Ogni volta che Giorgia Meloni si scontra con i numeri e con la realtà il risultato non cambia: la propaganda e la rivendicazione dei risultati ottenuti non dicono la verità. Così basta che qualcuno si metta a fare i conti, come spesso capita al sito di fact checking Pagella Politica e la bugia viene a galla. Lo scorso 22 ottobre la presidente del Consiglio ha propalato festantem sui suoi social network i risultati raggiunti dal suo governo, insediatosi esattamente un anno fa. “In un solo anno stiamo invertendo la rotta”, si die nel filmato pubblicato da Meloni. Che ha scritto: “Molti sono stati i traguardi raggiunti, molti altri ne arriveranno”. La premier spazia dall’economia all’occupazione, dal Piano di ripresa e resilienza fino alla lotta alla criminalità.
Ogni volta che Meloni si scontra con i numeri il risultato non cambia: la propaganda e la rivendicazione dei risultati ottenuti dal Governo non dicono la verità
“La disoccupazione mai così bassa dal 2009” ad esempio è un mantra che amano ripetere in molti dentro fratelli d’Italia. In effetti i dati più aggiornati di Istat dicono che ad agosto il tasso di disoccupazione è stato pari al 7,3 per cento, la percentuale più bassa da gennaio 2009. Carlo Canepa, su Pagella politica, nota però come il risultato odierno si il risultato di una discesa della tasso di disoccupazione che parte dal 2021. Nessuna “inversione di rotta”, quindi. A Meloni e al suo governo è bastato raccogliere frutti che arrivano da lontano. Sulla stessa linea la dichiarazione che riguarda il “boom di assunzioni: +523 mila occupati in un anno. Record di italiani al lavoro”.
Pagella politica propone due osservazioni. Innanzitutto “questo aumento non è stato registrato solo durante il governo Meloni. Tra agosto e ottobre 2022, periodo considerato dai dati appena visti, alla guida del Paese c’era il governo Draghi. In più, come per il tasso di disoccupazione, la dinamica di crescita del numero di occupati è in corso da inizio 2021”. Nessun “boom” quindi. Anche in questo caso al governo Meloni è bastato non fare danni. La seconda osservazione proposta da Canepa verte sul fatto che sia “impreciso far coincidere il numero dei nuovi “occupati” con quello delle “assunzioni”. La prima categoria è più ampia della seconda: l’Istat considera come “occupato” chi ha tra i 15 e gli 89 anni e chi nella settimana in cui sono stati raccolti i dati ha dichiarato di aver svolto almeno un’ora di lavoro retribuita. Rientrano tra gli occupati anche i lavoratori in ferie, in maternità o paternità, e quelli temporaneamente assenti per un periodo inferiore ai tre mesi”.
Solo mezze verità su cuneo fiscale e aliquote. Mentre sul Pnrr che va spedito si sfiora il ridicolo
Ai lavoratori Meloni rivendica anche di avere dato “più soldi in busta paga grazie al taglio del cuneo fiscale”. In effetti con il decreto “Lavoro” il governo Meloni ha aumentato temporaneamente di 4 punti percentuali, per i mesi tra luglio e dicembre di quest’anno, il taglio dei contributi previdenziali già stabilito con la legge di Bilancio per il 2023. Ma, come osserva Pagella politica, quest’ultima a sua volta aveva rifinanziato per il 2023 il taglio del 2 per cento introdotto temporaneamente nel 2022 dal governo Draghi per i redditi fino a 35 mila euro, che arrivava al 3 per cento per chi guadagna fino a 25 mila euro l’anno.
Nella seconda metà del 2023, grazie al decreto “Lavoro”, il taglio per queste due fasce di reddito è salito rispettivamente al 6 per cento e al 7 per cento “Il governo ha annunciato – scrive Canepa – che il taglio del cuneo fiscale sarà rinnovato temporaneamente anche nel 2024 con la prossima legge di Bilancio. Nel 2024 il governo interverrà anche sull’Irpef, portando da quattro a tre il numero di scaglioni. Il governo Draghi li aveva già ridotti da cinque a quattro, ma in via definitiva, con la legge di Bilancio per il 2022.
Con grande sprezzo del ridicolo Meloni ha anche dichiarato che il Pnrr “procede senza ritardi l’attuazione degli obiettivi e dei traguardi del piano”. Dopo mesi di trattative con l’Ue, la terza rata è stata erogata il 9 ottobre, oltre nove mesi dopo, ma mezzo miliardo di euro è stato spostato sull’erogazione della quarta rata, quella da 16 miliardi di euro legata al raggiungimento degli obiettivi fissati per i primi sei mesi del 2023. La quarta rata è stata chiesta dall’Italia a settembre e ora è in fase di valutazione da parte dell’Ue.
Tra gli investimenti che hanno accumulato ritardi, iniziati già con il governo Draghi, c’è quello per la realizzazione dei nuovi asili nido. Come segnala Pagella politica in quella proposta il governo ha dichiarato che entro il 2026 non potranno essere portate a termine nove misure, per un valore pari a quasi 16 miliardi di euro: il piano dell’esecutivo è quello di definanziare questi interventi dal Pnrr e di finanziarli con altre fonti, al momento non ancora decise ufficialmente. I “più di mille mafiosi arrestati negli ultimi mesi” celebrati dalla presidenza del Consiglio sono un dato perfettamente in linea con i governi precedenti. Resta da vedere quante saranno le eventuali condanne, sempre che le prossime riforme in tema di Giustizia non invalidino anche i processi in corso.
Sull’occupazione non c’è stata alcuna inversione di rotta. Ma si è cominciato a scendere già con Draghi
Meloni festeggia anche la “Carta cultura giovani” e la “Carta del merito” destinate ai diciottenni che fanno parte di famiglie con un Isee inferiore ai 35 mila euro o che si sono diplomati con il massimo dei voti. Peccato che da un anno non se ne veda l’ombra, al di là delle molte parole. A oggi le carte non sono ancora entrate in vigore eppure sono già considerate “un successo”. C’è infine “il rilancio del Made in Italy” che per Meloni passa dallo “stop al cibo sintetico. Dal video pubblicato da Meloni sembra che lo “stop al cibo sintetico” sia un traguardo già raggiunto, ma non è così: manca la definitiva approvazione del Parlamento poiché testo è all’esame della Camera.
Nei giorni scorsi Il Foglio ha spiegato che il governo Meloni ha ritirato la notifica inviata alla Commissione europea con cui la informava del percorso per introdurre il divieto di commerciare e produrre carne coltivata temendo di incorrere nel rischio di “ostacolare la libera circolazione delle merci” se l’Ue decidesse il contrario. Se la legge passerà alla Camera il rischio di infrazione è dietro l’angolo.
L’articolo Con le destre al Governo torniamo indietro. A certificarlo sono i numeri sembra essere il primo su LA NOTIZIA.