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Ho da poche ore terminato la lettura di “Mio padre in una scatola di scarpe” di Giulio Cavalli, ma non ve ne parlerò.
No, perchè è un libro che va letto, impossibile da raccontare; il rischio è quello di sminuire la tragica bellezza di una vita vissuta onestamente e privare chi ascolta della potenzialità del racconto tessuto da Giulio Cavalli.
Quindi se vi aspettavate la solita “pseudorecensione” … vi va male.
La storia di Michele Landa e della sua famiglia mi ha portato per l’ennesima volta a riflettere sulla bellezza che si nasconde nel fare IL PROPRIO DOVERE.
Come essere umano in termini generali, ma ancora più semplicemente come madre, amica, moglie, insegnante.
Come amante, perchè ci vuole amore per fare il proprio dovere, soprattutto verso se stessi.
Alzarsi al mattino e sapere che sarà magari dura, ma con la consapevolezza che, una volta coricati, la sera, a letto, sentiremo la soddisfazione di aver contribuito, anche solo con una piccola e insignificante goccia, a rendere migliore il mondo (?).
Non mi spingo a tanto.
Forse solo il clima all’interno della nostra famiglia e del luogo di lavoro.
L’aver regalato quella carezza di cui il nostro amico taciturno ha bisogno, un gesto semplice, capace però di rendere meno dura la giornata.
Il preparare una lezione con serietà, non oso neppure pronunciare la parola passione, nella convinzione che, non subito, ma magari tra un decennio, un milligrammo di quanto noi abbiamo investito abbia dato anche un solo piccolo frutto.
Già, perchè il problema è che se tutti, e dico tutti, iniziassimo a dare il nostro contributo nel quotidiano, con piccoli gesti, quasi sempre invisibili, allora sì che si potrebbe credere in un cambiamento generale.
E’ ciò che ha confermato in me la piccola e ancora troppo sconosciuta vicenda di Michele Landa, un uomo semplice che non aspirava a fare l’eroe, solo ad andare in pensione dopo una vita di duro lavoro e tanta onestà.
Ecco, diventiamo tutti un po’ il Michele Landa della nostra vita, sarà più bello per noi e per gli altri.