Vai al contenuto

Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Una precisazione

Tanto per capirsi. Leggo che avrei messo in collegamento la morte di Giovanni Sali con “calabresi nel quartiere”. Falso. Una bufala che nasce da un copia e incolla di discorsi molto diversi. E mi spiace, perché le ipotesi si costruiscono con le indagini e non con le interviste e opinioni scritte un po’ maldestramente.

Smentisco caterogicamente.

Una nuova Lombardia #davvero /3

Discontinuità: lo sto ripetendo spesso e dappertutto in questi giorni. La Lombardia ha bisogno di discontinuità con il passato e soprattutto con il futuro che il Celeste aveva programmato e ha lasciato come impianto per i prossimi anni. Una discontinuità che non sia solo nei comportamenti (troppo facile una campagna elettorale sul “non rubare” che spinge alla pacca sulla spalla piuttosto che a un disegno di speranza) ma che sia politica, quasi eversiva nella legiferazione (oh mio dio, eversiva, che comunista!) che tolga le buone pratiche dal cassetto e le accenda in giro per la Regione.

Tra le proposte arrivate in discussione sulla nostra piattaforma Lombardia #davvero:

La riconversione urbanistica della Rhur ha consentito in Germania di creare nuovi posti di lavoro, di migliorare l’ambiente in una delle zone più inquinate tedesche e di all’allargare l’offerta turistica e culturale, nonché migliorare la mobilità.

Perché non farlo anche in Lombardia, invece di costruire i soliti inutili palazzi che rimangono sempre vuoti?

E ha ragione Saverio quando prende ad esempio la maggiore area industriale della nord Europa. la Rhur:

Negli ultimo decennio la Ruhr ha subito il più esteso e articolato piano di riconversione urbanistica del continente con risvolti molto positivi su di un ambiente deteriorato dalla passata industrializzazione e un deciso miglioramento dello stile di vita dei suoi numerosi abitanti. Perché la Ruhr fu il fulcro della metallurgia grazie a giacimenti di ferro e di carbone rinvenuti a pochi centimetri della superficie e al genio dei pionieri dell’industria tedesca: la famiglia Krupp in primo luogo. A vent’anni dalla crisi della siderurgia, fabbriche, miniere, silos, centrali elettriche, mulini, bacini fluviali e gasometri sono stati trasformati in musei, arene, teatri, piscine, acquari e centri commerciali. Le politiche per la riduzione di polveri sottili ed emissioni di CO2 sono state accompagnate dal rimboschimento di ampie aree. La metropoli che aggrega le città di Essen, Duisburg, Dortmund e Oberhausen – dominata dalle ciminiere, servita da una griglia di autostrade e popolata da cinque milioni e mezzo di abitanti – ha riscattato il suo grigio passato per diventare la nuova frontiera di arte e intrattenimento.

Un polo che attrae ogni anno milioni di turisti da Germania, Olanda, Belgio e Francia. Ma non ha dimenticato le sue origini nel lavoro. A Dortmund c’è il Dasa, il più grande museo del mondo dedicato a sicurezza e antinfortunistica. Paradossalmente, il migliore esempio di divulgazione sul tema degli incidenti sul lavoro si trova a pochi km dal quartier generale delle acciaierie Thyssen-Krupp, responsabile della tragedia di Torino. Non possono dire che non sapevano, che non erano informati!

L’intervento più singolare nella zona è quello del gasometro di Oberhausen, adibito a gigantesco centro espositivo con un osservatorio a 170 m di altezza. Nei dintorni sono stati realizzati il maggiore acquario tedesco, un luna park, un’arena, uno shopping centre e una promenade con ristoranti, bar e discoteche. L’opera urbanistica più interessante è quella del porto fluviale di Duisburg, ridisegnato da Norman Foster come borgo residenziale sull’acqua: nell’ansa del canale, diviso da una diga, è stata ricavata un’arena e il maggiore mulino è stato adibito a museo d’arte contemporanea. All’altro lato di Duisburg, l’ex ferriera Meiderich è ora il Landschaftspark con teatri, ristoranti, negozi, area espositiva, palestra di roccia sulla parete di un silos e piscina per immersioni in un gasometro. Ma il capolavoro della Ruhr è la Zollverein di Essen: la maggiore miniera di carbone d’Europa, dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità, convertita in un centro multifunzionale. Nella fornace Norman Foster ha allestito il Red Dot Design Museum. In altri edifici sono stati ricavati centro congressi, fiera, teatri, film studio e bistrot. Nel corpo centrale il percorso della lavorazione del carbone è stato affiancato da spazi espositivi.

