Vai al contenuto

Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Gli ignoranti furbi e i fessi intelligenti

No, parlo dell’ignoranza equivalente al niente, quella arrogante e presuntuosa. Quella di chi sa di non sapere e agisce come se non sapesse di non sapere. Lo stato di ignoranza cui faccio riferimento è dunque dell’uomo che sa di non sapere eppure si comporta come un depositario assoluto della conoscenza. Questo ultimo genere di uomo è il peggiore e rappresenta l’ignoranza equivalente al niente. Molti disastri sono generati dall’azione di questi uomini, maschi o femmine che siano. Questo tipo di uomo manca di coscienza e di verità, per dirla con i socratici. Ma non manca di intelligenza. Chi accetta incarichi che richiedono esperienza e conoscenza di una materia sapendo di non avere né esperienza né conoscenza, è un ignorante equivalente al niente il quale manca di coscienza e di verità.

Leggevo questa mattina l’editoriale di Michele Finizio e ripensavo a quello che scrivevo di Prezzolini. Eccola la rottamazione urgente: l’etica come priorità. L’etica e l’onestà.

Le bestialità di Feltri

Di oggi non sono commendabili. Per igiene intellettuale, almeno. Però l’ha fatto Francesco qui sul sito di Non Mi Fermo. E c’è riuscito bene. Perché qualcosa, tra la noia di questo argomento “mafia” e gli aperitivi in centro a Milano, non quadra perfettamente. Forse, almeno questo, lo si potrebbe riconoscere.

Vittorio Feltri illustrato da Pep Marchegiani. Le altre illustrazioni di Pep Marchegiani le trovate all’indirizzo http://www.facebook.com/album.php?page=1&aid=99866&id=98545761244#/pages/Pep-Marchegiani/98545761244

‘Il film nero’ di Mancuso e Placella

Un radiodocumentario musicale. Sulla mafia, per di più. Perché la musica e le voci possono almeno tenere viva l’urgenza di avere risposte su una storia che non ne vorrebbe dare. Su Paolo Borsellino e tutto quello che è Stato. Se avete il tempo di mettervi comodi vale la pena ascoltare il lavoro di Giovanni Mancuso e Gianluigi Placella.

 


Il Film Nero
a vent’anni dalla strage di Via D’Amelio
19 luglio 1992 19 luglio 2012
risposte senza domande a domande senza risposte

radiodocumentario musicale
di Giovanni Mancuso e Gianluigi Placella

con le voci di

Salvatore Borsellino
Benny Calasanzio Borsellino
Letizia Battaglia
Giulio Cavalli
Antonino Di Matteo
Antonio Ingroia
Giuseppe Lo Bianco
Petra Reski
Piero Ricca
Giovanbattista Tona

Il ‘meraviglioso panino alla porchetta’ dell’UDC per le buone vacanze

Dico, mentre la politica italiana si contorce dolorosamente nell’inseguire l’UDC, farla digerire ai dirigenti e agli elettori, mentre Pippo e gli amici del PD cercano di tenere la barra dritta su alleanze che abbiano un senso, mentre alcuni vogliono incassare il colpo dell’aut aut di Casini “mai con SEL e IDV“, mentre i dirigenti (anche lombardi) ci dicono che bisogna inseguire il centro per vincere, perché è indispensabile e mentre sembra che la classe dirigente del centrosinistra non sappia pensare ad un’alternativa che non passi per forza dal centro, mentre anche il PDL vorrebbe provare a ricucire, loro cosa fanno? Loro, i più inseguiti, corteggiati del momento, come vivono il momento storico? Ti aspetteresti che si armino per un’estate di trattative, dibattiti e confronti. Una cosa del genere, no? No.

Chi ha visto A 100 PASSI DAL DUOMO

Giuseppe Piromalli

Si ricorderà, forse, di Aldo Micciché. Un faccendiere di altri tempi che nei modi ha anticipato quelli dei giorni nostri e che tra i suoi tanti amici ne aveva due in particolare: Marcello Dell’Utri e Pino Piromalli.

