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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Il partito di giornale

Una riflessione di Vauro che (anche se “spinta”) dovrebbe instillare almeno qualche dubbio. Dico, Vauro, mica Giuliano Ferrara, l’ha scritta:

Un tempo c’erano i giornali di partito. Poi quel tempo è finito. Adesso ci sono i partiti di giornale. Finora con i giornali si era fatto un po’ di tutto: cappelli da muratore, aeroplanini, barchette, coperte per i barboni ed un altro uso non troppo nobile ma utilissimo in caso di inderogabili emergenze. 
Insomma, non si può dire che i giornali siano fatti solo per essere letti, anche perché spesso non c’è scritto un cazzo per cui ne valga la pena. Ma comunque, come abbiamo visto, a qualcosa servono sempre.
Un vecchio giornalista comunista, Luigi Pintor, diceva: “Un giornale il giorno dopo è buono solo per incartare il pesce”.
E cosa ti vanno a fare invece Ezio Mauro ed Eugenio Scalfari con il giornale? Un partito. Un bel partito di carta, dopo tanti anni in cui siamo stati governati da un partito di plastica. Se ne sentiva proprio il bisogno. La carta è leggera e segue il vento, è biodegradabile e riciclabile. Questa ultima caratteristica poi la rende particolarmente adatta all’impiego in politica. Intellettuali, cantanti, comici, scrittori, roberti saviani e tutta la buona società plaudono oggi entusiasti al nuovo partito di giornale.
E domani? Ci si domanda.
Sarà sempre buono per incartare il pesce.

Vauro

A chi appartiene lo spazio visivo di una città?

E non sono solo gli eccessi che iscrivono l’argomento nell’agenda dei designer della comunicazione, così come non si tratta, è bene chiarirlo, di una crociata moralista contro la pubblicità, crociata irragionevole quanto irrealizzabile — solo la città di São Paolo, in Brasile, a quanto risulta ha estromesso totalmente la pubblicità dai propri confini ottenendo un risultato curiosamente post-apocalittico con quegli scheletrici tralicci che si affacciano vuoti negli scorci cittadini — piuttosto si tratta di porsi la questione se sia accettabile la sua monopolizzazione dello sguardo urbano.

Un cambio di sensibilità da parte delle amministrazioni sarebbe auspicabile, ma non c’è dubbio che saranno necessari tempi lunghi per scalfire abitudini e interessi tanto radicati. A Firenze, il nuovo Piano Generale degli Impianti Pubblicitari, operativo dall’anno scorso, si muove nella direzione giusta, con il dimezzamento della superficie autorizzata per le affissioni pubblicitarie sul territorio comunale (dagli originari 31.000 mq agli odierni 15.000), ma non si pone il problema di un cambio di marcia rispetto ai contenuti stessi, se non attraverso la richiesta di una rispondenza etica dei messaggio pubblicitari, pretesa tanto vaga quanto di difficile applicabilità, come tanti recenti casi dimostrano.

Eppure una comunicazione diversa non solo è possibile, ma è stata, nel recente passato, uno degli elementi peculiari di crescita partecipativa alla vita democratica del paese. Ripensiamo, ad esempio, a quell’esperienza unica, e tipicamente italiana, che sotto il nome di “grafica di pubblica utilità” caratterizzò l’informazione delle amministrazioni pubbliche verso la cittadinanza negli anni Settanta e Ottanta. Si trattò allora di un progetto d’informazione pubblica basato su una condivisione di ruoli tra designer e amministratori — non un semplice servizio a richiesta — che diede origine a peculiari esperienze nelle città e nelle province d’Italia, pensiamo solo alle esperienze di Massimo Dolcini a Pesaro, di Andrea Rauch a Firenze, di Mario Cresci a Matera.

Una riflessione tra comunicazione e urbanistica di Gianni Sinni per una comunicazione responsabile.

