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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Isolare Riina

Nella confusione su Riina e Di Matteo una domanda che è una proposta di Lirio Abbate che, lucido come sempre, invita a trovare soluzioni oltre alle “dimostrazioni”:

Ben venga tutto ciò. Ma se accanto a queste azioni pubbliche e mediatiche si operasse per neutralizzare (il termine va inteso come detenuto da isolare) Totò Riina, forse qualcosa in più si potrebbe ottenere. O evitare. Si sarebbe potuto iniziare, e questo va rivolto al Dap – e Alfano, Bindi e Cancellieri potrebbero sollecitarlo – applicando norme e regolamenti interni al carcere che avrebbero portato a rendere inerme il vecchio padrino di Corleone.

Sarebbe bastato che il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria, viste che le parole del boss possono aver provocato problemi interni al carcere, e non solo, a Riina si sarebbe potuto applicare un decreto in base all’articolo “14 bis” dell’ordinamento penitenziario che restringe ancor di più il carcere duro al quale è sottoposto in base al 41 bis.

Basta questo per mettere in isolamento il capo dei capi per sei mesi. La procura di Palermo l’ha proposto ma per il Dap, in base agli elementi che la direzione del dipartimento dice di aver raccolto, non può essere applicato a Riina.

Ma come, il padrino dal carcere pensa ad una strage, la comunica a un detenuto, che dovrebbe farla arrivare all’esterno, qui i comitati per l’ordine e la sicurezza pubblica fanno alzare il massimo livello di allerta e di protezione perché dicono che il pericolo è imminente tanto da proporre al pm Di Matteo di viaggiare su un carro blindato, e invece i magistrati in servizio al Dap stanno tranquilli, dicono che il 14 bis non si può applicare a chi vuole provocare – dal carcere – questo pericolo per l’ordine pubblico?

In passato il 14 bis è stato applicato a Leoluca Bagarella (dopo che ha minacciato l’autore di questo articolo durante un’udienza di un processo in cui il boss era imputato) e a Bernardo Provenzano. Isolamento per sei mesi, niente tv e giornali. Quando i difensori di Bagarella impugnarono il decreto davanti ai giudici del tribunale di sorveglianza di Bologna, questi lo hanno rigettarono sottolinenando che: «Data la particolare situazione di apparente movimento ai vertici di Cosa nostra e di cui Bagarella potrebbe ancor far parte, non appare irragionevole la scelta del Dap».

I nomi e i cognomi che ci mancano alla faccia di Di Matteo

E insomma alla fine il CSM non ha trovato il tempo per esprimere la propria solidarietà a Nino Di Matteo e colleghi che si devono accontentare della manifestazione “civile” e della serata al Teatro Biondo.
Alla fine sembra impossibile riuscire a pronunciare nomi e cognomi senza rinchiudersi nella generale “solidarietà ai magistrati che lottano contro la criminalità organizzata” come se pronunciare uno dei cognomi che si danno da fare sulla trattativa Stato-mafia sia un peccato mortale. Abbiamo una classe dirigente che è diligente nel rimanere nel brodo della mediocrità senza esporsi troppo, abbiamo uno stato anagettivo che delega la vicinanza ai cittadini rinunciando alla rappresentanza della solidarietà e abbiamo un Presidente della Repubblica che vive il processo che prova a raccontare la nascita della seconda Repubblica come un poppante intimorito. Questa sera Nino Di Matteo ha voluto alzarsi dalla seconda fila della platea che ascoltava il mio spettacolo al Teatro Biondo di Palermo per stringermi la mano. Gli ho promesso che se proprio dobbiamo essere soli saremo in tantissimi, ad essere soli. Insieme.

La novella del finanziamento pubblico ai partiti

L’analisi del giorno è su Malvino:

Nel Trecentonovelle (Franco Sacchetti, 1392) si narra di una ragazza che giunge terrorizzata alla prima notte di matrimonio, perché le è giunta voce che il marito abbia un pene enorme. Questi la tranquillizza, dicendole che non l’hanno informata a dovere. Egli ne ha due, rivela: uno è davvero enorme, come ella ha sentito dire, ma l’altro assai più piccolo, e per i primi tempi inizierà ad usare quello. Tutto fila liscio – è il caso di dire – senonché, dopo qualche tempo, la giovane moglie gli dice che si sente pronta a provare il pene più grosso, al che il marito scoppia a ridere.
Salto temporale: pare sia stato abolito il finanziamento pubblico ai partiti, che però era da intendere abolito già dal 1993, e al suo posto entri in vigore una forma di finanziamento che, almeno in parte, sempre pubblica è. Cioè, non entra in vigore subito, ma tra qualche anno. D’intanto sono all’incasso le rate dei rimborsi elettorali, che sarebbe la forma di finanziamento pubblico ai partiti che vige dall’ultima volta che era stato abolito il finanziamento pubblico ai partiti. Sbaglio o è da ridere?

