Razza l’ha detto, etnia pure. Ora ha sputato fuori anche il ceppo. Il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, cognato d’Italia lo immaginiamo curvo sul vocabolario a scorrere i sinonimi. Domani lo immaginiamo mentre parla di stirpe italiana, o casato italico, oppure c’è il ceppo (anche se si presta a facili battute). O potrebbe stupirci con la prosapia o la schiatta.
Neppure lo schiaffo assestato da Mattarella ha sortito effetti. Il ministro Lollobrigida ora s’inventa Manzoni padrino del matrimonio
Ciò che conta è non perdere il collegamento carezzevole con quell’idea malsana e un po’ matta del popolo da difendere dalla futuribile sostituzione etnica. Probabilmente è anche abbastanza sconsolato bel vedere che la cognata Giorgia Meloni e l’alleato Matteo Salvini l’hanno lasciato solo in questa quotidiana battaglia di retroguardia.
Di certo sono rimasti addosso alla maggioranza i segni delle cinque dita lasciati dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che in occasione del centocinquantesimo anniversario della morte di Alessandro Manzoni ha dovuto scartare per un attimo dal campo della letteratura e spiegare che “è la persona, in quanto figlia di dio, e non la stirpe, l’appartenenza a un gruppo etnico o a una comunità nazionale, a essere destinataria di diritti universali, di tutela e di protezione. È l’uomo in quanto tale, non solo in quanto appartenente a una nazione, in quanto cittadino, a essere portatore di dignità e di diritti”.
Siamo certi che Mattarella avrebbe voluto ripetere il discorso tenendo il ministro per l’orecchio ma il Presidente in tema di cortesia istituzionale, anche nel redarguire, è sempre stato un maestro. Dopo essere stato sculacciato dal suo Presidente della Repubblica, dopo avere già guadagnato una pessima figura quando si scusò di aver parlato di sostituzione etnica confessando che era “per ignoranza” e non “per razzismo”, un ministro della Repubblica potrebbe ritirarsi di buon ordine. In una Paese normale ci si aspetterebbe che presenti le dimissioni; nel Paese impudico e impunito che siamo ci si aspetterebbe almeno che il ministro rifletta. E invece no.
Lollobrigida decide di rilasciare un’intervista in cui dice “Ma no, io credo che il Presidente Mattarella, se avesse voluto riferirsi a me, avrebbe fatto in modo che lo sapessi prima”. Il cognato d’Italia ha scambiato Mattarella per l’insegnante di sostegno, il tutor dei membri del governo. Forse ha ragione il ministro: Mattarella ha deciso di scrivere quella parte del suo discorso per rispondere a un passante con cui aveva litigato precedentemente dal salumiere. Dice Lollobrigida: “Io ascolto sempre con deferenza le parole del presidente della Repubblica, come quelle del Papa. Non penso che vadano interpretate. Altrimenti rischieremmo di strumentalizzarle”.
Il ministro non ha voluto sforzarsi di capire a chi si riferisse Mattarella per non strumentalizzare le sue parole. Lo aiutiamo noi: parlava di lui. Nella sagra delle bestialità si aggiunge Manzoni come padrino della famiglia tradizionale (“C’è stato un autore italiano, come colui che ha scritto i Promessi sposi, che più ha trasmesso il concetto di matrimonio e dunque di famiglia”, chiede Lollobrigida) e cultore del “Dio, patria, famiglia”: “L’Italia, per Manzoni, è ‘una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor’. C’era un forte contenuto patriottico nelle sue opere”, ci spiega Lollobrigida che conclude: “Io so solo che mi sono stufato di precisare in continuazione. Anzi, ho proprio rinunciato”. Meglio così, ministro. Ci rinunci.
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