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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Su Boeri

l43-pisapia-boeri-milano-130317222803_mediumNon ho mai particolarmente condiviso alcune scelte di Stefano Boeri. Non ne ho appoggiato la partecipazione alle primarie e non ho apprezzato alcune sue uscite ma c’è un ma: forse sarebbe il caso di sbrogliare la matassa della situazione politica milanese e su Milano città una volta per tutte. E’ ora, ad esempio, di capire attraverso quali canali passi la “partecipazione” che è stata a lungo sventolata nella linea (sempre più sottile) della primavera arancione: se passa attraverso i partiti allora ci venga detto attraverso quali partiti (perché, escluso un “pezzo” del PD, non sembra che ci siano particolari coinvolgimenti per tutti gli altri) o se passa attraverso altri canali forse sarebbe il caso che ci vengano svelati.

Aspetteremo oggi di conoscere le motivazioni ma sicuramente come scrive bene Marina Terragni nevica, in tutti i sensi, sulla primavera arancione.

 

Cosa succede a Cipro

Imbarazzante quello che sta succedendo a Cipro. Dopo la vittoria dei conservatori alle ultime elezioni, come al solito sotto ricatto della bancarotta, il nuovo governo ha firmato un accordo umiliante per il salvataggio da parte della UE. Il bail out, che doveva essere di 17 miliardi di Euro è stato ridotto a 10 miliardi. E da dove sono venuti questi soldi? Una parte da una tassa di quasi il 10% messa sui depositi sopra i 100 mila euro. E fin qui…. soprattutto tenuto conto che molti dei conti correnti di Cipro sono intestati a milionari russi che usano l’isola per evadere le già bassissime tasse russe, si può anche capire.

ciproMa una tassa del 6.75% su tutti gli altri depositi (anche se ora sembra possa essere ridotta ad un più modesto 2.5), quelli cioè sotto la franchigia dei 100 mila euro, è una vera e propria rapina dei piccoli risparmiatori ciprioti. Ora non bastano più solo i programmi di austerity che riducono occupazione e salario, ora bisogna pure pagare per essere “salvati”. L’idea sarebbe quella di far pagare i responsabili invece di chiedere ai cittadini del resto d’Europa di contribuire.

Su Resistenza Internazionale un quadro della stampa estera sulla questione cipriota e l’Europa antisociale.

Giocare al rialzo

tag_cloud_discorsi_boldrini_grasso_50_fotoUn risultato dei primi giorni di questo governo è stato raggiunto: giocare al rialzo della qualità e del coraggio. Comunque la si pensi sarebbe stato impensabile fino a pochi giorni fa vedere Laura Boldrini e Piero Grasso presidenti di Camera e Senato e sarebbe stato difficile immaginare che i temi del finanziamento pubblico, della solidarietà, della riforma dei partiti, del conflitto di interessi e gli altri di queste ultime ore diventassero così collettivi da sembrare davvero maggioranza.

Merito anche al Movimento 5 Stelle che è riuscito comunque a condizionare le scelte e le agende del centrosinistra (che, lasciatemelo dire, con Bersani ha interpretato fino ad ora molto bene il proprio ruolo di rinnovamento delle modalità): ancora una volta un movimento si dimostra migliore del proprio leader.

Ma un merito va (e ne sono felice) all’amico Pippo Civati che ancora una volta ha dimostrato che alzare il tiro è una pratica salutare in politica e più in generale nella vita. Ce lo siamo detti spesso in Consiglio Regionale (ci siamo riusciti molto poco in campagna elettorale qui in Regione Lombardia, a dire il vero) e molti già pregustavano un Civati anonimamente schiacciato in Parlamento dalle dinamiche troppo oscure e dai giochi di palazzo: nel suo blog c’è la cronaca e la progettazione di questi ultimi giorni in modo più analitico e sincero di qualsiasi webcam e c’è una lettera aperta da non lasciare cadere (per tutto il centrosinistra). Buon lavoro.