Viene da pensare allo stesso progetto su Arese nella zona ex Alfa Romeo o nel bresciano o nelle tante aree dismesse. Viene da pensare ad una Lombardia che non lasci suolo intentato,  che veda sul cemento ciò che non sembra immaginabile. Viene da pensare ad una inimmaginabile Lombardia. Davvero.
ps: proponete, diffondete e fate proporre qui.

Al San Raffaele le macerie si chiamano tagli

Direbbe Vik che in fondo il segreto è di restare umani. Umani per non perdersi dietro le voci di candidature, di primarie e di tutto quello che si rincorre nei giornali di questi giorni mentre ancora non sono usciti i contenuti e rimangono a galleggiare solo le opinioni (quanto è credibile questo, quello, i capelli lunghi, il figlio di, l’attore, i moderati e tutto il resto su cui oggi comunque avremo modo di tornare).

Però succede altro in questi giorni di parole e piogge, come racconta il Corriere:

Presidio permanente dei sindacati e dei dipendenti del San Raffaele per protestare contro i 244 licenziamenti previsti dalla proprietà (il gruppo della famiglia Rotelli). Dopo una riunione in aula sindacale, dall’Rsu annunciano «una forma di lotta che durerà il tempo di tutta la trattativa». Giorno e notte. Obiettivo della protesta è far «ritirare la procedura di licenziamento per salvaguardare l’eccellenza dell’ospedale». Il piano del San Raffaele (definito un «attacco frontale» dai sindacati) punta ad un risparmio di circa 10 milioni. Le precedenti proposte erano state respinte, tra cui quella di una riduzione degli stipendi del 10%.

Il tema del San Raffaele è il cuore del formigonismo che ha mostrato tutte le sue lacune: non solo in un fallimento politico che ha frantumato la politica Lombarda ma una macelleria sociale di lavoro e lavoratori. Perché se il San Raffaele garantisce “eccellenza” senza tenere conto dei lavoratori, dei bilanci, dell’etica nei rapporti con la politica, della cristianità nelle proprie azioni tra dirigenti allora dovrebbero spiegarmi di che eccellenza si tratta. Ma davvero.

Se un tuo custode muore di passaggio

Faccio una premessa. Secca: tutto questo essere prosaici su scorte e scortati mi ha sempre provocato la pelle d’oca. Più  che altro perché l’umanità delle scorte è sempre sporca e sconcertante: non ha poesia, non ha eroismi ma è sudore, rabbia, grattarsi, sopportarsi poco e male per tutto il tempo costretti a passare insieme e l’abitudine alla paura che diventa un vestito che stringe sul cavallo e sembra uno di quei vestiti da cerimonia che odi appena indossi.

Insomma forse questo articolo sarebbe meglio non scriverlo nemmeno e andare tutti a dormire con un dolore a cui avremmo dovuto fare l’abitudine in tutta questa mareggiata di tristezze di rimbalzo.

Potrei anche scrivere che Giovanni era un eroe o un amico del cuore. Oggi che è rimasto ucciso amazzato per terra a Lodi sarebbe un trofeo da cacciatori di sensazioni.

Semplicemente, e tragicamente banale, sarebbe da dire che oggi è rimasto morto ammazzato un uomo che ha passato qualche mezza giornata a tenere gli occhi aperti per passeggiare con gli occhi bassi io, i miei figli, e tutti queli che ci dovevano costruire una passeggiata. Giovanni Sali ha prestato servizio per la mia tutela come fanno quotidianamente in molti di Lodi e provincia. Gente che non ama i flash, che non sta lì a pensare alle posture buone per i giornali ma che pensa semplicemente di tornare a casa anche questa sera e la prossima.

