Vi ricordate l’icona antimafia?
Don Luigi Merola, prete sotto scorta che improvvisamente sembrò un calunniatore intento a coprire un rapporto poco limpido con una donna? Beh, è stato archiviato. Lo potete ascoltare qui sotto. Parole da appuntare.
Don Luigi Merola, prete sotto scorta che improvvisamente sembrò un calunniatore intento a coprire un rapporto poco limpido con una donna? Beh, è stato archiviato. Lo potete ascoltare qui sotto. Parole da appuntare.
Video and music by Grant Woolard
Waiter played by David Benjamin Moss
Essere stranieri non è uno scherzo. Nonostante i Salvini di turno o i lepenismi di ritorno, essere stranieri significa tra le altre cose essere estranei ad un’architettura di diritti e di servizi che garantisce le esistenze e dovrebbe assicurare un livello minimo di dignità. È difficile pensare a uno straniero in un mondo che vorrebbe far finta di essere globale, eppure poi capita di incrociare storie che sembrano uscite da un (brutto) film. La vicenda di Luca Neves mi è stata raccontata su Facebook con un messaggio breve arrivato in posta: «Luca Neves è stato a Capo Verde una sola volta, da bambino, in vacanza con i genitori. Ora l’Italia vorrebbe mandarcelo a tempo indeterminato, per fargli scontare su un’isola nell’Atlantico un ignobile esilio da figlio non riconosciuto» mi hanno scritto e letta così, su due piedi, mi sembrava un cortocircuito da teatro dell’assurdo. Invece Luca me l’ha raccontata, la storia è vera e credo valga la pena raccontarla anche a voi.
È nato in Italia 28 anni fa, ospedale Regina Elena, periferia romana, è cresciuto in Italia. Parla italiano, ovviamente, e mastica l’inglese. Da bambino Trigoria era casa sua perché Luca, come tanti come lui, sognava di giocare nella Roma e nella Roma ci ha giocato per davvero: il padre lavorava in un maneggio proprio a Trigoria e lui indossava la maglia della squadra giallorossa nei pulcini. «Tutti i giorni incrociavo i campioni: Totti, Aldair. È successo anche che De Rossi accompagnasse a casa me e mia madre, quando avevamo troppe borse della spesa». I genitori di David sono di Capo Verde, in Italia da una vita (regolari) hanno sempre lavorato perché quel figlio potesse avere tutto ciò che gli servisse. Luca ha frequentato l’asilo, le scuole fino all’Istituto alberghiero: «Pensa – mi dice – che io a Capoverde ci sono stato una volta nella vita per una vacanza. Conosco la lingua ascoltandola dai miei genitori ma la parlo con un accento italianissimo. Lì sarei un immigrato».
L’articolo è sul numero di Left in edicola da oggi. Oppure potete acquistare la vostra copia digitale qui.
“None of That”. Un corto che vale la pena vedere:
Ecco. Una poesia in video. Così:
Taranto, la morte del boss viene salutata a colpi di clacson: istituire il reato di favoreggiamento culturale alla mafia. Ad esempio.
Guardatevi questo video:
Lui è Giambalvo, appena tornato ad essere consigliere comunale a Castelvetrano. Sua vicenda si è mosso anche Claudio Fava (la notizia è qui). Per capire chi è il personaggio in questione basta riprendersi questo bell’articolo di Tp24:
L’ultima “apparizione” politica è stata pochi giorni prima delle elezioni amministrative a Campobello di Mazara. Da quelle parti, oltre che nella sua vicina Castelvetrano, Calogero Giambalvo è molto conosciuto. “Lillo”, così lo chiamano tutti, è tra i sedici arrestati nell’operazione Eden 2 che ha fatto ancora una volta terra bruciata attorno al super latitante Matteo Messina Denaro. Giambalvo è consigliere comunale a Castelvetrano da qualche mese. E’ entrato in consiglio dopo due elezioni andate a vuoto. Nel 2007 si candida nella lista dell’attuale deputato regionale Giovanni Lo Sciuto, e per pochi voti non diventa consigliere. La storia si ripete nel 2012, quando con l’ex Fli tenta ancora la corsa al consiglio comunale. Niente, termina la corsa risultando il primo dei non eletti. Ma un rimpasto di giunta e la nomina ad assessore del consigliere Giuseppe Rizzo lascia a Giambalvo la possibilità di entrare in consiglio comunale. Aderisce subito ad Articolo 4 di Paolo Ruggirello. E proprio con il deputato regionale all’Ars