L’inciucio sulla Giunta per le Elezioni: a pensar male degli altri si fa peccato ma spesso ci si indovina

Andiamo con ordine. La storia sembra complicata ma è semplice semplice.

Due consiglieri regionali hanno occupato abusivamente il loro posto in questi ultimi due anni. Lo dichiarano i tribunali. Angelo Costanzo (PD) è stato dichiarato ineleggibile a causa delle tardive dimissioni dal cda dell’Aler di Sondrio, Giorgio Pozzi (PDL) si sarebbe dimesso con 17 giorni di ritardo dal cda di Nord Energia (di fatto controllata dalla Regione) rispetto ai termini di legge.

Uno di qua e uno di là. Come nelle migliori famiglie.

In Regione Lombardia esiste un organo che dovrebbe verificare la regolarità degli eletti. E’ lì proprio per quello. E’ la Giunta per le Elezioni e si avvale della consulenza degli avvocati della Regione. In Giunta per le Elezioni non abbiamo potuto sapere molto di Costanzo e Pozzi perché il presidente Enrico Marcora (UDC) ha dichiarato che non era compito della Giunta decidere se la documentazione era contestabile. Viene da chiedersi quindi a cosa serva. Ma va bene. Tant’è che il nostro voto si è basato sulle opinioni dei legali. Opinione molto tiepida e timida, tra l’altro.

Ora torniamo indietro di qualche mese. Sull’elezione di Marcora presidente si era verificato uno strano inghippo: il PD aveva trovato un accordo con il PDL per eleggere Marcora e non sostenere un altro presidente pr0posto dalla minoranza (che avrei dovuto essere io, ma non è questo il punto, in realtà era posto concordato per IDV). Trovate la cronaca in un vecchio post di questo blog del 16 giugno 2010 (viva la memoria di internet, viene da dire) in cui scrivevo:

Un altro punto che credo debba personalmente chiarire è quello della Giunta delle elezioni. La Giunta delle elezioni ha il compito di verificare la sussistenza di eventuali cause di ineleggibilità o di incompatibilità dei consiglieri regionali. I componenti di questo organismo eleggono al proprio interno un ufficio di presidenza composto da un presidente, un vicepresidente e un segretario.  Ciascun consigliere viene invitato a presentare una dichiarazione sulle cariche o gli uffici ricoperti, gli incarichi svolti, i rapporti contrattuali in corso con la Regione, ecc..  Sulla base delle dichiarazioni presentate la Giunta delle elezioni procede all’esame di ciascuna posizione giuridica in relazione alle norme legislative in materia di ineleggibilità e incompatibilità.  A tal fine la Giunta delle elezioni assume le informazioni necessarie, chiede e riceve documenti relativi all’oggetto delle verifiche, e sente eventualmente gli interessati.  I suoi lavori hanno carattere riservato.  La Giunta delle elezioni deve compiere l’attività istruttoria entro 60 giorni.  Sulla base della relazione motivata della Giunta delle elezioni il Consiglio, nei successivi 30 giorni, convalida l’elezione dei consiglieri.  Prima della convalida il Consiglio può procedere soltanto agli adempimenti indispensabili ed urgenti, i quali non perdono validità anche nel caso di mancata convalida di uno o più consiglieri. La Giunta delle elezioni esamina anche le cause sopravvenute di ineleggibilità e incompatibilità e provvede alla convalida dei consiglieri subentrati.

La mia presidenza della Giunta delle elezioni è stata concordata con la coalizione di minoranza (IDV, PD, SEL e Pensionati) fin dai primi giorni di insediamento del Consiglio, essendo una delle pochissime posizioni riservata alla minoranza. Sulla nomina di un uomo IDV il Pdl ha posto un veto politico che non mi interessa discutere o analizzare. E’ vero, come dice nel suo comunicato stampa il sempre svelto Gaffuri, che il Pd ha appoggiato la mia presidenza per ben cinque votazioni sempre concluse senza il raggiungimento del quorum necessario (con il Pdl convergente sul candidato dell’Udc Marcora e la Lega padanamente alla finestra con il piglio dei decisi), così come è vero che nella seduta di ieri il Pd, sottolineando che “non è una questione personale”, ha con i suoi voti eletto Enrico Marcora (Udc) presidente della Giunta per le elezioni.