I Piromalli sono tra le famiglie più forti del panorama calabrese ed erano molto preoccupati mentre cercavano una soluzione per alleggerire il regime carcerario del loro Pino.

il 31 marzo del 2008, a cento passi dal Duomo, nel suo ufficio Marcello Dell’Utri ascolta le preoccupazioni che riguardano zio Pino e promette di attivarsi chiedendo in cambio un forte appoggio elettorale.

Cosa Nostra e ‘ndrangheta: Marcello è uno che non ha il palato fine, contano solo i voti al chilo.

Beh, ora l’hanno arrestato. E, come scrive bene il Corriere,

Aldo Miccichè nonostante viva a Caracas ha sempre mantenuto i contatti con il mondo politico italiano. Per cercare di accontentare i Piromalli, infatti, il faccendiere chiama più volte il ministro di Grazia e Giustizia dell’epoca Clemente Mastella e tutto il suo entourage per cercare di sbloccare la questione del 41 bis di Piromalli. Ma sono tanti i contatti con esponenti di primo piano della politica nazionale sia di centro destra che di centro sinistra. La sua carriera politica nasce nel 1980, quando diventa segretario provinciale della Dc. Giornalista, negli anni ’80 diventa direttore dei quotidiani Italia Sera e Eco Sud. Nel 1987 iniziano per Miccichè i guai giudiziari. È coinvolto in un’inchiesta per un finanziamento di 800 milioni di lire ottenuto da una banca svizzera con una documentazione falsa. Le cronache del tempo lo legano anche alla banda della Magliana.

Ah, a proposito, il brano di A 100 PASSI DAL DUOMO diceva così:

Ne sa qualcosa, naturalmente, anche Marcello Dell’Utri, inventore di Forza Italia e senatore Pdl eletto a Milano. La condanna in primo grado a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa si riferisce ai suoi rapporti con Cosa nostra, presso cui era, secondo la sentenza, ambasciatore per conto di «un noto imprenditore milanese». Ma ora una nuova inchiesta indaga anche sui suoi rapporti con gli emissari della ‘Ndrangheta: un altro imprenditore, Aldo Miccichè, trasferitosi in Venezuela dopo aver collezionato in Italia condanne a 25 anni per truffa e bancarotta, lo aveva messo in contatto con la famiglia Piromalli, che chiedeva aiuto per alleggerire il regime carcerario al patriarca della cosca, Giuseppe, in cella da anni. Alla vigilia delle elezioni, Miccichè prometteva a Dell’Utri un bel pacchetto di voti, ma chiedeva anche il conferimento di una funzione consolare, con rilascio di passaporto diplomatico, al figlio del boss, Antonio Piromalli, classe 1972, imprenditore nel settore ortofrutticolo con sede dell’azienda all’Ortomercato di Milano. Sentiva il fiato degli investigatori sul collo, Antonio, perché è sempre stato sensibile alle correnti d’aria Infatti tanto lascia aperta la finestra che è arrestato a Milano il 23 luglio, di ritorno da un viaggio d’affari a New York. È accusato di essere uno dei protagonisti della faida tra i Piromalli e i Molè, in guerra per il controllo degli appalti nel porto di Gioia Tauro e dell’autostrada Salerno-Reggio.

Tocca aggiornare lo spettacolo, ormai. Ed è un piacere.

Diritto alla solidarietà

In tutti i campi. Ne parlavamo ieri e leggere il pezzo di Eugenio Occorsio ce lo conferma:

ROMA — «La parola d’ordine è solidarietà. Bisogna dare ai Paesi più indebitati, Italia, Spagna, Grecia, la possibilità di rinegoziare, allungare, rimodulare, i debiti. Ovviamente senza interrompere il corso delle riforme, ma senza forzature. Non c’è altra strada. Altro che fiscal compact. Con il rigore non si va avanti». James Galbraith, 60 anni, docente all’Università del Texas, ha un ruolo di primo piano fra gli economisti liberal americani così come lo aveva il padre, John Kenneth Galbraith, esegeta della crisi del ’29, organizzatore del piano Marshall, consigliere di Kennedy.
Anche Galbraith junior conosce l’Europa e ne interpreta i machiavellismi con arguzia: «Non sarei rassicurato dalle affermazioni di Draghi. Quando un banchiere centrale sente il bisogno di fare annunci così decisi, lo fa perché la situazione è drammatica».
Perché si è arrivati fin qui?
«Per incapacità o cattiva volontà, temo tutte e due. La chiave è in Germania. Ci sono forti gruppi interni, politici e finanziari, che l’euro l’hanno maldigerito e non perdono occasione per ostacolarlo. E poi ce ne sono altri, è il vero guaio, molto potenti, ai quali va benissimo una situazione di incertezza come questa. Pensate agli esportatori tedeschi. O alle banche: quando gli capiterà un altro periodo di tassi così bassi e nel contempo così alti in Paesi “fratelli”, con le possibilità di arricchirsi che ciò comporta? C’è pure, sotteso a tutto questo, un malinteso orgoglio tedesco per essere arrivati al vertice, aver riassorbito la Ddr, aver conquistato la leadership. Senza troppa voglia di dividerne i frutti».

Minetti(ti), quando era come Nilde Iotti

Commentando le dichiarazioni di Daniela Santanché che l’ha definita “inadatta alla politica” Nicole Minetti replica: “Mi domando se è la stessa Santanché che una volta mi paragonò a Nilde Iotti. Per carità, cambiare opinione è legittimo. Io comunque non mi sento finita”.

Servi che si incartano tra le parole servili. Senza nemmeno un filo di vergogna.

Fare gli Hollande con lo spread degli altri

Nel panico sempre più vicino, invece, il differenziale tra i titoli di Stato francesi e quelli tedeschi continua a scendere. Da quando c’è un socialista all’Eliseo il calo non si arresta: ora lo spread è a 85 punti base in discesa continua dal 15 maggio – qua il grafico – giorno in cui il nuovo presidente si è insediato.

Eppure Hollande parla apertamente di politiche espansive: ha promesso un piano per l’assunzione massiccia di nuovi insegnanti, ha proposto una supertassa sul reddito (75 per cento) per i ricchi, vuole fara la patrimonale e ha addirittura detto che lo Stato potrebbe assumere gli operai licenziati da Peugeot.

Vista da Parigi, dunque, la risposta alla crisi non è solo quella dei tagli. “I mercati non impongono per forza il ‘pensiero unico’ dell’austerity anti-sociale – scrive Rampini -. La lezione è che i mercati premiano la stabilità delle prospettive politiche a medio-lungo termine (…) e i “saldi” della finanza: se il risanamento si fa a spese dei ricchi come a Parigi, va benissimo“.

Semplice vero? Eppure qualcuno lo ha spiegato al governo Monti? Qualcuno l’ha detto agli omologhi dei socialisti in salsa italiana?

Lo scrive Federico Mello per Pubblico. Ecco il punto della coalizione: chi è disposto a costruire queste politiche. Senza troppi casini (maiuscolo o minuscolo, fate voi). E senza fare gli Hollande con con i partiti degli altri.

Vaghiamo come zombie

Dalla prigione per innocenti di via Corelli questo è quanto siamo riusciti a raccontare.
Luoghi fallimentari sotto ogni punto di vista: da quello scontato e minimo dei diritti umani, a quello di chi vuole espulsioni e politiche repressive verso i migranti: c’è da chiedersi, dal loro punto di vista, come possa essere considerato funzionante ed efficiente un sistema che tiene ingabbiata una persona fino a 18 mesi perchè non è in grado di identificarla.
Con tutto quello che questo comporta in termini di esasperazione nei centri e di soldi pubblici pagati. E di mesi di vita rubati.

I giornalisti entrano nel CIE di via Corelli, a Milano. Lo raccontano MilanoX, e Redattore Sociale.