sarebbe stato intercettato nei giorni precedenti le elezioni di Campobello. Le microspie dei Ros avrebbero reistrato una conversazione tra i due. Con il consigliere comunale che gli avrebbe chiesto di seguirlo in auto per parlare con una persona. Ruggirello, guardingo, chiede chi fosse. E Giambalvo avrebbe risposto: “E’ uno condannato a vent’anni, cchiù mafiusu i mia”. Potrebbe essere una battuta, ma arriva proprio pochi giorni prima del blitz dei Ros. Con Giambalvo che finisce in carcere proprio con l’accusa di essere organico all’associazione. Chissà cosa pensava a fine ottobre quando a Castelvetrano si teneva un consiglio comunale aperto contro la mafia, dove il presidente della Regione Rosario Crocetta diceva, provocando non pochi mugugni, che in Sicilia non c’è consiglio comunale che non abbia al suo interno esponenti della mafia. Pensava, magari, che non parlava di lui. Tra estorsioni, raid punitivi, e confidenze fatte ad altri politici, Giambalvo , però, viene intercettato diverse volte nel corso dell’ultimo anno. Viene accusato di estorsione e di aver imposto ad operatori commerciali della zona l’acquisto di bibite presso la propria azienda. Si sarebbe adoperato per sistemare gli appalti per il nuovo centro commerciale “A29”, a cui dovevano partecipare aziende vicine a Girolamo Bellomo, ambasciatore di Messina Denaro a Palermo. Ma non solo. I suoi colloqui, svelano tante altre cose.
Quegli incontri emozionanti con Matteo e “don Ciccio” Messina Denaro.
“Abbracci e pianti”. Una scena che Raffaella Carrà non avrebbe saputo confezionare. Siamo tra il 2009 e il 2010, e nelle campagna di Castelvetrano, dalle parti di contrada Zangara, Lillo Giambalvo si sarebbe incontrato proprio con il super latitante Matteo Messina Denaro, il capo di Cosa nostra. La circostanza la racconta lo stesso Giambalvo a Francesco Martino, un altro politico. Martino è infatti consigliere comunale dell’Udc e ascolta con partecipazione i racconti del collega. Assieme rievocano i bei tempi che furono. I rapporti con i Messina Denaro, da quello che emerge dall’inchiesta, erano solidi da tempo. Da quando era in vita il vecchio don Ciccio Messina Denaro, padre di Matteo, morto nel 1998. In una conversazione intercettata dalle cimici dei Ros Giambalvo racconta dell’ultima volta che ha incontrato don Ciccio Messina Denaro: “portava il fazzoletto attaccato, gli faceva due scocche, sempre il fazzoletto portava lo zu Ciccio. Cappello, coppola e fazzoleto al collo. Io l’ho visto prima di morire. Ti pare dove era all’Africa? Qua dentro il paese era! Restando tra di noi, io lo vedevo tutte le settimane”. E racconta di un fatto accaduto pochi mesi prima che il vecchio boss di Castelvetrano morisse ancora latitante: “Un tre mesi prima di morire, io ci sono andato alla casa per scaricare tronconi.Mentre scaricavo tronconi, minchia c’era un profumo di caffè. Entra, ‘Lillo prentiti il caffè’, oh zu Cicciu assabenerica, minchia ci siamo abbracciati e baciati, io ogni volta che lo vedevo mi mettevo a piangere perchè… mi smuvia..” Poi aggiunge il consigliere comunale che in quell’occasione è dovuto scappare: “Lilluzzo ma tu sei cresciuto, tutta posto, mi faceva quattro domande, mi diceva quattro minchiate per dire ci prendiamo il caffè, allora tutto assieme mi sento dire così, senti qua, viene una delle sue figlia e mi dice: Lillo vattene escitene con questo trattore da qua dentro, stanno venendo a fare perquisizione, corri, scappa, vattene Lillo, vattene di corsa, minchia salgo sopra il trattore, esco con il trattore e con il rimorchio, loro di colpo chiudono il portone, minchia sono arrivati 1000 sbirri Ciccio… non l’hanno trovato! Ti giuro, che non devo vedere i miei figli, io ho fatto tutta la via, da Castelvetrano a Zangara a piangere mi sono detto lo hanno arrestato…”. Invece Ciccio Messina Denaro non è stato mai preso vivo, i suoi familiari lo hanno fatto trovare già pronto e vestito per il suo funerale dopo il decesso da latitante. Martino, che ha seguito il racconto quasi in silenzio, è rimasto rincuorato. I “mille sbirri” non hanno trovato il vecchio boss, e lui: “meno male!”.