Gente che mi vede grattarmi, incazzarmi, ridere, piangere, amare, disperare, avere fame, sete, sonno o avere il dubbio di cosa avere. Gente che convive nel senso che vive “con”. Persone con una dignità che fissa i paletti della professione e si mette la vita e le proprie nevrosi in tasca per provare a gestire e difendere le mie. Gente che cambia posizione tra pubblico o privato, che studia gli spigoli degli spazi, che interroga le facce, che si impegna a sparire appena un dolore o una gioia ha uno angolo appuntito e diventa quindi “personale2 eppure “in servizio”. Carabinieri che sono gli argini di una quotidianità in sicurezza. Niente di poetico, per carità: uomini che in punta di piedi sono le tue sentinelle, in punta di piedi, sulla propria pistola.

La morte di Giovanni è un infarto di questo ecosistema di conviventi che mi difendono per difendersi e rimangono silenziosi ai margini per avere la misura dei confini.

E importa poco che sia lui. Siamo noi. Un pezzo di quello stagno malato che ci portiamo in giro fingendoci sani.

E mancherà. Giovanni. A tutti.

 

Una nuova Lombardia #davvero /2

Cominciano ad arrivare le proposte sulla nostra piattaforma Lombardia #davvero mentre continua serrato il lavoro sul programma e l’opera di “spulciamento” della carta d’intenti delle primarie. E’ l’impegno che ci siamo presi di alzare i contenuti senza preoccuparci dei toni; suona “nuovo” ma dovrebbe essere sempre stato così se non fosse che ci siamo persi dietro formigonismi, trofismi, minettismi dimenticanto il fallimento politico dietro il sistema sanitario, nell’architettura delle funzioni di controllo e nella “disponibilità possibile” ai dialoghi con la criminalità organizzata.

Perché Formigoni non se n’è andato come credono in molti ma è tutto teso al mantenimento di un “sistema Lombardia” che ha ancora troppe promesse da mantenere da qui all’Expo 2015 e deformigonizzare la Lombardia non può che non passare da una “ripubblicizzazione” reale della regione. Ed è un lavoro da chirurgo ed artigiano insieme: chirurgico nell’analisi di ciò che è stato destrutturato (e qualche volta verrebbe da dire “distrutto”) dalla sanità alla scuola e i lavori pubblici fino alle pieghe più nascoste come Arpa, Genio Civile e molto altro e artigiano per l’umiltà che richiede nell’analizzare senza la sicumera di certi analisti.

Innanzitutto sarebbe il caso che la Lombardia cambi strada. Lo scrive Simone sulla nostra piattaforma di discussione: la Lombardia ha bisogno di ripensare completamente il modo in cui i suoi cittadini si muovono. Gli spostamenti nelle aree urbane, quelli dalle periferie al centro e quelli da città a città dovranno affrancarsi dal paradigma autocentrico, al quale la politica deve opporre un’alternativa vera, razionale, credibile: la Mobilità Nuova, ispirata ai risultati degli Stati Generali della Bicicletta e della Mobilità NuovaLeggendo il documento (che ha già tutto quello che serve per un metodo che dagli enti locali arriva fino al governo nazionale in un percorso di solidarietà per la mobilità dolce che ci piace molto) non ho potuto non pensare alla Lombardia 2.0 pensata da Legambiente Lombardia (il manifesto lo trovate qui) che abbiamo discusso qualche giorno fa a Milano. Nel capitolo mobilità scrive Legambiente (con tempi dei verbi in un presente imperativo che rende giustizia all’urgenza della sfida):

