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E anche questo femminicidio l’abbiamo disinnescato

Ogni volta che una donna viene orrendamente uccisa in questo sbilenco Paese nelle redazioni di (alcuni) giornali e (quasi tutte) reti televisive tra le priorità, insieme alle interviste degli amici e dei parenti, c’è l’appiglio per disinnescare la narrazione.

Delle oltre 40 donne uccise nel 2023 troverete quasi sempre un particolare che viene presentato come “giustificazione” dell’efferato omicidio. Per carità, nessuno ha il coraggio di scriverlo apertamente, si tratta di un lavorio sotterraneo, perfino più vigliacco, che suggerisce vie di condono. Nel caso di Michelle Causo la traiettoria è chiarissima: si è cominciato raccontando il quartiere di Primavalle come “bronx romano” in cui una ragazza fatta a pezzi avrebbe dovuto essere considerata come un ragionevole effetto collaterale, poi hanno raccontato delle risse tra bande, poi hanno descritto Michelle come “una ragazza cresciuta troppo in fretta” e il presunto assassino come “un bastardo” e come un “hacker di telefoni”.

Un rovistare tra i cassonetti della cronaca e delle vite per spegnere l’allarme e per evitare una visuale d’insieme su femminicidi che sono ormai una patologia. Ogni volta a qualcuno dotato di pazienza tocca l’improbo compito di elencare i femminicidi di questi mesi per ricordare che avvengano nelle zone più eleganti della città come nelle zone più periferiche, che includano assassini dalla provenienza difficile come stimatissimi professionisti appartenenti alla borghesia cittadina, che interessino assassini dai 16 ai 90 anni.

Nel caso della povera Michelle qualcuno ha deciso di utilizzare la leva più stupida e vigliacca, sottolineando che il presunto assassino sarebbe “nato a Roma ma di origine srilankesi”, soffiando sulla xenofobia che di questi tempi è sdoganata fin dagli alti vertici di governo. A scriverlo non sono stati solo i quotidiani peggiori – quelli che da anni giocano alla concimazione della xenofobia – ma anche una titolatissima agenzia di stampa e qualche quotidiano distrattamente ancora descritto come progressista. Il soffio sotto l’articolo è chiaro: non è uno di noi, non sono come noi. Così il ragazzo nato a Roma ma con origini srilankesi diventa come il felino ma con origine canine, pronto a essere dato in pasto agli spaventati dall’invasione e ai nemici dell’integrazione.

E anche questo femminicidio ce lo siamo tolti dalle palle, pronto per essere messo nel cassetto dei “confini da difendere”. Che schifo.

Buon venerdì.

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