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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Infetto interno

L’antimafia, invece, spesso dimentica che prima di combattere il nemico esterno, bisogna imparare a combattere contro i sentimenti bassi, le disgregazioni, le delegittimazioni e l’isolamento che la infetta all’interno.

Vale la pena leggere Massimiliano Perna, oggi, qui.

Le intercettazioni dimenticate in traghetto

La ‘ndrangheta non ha bisogno di sparare, no. La ‘ndrangheta sarebbe solo un accolita di stronzi se non succedessero fatti che passano (troppo) in silenzio e che dipingono perfettamente il livello di collusione con ambienti altri che di mafioso non hanno nulla, ad occhi nudi.

Se il faldone delle intercettazioni di uno dei processi chiave in corso in questi giorni a Reggio Calabria viene “ritrovato” dimenticato su un traghetto, aperto, significa che tutto il lavoro della Procura è appeso ad un filo. Eppure il processo “Meta” è fondamentale per dimostrare che le grandi famiglie De Stefano, Tegano, Libri e Condello – messe da parte le rivalità della seconda guerra di mafia – hanno deciso di unirsi in una sorta di “direttorio” per controllare in maniera oppressiva ogni settore cittadino (e non solo).

Il pubblico ministero della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, all’apertura dell’udienza di ieri del processo “Meta” ne ha dato comunicazione: i quattro plichi “dimenticati” su un traghetto sarebbero stati trovati integri e solamente uno risulterebbe “aperto”. Quelle stesse intercettazioni, tra l’altro, guarda il caso, dovrebbero essere già state trascritte ma, guarda il caso, il compito non è ancora stato svolto nonostante l’incarico sia stato dato diversi mesi fa.

In un Paese curioso una notizia del genere rimbalzerebbe in ogni angolo. In ogni angolo.

Intanto in Lombardia si spara

Questa la novità: nel 2013 a Buccinasco la ‘ndrangheta torna a sparare. E lo fa con efficacia chirurgica. Intimidazione talmente eclatante da spingere la vittima a non denunciare, a cancellare le prove e, fatto grave e inquietante, a fuggire da Milano per rifugiarsi, assieme alla famiglia, in una regione del centro Italia. Movente delle minacce: aver sconfinato il suo territorio di spaccio. Ad azionare il grilletto uomini di clan minori ma storicamente alleati alle cosche di Platì dominanti nell’hinterland sud-ovest del capoluogo lombardo.

Ecco allora i fatti. Cinque colpi contro un’auto. Sparati per intimidire. Alla maniera mafiosa. Prima va in frantumi il lunotto posteriore poi quello anteriore. Un proiettile si incastra tra le due portiere. Capita a Buccinasco i primi giorni di aprile del 2013. Le nove di sera sono passate da poco. In via degli Alpini davanti al parcheggio dell’Esselunga un gruppo di ragazze esce dalla palestra. L’obiettivo degli attentatori non è distante. Poi il fatto: due uomini arrivano a bordo di una moto, il passeggero scende e inizia a sparare. Le giovani atlete assistono alla scena, ma sono distanti. Subito dopo la moto riparte. Dai locali vicini escono in molti. Hanno sentito, dicono che avvertiranno i carabinieri di Corsico. Le ragazze così se ne vanno. Nulla, però, succede. Nessuno denuncia. Di più: poche ore dopo l’auto crivellata di colpi sparisce.

I carabinieri si attivano qualche giorno dopo. Ma solo perché il passaparola consegna a un militare la descrizione della sparatoria. Il lavoro non è facile. Si torna sul posto, ma è difficile trovare indizi utili. Ci si affida così alle fonti confidenziali. Il territorio, si sa, è ad alta densità criminale. E, infatti, l’episodio non passa inosservato. Chi sa parla e indica una carrozzeria a Trezzano Sul Naviglio. Qui, poco dopo gli spari, arriva il titolare dell’auto per farla riparare. Il dato è decisivo. Salta fuori il nome del proprietario. Si tratta di un medio spacciatore di origini pugliesi. Di mestiere fa il cuoco, ha moglie e un figlio. Quando viene convocato dai carabinieri resta di sasso, sbianca, non parla. Si capisce che sa, ma non vuole dire. I carabinieri riescono comunque a ricostruire. Il movente dell’intimidazione è da ricercare nel traffico di droga gestito, in queste zone, da uomini della ‘ndrangheta. Il cuoco, naturalmente, non è un affiliato, ma un acquirente sì. Evidentemente, ragionano gli investigatori, ha sconfinato la sua zona di azione oppure non ha pagato una partita droga. Non chili, ma qualche etto. Questo il suo giro d’affari. Quindi, dopo l’interrogatorio, la fuga precipitosa.

I boss, dunque, riprendono in mano le armi. Sparano, ma non uccidono. I morti fanno troppo rumore. Tanto che, in queste zone, l’ultimo omicidio di mafia risale al 27 settembre 2000, quando viene ucciso Pasquale Ciccaldo, spacciatore con ambizioni da boss. Ciccaldo stava rientrando a Corsico. Gli spararono con un fucile a canne mozze e lo finirono con un colpo in testa. Perché, allora come oggi, la ‘ndrangheta non tollera sconfinamenti.