  • nella Lombardia del futuro ci saranno meno automobili, ma più libertà di movimento per le persone. Circoleranno meno TIR, ma le merci viaggeranno, nella misura in cui è necessario, all’interno di una filiera logistica industrializzata e ottimizzata. Le linee ferroviarie disporranno delle capacità necessarie a far fronte ad un aumento della domanda di traffico merci. I costi della mobilità, inevitabilmente, aumenteranno, ma politiche di trasferimento distribuiranno tale aumento a vantaggio dei modi di trasporto energeticamente più efficienti e ambientalmente performanti. Tutte le città si doteranno di misure di governo e riduzione della congestione da traffico, aumentando la sicurezza di tutti gli utenti della strada, e l’accesso allo spazio urbano da parte degli utilizzatori ciclo-pedonali 
E allora cominciamo a muoverci dalla mobilità, che suona anche meglio, perché, l’ha spiegato il presidente di Legambiente Lombardia alla sua assemblea, non si può avere un’idea di governo senza avere un’idea di Lombardia. E immaginare una Lombardia di autostrade e auto è miope nel migliore dei casi e colluso con tutti gli altri. Un po’ di presbiti ci fanno bene per scrivere il programma. Un programma presbite che veda lontano e da lontano. Si nota la differenza, no?
ps per idee e suggerimenti basta andare qui.

Una nuova Lombardia #davvero costruiamola insieme

Perché quello che vogliamo fare ce l’abbiamo in mente da un bel pezzo (qui, per dire, erano anni fa e le idee erano già chiare). Perché la mia attività consiliare è la sindone di un progetto che ha bisogno di essere allargato e diventare un pezzo di una partecipazione molto più grande e anche l’attività di Chiara Cremonesi indica linee guida precise e perché SEL proprio in questi giorni ha aperto il cantiere per il programma.

Ma le idee sono diffuse e le proposte molteplici. La Lombardia che vogliamo non ha bisogno di meri amministratori ma di rivoluzione e discontinuità, e se il termine rivoluzione suona troppo poco moderato potremo dire che sarebbe ora di un prepotente evoluzione. Senza paura.

E allora, in tempi di democrazia partecipata più detta che fatta, abbiamo aperto una piattaforma semplice semplice: Lombardia #davvero è il luogo delle proposte (e, perché no, delle proteste se costruttive) da cui partire. E’ un lancio, un’integrazione continua, una discussione sempre aperta senza posizione pregiudiziali, è un confronto teso alla soluzione migliore: è politica. Davvero.

Proponete, diffondete e fate proporre qui.

Se le primarie le vince l’omino nella testa

Allora sarebbero tutti felici e contenti: facciamo le primarie e accendiamo la partecipazione ma con l’impegno di mettersi d’accordo prima di passare dal via.

Potrebbe sembrare uno scherzo ma non lo è: la sensazione che la sfortuna si abbatta contro chi vorrebbe abbattere le primarie rende tutto più patetico del previsto. Ci dicevano che le primarie si sarebbero fatte ma c’era il problema della data. Bene, ora il problema data non esiste più: il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri conferma che le elezioni regionali di Lazio, Lombardia e Molise si terranno in un unico giorno, e che la prima data utile per il voto è il 27 gennaio. Peccato, alibi caduto.

Qualcuno dice che io e Pippo Civati stiamo giocando sporco fuori dalle segreterie dei partiti (guarda la coincidenza ne parla proprio qualche minuto fa Pippo qui) e cercando di colpirmi coglie proprio nel segno: se il “patto civico” sono primarie controllate, beh, noi giochiamo ad un’altra cosa, perché lo scrivevo nel 2010 (un’era politica fa, a pensarci bene) che sarebbe il caso di lasciare le primarie alle primarie e dispiace proprio vedere alcuni dei protagonisti di quel tempo che improvvisamente stanno con fare da sentinella a chiudere le finestre perché non ci sia vento. E sembra quasi che il vento voglia essere corrente e poco più.

Qualcuno dice che la lista arancione, il colore arancione, la politica arancione, il candidato arancione e finanche i diritti d’autore sono proprietà privata: probabilmente l’assessore D’Alfonso è talmente monocromatico da essere diventato monocratico. Ma Pisapia l’ha smentito in 24 ore, per dire. L’operosità milanese.

Qualcuno continua a rilasciare interviste su di me per dire che sono bravo, simpatico, ho degli occhi belli, intelligente, antimafioso e poetico e quindi conviene convergere su Pizzul. Qualcuno dice che Civati è bravo, simpatico, ha degli occhi belli, intelligente, antimafioso e poetico e quindi conviene convergere su Pizzul. Oggi pomeriggio spuntano anche quelli che dicono che Civati e Cavalli insieme sarebbero vincenti e credibili ma non è questo il modo e quindi conviene convergere su Pizzul.