Dunque, stiamo ai fatti: Gaffuri dichiara che ad un certo punto si è imposta la scelta di trovare una “convergenza possibile”. Quindi, poiché le parole non sono opinabili e vanno usate con cautela, il Pd dichiara che la scelta di Marcora è figlia di una convergenza: quindi un accordo, una comunione di modi e obiettivi, un segnale di stima politica e fiducia, un’amicizia istituzionale. Lo scrutinio dice che Pd e Pdl hanno votato l’uomo Udc; Pensionati e Sel si sono astenuti e io mi sono in modo molto inelegante autovotato.

La convergenza politica lombarda del 15 giugno 2010 del Pd è stata quella di votare un uomo Udc a braccetto con il Pdl. Il resto è aria fritta. Se non che la politica dei due forni dell’UDC paga. Il cinismo di tre soli consiglieri è stato sufficiente per imporre ad altri 28 il nome del Presidente della commissione.

Tra le parole il Pd parla anche di “responsabilità istituzionale per sbloccare la situazione”. Rallentare i lavori di una Regione che non si scrolla di dosso l’ombra di un grumo catto-xenofobo di interessi affaristici è evidentemente un’onta per la cortese e accomodante opposizione di un Pd sempre più blando e solamente interessato al risiko delle proprie poltrone piuttosto che all’integrità politica di una coalizione di fatto.

Quindi, seguo il ragionamento: il rispetto del proprio ruolo istituzionale è oggi una priorità. Da ieri Filippo Penati siede su una poltrona di vicepresidenza del Consiglio regionale non più a rappresentare una coalizione che il Pd ha calpestato ma a rappresentare sé stesso e quel poco di Pd che c’è rimasto. Se quello che ricopre è un “ruolo di garanzia della coalizione”, Penati da ieri non è più l’uomo giusto.

Ringrazio Chiara Cremonesi (SEL) e Elisabetta Fatuzzo (Pensionati) per l’appoggio e la coerenza.

Oggi, con le vicende di Costanzo e Pozzi forse il quadro diventa più chiaro. E forse anche il ‘compagno’ Marcora dovrebbe ripensare al proprio ruolo in un organo politico smentito clamorosamente nei fatti dalla magistratura.

 

Capire, ascoltare, costruire: dove sono questa settimana (tra San Genesio, Rimini, Pesaro, Fano e Fagnano Olona)

Mercoledì 20 giugno alle 21, presento “L’innocenza di Giulio”, ed. Chiarelettere, con me: Davide Salluzzo, coordinatore provinciale di LIBERA associazione nomi e numeri contro le mafie Mauro Cavicchini, responsabile di zona Sinistra ecologia Libertà organizzato da Circolo Sel nord pavese di San Genesio, sala Consiliare (Ca’ de Passeri)  Via Parco Vecchio San Genesio (PV)

Venerdì 22 giugno alle 21, “Le loro idee camminano sulle nostre gambe – 1992-2012: vent’anni di antimafia” partecipano: Salvatore Borsellino, Giulio Cavalli, consigliere regione Lombardia SEL Piazza Mazzini, San Clemente (RN)

Sabato 23 giugno, alle 18 presento “L’innocenza di Giulio” di Giulio Cavalli, ed. Chiarelettere partecipa Ettore Marini Libreria “Il Catalogo”di Giovanni Trengia via Castefidardo 60 Pesaro.

