Tanto tuonò che piovve. Al termine del vertice Nato di Vilnius, Giorgia Meloni si presenta, dopo tempo, di fronte ai giornalisti e questa volta non può evitare le tensioni interne della sua maggioranza. Nello staff della presidente del Consiglio pesano gli ultimi sondaggi che danno Fratelli d’Italia in caduta dell’1,8% perso in una sola settimana, passando dal 29,2% al 27,4%. Inevitabile quindi partire dal caso che si è abbattuto sul presidente del Senato, Ignazio La Russa.
Il caso La Russa
“Per quello che riguarda il caso di Leonardo Apache La Russa, comprendo da madre la sofferenza del presidente del Senato anche se non sarei intervenuta nel merito della vicenda”, dice Giorgia Meloni, che aggiunge: “Tendo a solidarizzare per natura con una ragazza che denuncia e non mi pongo il problema dei tempi”. È il classico colpo al cerchio e alla botte, uscendo dall’ambito politico (nelle vesti di madre) per poi rientrarci per rimanere in quello istituzionale. La notizia però c’è: anche Giorgia Meloni, come molti italiani, trova inopportuno che il presidente del Senato sia intervenuto in una questione giudiziaria. Con buona pace dei commentatori stesi di questi giorni.
Meloni e il caso Santanchè
Stessa strategia di mischiare pubblico e privato quando Meloni parla del caso Santanchè: “La questione Santanchè è extrapolitica, – dice Meloni – non riguarda la sua attività di ministro che sta facendo molto bene. È una questione molto complessa, va vista nel merito quando il merito sarà completamente conosciuto, ma credo che questo competa alle aule dei tribunali e non alle trasmissioni tv. L’anomalia è che al ministro non viene notificata l’indagine, ma viene notificata a un quotidiano il giorno stesso in cui lei va in Aula per l’informativa. Io segnalo un problema di procedura”.
Anche in questo caso il sottotesto è chiaro: Santanchè è più che in bilico. Come poi si possa pensare che una persona inopportuna come imprenditrice possa essere opportuna come ministra rimane un mistero che Santanchè non dirime.
Il pretesto per Meloni sulla magistratura
Il caso Delmastro invece diventa la leva per attaccare la magistratura. E questa volta non sono presunte “fonti” da Palazzo Chigi. Meloni difende il sottosegretario spiegando che “il giudice non dovrebbe sostituirsi al pm”, provando anche a correggere le parole del suo ministro Nordio. Nel merito (un sottosegretario che rivela informazioni secretate a un compagno di partito) nessuna risposta.
Proprio sullo scontro con la magistratura Meloni alza i toni: “Noi abbiamo un programma chiaro, un mandato che ci è stato dato dai cittadini, lo realizzeremo perché siamo persone che mantengono gli impegni e conveniamo che in Italia la giustizia ha bisogno di correttivi, va resa più veloce, efficiente, deve essere e apparire imparziale”, ha continuato Meloni da Vilnius. “Approfitto per fare chiarezza. Ci sono state molte polemiche, ho letto cose curiose. Non c’è dal mio punto di vista alcun conflitto con la magistratura. Chi confida nel ritorno dello scontro tra politica e magistratura credo che rimarrà deluso”.
Chissà come rimarrà delusa la presidente del Consiglio quando si accorgerà che lo scontro è già iniziato da un pezzo. Infine la presidente del Consiglio ci fa sapere che vede “molto più allarmismo sul fronte italiano che in Ue” parlando di “una polemica dell’opposizione”. E invece il Pnrr è molto semplice, come tutti gli scambi di denaro. Se non arrivano i soldi qualcosa non funziona. E Giorgia Meloni dovrebbe sapere che a preoccuparsi sono quelli che devono riceverli, molto di più di quelli che li devono dare.
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