A Bengodi provincia di Longombardìa le cose succedono al contrario e per fortuna Bengodi non ci sta mica sulle cartine geografiche quelle che sono vere per davvero. Ma per raccontare Bengodi bisogna risalire all’anno 2008 dopo Tristo e risalire agli archivi del mese del pesce d’aprile. Perché Bengodi si è trasformata dopo le “elezione” (come dicono i famosi mafiosi di Bengodi i Lo Pippolo nei loro pizzini quattro stagioni). E allora ecco una cronaca di quel tempo recuperata archeologicamente da un’antica stele del Monte Citorio nella piana del lago Colluso.
Oggi a Bengodi si respira l’aria leggera della festa elettorale perché qui ogni lustro si dà un po’ di sale a quel toc toc di cantieri e carpentieri con una bella giostra di elezioni, delazioni, deduzioni e detrazioni: e il paese diventa bello come quelle brutte vecchie tirate a lucido con il rossetto a pennarello che sbava sui baffi maltagliati e il borotalco sulle ascelle che sbuffa. Tempi d’oro, con quel “sabato del villaggio” tutto bengodiano che ti fa’ i barborini nella pancia prima di pagare le mila lire all’ingresso della balera. Alla giostra delle elezioni questo lustro hanno vinto i longombardi, ma mica solo loro, perché ha vinto anche l’ex sindaco Svitantenne, che è uno che a Bengodi lo conoscono tutti e gli vogliono un bene dell’anima, anche perché dicono che se gli salta il birlo di riprendersi le sue antenne poi alla fine magari tocca passare la sera ad ascoltare in cucina le donne invece che le radiopartite carosellate; e Spaccapinoli, il capo branco dei longombardi, dice che un uomo che parla in cucina con la sua donna è finocchio come un guerriero che si sistema il pizzo con l’ascia. Adesso che Svitantenne e Spaccapinoli sono arrivati primi pari merito all’elezione si mettono d’accordo e cambiano tutto. Basta solo riuscire trovare un linguaggio comune, dicono all’osteria, tra le radiofrequenze inintercettabili dell’uno e i graffiti sulle grotte dell’altro, poi finalmente Bengodi diventerà un città moderna, barbara e al passo con i tempi: si comincerà con il “federalismo rionale” tracciando con urina del bove sacro della Val Camonica tutti gli spazi di quello che è mio e quello che è tuo, dai marciapiedi della piazza del paese agli spazzolini nel bicchiere inchiodato dentro il cesso, così finalmente si risolverà l’annoso e drammatico problema del pallone nel cortile del vicino; si darà finalmente il via alle liberalizzazioni di tutto ciò che ognuno nel proprio encefalo federale è libero di ritenere liberale, così Spaccapinoli e i suoi longombardi potranno andare in chiesa con l’elmo di corno e Svitantenne potrà decidere quanto è alto alla faccia dei metri faziosi; Bengodi si trasformerà edilmente per la gioia di spatole e cazzuole con il nuovo concetto di villaggio moderno dei due sindaci pari meriti e per ogni bengodi di fianco ce ne attaccheranno un’altra in stile dependance, una bengodina 2 con la sua piazza, la statua di Svitantenne equestre e la chiesa con un grande foyer per socializzare, e strade ragnaticolate alla bengodina 3 e alla 4, “sarà una Bengodi di tante piccole Bengodi come un velo di neuroni sparsi al suolo!” ha detto trionfante Svitantenne in comizio mentre Spaccapinoli annuiva con una x sulla grotta; l’Alibengodi si continuerà a giocarsela a figurine e ultimo ma non ultimo finalmente si ritornerà alle tradizioni, quelle buone come la torta della nonna, e il grammelot ritornerà lingua di stato, le messe si canteranno in latino con un paio di polke in sanscrito e per legge si dovrà mettere l’aceto nella cassoeula, “e i giudici saranno giudicati come si evince dal loro nome stesso proprio” dice trionfante Svitantenne, e Spaccapinoli al solito un’altra x sulla grotta.
Poi ci sono i secondi e poi tutti gli altri invece terzi a pari merito cioè squalificati per mancanza di scalette sul podio. I secondi sono i Ditocratici di Luisito Moderato, l’aspirante attore del paese. Moderato ha fatto tutta la festa dell’elezione a recitare il suo ultimo monologo “il lupo morde la pecora e perde il pelo ma non lo fa’ apposta”, un pezzo su quel meraviglioso dono che è la vita. Un successo. Però ha perso e l’ha presa bene, perché dice che la gavetta bisogna farla ed è un dono e che comunque continuerà ad esercitarsi da sindaco con il suo monopoli da salotto. E Svitacartelli, che è un liberale, gli ha regalato la carta di “via Larga” e i ventimila anche senza passare dal via. Tempi d’oro giù a Bengodi.
A Bengodi provincia di Longombardìa le cose succedono al contrario e per fortuna Bengodi non ci sta mica sulle cartine geografiche quelle che sono vere per davvero.
Questo vi dovevamo per la rubrica che inizia ad ogni venerdì che Frate Indovino comandi.