Sempre sabato 23 giugno, questa volta alle 21, “La mafia e l’inferno. La bellezza ci salverà?” Claudio Tombini recita i canti dell’Inferno 1, 3, 26, 33 e 34 partecipano: Pippo Giordano, ex ispettore di polizia che collaborò con Giovanni Falcone Giulio Cavalli, attore, scrittore e consigliere regionale Marilena Natale, giornalista de la Gazzetta di Caserta Ettore Zanca, blogger Alessandro Bondi, Prof. diritto penale dell’Università di Urbino. Cortile interno scuola media G. Paladino Via Lanci 2 Fano (PU)

Domenica 24 giugno, alle 16.30  “Ambiente, legalità, lavoro” intervengono: Giulio Cavalli, consigliere regionale SEL Primo Minelli, CGIL Francesco Liparoti, coordinatore provinciale SEL Alberto Belvisi, responsabile SEL Fagnano Olona Floriano Pigni, moderatore Parco Avis- Aido Via Vittorio Emanuele II Fagnano Olona (VA)

Per qualsiasi modifica o novità buttate un occhio alla pagina degli appuntamenti.

#nonmifermo vogliamo una politica presbite

Ne abbiamo parlato ieri nella nostra agorà su ambiente e nocività per pensare ad un’altra Lombardia. E la giornata è stata una giornata densa di ultrapolitica nel senso più pieno. Cittadini, comitati, rappresentanti delle istituzioni e futuri candidati che sono partiti dalle soluzioni che ci sono già e che hanno bisogno di un sostegno reale. Perché qualcuno dovrebbe spiegarci come succede che ai comitati in difesa per l’ambiente (qualsiasi sia il luogo e qualsiasi sia il caso) arriva sempre una solidarietà estesa se non bipartisan e poi al voto si va sempre sotto. E perché ieri ci siamo fatti un promessa: rispondere alla politica miope con una politica presbite. Che riesca a vedere fin troppo bene lontano e da lontano. Perché la partita della Lombardia ce la giochiamo sul serio.

Per farsi un’idea della giornata potete leggere la rassegna stampa di oggi:

Cosa non deve fare il centrosinistra (subito) per vincere le elezioni

Da un editoriale di Lorenzo Zamponi e Claudio Riccio:

Meglio stare fermi e aspettare che passi la nottata, tanto la destra è allo sfascio e il centrosinistra non può perdere.

Non ci stupisce il cinismo di questo ragionamento, che passa con leggerezza sopra le vite dei tanti italiani che subiscono gli effetti concreti delle manovre di Monti, a quello siamo abituati. Ci stupisce la sua incredibile miopia.
Si tratta della stessa miopia che caratterizzò i mesi a cavallo tra il 2007 e il 2008, quando Walter Veltroni e i suoi accoliti credettero che fosse possibile, picconando a destra la già precaria e impopolare architettura del governo Prodi, riconquistare un consenso e andare al governo. Ciò che Veltroni non vedeva allora e che oggi sembrano non vedere i vari Bersani, Di Pietro e Vendola, è che non si può vincere a sinistra su un terreno di destra. Che l’autonomia del politico è un mito, che non esiste un momento elettorale asettico e isolato dal contesto in cui si situa, che, soprattutto a sinistra, esiste un nesso inscindibile tra potere politico e rapporti di forza sociali.

E non si vede davvero come il dibattito politico di questi mesi possa preparare uno sbocco elettorale in qualche maniera progressista. Il governo Monti, assolutamente privo di opposizione, in parlamento come nella società, sta mettendo in pratica una politica apertamente conservatrice, e nei dirigenti della sinistra si fa strada l’idea che, tutto sommato, non sia così male: il governo tecnico si fa carico delle “riforme impopolari che l’Europa ci chiede”, e così, tra un anno, un nuovo governo può andare da Angela Merkel, mettere sul piatto i sacrifici fatti dal popolo italiano, e pretendere in cambio margini di manovra un po’ più ampi.

