Il Governo francese ha superato indenne il primo voto di sfiducia alla Camera bassa del Parlamento: la mozione, presentata da un piccolo gruppo centrista e sostenuta dalla coalizione di sinistra, ha ottenuto 278 voti, contro i 287 necessari. Secondo le previsioni dovrebbe superare anche il secondo voto. Così fosse, la riforma delle pensioni varata dal Governo, che tra le altre cose alza l’età pensionabile da 62 a 64 anni, sarà considerata adottata. Il voto di oggi è un momento cruciale per il Governo e per il presidente Emmanuel Macron che ha fatto ricorso a poteri costituzionali speciali per fare passare una riforma impopolare e che ha scatenato un vespaio di polemiche e proteste.
Emmanuel Macron non è una musa del progressismo. Malgrado i presunti riformisti fingano di non saperlo
Per essere approvata, la mozione di sfiducia avrebbe dovuto ottenere il voto di metà dell’assemblea, appunto 287 parlamentari. Dal 1962 a oggi nessuna mozione di questo tipo ha avuto successo. Nei giorni scorsi il leader repubblicano, Olivier Marleix, aveva fatto sapere che il suo gruppo avrebbe votato contro la mozione di sfiducia: “Riconosciamo la necessità di una riforma per salvare il nostro sistema pensionistico e difendere il potere d’acquisto dei pensionati”, aveva detto.
Politicamente Macron esce comunque sconfitto da una riforma passata per una manciata di voti ma fortemente contestata nelle piazze. La media dei sondaggi nazionali dice che più del 60% degli elettori francesi sono contrari a questa riforma e le vibranti proteste di piazza, oltre che in Parlamento, confermano il malcontento generale. Del resto Macron appare sempre di più un leader tagliato fuori dal suo tempo, con un’idea fortemente liberista che è ormai decaduta una decina di anni fa. Convinto di essere legittimato dal riformismo il presidente francese non si accorge che la richiesta di radicalità è un comune denominatore della sinistra in tutta Europa.
La legislazione è stata ritardata di mesi, per cercare di forgiare un compromesso cross-party. Macron non avrebbe mai convinto i nupes, l’alleanza di sinistra o la destra nazionalista-populista di Marine Le Pen a sostenere. Ma alla fine i voti non sono arrivati nemmeno dai repubblicani di centro-destra, anche se loro stessi quando erano in carica avevano innalzato l’età pensionabile francese. Cercare accordi sia a destra che a sinistra è già un atto politico.
L’ala renziana del Pd considera Macron un modello. Ma ispirarsi a lui in Italia ha solo ingrassato la destra
La vicenda Macron ci riporta quindi alla politica nostrana, qui dove il centrosinistra – soprattutto il Pd – negli ultimi anni ha creduto di poter impunemente pescare da entrambi i bacini senza preoccuparsi troppo delle conseguenze politiche dell’apertura dei suoi dialoghi. Se dovessimo leggere la politica francese dalla lente della politica nostrana verrebbe naturale chiedersi cosa voglia fare il Pd (che in buona parte di Macron è stato uno strenuo sostenitore) alla luce degli ultimi avvenimenti francesi, molto più parlamentari che popolari.
La politica degli ultimi anni in Europa suggerisce di prendere una posizione netta, senza infingimenti o posizioni di mezzo (non per niente il cosiddetto Terzo polo sta appoggiando la riforma macroniana). Il Pd di Bonaccini, uscito sconfitto dalle primarie (ma comunque rilevante all’interno del partito) ha ancora molta influenza nel cosiddetto nuovo partito di Elly Schlein. Il punto politico sta tutto qui: si vuole inseguire le politiche macroniane (quelle che vorrebbero una parte del Pd, Base riformista su tutti) oppure se si vuole scegliere politiche radicali.
Macron è il paradigma del deperimento del centrosinistra europeo che ha provato a inseguire la destra nelle politiche economiche e sicuritarie e regolarmente concorre a ingrassare il bacino elettorale della destra, accarezzando idee che quegli altri riescono a ribadire con più forza. La sconfitta di Macron (politica, nonostante la vittoria parlamentare) peserà sul quadro del centrosinistra italianio Non basterà l’improvvisa indifferenza all’interno del Pd, come se Macron improvvisamente sia diventato un estraneo e non l’ispiratore. Essere di centrosinistra significa appoggiare politiche chiare e riconoscibili. Macron non è una musa del progressismo, nonostante i presunti riformisti italiani fingano di non saperlo.
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