Arresti per mafia ed estorsione. A Milano.

Esponenti ritenuti vicini al clan Mancuso accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso. I carabinieri stanno eseguendo arresti e perquisizioni in Lombardia e nel Sud Italia a seguito di una serie di ordinanze di custodia cautelare emesse su richiesta della Dda di Milano.

L’indagine, denominata “Grilloparlante 2″, secondo quanto si è appreso, fa specifico riferimento al fenomeno “dell’infiltrazione mafiosa nel tessuto economico-imprenditoriale locale” della Lombardia, argomento al centro mercoledì, a Milano, della Commissione Antimafia. Nasce dall’attività investigativa conclusa nell’ottobre del 2012, quando furono arrestati 23 soggetti ritenuti appartenenti o collegati alla criminalità organizzata di origine calabrese operante in Lombardia vicini alla coscaMancuso, attiva stabilmente in Milano e provincia.

Gli arresti seguono i 23 dell’ottobre 2012, quando le indagini dell’Antimafia si concentrarono sulle relazioni tra la cosca calabrese dei Mancuso e l’assessore alla casa del Pirellone, Zambetti. Dopo la politica e i voti di scambio, tocca oggi al settore economico, con estorsioni a commercianti e imprenditori

«Se mi torcono un capello, questa volta c’è la prova»: parla Nino Di Matteo

MAFIA: DI MATTEO A SIT-IN, GRAZIE PER VOSTRA PASSIONE CIVILESe l’aspettava un’esistenza difficile. Solleva lo sguardo dalle carte, esita un attimo: «Sapevo a cosa andavo incontro quando ho cominciato a fare il magistrato, il lavoro che volevo fare: il pm, non il giudice. A Palermo avevano già ucciso molti colleghi, c’era già stato Capaci, via D’Amelio, ma non credevo che si potessero ripresentare momenti così».

Mai era accaduto – neanche ai tempi del maxi processo a Cosa Nostra – che un pm non potesse andare in udienza «per motivi di sicurezza», come è capitato la settimana scorsa. Volevano portarcelo con un blindato a Milano, tipo quelli che il nostro esercito usa in scenari di guerra come l’Afghanistan e l’Irak. Troppo pericoloso spostarsi. Troppo pericoloso restare anche a Palermo per Di Matteo.

Non va più a nuotare alle 7 del mattino. Non va più alla “Favorita”, alle partite. Ogni tanto i suoi «angeli custodi» lo trascinano in qualche caserma – sempre diversa – dove si fa mezz’ora di jogging. Ha sempre dietro uomini armati.

Un confidente ha appena svelato «che è arrivato l’esplosivo » anche per lui. Era accaduto
nell’estate del 1992, quando qualcun altro aveva annunciato il tritolo per Paolo Borsellino. Tutto come vent’anni fa? «No, c’è una differenza importante: allora c’era solo il silenzio intorno a Paolo, oggi ci sono tantissimi italiani che stanno dalla nostra parte, semmai stridono certi silenzi istituzionali se confrontati alla solidarietà dei cittadini, delle persone senza nome che mi scrivono».

I silenzi dei Palazzi. Tanti. Il capo dei capi della mafia vuole ucciderlo e, al di là dei comunicati ufficiali e di circostanza – a parte il comitato di ordine pubblico e sicurezza convocato dal ministro Alfano a Palermo e le sue dichiarazioni di ieri – Roma sembra lontana, indifferente alla sorte di un magistrato stretto in una morsa, fra il delirio del capo dei Corleonesi e invisibili personaggi scivolati fra le pieghe delle indagini della trattativa.

Perfino la ministra di Grazia e Giustizia Cancellieri, l’amica dei Ligresti, ha mostrato un certo distacco. Prima ha detto che la sua amministrazione era all’oscuro di ogni piano omicida di Riina (eppure gli operativi del Dap, di solito sono anche troppo informati), poi ha «espresso vicinanza ai magistrati» mentre qualcuno in giro per l’Italia già metteva in giro le solite voci infami. Non è vero niente, quali minacce ha avuto mai Di Matteo? L’avevano fatto con Falcone, all’Addaura.

Colpiscono le parole di Nino Di Matteo nella sua intervista con Attilio Bolzoni di Repubblica. E, mi viene da dire, c’è la prova anche di chi continua a stare zitto o ad essere delatore fiancheggiatore.