Qualcuno dice che ce l’abbiamo con Pizzul perché chiediamo partecipazione, che serve un nome unitario e per comodità lo decidono loro.

Oggi su Pubblico (qui l’intervista se avete tempo e voglia) chiarisco che le primarie sono un segnale di coraggio e immagino la capacità di osare. Osare per la Lombardia e non per sé stessi (ed è l’accusa che mi arriva da più parti). Per questo penso che le sorprese ci saranno. Alla luce del sole, senza fermarsi al dialogo con le paure del proprio omino nella testa ma dialogando fuori, con la gente, per davvero. Noi facciamo così.

Il fatto non sussiste: SEL e Vendola sì.

Assolto, non Montiano, in discontinuità, fiero della tutela delle fragilità, umano e politico: Vendola e SEL ci sono, fatevene una ragione.

Vendola è arrivato in tribunale pochi minuti prima delle 9,30. Al suo fianco, il compagno Ed Testa: è una delle prime volte che la coppia appare insieme in un’occasione ufficiale. “Non c’è stato verso” ha sorriso il governatore riferendosi alla presenza del fidanzato, che per carattere normalmente si tiene da sempre lontano dai riflettori. Sulla decisione di ritirarsi dalla vita pubblica ha spiegato: “Quello che avevo deciso era sincero: non avrei potuto esercitare le mie pubbliche funzioni con quel sentimento dell’onore che è prescritto dalla Costituzione. Mi sarei ritirato dalla vita pubblica”. Poi ha aggiunto: “Per me non era e non è mai in gioco soltanto una contestazione specifica rispetto a cui penso di poter documentare l’assoluta trasparenza dei miei comportamenti. Ho vissuto un’intera vita sulle barricate della giustizia e della legalità. Oggi mi è stato restituito questo”.

A proposito di candidati e di programmi – Byoblu intervista Giulio Cavalli

di Valerio Valentini (da Byoblu.com)

Il voto in Sicilia ha aperto le danze. Da qui alle elezioni nazionali del 2013, si delineerà la fisionomia della nuova classe politica. Il prossimo appuntamento saranno le consultazioni elettorali in Lombardia, terra di ‘ndrangheta e di corruzione. E anche lì, a giudicare dallo sfacelo prodotto da Pdl, Lega, Pd e Cl negli ultimi vent’anni, i cittadini esprimeranno un giudizio severo nei confronti dei politicanti che torneranno a infestare le strade con i manifesti pieni di vane promesse. La Lombardia era una delle zone più ricche e avanzate d’Europa, ed è stata consegnata da una politica oscena alle cosche e ai palazzinari dediti al narcotraffico e alla speculazione edilizia.

Eppure, di fronte a queste macerie, c’è chi ha deciso di proporre un riscatto ai cittadini lombardi. Si tratta di Giulio Cavalli, che è ormai un ospite ricorrente del blog, e che sta lanciando in questi giorni la sua “rivoluzione”. Che poi è anche quella di tutti noi, che ancora crediamo in un’Italia diversa.

Giulio Cavalli, quindi hai deciso di candidarti per l’elezione a governatore della Regione Lombardia. Davvero?

Abbiamo deciso (e uso il plurale perché siamo in tanti: pezzi consistenti dei partiti ma non solo, cittadini, comitati, professionisti e associazioni) che non possiamo permetterci di non cogliere questa grande occasione di ripensare completamente la Lombardia, di uscire dal tranello di questi ultimi diciassette anni che ci hanno convinto che questo sia l’unico modello di gestione politica possibile. Abbiamo deciso che oltre a buoni amministratori, la Lombardia ha bisogno di una fantasia rivoluzionaria. Se non una rivoluzione, una prepotente evoluzione verso una Lombardia laica, che si ripensa sulle infrastrutture, che rimette al centro le persone prima delle cose. Per rispondere alla tua domanda, quindi: sì, davvero!

Dunque, una candidatura che cerca di aggregare una larga parte di quella società civile – in particolar modo composta da giovani – disgustata dalla politica attuale, che magari gravita intorno a movimenti creati dal basso o che addirittura rischia di confluire nel sempre crescente partito dell’astensionismo.

