leggi.

Quel pasticciaccio brutto di EXPO 2015 sta mettendo in moto tutti i peggiori meccanismi dell’opera a tutti costi, costi quel che costi. Un’accozzaglia di interventi disorganizzati e disomogenei per tranquillizzare l’emergenza mentre tutti quelli che sono chiamati a lavorarci dipingono un quadro sempre più desolante. Ora tocca a Raffaele Cantone:

A leggere il documento di dieci pagine firmate dal magistrato non stupisce la velocità d’azione, invocata urbi et orbi soprattutto dopo l’altro grande scandalo quello del Mose, ma le critiche di poca chiarezza che emergono nei confronti degli articoli del decreto legge 90/2014 che riguardano proprio i poteri del presidente dell’Anac. Nel mirino del magistrato, che oltre a dare la caccia ai clan dei Casalesi è stato per un lungo periodo all’Ufficio del Massimario della Cassazione, l’articolo 32. Cantone trova che la descrizione del fumus bonus iuris (ovvero la presunzione dell’esistenza di presupposti sufficienti per applicare un istituto giuridico) sia oscura: “il legislatore, non sempre utilizzando una terminologia chiarissima e lasciando, quindi, adito a qualche dubbio ermeneutico, sembrerebbe distingue un duplice momento che pur avendo idealmente autonomia potrebbe, però, non averla dal punto di vista squisitamente temporale”.Quando matura questo pressupposto? Cantone, dopo un ragionamento, conclude da sé che basterà un’ordinanza di custodia cautelare o un decreto che dispone il giudizio. 

FOIA: da metterci la firma

Schermata 2014-07-10 alle 18.33.20Avere accesso alle informazioni raccolte dallo Stato – in nome dei cittadini e con risorse dei cittadini – non è un’esigenza solo di giornalisti, lobbisti ed esperti.

È un diritto universale, che è alle fondamenta  della nostra libertà di espressione perché è il presupposto di una piena partecipazione come cittadini alla vita democratica.

Il diritto di accesso all’informazione è regolato da norme conosciute internazionalmente come “Freedom of Information Acts” (FOIA). In base ad esse la pubblica amministrazione ha obblighi di informazione, pubblicazione e trasparenza e i cittadini hanno diritto a chiedere ogni tipo di informazione prodotta e posseduta dalle amministrazioni che non contrastino con la sicurezza nazionale o la privacy.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha riconosciuto l’accesso alle informazioni detenute dai governi come diritto: oggi più di 90 Paesi democratici hanno un FOIA.

L’Italia non è ancora tra questi.

Trovate tutto qui.

 

Il tempo nella gestione del potere

Una riflessione di Cristiana Alicata:

In generale però ribadisco quello che penso da sempre: il numero di mandati deve essere limitato. Non riguarda Errani, o altri, il tempo della “gestione del potere” riguarda tutti noi. E i veri leader sanno “far crescere” altri leader, sanno essere generosi, sanno “allevare”. Se non “tramandiamo” le buone pratiche falliremo sempre. Renderemo tutto dipendente dalla nostra indispensabile presenza e non da processi che diventano bene comune. Questo vale nella gestione pubblica come in quella privata. Sempre. Senza alcuna eccezione, mai.

Padri e Padrini

Il podcast della puntata di Fahrenheit di cui sono stato ospite:

In Calabria son state commissariate alcune processioni -ed è proprio di ieri la notizia dell’omaggio ad un boss durante una di queste-, preti accusati di favorire i clan, e di contro le scomuniche del Papa nei confronti dei mafiosi. Come si intrecciano e quali sono i rapporti fra criminità organizzata e chiesa nel nostro paese?

Un’intervista a Linkiesta (e qualche giorno fa parlavo appunto di parroci)

La mia intervista del 25 giugno:

Giulio-Cavalli-breaking1-470x157Giulio Cavalli, l’impavido giullare che sbeffeggia la mafia

L’antimafia è una cosa seria, per questo Giulio Cavalli, attore, scrittore, regista e politico, ha scelto di praticarla ricorrendo all’ironia. Attraverso una recitazione che lascia spazio ai sorrisi, il giovane paladino racconta quello che in molti non hanno il coraggio di dire utilizzando una buona dose di sarcasmo per schernire i potenti e i prepotenti. Con la consapevolezza di chi sa fare informazione e riesce a provocare il suo pubblico, domenica 22 giugno, Giulio Cavalli ha portato in scena anche a Lecce lo spettacolo “Nomi, cognomi e infami” in occasione della manifestazione “Lecce Bene Comune” che ha visto susseguirsi una serie di personaggi illustri impegnati in vari fronti.