Galatea su Grillo e la complessità del reale

escher_csg026_encounterLa reazione di Grilo ai primi giorni di “politica” dei suoi è indicativa: dal mondo chiuso del suo blog continua a emanare proclami in linea con la sua visione millenarista, ma che risultano poi in pratica inapplicabili dai suoi “emissari” in Parlamento. I quali si trovano a dover risolvere problemi che probabilmente Grillo non riesce nemmeno a capire perché  guarda da fuori il tutto: votare o no Grasso o Boldrini o astenersi e rischiare un incarico a Schifani? Consentire o no con il voto di fiducia la nascita di un esecutivo Pd o prendersi, negandola, la responsabilità di un “tutti a casa” che significherebbe però un salto nel buio con possibili pesanti ripercussioni economiche degli speculatori ai nostri danni sui mercati?

Stando fuori, Grillo può tuonare e inneggiare alla linea dura: da bravo predicatore millenarista sogna il giorno a venire in cui avendo acquistato il 100% dei consensi non dovrà più mediare su niente ma potrà molto semplicemente imporre la sua visione. E’ una visione utopica, come era utopica la società senza lusso di Savonarola. Ma i suoi che stanno dentro, ora, si trovano nelle peste, perché non avendo quel famoso 100% devono inserirsi in un meccanismo che ha le sue regole. E non, badiamo bene, perché è corrotto, ma perché è democratico.

Grillo da fuori indica come inciuci e tentativi di corruzione procedure che ai suoi occhi sembrano tali – come quella di trovare un accordo preventivo per l’elezione dei Presidenti delle Camere – perché non ha mai avuto esperienza diretta di cosa voglia dire gestire una assemblea democratica. E invece sono, molto semplicemente, prassi necessarie per evitare di impallare ogni possibile decisione e allungare i tempi all’infinito. Da qui le accuse di fare “mercati delle vacche” o gridare alla tentata corruzione per ogni abboccamento istituzionale per costruire una mediazione, da qui l’accusa agli altri partiti di non voler semplicemente votare il candidato proposto dall’M5S perché “è il migliore” (cosa poi tutta da dimostrare, visto il curriculum scarno), non rendendosi conto che in una assemblea democratica il consenso attorno al tuo candidato, quando non ha una sua maggioranza, deve essere costruita con un lungo lavorio di mediazione dietro le quinte.

I “Grillini” già dopo i primi giorni si rendono conto che il meccanismo, che quando lo guardavano da fuori sembrava così semplice da criticare, è invece non complicato, ma complesso, e la sua complessità è però dovuta a esigenze serie. Si trovano pertanto stritolati in mezzo a ciò: da un lato un “capo carismatico” che non avendo alcuna esperienza di gestione politica spicciola emana dei diktat inapplicabili nella pratica, dall’altra una base in fermento, anche questa priva di coscienza di come funziona il meccanismo, che pretende Parlamenti aperti come scatolette e distruzione immediata dell’esistente; dall’altra ancora una platea di gente che ha votato il movimento per protesta, ma pretende che ora gli eletti si adoperino comunque per far funzionare speditamente il sistema. In mezzo i Parlamentari grillini, i quali, per giunta, arrivati nel Palazzo senza una pregressa esperienze di assemblee minori (Comuni, Province ed altro) e privi di un apparato di partito o di un “capo” che sia in grado di spiegare loro e formarli in tal senso, sono abbandonati a se stessi, nel bel mezzo, per altro, di una delle più confuse situazioni della storia repubblicana.

Che dire? Già le votazioni per le Camere hanno dimostrato come nell’universo grillino si odano sinistri scricchiolii, e il post di questa mattina di Grillo, in cui in sostanza si chiede il non rispetto dell’articolo 67 da parte dei Parlamentari e si invocano epurazioni per chi ha votato Grasso, dimostra che una frattura fra Capo Carismatico e Truppa eletta in Parlamento (ma anche fra Capo Carismatico e Base, visto che i commenti al post di Grillo sono poco entusiasti), si sta consumando, con risultati per ora imprevedibili.

