Vanno fortissimo le fiction, quelle continuano a macinare bei numeri sulle piattaforme di streaming. Bene anche i libri, nonostante la cronica crisi: romanza la vita di qualche boss e stai sicuro che la trasfigurazione funziona. Vanno sempre forti le commemorazioni: non passa un anno che un politico o un influencer qualunque, non sprechi un post con la faccia del giudice celebrato e un aforisma trovato su Google.
Mentre la trasfigurazione della mafia tiene sul mercato la narrazione della mafia quella vera sembra ingolfata in un disinteresse inamovibile che la relega nelle pagine di cronaca, quelle delle notizie battute copiando le agenzie di stampa, qualche tweet delle istituzioni per complimentarsi con se stesse e poco altro.
Ieri è stato arrestato Rocco Morabito a San Paolo, in Brasile, in un’imponente operazione che ha messo in rete le competenze dei carabinieri dei Ros di Torino e di Reggio Calabria, l’Interpol, la polizia federale brasiliana e l’FBI. Solo il coordinamento dell’arresto meriterebbe una puntata di una serie televisiva e in più c’è la caratura dell’arrestato: Rocco Morabito è il secondo latitante più ricercato d’Italia, dopo quel Matteo Messina Denaro che è l’unico “marchio” che ancora poco poco funziona.
‘U tamunga era stato latitante dal 1994 al 2017 nascondendosi in Uruguay sotto il falso nome Francisco Antonio Capeletto Souza, era già stato arrestato dalla polizia uruguaiana nel 2017 ed era evaso con altri tre detenuti nel 2019 scavando un tunnel che lo fece uscire dalla terrazza del carcere Central di Montevideo in cui era detenuto.
Questa volta ci soni già tutti gli elementi che di solito ci tocca inventarci per rendere goloso il boccone della storia mafiosa: c’è l’azione, c’è la resa, c’è il riscatto e sullo sfondo c’è l’organizzazione criminale più potente in Italia, in Europa e forse anche nel mondo.
Poi ci sarebbe anche la polpa quella vera: i rapporti tra Morabito e certa politica, i colletti bianchi che ne hanno agevolato la latitanza, le ramificazioni di un’imprenditoria criminale internazionale. Ma forse questo sarebbe pretendere troppo, figurarsi. Eravamo il Paese che esultava sotto le Questure applaudendo l’arresto dei mafiosi e siamo diventati il Paese che legge distrattamente l’arresto di un boss dei boss con meno tempra di una polemica qualsiasi sui social.
Ora provate a immaginare (non è difficile) a chi possa fare piacere questo drastico calo di curiosità e di attenzione e cosa accade quando la politica non si sente più pressata su un certo argomento.