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Decreti legge a novanta giorni. Oltraggio alla Costituzione

La giurista Vitalba Azzollini sul quotidiano Domani racconta del disegno di legge costituzionale presentato da Adriano Paroli (FI) che si sta discutendo in Commissione al Senato. Si vorrebbe modificare l’articolo 77 della Costituzione estendendo da 60 a 90 giorni il termine per convertire in Parlamento i decreti legge.

La destra vorrebbe modificare l’articolo 77 della Costituzione estendendo da 60 a 90 giorni il termine per convertire in Parlamento i decreti legge

Lo strumento pensato dai padri costituenti per intervenire solo in casi “straordinari di necessità e urgenza” è diventato nel corso degli anni la normalità con sui si delega al governo anche l’attività legislativa oltre che esecutiva. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, più e meglio dei suoi predecessori, ha usato i decreti per 25 leggi sulle 43 totali finora approvate superando tutti i governi precedenti.

L’iniziativa (di cui è relatore il senatore Alberto Balboni, uno che conta in Fratelli d’Italia) è scollegata dalla cosiddetta “riforma del premierato” che vorrebbe Meloni. Si tratterebbe quindi di un tassello ulteriore alla “donna sola al comando” a cui aspira la presidente del Consiglio. Diventeremmo quindi l’unico Paese in cui un capo di governo viene eletto senza ballottaggio, se ne può tranquillamente star seduto a infischiarsene del Presidente della Repubblica utile solo nel momento del buffet e con a disposizione un Parlamento che non deve fare altro che ratificare le decisioni del capo prendendosela anche comoda.

Non serve nessuna riforma. Come dice il Quirinale servirebbe “un’adeguata capacità di programmazione legislativa da parte dei governi” e “una corrispondente attitudine del Parlamento a consentire l’approvazione in tempi ragionevoli dei disegni di legge ordinaria”. Ma per fare quello bisognerebbe saper governare, mica desiderare di comandare.

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