Giambalvo a Martino confida di aver incontrato tra il 2009 e il 2010 anche Matteo Messina Denaro. “Ero a Zangara a caccia, loro raccoglievano olive, ho preso una lepre che era quattro chili e sei, e l’avevo nel tascapane nella giacca che mi usciva metà di qua e metà di qua, prendi, mentre camminavo, lui (Matteo Messina Denaro, ndr) andava da mio zio Enzo. Mio zio gli ha detto, se vuoi andare a sparare vai a sparare, mio nipote sopra l’ho sentito sparare può darsi che qualche coniglio lo ha preso dice, acchianaci, minchia lui sale a piede da solo come un folle, io non lo avevo riconosciuto a primo acchitto, era invecchiato, mi sono detto, ma questo perchè minchia mi cappina appresso, poi ho fatto che mi sono nascosto nella spalliera nelle filara e mi sono buttato sotto le zucche, minchia lui salendo a me andava cercando, lui perchè non mi ha visto più poi ma quando è arrivato mi ci sono alzato, abbiamo fatto mezz’ora di pianto tutti e due. Lillo come sei cresciuto? Lillo, e io mezz’ora di pianto, e mi voleva fottere la lepre con questa piangiuta, ma io gli ho detto ‘stiamo facendo mezz’ora di pianto e ti stai fottendo la lepre gli ho detto…”. Quello che Giambalvo ha raccontato all’amico è tutto da verificare, se effettivamene il consigliere comunale si è incontrato col boss. E anche se, come confida a Martino, ci ha pensato direttamente “diabolik” a dirimere una questione tra Giambalvo e un altro soggetto: “Ci fu un periodo che lui (Matteo Messinda Denaro, ndr) qua tutte le settimane lo vedevo pure, quando fu dell’ingrosso qua da me, non me l’ha sbrigata lui la matassa? Lui me l’ha sbrigata. Quando fu del mio ingrosso, loro sono andati a cercare “cristiani” io non sono andato a cercare nessuno solo a uno io sono andato a cercare. Sono andato alla “testa dell’acqua”…”. Giambalvo per Matteo farebbe di tutto: “Se io dovessi rischiare 30 anni di galera per nasconderlo rischierei! La verità ti dico! Ci fossero gli sbirri qua? E dovessi rischiare a mettermelo in macchina e fallo scappare io rischierei. Perche io ci tengo a queste cose”
“E’ finita la festa”
Eden 2 è il seguito dell’operazione scattata a Castelvetrano nel dicembre 2013, e che porto in carcere 30 persone fedelissime a Messina Denaro. Tra queste anche diversi parenti, tra cui la sorella del boss, Patrizia. L’indomani del blitz Giambalvo è molto dispiaciuto, entra in panico al solo pensiero che potessero arrestare Girolamo Bellomo, indicato, nell’operazione della scorsa settimana, al vertice del gruppo di fiancheggiatori della primula rossa e suo ambasciatore per le cose palermitane. Giambalvo, si sfoga con suo cognato, Daniele Notarnicola: “Minchia a Patrizia si sono portati? Minchia che cose tinte. Ma come si fa? Ma non se ne può più vero picciotti. Minchia non se ne può vero picciotti miei. Ti faccio vedere che hanno arrestato a Nino Amaro, il fratello di Aurelio. No Alfredo, Nino! Bada tutto a lui lì. Ti faccio vedere che si sono portati a Nino. Ti faccio vedere che si sono portati ad Aurelio, non ci credi tu? Minchia “nzama Dio” mi dispiace troppo assai. Già sto male per patrizi. Minchi ma come si fa, ma come si fa ma come dobbiamo fare? E’ finita la festa. Ma se buttana dell’inferno si fa veramente cose…speriamo u signuruzzu che non ci nuocciono…ma cme si fa, ma come si fa picciotti mei, minchia non si coglionia più picciotti non c’è niente da fare. Minchia ti faccio vedere che si sono portati a Santo Clemente a Luca (Bellomo, ndr) minchia… se si sono portati a Luca tutti consumati siamo, tutti consumati, la terza guerra mondiale succede. Se si sono portati a Luca”. Giambalvo con il suo interlocutore fa i nomi di alcune persone che saranno poi arrestate nel corso di Eden 2. Come i Cacioppo: “ci dovrebbero essere drocu in mezzo. Tu pensi che non li prendono in considerazione? Ma secondo quello che gli hanno fatto fare…”. A Giambalvo la notizia del blitz ha scioccato: “magari a me mi si è svuotato lo stomaco”. E ripete, sempre, “ma come dobbiamo fare?”.