Ricordando coloro che hanno affrontato a viso aperto la criminalità organizzata e soffermandosi su quelle figure politiche corrotte, l’attore descrive ciò che ruota dentro e intorno l’universo mafioso impiegando tecniche teatrali come interessanti giochi onomatopeici che supportati da ritmi e varie sonorità vocali, contribuiscono a catturare l’attenzione degli spettatori.

Ogni rappresentazione, frutto di un meticoloso lavoro d’inchiesta molto simile a quella che compie il giornalista, richiede impegno, ma soprattutto lealtà. Un’onestà che Giulio Cavalli sta pagando a caro prezzo. Da quando nel 2009 ha messo in scena il suo primo spettacolo “Do ut des” ha ricevuto una serie di minacce e intimidazioni tali da richiedere il supporto di una scorta.

Accompagnato dai poliziotti, Giulio ha raggiunto Lecce dove prima di andare in scena ha gentilmente risposto alle nostre domande:

L’arte teatrale e l’ironia sono alcuni degli strumenti che utilizzi nella tua lotta alla mafia. Una battaglia che si è rivelata fatale per la tua incolumità tanto da dover essere affiancato da una scorta. Malgrado le minacce e le intimidazioni hai però continuato a denunciare le ingiustizie criminali e allora vorrei chiederti se è stata la paura a generare il coraggio oppure è la voglia di riscatto per sé stessi e per un’intera società a consentirti di andare avanti nonostante tutto?

È proprio attraverso l’ironia e l’arte teatrale che chiediamo di non aver paura. Non dobbiamo e non possiamo avere paura. Chi come me propone un’arte ardita percepisce più di tutto la mancanza di solidarietà da parte dei colleghi. Bisogna continuare però con determinazione. 

Hai mai pensato di mettere in scena uno spettacolo ispirato agli atteggiamenti che assumono i mafiosi quando sono sorvegliati e devono comunicare qualcosa ricorrendo a una sorta di codice gestuale?

Il primo spettacolo portato in scena si soffermava su quei riti mafiosi che in qualche modo richiamano quella gestualità a cui hai fatto riferimento nella domanda. Bisogna non cadere nel rischio di enfatizzare questi personaggi, arricchendoli di fascino come accade nelle fiction. È importante non diventare artefici della fascinazione negativa. Dal punto di vista teatrale mi interessa raccontare quanto i boss siano simili a noi, l’empatia di un particolare boss si utilizza per distruggerlo altrimenti di rischia di innalzarlo ad eroe. 

Oggi, in Calabria, papa Bergoglio ha lanciato un monito contro i mafiosi che tanto ricorda l’anatema di Giovanni Paolo II pronunciato 21 anni fa in Sicilia, nella Valle dei Templi. Quale Dio credi salverà gli uomini di mafia?

Il Dio della Costituzione dello Stato. Quanto sta facendo papa Francesco è sicuramente importante ma spetta ai parroci di paesi e città rifiutarsi di celebrare messe nelle cappelle private dei boss o di dare la comunione agli affiliati. È opportuno agire altrimenti non cambierà nulla.

 Tratto da   http://www.salentoreport.it/intervista-a-giulio-cavalli-limpavido-giulla…

 

A proposito della Madonna che si inchina al boss

”I Carabinieri hanno fatto benissimo ad allontanarsi. I servitori dello Stato non possono tollerare il minimo compromesso o tentennamento nei confronti della ‘ndrangheta. Sta agli altri come ho detto sia prima e sia dopo che Papa Francesco venisse in Calabria, essere conseguenziali e coerenti con quello che ha detto Papa Bergoglio e con quello che abbiamo scritto con il libro ‘Acqua santissima’. E’ ora di finirla con la retorica delle parole e incominciare a prendere provvedimenti con chi ha violato le regole della Chiesa e le parole di Papa Francesco”.

Nicola Gratteri, procuratore aggiunto presso il tribunale di Reggio Calabria su ciò che abbiamo scritto (di prima mattina, eh) qui.