Condannato Cattafi, eh

CATTAFI_Rosario_Pio(1)Condannato a 12 anni, a fronte dei 16 richiesti dall’accusa, l’avvocato di Barcellona Pozzo di Gotto Rosario Pio Cattafi. Il gup Monica Marino ha dunque stabilito la sua effettiva vicinanza ai boss della mafia barcellonese, con i quali aveva mantenuto i contatti anche tra i vertici del clan e altre famiglie mafiose. La sentenza ha emesso, inoltre, altre cinque condanne: 7 anni e 6 mesi per Giuseppe Isgrò, ritenuto il ‘tesoriere’ del gruppo mafioso, 6 anni e 4 mesi a Tindaro Calabrese, 5 anni e 8 mesi a Giovanni Rao, 4 anni e 8 mesi per Carmelo Trifirò e 4 anni e 4 mesi a Agostino Campisi. Tutte condanne scaturite dall’operazione “Gotha 3”, che aveva svelato, nell’ambito della realizzazione di opere nel messinese, una serie di attività estorsive ai danni di quattro società.

Cattafi, oltre ad essere coinvolto nel processo “Gotha 3” (associazione a delinquere di stampo mafioso con l’aggravante di aver promosso e diretto l’organizzazione mafiosa barcellonese) fu precedentemente condannato per aver aggredito nel 1971 cinque studenti universitari insieme a Pietro Rampulla (il futuro artificiere della strage di Capaci) e in seguito condannato per porto e detenzione abusivi di arma, cessione di sostanze stupefacenti e calunnia. L’avvocato barcellonese prese poi parte al matrimonio del capomafia di Barcellona Pozzo di Gotto Giuseppe Gullotti – condannato per essere stato il mandante dell’omicidio del giornalista Beppe Alfano – in qualità di testimone di nozze.

Mi ricordo quando ne parlavano Sonia Alfano e Fabio Repici: due ossessionati, dicevano.

Se ne usciremo migliori

Questo è il ‘noi siamo qui’, oggi: gente impoverita e disillusa, rabbiosa e confusa, incattivita e in guerra contro qualcosa di nebbioso a cui cerca disperatamente di dare un volto: la politica, le tasse, l’Europa, la finanza, la Merkel, le auto blu. E altro, a piacere: gli immigrati, gli zingari, perfino gli ebrei – come sempre, quando si tocca il punto più basso.

La vera grande domanda che dobbiamo iniziare a porci quindi è se da questa profonda crisi – “passaggio” e “scelta”, etimologicamente – usciremo peggiori o migliori: come esseri umani, cittadini, persone inserite in un contesto sociale. Anche elettori, certo, ma forse questo viene dopo.

È su questo che è indispensabile iniziare a lavorare, oggi, per fare politica. Su noi stessi, sui vicini di casa o di lavoro, sugli amici al bar o quelli di Facebook. Sulle platee che abbiamo davanti, se ci capita di parlare in pubblico, alla radio o alla tivù. Su chi ci legge, se abbiamo la fortuna di essere letti da qualcuno.

Uscire dalla crisi – e non sto parlando solo di quella economica – avendo imparato la contaminazione, l’onestà intellettuale, l’importanza delle pratiche, il principio che sono i mezzi a legittimare il fine e non è il fine a giustificare i mezzi. Ma soprattutto avendo imparato che la nostra felicità non solo dipende da quella degli altri ma consisterà sempre più nel contrario dell’estensione del nostro io, nel contrario della ricetta centripeta che ci hanno inculcato per decenni.

Rileggevo questa mattina le parole di Alessandro sul suo blog e mi domandavo se veramente ne usciremo migliori da questo tempo di valori incerti e di modi intolleranti; se davvero quando finiremo questo essere tutti lupi verso gli altri per paura ci sarà una socialità diversa e veramente coesa. Se ci sarà davvero la rivoluzione culturale, insomma.

Fate presto. Iniziate subito.

georgesaunders-620x420Ed eccovi dunque un consiglio veloce, per congedarmi al termine di questo discorso: dato che secondo la mia opinione la vostra vita sarà un viaggio che vi porterà ad essere più gentili e più amorevoli, sbrigatevi. Fate presto. Iniziate subito. In ciascuno di noi c’è un equivoco di fondo, un vero malessere in verità. Si tratta dell’egoismo. Ma la cura esiste. Siate quindi gentili e proattivi e addirittura in un certo senso i pazienti di voi stessi – cercate le medicine più efficaci contro l’egoismo, cercatele con tutte le vostre energie, per tutto il resto della vostra vita.