Ma non si tratta, e Grillo farebbe bene a prenderne atto, di “tradimento” da parte di un drappello di venduti che hanno perso di vista la causa. Si tratta, semplicemente, di quello che succede quando ci si deve confrontare con la complessità del reale.

Una gran bella analisi di Galatea da leggere tutta (tutta) qui sul suo blog.

Cambiare opinione

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Si dice che soltanto i cretini non cambino mai opinione. E la vita deve avere un debole per noi cretini potenziali, perché ci manda di continuo dei segnali con la posta più celere che conosca: il cuore. La confessione di un figlio, le parole di una canzone, ma anche un gesto raccolto per strada che agli altri non dice nulla mentre a noi ribalta una certezza. Il problema non è cambiare opinione, ma cambiarla in malafede. Il problema non è cambiare opinione, ma non cambiarla in ossequio a un pregiudizio pigro. Sono completamente d’accordo a metà con il mister, disse una volta un calciatore. Allora mi parve una sciocchezza, adesso una perla di saggezza inconsapevole. Ho cambiato opinione.  

Gramellini sul senatore Rob Portman e il suo cambio di idea sui matrimoni tra omosessuali.

Ma tre è molto meglio di uno

almodovar“Prima di giudicarlo aspettiamo i suoi primi atti. Io non l’ho nemmeno visto sul balcone, quindi da regista non posso giudicare la sua interpretazione, non so che sentimenti abbia comunicato: se tenerezza, lascivia, o altro. Putroppo credo che sia un Pontefice continuista, e non è bello: la Chiesa dovrebbe invece cercare di stare al passo col mondo contemporaneo. Ho comunque l’audacia di dare a Francesco due consigli. Primo: per favore, realizza la parità dei sessi all’interno del cattolicesimo, permetti il sacerdozio femminile. Così le donne potranno accedere ai due miracoli più belli: quello del perdono, attraverso la confessione; e quello della consacrazione, con la messa. Secondo: elimina il celibato dei preti, così scompare anche l’infamia degli abusi sessuali. E a questo punto, se va via il celibato, tanto vale dare ai religiosi l’accesso al matrimonio. In tutte le sue combinazioni, che non sono molte, sono tre: uomo-donna, uomo-uomo, donna-donna. Ma tre è molto meglio di uno”.

Pedro Almodovar prova a dare qualche consiglio a Papa Francesco.

Mio fratello galleggia

manduria“Perché hai lasciato il tuo paese?”

Un attimo di silenzio, un po’ d’imbarazzo, poi la risposta:
“C’era la guerra, sono scappato con mio fratello su un barcone, l’ho visto galleggiare morto nell’acqua.”

Come si ascolta una risposta di questo genere?
In silenzio.

– Fernanda, infermiera sul Polibus a Castel Volturno

Orizzonte Universitario intervista Giulio Cavalli

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da OrizzonteUniversitario.it

Giulio Cavalli, inizia la sua carriera di attore nel lodigiano. Dopo anni di teatro la svolta arriva nel 2008, quando debutta con lo spettacolo Do ut Des, spettacolo teatrale su riti  conviti mafiosi. In seguito a questa messa in scena riceverà della minacce di stampo mafioso, a causa delle quali gli verrà assegnata una scorta. Dal 2009 Giulio Cavalli inizia la sua lotta alle mafie sul palcoscenico con Radiomafiopoli, A cento passi dal duomo, e nel 2010 esce il suo primo libro Nomi, cognomi e infami. Nel 2009 è stato ricevuto dal presidente della repubblica Giorgio Napolitano. Dal 2010 è stato consigliere regionale in Lombardia, come indipendente nella lista dell’Idv; oggi aderisce a SEL, è stato nuovamente candidato come consigliere alle regionali 2013, ma alla luce dell’1,8% ottenuto dal suo partito non è stato rieletto.