Ma si tratta di puro wishful thinking, privo di qualsiasi razionalità. Perché mai le élite economiche che in 6 mesi di governo Monti hanno già portato a casa gran parte di ciò che Berlusconi aveva promesso loro 20 anni fa, cioè riforma delle pensioni, parziale liberalizzazione dei licenziamenti, facilitazioni e incentivi all’utilizzo di contratti precari, apertura alla privatizzazione dei servizi pubblici locali, riduzione del pubblico impiego, ennesimo blocco del turn over all’università ecc., dovrebbero poi accontentarsi, e non trovare un nuovo campione a cui affidare le sorti del paese, a meno che chiaramente il presunto “centrosinistra” non sia disposto ad adottare l’agenda Monti? E perché mai Bce, Fmi e governo tedesco dovrebbero concedere a Bersani ciò che non hanno voluto concedere a Berlusconi e che oggi, vedi vertice europeo della settimana scorsa, non concedono neanche al fidato Monti? Ma, soprattutto: perché mai i cittadini italiani dovrebbero votare per chi promette di fare domani il contrario di ciò che vota in parlamento oggi, che è a sua volta il contrario di ciò che prometteva ieri? Quale sarebbe la proposta politica di un eventuale centrosinistra agli italiani? Sarebbe il portato delle mobilitazioni anti-austerity degli ultimi 4 anni, con la difesa dell’università pubblica, l’acqua come bene comune, la battaglia contro la precarietà e contro il modello Marchionne, oppure sarebbe l’agenda di Monti?

Perché (come si chiedeva ieri Alberto Burgio su Il Manifesto):

Di che cosa si può parlare oggi? Di che cosa dovrebbe parlare la politica oggi? 
Di solito la politica parla di se stessa. Schieramenti, alleanze, elezioni. Tutt’al più, programmi e decisioni. Questa sembra la materia naturale, questo l’oggetto di un discorso serio della e sulla politica. Infatti di queste cose si continua a parlare, in modo più o meno decente e coerente. Mentre, coerentemente, si persevera in pratiche consuete (nomine e spartizioni varie). E invece questo è precisamente il discorso che non si può più continuare a fare, che non è più possibile fare in questo momento. 

Se soltanto si avesse un vago sentore della gravità di quanto sta succedendo e dei rischi che stiamo correndo, si metterebbe da parte l’ordinaria amministrazione per guardarsi seriamente negli occhi. Che cosa ci dice questo scenario esplosivo (crisi sociale, crisi finanziaria degli Stati, distruzione degli apparati produttivi, ripresa dei nazionalismi e delle tensioni internazionali e intercontinentali), mentre le classi dirigenti europee non accennano a ripensare le politiche praticate da trent’anni, responsabili del disastro? Che cosa mostra, se non che questo sistema sociale (modello di sviluppo e gerarchie di classe) ha generato non per caso l’attuale situazione? 

In particolare la sinistra – in tutte le sue diramazioni – di che cosa dovrebbe occuparsi, se non del fatto, sin troppo evidente, che sta all’origine di questa crisi generale? Il capitalismo, lasciato solo, a mani libere, senza minacce né avversari, da oltre vent’anni finalmente libero di plasmare il mondo a proprio talento, sta ricreando puntualmente le stesse condizioni di caos e di conflitto ingovernabile che hanno prodotto i conflitti mondiali. 

E su questa partita si devono sciogliere i nodi con (pezzi) del Partito Democratico. Che ci piaccia o no. E che si possa dire o no per il quieto vivere che ci si consiglia tra i corridoi.

 

E perché il bello dei paesaggi, delle persone, delle storie, delle favole, sono i dettagli. Non le definizioni.

E insomma, amore mio, tutto questo preambolo solo per spiegarti perché in queste sere, verso la fine delle favole, mi senti un po’ tentennante. E perché quando ti racconto Cappuccetto Rosso invento sempre una fine diversa: una volta il Lupo si pente e va a comprare il vino per pranzare con la bimba e la nonna, l’altra volta scappa spaventato dal cacciatore e va al Club dei Lupi Pentiti, un’altra ancora corre dalla mamma di Cappuccetto per prendere lezioni di cucina perché i dolcetti gli sono piaciuti tanto. 
 