Fate tutte le altre cose, quelle ambiziose – viaggiare, diventare ricchi, acquistare fama, essere innovativi, essere leader, innamorarsi, fare fortuna e perderla, nuotare nudi nei fiumi in mezzo alla giungla (dopo aver controllato che non ci siano in giro scimmie che cagano) – ma qualsiasi cosa farete, nella misura del possibile eccedete in gentilezza. Fate ciò che vi può indirizzare verso le risposte a quelle grandi domande, cercando di tenervi alla larga dalle cose che possono sminuirvi e rendervi banali. Quella luminosa parte di voi che esiste al di là della vostra personalità – la vostra anima, se credete – è tanto luminosa e brillante quanto nessun’altra. Luminosa come quella di Shakespeare, luminosa come quella di Gandhi, luminosa come quella di Madre Teresa. Sbarazzatevi di tutto ciò che vi può tenere lontani da quella luminosità nascosta. Credete nella sua esistenza, cercate di conoscerla meglio, coltivatela, condividetene incessantemente i frutti.

L’intenso discorso che George Saunders, autore di Dieci dicembre, ha tenuto ai laureandi della Syracuse University del 2013.

I forconi mi scrivono

Ecco la mail:

I FORCONI PENSIERO.

IL FORCONE VA IN MISSIONE.
GIA’ PIACE IN FRANCIA, IN SPAGNA IN PORTOGALLO. SI STA EUROPEIZZANDO CONTRO L’EURO. A NATALE UNO SARA’ SPEDITO IN INGHILTERRA.

MARSALA E PETROSINO SI STANNO PREPARANDO A FARE SIT IN DI PROTESTA DA MERCOLEDI’ 18/12/2013 FINO AL 2/01/2014 CON QUATTRO  PRESIDI IN PIAZZA FIERA STRASATTI, PIAZZA MARCONI, MARSALA E C/DA CIAPPOLA MARSALA, A PETROSINO IN VIA FRANCESCO CRISPI NEI PRESSI DEL POLIVALENTE DON INGARRA. DISOCCUPATI ARTIGIANI COMMERCIANTI IMPRENDITORI SFIDUCIATI TUTTI PARTECIPERANNO.
CON I ” FORCONI” SCOMPARIRA’ LA DESTRA E LA SINISTRA. IL CENTRO DESTRA E IL CENTROSINISTRA CI SARA’ SOLO IL BENE E IL MALE LA GIUSTIZIA O L’INGIUSTIZIA… SARA’ UNA ALTERNANZA DI “FORCONE A” E “FORCONE B” IN ENTRAMBE I CASI DECIDERA’ IL POPOLO LIBERO.
I “FORCONI” D’ITALIA IMPOSSIBILITATI A SPOSTARSI POSSONO ORGANIZZARE AUTONOMAMENTE ASSEMBLEE NEI COMUNI DI APPARTENENZA CON LA RACCOMANDAZIONE DI NON ACCETTARE INTERVENTI DI ALCUNA NATURA DA PARTE DI POLITICI E AMMINISTRATORI POICHE’ ILLEGALI FRUTTO DEL PORCELLUM E DUNQUE SERVI DELLA CASTA.
I NOSTRI MERAVIGLIOSI DEPUTATI REGIONALI SICILIANI SI SONO CALATI LO STIPENDIO. POVERACCI! COME FARANNO? NOI LI AIUTEREMO. COR CAZZO! COSI’ SI CALERANNO ANCHE LE MUTANDE.
L’EURO FORTE CI FARA’ FALLIRE TUTTI. LA CASTA RUBA E INVESTE NEI PAESI POVERI FACENDO UNA VITA DA NABABBI. SIAMO GIA’ MORTI E I MORTI NON TEMONO PIU’ NIENTE. PREPARIAMOCI A LUNGHE BATTAGLIE. HANNO COMPROMESSO IL FUTURO DEI NOSTRI FIGLI.
I SINDACATI SI DISSOCIANO DAI FORCONI. BELLA SCOPERTA. NOI LI ABBIAMO DA SEMPRE DENUNCIATI DI GENOCIDIO OPERAIO. HANNO DIVISO SEMPRE IL PORCO CON LA POLITICA SPORCA A SPESE DEGLI OPERAI.
DOPO AVER RIPULITO LA POLITICA DALLA MARMAGLIA E TUTTI SI RITIRERANNO, RIMARRANNO IN CAMPO I FORCONI PIU’ FORCONI DEI FORCONI. OCCORRERA’ RIPULIRE I PALAZZI DELLA MELMA BUROCRATICA E OCCORRERA’ FEGATO.
MARTINO MORSELLO
PRESIDENTE
MOVIMENTO DEI FORCONI
3286009880
Ecco, ditemi voi.