Funziona tutto al contrario sig. Cavalli? Lei nel suo teatro ha iniziato a parlare della mafia, e ad accorgersene non è stato il ceto civile del nostro paese (questo si che non sente, non vede e non parla), ma, paradossalmente, la mafia stessa. I primi a venire a teatro sono i figli di quei mafiosi che, come dice lei, non azzeccano un congiuntivo nemmeno per sbaglio. Questi guardano il suo spettacolo  e poi la minacciano, e così la minaccia diventa la prima vera pubblicità della sua attività. E le jeux son fait!

Effettivamente sembra che le mafie abbiano una sensibilità che le antimafie scoprono sempre un secondo troppo tardi. Per questo abbiamo ritenuto importante ritirare da subito lo spettacolo “contestato”, per evitare un perverso gioco di vouyerismo. Bisognava subito spazzare il campo da eventuali occasioni di lucro. Ma è importante ricordare sempre che chi ti minaccia sa benissimo che la prima cosa che si accende, nell’opinione pubblica, è il sospetto, che spesso diventa motivo isolamento per l’artista.

Ho sentito Saviano dire che la colpa di “quelli come voi” è di essere ancora vivi, di questo in fondo vi accusa la gente. Altra frase che mi ha colpito  è che “quelli come voi”, agendo, mettono in crisi l’intera comunità circostante, che riconoscendovi dei meriti verrebbe a sentirsi in difetto: “sporca” per non aver fatto altrettanto. In realtà la penso diversamente. Secondo me quello che non vi viene perdonato è la popolarità che avete acquisito, con questa “storia delle mafie” siete diventati dei veri e propri vip.

Non credo che la nostra colpa sia quella di essere vivi. Su questo non sono d’accordo con Saviano. Piuttosto la colpa può essere la tentazione di raccontarsi piuttosto che raccontare, e allora certo si cade in un’autocelebrazione che credo interessi poco (se non ai fans, ma le mafie non sono temi da isterie celebrative, sono punti di democrazia e Costituzione). Poi credo che un Paese in cui chiedere  legalità e normalità porta ad essere un’eccezione è un Paese che dovrebbe interrogarsi. Non è la media del coraggio o dell’onestà a definire i limiti consentiti. Certo questa storia di minacce e scorte è un vizio tutto italiano di questi ultimi anni, che assomiglia per alcuni meccanismi alla banalità del Grande Fratello dell’antimafia. In Italia ci sono quasi ottocento persone sotto scorta, mica solo quelli che finiscono sotto i riflettori. E tra l’altro siamo la nazione che dimentica spesso i testimoni di giustizia (coloro che hanno semplicemente avuto la sfortuna di essere testimoni di un reato e hanno avuto l’onestà intellettuale di denunciarlo) e per sopravvivere devono sparire piuttosto che finire sotto luci della ribalta.

Sig. Cavalli: teatro, televisione, giornali….ora anche la politica. E la ‘ndrangheta è sempre il tema principale, forse l’unico. Lo stesso vale per Saviano con la camorra (e mi scusi se ripropongo ancora questo  parallelismo). Sembra che il contatto, quello vero, diretto, con la malavita segni un punto di non ritorno. La mafia diviene argomento radicale della vostra vita, non c’è più spazio per altro. E’ come se vi fosse stata affidata una missione. E’ come se arrivare a conoscere davvero la mafia sia un pò come arrivae a conoscere davvero Dio.

Diceva Falcone che nella lotta alle mafie ci capiti per caso e per destino. In realtà non credo di occuparmi solo di mafie (basta seguirmi non solo sulle riviste patinate). Lavoriamo per la libertà e per la democrazia. E le mafie sono tra i nemici più pericolosi.