Se davvero Bruno Vespa pensa (ma poi si è scusato o forse no) che il terremoto sia una grande occasione per fare ripartire il PIL non è colpa sua. No. È la naturale involuzione di un capitalismo umano prima ancora che economico: la crescita e la produttività a tutti i costi è il comandamento moderno e alla fine risulta perfino normale che i portatori servili di questo credo finiscano per tradirsi in diretta televisiva. E forse, del resto, non è nemmeno un tradimento consapevole: l’Europa crede nel PIL come metro di misura universale. Il prodotto interno lordo della dignità e della felicità, invece, è solo la curva di una minoranza fastidiosa.
A pensarci bene anche il fatto che Marchionne dia lezioni di etica all’imprenditoria italiana (lui che è vigliaccamente e furbescamente scappato dall’Italia portandosi dietro quel che resta telex Fiat) si inserisce perfettamente in questo percorso. Sono solo i sintomi di una malattia ben più radicata e vasta. E solidale. Ma solidale sul serio. Corporativa ai massimi livelli.
Perché altrimenti si potrebbe pensare che anche il danneggiamento della vigna di Vespa (la notizia è qui) sia semplicemente una piccola occasione per la ripresa dell’economia. O no?