Quell’infame di Cimarosa
E come dobbiamo fare con quel Lorenzo Cimarosa, membro della famiglia Messina Denro, che ha deciso di spifferare tutti i segreti della cosca di Castelvetrano? Non si dà pace Lillo Giambalvo a colloquio con il cognato: “Minchia se ti racconto l’ultima. Cimarosa collaboratore di giustizia! Lorenzo Cimarosa! Minchia!! E’ su internet cose tinti picciotti miei. Tu te lo immagini? Troppo tinta la parte è! Io non capisco più niente…boh…ha detto che in due mesi gli ha dato 60 mila euro a Patrizia per portarli a suo fratello…a tutti consuma chissu… la prima volt se l’è fatta bello sereno la galera e ora si scantà”. Giambalvo però l’avrebbe la soluzione: “si fussi iè Matteo appena iddu….accussì latitante iè ci ammazzassi un figghiu…e vediamo se continua a parlare…perchè come si fa? Minchia chiuddu di dintra! Ehh iddu docu…tutti possono parlare tranne lui!!” E Giambalvo sembra auspicare un intervento di cosa nostra: “se lo devono bloccare s’hanna smuovere”. Non sa di essere intercettato. E non sa che l’operazione Eden scatta anche con le confidenze fatte da Cimarosa.
La spedizione punitiva.
Lillo Giambalvo è uomo di sentimenti. Si mette a piangere con i Messina Denaro, gli si smuove lo stomaco venendo a conoscenza dell’ennesimo blitz antimafia nella sua città. Ma è anche persona di sostanza, di maniere forti. Perchè, quando c’è da recuperare l’oro rubato della madre di Matteo Messina Denaro a casa di Beppe Fontana, lui si mette subito a disposizione per la spedizione punitiva nei confronti del ladro. Alla spedizione punitiva chiesta da Fontana, come emerge dalle intercettazioni disposte dalla Dda, ha partecipato anche il consigliere comunale Giambalvo, che ai suoi amici spiegava un po’ i fatti: “ma io non ci credevo che campava picciotti, io che campava non ci credevo…e tannu ho buttato il maglione nuovo… e l’hanno lasciato morto al kartodromo, poi l’hanno salvato, ma gli ha fotttuto 60 mila euro d’oro, alla madre di Matteo… 60 mila euro d’oro, tutto, proprio da lei, l’oro pure della signora Lucia avevano preso”. Stavano parlando della madre del latitante e di Lucia Panicola, suocera di Patrizia Messina Denaro. E sulle condizioni di Massimo Angileri, il pregiudicato che aveva osato rubare l’oro della famiglia: “ancora in prognosi riservaga, l’hanno lasciato morto, una costola sana non gli è rimasta, le gambe rotte in tre parti e non sappiamo se rimane sulla sedia a rotelle, le praccia rotte, spalle cadute, testa spaccata…”.
MilleeunLibro (RaiUno): Giulio Cavalli presenta il romanzo ‘Mio padre in una scatolada scarpe’ from Giulio Cavalli on Vimeo.
Giulio Cavalli, ospite nello studio di Mille e un Libro, presenta il suo ultimo romanzo edito da Rizzoli
Il regista Jason LaMotte è rimasto profondamente legato alla sua biblioteca di quartiere, a Houston, in Texas, e alla magica atmosfera che vi regnava, tanto da farne un film: The Library.
The Library from Jason LaMotte on Vimeo.
In questo video parla Angela Landa, la figlia di Michele, ucciso e bruciato nella sua auto. In questa intervista c’è il cuore pulsante che ho provato, e spero di averlo fatto bene, a mettere a fette e delle fette farne pagine del mio libro ‘Mio padre in una scatola da scarpe’. Se c’è qualcosa di cui sono fiero, se c’è qualcosa che mi assomiglia e che parla (anche di me) è la fortuna di avere potuto scrivere questo romanzo. Per questo sorrido quando lo so letto, regalato o piaciuto.
Ecco il video:
Il libro lo potete anche comprare (a chilometro zero) qui.