(il sempre bravissimo Davide Milosa)

Domani a Milano per Lea

Denise, la figlia di Lea Garofalo ci chiede di essere in tanti.

E non si può davvero mancare perché l’insegnamento che ci lascia Lea Garofalo, Denise e la condanna per Carlo Cosco e i suoi sodali è una lezione da non dimenticare.

Ore 10.30, Piazza Beccaria, Milano. Il funerale di Lea.

resizer.jsp

Adieu, borghesissimo Monti

Monti esce dal partito fondato da se stesso e fin qui la notizia già fa sorridere, he. Del resto si dimette da Scelta Civica ma rimane senatore, ora nel Gruppo Misto e poi a vita come la nomina che si porta dietro grazie a Napolitano. Eppure a fallire non è Monti ma un progetto politico che è già fallito altre volte come sottolinea Alessandro nel suo post di oggi:

Un giorno bisognerebbe farla, la Spoon River dei partiti centristi-borghesi italiani: dalla lista di Massimo Severo Giannini (era il 1993, ci stava dentro pure Galli della Loggia), giù giù fino a Scelta Civica, passando per il Patto Segni, Alleanza Democratica (ve lo ricordate Adornato?), la lista Dini (sì, abbiamo avuto anche quella, fu un’invenzione di D’Alema) ma anche la montezemoliana Italia Futura, che a un certo punto sembrava dovesse spaccare tutto.

Sigle che nascono sull’onda di un portentoso sostegno da parte dell’establishment economico e mediatico, ma poi vanno a scontrarsi con un’indifferenza totale nel Paese reale, che curiosamente obbedisce poco alle indicazioni degli editorialisti del ‘Corriere’.

 

Partito e elezioni

Leggevo di questa cosa che qualcuno preferisce perdere le elezioni per tenersi il partito e ho pensato che è la stortura feroce di quasi tutti i partiti. Davvero.

Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione. Un politico cerca il successo del suo partito; uno statista quello del Paese.

James Freeman Clarke, su Daily Gazette, 1870

 

Signore e signori: Zappalà!

Un provvedimento di confisca beni, e sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per 3 anni è stato sottoposto all’ex consigliere regionale della Calabria, e ex Sindaco di Bagnara Calabra, Santi Zappalà, di 53 anni, condannato in appello a due anni e otto mesi di carcere per il reato di corruzione elettorale nell’ambito dell’operazione “Reale”. Il valore dei beni confiscati ammonta a 14 milioni di euro circa. Zappalà, allora consigliere nelle fila del Pdl, era finito in manette dopo i suoi “incontri” col boss di San Luca, Giuseppe Pelle, grazie ai quali aveva ottenuto una grandiosa affermazione elettorale, arrivndo ad essere tra i primi quattro eletti della tornata elettorale.

Il pensierino della sera, poi Sedriano e poi Ester

Torno da due giorni intensi e bellissimi, tra Napoli e Locri, per respirare la lezione di Giancarlo Siani e l’esempio di Francesco Fortugno. La parola funziona, sì e di fronte abbiamo una sfida bellissima: decidere da che parte stare.

L’ora non è delle migliori per commentare e disquisire di quello che è stato (su Napoli abbiamo messo un po’ di rassegna stampa qui per farsi un’idea) ma non posso non scrivere due righe sullo scioglimento per mafia del comune di Sedriano. In Lombardia. Dove la mafia non esiste e se c’è stata è stata sconfitta. Le gesta del patetico, rissoso, egocentrico e prepotente sindaco Alfredo Celeste ci erano note grazie agli articoli di cronaca.

Ma questa sera, prima di rimettermi a scrivere il mio libro, mi viene da pensare ad Ester, Ester Castano che quando ha cominciato a scrivere di Sedriano è stata trattata come una bambina petulante e allarmista. Mi viene da pensare a quando abbiamo avuto modo di scambiarci due parole sulle sue paure, sul dubbio di essere sbagliata lei in un paese che la viveva con fastidio per quel suo essere giornalista sempre allenata nella curiosità. Mi viene da pensare alle volte che il comandante di stazione dei carabinieri di Sedriano l’ha convocata in caserma con gli articoli fotocopiati dal sindaco mentre si sentiva dire che “era meglio non scrivere”, sgridata come qualche sindaco e qualche maresciallo pensano ancora di potere sgridare questi giovani che non sopportano le mafie, i silenzi e gli asserviti (e un abbraccio enorme questa sera va anche ai ragazzi di StampoAntimafioso).

Mi viene da pensare a lei mentre oggi tutte le televisioni stavano in fila davanti al sindaco che ancora oggi arrogante si permetteva di offrire ai giornalisti aperitivi e caffè parlando con tutti (con il vanto disperato di quelli che capiscono di essere in un cul de sac) tranne che con lei, Ester.

C’è gioventù profumata, in Lombardia.

Domani ne parliamo nella nuova puntata di RadioMafiopoli.