Perché il primo modo per non perdere la speranza è credere che le persone possano sempre cambiare.
 
Perché pensando in bianco e nero vivi male e ti perdi tutte le sfumature. 
 
Perché quando ti capiterà di metterti nei panni degli altri ti renderai conto di quante cose inaspettate riuscirai a vedere. E probabilmente ti divertirai.
 
Perché sicuramente incontrerai tanti Cappuccetti Rossi e tanti Lupi, ma altrettanto sicuramente non saranno tutti perfettamente buoni o perfettamente cattivi. E spesso sarà bello cercare in loro la crepa nella quale sta spuntando l’erba.
 
E perché il bello dei paesaggi, delle persone, delle storie, delle favole, sono i dettagli. Non le definizioni.
Una favola della buona notte dal blog ‘bellezza rara’ che vale tanto anche in pieno giorno. Sotto questo sole verticale e caldo. E che è un programma politico (del partito della bellezza) mentre tutti urlano le definizioni e si perdono i dettagli.

L’antimafia dei fatti: chiamare le cose con il loro nome

“I clan sono stati messi in crisi sotto l’aspetto militare, ma non sotto quello economico; certo, siamo sulla buona strada, ma per raggiungere la meta dovranno essere arrestati tutti gli imprenditori, i politici, gli amministratori, i professionisti e gli uomini delle forze dell’ordine che sostengono con azioni e pensiero la camorra”  (Federico Cafiero de Raho, capo della DDA di Napoli)

Sì, lo so. Sembra una frase banale. E forse abbiamo la sensazione di averla già sentita. Eppure è il confine tra la retorica e l’azione. Sarebbe proprio l’antimafia dei fatti. Se non fosse che ci hanno inquinato anche questa frase in questi brutti ultimi anni.

#nonmifermo oggi pomeriggio a Brescia, per fare sul serio, su ambiente e Lombardia

Oggi con Non Mi Fermo siamo a Brescia. Dalle 14 e 30  presso l’Oratorio S. Maria in Silva (Via Sardegna, 24 – vicino alla stazione ferroviaria). E parliamo di ambiente e di questa Lombardia così inoffensiva nell’imporre una tutela seria del territorio. E proviamo come sempre a farlo fuori dai denti, senza proclami e con il rispetto e la stima per lo studio delle cose già note che ogni tanto la politica finge di reinventare per appropriarsene. E magari proviamo a capire perché il concetto di “densità” di insediamenti (cave e discariche) sembra così poco urgente, partendo proprio da questa Brescia che guardata dall’alto ha la planimetria di un cumulo di nocività. E, magari, fuori dai denti proviamo a chiederci e risponderci sul perché il fantomatico “comitato ristretto sul consumo di suolo” in Regione Lombardia risulti evaporato per (si può scrivere, è su un verbale di commissione, eh) alcune “frizioni” anche dentro una parte del PD.

Perché ci siamo un po’ stancati dei convegni “cogenti” che non hanno riscontro in aula e commissione. E ci siamo stancati delle primarie che si giocano con le opinioni sulle camice di Formigoni, i suoi libri (presunti, alla Dell’Utri) e su giovanilistici liberismi. E di politica ne vogliamo parlare per davvero. Come al solito facciamo da qualche anno in giro per l’Italia. Ascoltando e declinando in atti amministrativi. Proponendo magari anche gli ordini del giorno che dentro SEL abbiamo preparato sul futuro “piano cave” (qui quello per i consigli comunali e qui per i consigli provinciali) o decidendo com’è l’ambiente e il suolo della Lombardia che vogliamo.

Ci si vede lì per chi è da quelle parti. O ci si trova su twitter. L’hashtag è #nonmifermo