Emanuele Fiano il fascismo lo studia e lo combatte da anni. Suo padre, Nedo, ebreo deportato ad Auschwitz, fu l’unico sopravvissuto della sua famiglia. Anche per questo da sempre oltre all’attività politica e ai libri (Il profumo di mio padre e Ebreo, Piemme edizioni) affianca incontri pubblici e nelle scuole per non dimenticare.
Fiano, che aria tira su questo 25 aprile?
“Una sensazione che avevamo avuto molti anni fa con Berlusconi, nel ‘94 quando Bossi aveva rotto con lui (per la normalizzazione del Msi) e venne in piazza alla manifestazione. È un momento, anche per le frasi di La Russa sua via Rasella e quelle di Lollobrigida, in cui si percepisce nel panorama italiano, nelle dichiarazioni, un cambiamento di vocabolario, di senso civico. C’è una mozione del centrodestra in Parlamento che metteva insieme il 4 novembre al 25 aprile. Ma il 25 aprile non è solo la fine della guerra, è l’idea di essersi liberati dalla dittatura, è l’autoaffermazione di un popolo contro gli occupanti. Però ci sono anche dei passi in avanti…”.
Tipo?
“Meloni che nel ghetto dice che la deportazione degli ebrei fu frutto della violenza nazifascista. Questo è importante. Significa riconoscere la corresponsabilità fascista al progetto nazista. Certo, non mi soddisfano, ma sono passi in avanti. Poi la completa condanna delle leggi razziali è un passo significativo ma è anche un pericolo perché si vuole restringere la parte maligna del fascismo unicamente alle leggi razziali. Dimenticandosi che nel 1938 gli antifascisti marcivano da 10 anni in carcere”.
Qualcuno dice che l’antifascismo è “superato” e che non paga in termini elettorali…
“Secondo me non paga in termini elettorali, lo dice uno candidato contro la Rauti alle ultime elezioni. Letta ha speso molto sulle radici postfasciste degli avversari ma non ci ha portato voti. In questi ultimi 2 anni sto lavorando molto: noi antifascisti della nostra generazione dobbiamo fare autocritica: non siamo stati in grado di attualizzare la lezione dell’antifascismo. Le domande e le risposte che emergono da quegli anni se rimangono solo retorica e non le traduciamo in lezioni per l’oggi rischiano di diventare retoriche. Stamattina ero in una classe in provincia di Varese provando a tradurre l’antifascismo nelle cose contemporanee. Ai ragazzi capita spessissimo di vedere occasioni in cui vedono ingiustizia, discriminazione. Dobbiamo educarli a combattere le discriminazione. Parlare di diritto alla cittadinanza, all’uguaglianza sociale”.
Ma poi l’accusa è di strumentalizzare…
“Bisogna esserne capaci. Dobbiamo ad esempio spiegare che ci siamo fatti strappare la parola ‘libertà’ dalla destra, noi sempre concentrati a difendere l’uguaglianza e la democrazia. ‘Libertà’ è diventata patrimonio delle destre, in Italia con Berlusconi, all’estero con Tatcher o Reagan. Noi dobbiamo renderci conto che la nostra generazione non sa cosa significhi essere privi di libertà. Quando ci sono leader come Vladimir Putin e Viktor Orban che vogliono democrazie illiberali, oppure democrature in giro per il mondo noi dobbiamo avvicinare quelle situazioni, spiegarle ai ragazzi: difendere una libertà fatta di regole. È lì che si deve battagliare. Ricordando che il 25 aprile è la festa della Liberazione. I partigiani ci hanno insegnato la responsabilità e il dovere dell’autodeterminazione”.
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