Abbiamo discusso e discutiamo spesso sulla mancanza di peso politico del tema dell’agricoltura in Italia. Ora, che Formigoni ne sia il più alto rappresentante in Commissione non accende sicuramente gli entusiasmi ma basta avere a che fare con la pubblica amministrazione a livello regionale, nazionale ed europea per capire che anche su questo “campo” servirebbe un certo coraggio. Oggi riprende il tema Salvatore Barbera su HP:
Sono in tantissimi, soprattutto giovani, che guardano con rinnovato interesse all’antico mestiere del contadino. In una recente inchiesta pubblicata sul sito di Repubblica, vengono pubblicati i dati della Coldiretti che non lasciano dubbi: in controtendenza con l’aumento della disoccupazione che si registra in quasi tutti i settori, le assunzioni nelle aziende agricole hanno visto lo scorso anno un incremento del 3.6 per cento. E sono previsti 100mila nuovi posti di lavoro nei prossimi tre anni.
Se, come dicono i dati di Coldiretti, il 28% degli italiani sarebbero disposti a cambiare il proprio lavoro con l’antico mestiere del contadino, non si tratta solo di una tendenza economica, ma piuttosto culturale. La terra non è solo vista come una via d’uscita dalla crisi, ma anche come occasione per avere un lavoro indipendente, dignitoso, meno alienante di una scrivania d’ufficio e lontano dallo stress delle grandi città. Per questo sono tanti i giovani disposti a buttarsi in questa nuova avventura.
Ma i problemi non mancano, in primis il costo delle terre, che in Italia si aggira tra i 18 e 20mila euro ad ettaro, superiore alla media europea, e la generale difficoltà per i giovani ad accedere al credito delle banche.
Una soluzione ci sarebbe, concedere l’utilizzo dei terreni pubblici abbandonati. Tra Regioni, Comuni, Province, Asl, enti pubblici sono tantissime le terre inutilizzate che potrebbero trasformarsi in una risorsa per migliaia di giovani nuovi agricoltori. Se ancora non esiste un censimento nazionale, atteso da oltre un anno, sono tanti i gruppi di giovani che si stanno mobilitando per strappare un pò di queste terre all’incuria e all’abbandono.
Il rispetto ambientale (e la politica “verde”) potrebbe partire dal riuso non solo dei mille ammennicoli domestici ma delle terre, anche.