Olimpiadi come simbolo di sportività e pacificazione? Ma va. Anche il terreno olimpico per il governo Meloni è territorio di conquista. La strategia è sempre la stessa, sostituire con il principale intento di occupare. Non importa che l’Italia sportiva da poche ore si possa godere lo straordinario successo nel medagliere che le consegna il nono posto.
La poltrona del Coni più ambita di una medaglia
Mentre gli atleti si sfidavano nelle ultime gare la prima preoccupazione del ministro dello Sport Andrea Abodi è stata quella di chiarire il futuro delle poltrone, molto più succulente di qualsiasi medaglia di qualsiasi metallo. “Dalle poltrone ci si deve anche alzare”, aveva detto il ministro qualche giorno fa, facendo riferimento al futuro cambio ai vertici del Coni. Come specificato dalla legge, infatti, l’attuale presidente non potrà ricandidarsi per un nuovo mandato. “Da Andrea non me lo aspettavo”, ha commentato Giovanni Malagò.
Così ieri il presidente del Coni durante la conferenza stampa in Casa Italia ha deciso di tirare la stoccata: “Abodi ha parlato di fine ciclo? Penso che oggi è un giorno di festa, la cosa meno bella è che sia stato molto fuori luogo il ministro dello Sport. A cinque giorni dalla fine delle Olimpiadi, sapendo quanto ci ho messo la faccia e quanto mi sia speso, ha sottolineato questa cosa. Non è solo un problema di stile – ha commentato Malagò -. Mi ha fatto però piacere perché la politica deve occuparsi di sport, che Abodi sia partito e sia venuto oggi a vedersi la pallavolo, era in vacanza a Cagliari. Noi ne abbiamo bisogno”.
Le regole del Comitato olimpico italiano dicono che il presidente non può ricandidarsi per più di tre volte ma le regole, si sa, possono essere usate, osate e perfino cambiate. Nelle federazioni sportive, ad esempio, il limite dei mandati è superabile se il candidato presidente raccoglie due terzi dei voti a scrutinio segreto. Malagò da mesi chiede che il Coni si allinei alle federazioni che rappresenta senza ottenere risposta dal governo.
La strategia politica dietro il cambio ai vertici
Dalle parti di Palazzo Chigi, come rivela anche Repubblica, si ha fretta di sostituire l’attuale presidente del Coni con un volto da presentare in occasione delle prossime Olimpiadi invernali di Milano-Cortina nel 2026. Il nome individuato dai partiti di maggioranza è quello di Luca Zaia, attuale presidente della Regione Veneto che non potrà ricandidarsi, nonostante le promesse vacue del suo segretario Matteo Salvini.
Il governatore veneto non ha corso alle ultime elezioni europee perché disturbato dalla candidatura del generale Vannacci nelle liste del suo partito. La presidenza del Coni gli permetterebbe di ottenere una prestigiosa collocazione politica che gli garantirebbe visibilità e che gli permetterebbe di continuare a essere un “simbolo” veneto. L’offerta della poltrona del Coni consentirebbe anche a Meloni di saldare il suo rapporto con un uomo di punta della Lega in rotta da tempo con il suo segretario.
Repubblica racconta di un lasciapassare di Stefano Bonaccini, ex collega presidente di Regione, a un’ipotesi sportiva. E di una mossa di Giorgia Meloni concordata con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, entrambi interessati a far arrivare a Roma l’unico leghista in grado di scontrarsi con Salvini. Malagò non rimarrà comunque a piedi. Per lui sarebbe già calda la poltrona della Figc. Mentre a Parigi si smontano le Olimpiadi e gli atleti si imbarcano verso casa in Italia infuria già il valzer intorno alla pratica sportiva più interessante per la politica: la rincorsa alla poltrona. Perché anche lo sport, per Meloni e compagnia, è un pezzo di quell’egemonia culturale che ossessiona il governo.
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