Certo. Se la politica non riesce ad accendere la speranza e non riesce a raccontare una visione rivoluzionaria del futuro è semplicemente autopreservazione dello status quo. E ormai i cittadini non sono più disposti a non accorgersene o interessarsene.

Ma è una candidatura, la tua, che dovrà tener conto dell’iter pre-elettorale che il centro-sinistra deciderà di intraprendere. Quali sono le prospettive in tal senso? Sai già azzardare date e candidati di eventuali primarie di coalizione?

Credo che le date siano più o meno in linea con quelle delle primarie nazionali. Anzi, secondo me sarebbe il caso di sfruttare i seggi e la partecipazione di quelle primarie per accorparle a quelle regionali, ma la discussione è in corso. Sui candidati circolano i nomi di Pizzul per il PD, Zamponi con IDV e la Kustermann per i cosiddetti “arancioni” (i quali, vale la pena ricordarlo, qui a Milano sono legati all’ex socialista D’Alfonso, che di arancione ha solo il colore).

Veniamo ai progetti che hai in mente per attuare una vera rivoluzione. La Giunta Regionale è di fatto crollata a causa di ‘ndrangheta e corruzione. Per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata, che ormai in Lombardia nessuno può permettersi di ignorare, la tua esperienza personale è una garanzia. Ma quali sono tre provvedimenti concreti che adotteresti il giorno dopo la tua eventuale elezione, per arginare lo straripante potere delle cosche?

Adottare il codice etico europeo che non è ma stato messo in pratica in Italia, una legge anticorruzione e una commissione antimafia permanente.

Sul modello di quella milanese presieduta da Nando Dalla Chiesa?

No, io preferisco una commissione consigliare: la politica si deve prendere la responsabilità politica delle proprie azioni. Gli esperti sono una risorsa importante a disposizione, ma le soluzioni sono legislative.

E come sarebbe un’ipotetica legge anti-corruzione lombarda varata dalla giunta Cavalli?

Prevedrebbe innanzitutto una diversa pianificazione urbanistica: nuova legge sul consumo di suolo, niente aree commerciali ma zone boschive intorno alle infrastrutture; e poi appalti con obbligo di videosorveglianza della movimentazione terra, recupero del costruito, responsabilità dei funzionari e decentramento dei poteri (e controlli) dalla Giunta verso il Consiglio. Tanto per dirne alcune.

E sulla vicenda Expo? Come si muoverebbe quella stessa giunta Cavalli?

Ripensandolo profondamente. Costruire il minimo indispensabile, rivendicare il ruolo agricolo della Lombardia e cogliere l’occasione per edilizia pubblica e servizi ai comuni ospitanti. Meno cemento e più servizi che non abbiano bisogno di essere riconvertiti. E poi concentrarsi sul tema coinvolgendo il mondo della cultura e dei saperi lombardi piuttosto che gli edificatori.

La cultura, appunto. Il Teatro Valle di Roma è autogestito ininterrottamente dagli artisti da circa due anni. Anche a Milano, nel maggio scorso, gli artisti di Macao hanno cercato di appropriarsi di spazi abbandonati per farne luoghi di cultura e di spettacolo. Un uomo di teatro come te, quali idee ha in mente per riportare la formazione e l’arte al centro della politica?

Le risorse. Finché non riusciamo a pensare alla cultura come ambiente di occupazione e produttività rimarremo incollati a questa visione della cultura e dell’arte come testimonianza. Per quanto riguarda il mondo del teatro, ad esempio, in Lombardia ci sono migliaia di professionisti che il mondo ci invidia. Bisogna costruire una rete teatrale che riparta dalle esperienze storiche ma che riesca ad abbracciare le nuove realtà (penso alle residenze teatrali, alle nuove compagnie di danza, agli interpreti delle arti visive e molto altro) e che voglia essere anche meno milanocentrica. C’è una legge sullo spettacolo da ripensare completamente che non tiene conto degli ultimi vent’anni.

E’ una grande responsabilità, quella che intendi assumerti. In bocca al lupo.

E’ una generazione intera che deve spendersi. Quindi in bocca al lupo a noi.