Che il G7 dei ministri dell’ambiente e dell’energia a guida italiana si sarebbe concluso in un poco quasi nulla era prevedibile osservando il poco peso dato al vertice dai membri del governo e dalla stampa più filogovernativa. Discutere di cambiamento climatico, perdita di biodiversità e inquinamento coordinati dal governo italiano che rasenta il negazionismo sui tre temi ha portato a licenziare un documento che pare un tema di buone intenzioni scritto alle scuole secondarie.
L’ipocrisia è offensiva: nel documento di 35 pagine si riconosce il ruolo essenziale della società civile, in particolare dei gruppi vulnerabili e marginalizzati, dei lavoratori, dei sindacati e dei giovani, e che metteranno al centro dei loro sforzi per affrontare la tripla crisi e la transizione energetica, l’equità di genere e per la comunità Lgbtqia+.
Quel grado e mezzo che dovrebbe essere l’obiettivo per tutti è tradito proprio dai paesi del G7 convenuti in Italia. L’impegno di ridurre le emissioni del 40-42%, al 2030 rispetto al 2019 si limiterà – se tutto va bene – 19-33% delle emissioni dove servirebbe almeno un 58%. Che per la prima volta si inserisca una data d’uscita dal carbone (nel 2035) serve a poco se si insiste a non voler mettere mano all’uscita dal gas e dal petrolio. Lo sforzo di trovare una definizione condivisa di sussidi inefficaci alle fonti fossili invece di programmarne l’eliminazione indica la chiara volontà di transitare il meno possibile in una transizione energetica più declamata che praticata. Va così.
Buon giovedì?