È trascorso quasi un mese dall’alluvione in Emilia-Romagna che ha coinvolto 44 comuni, ha fatto straripare 23 corsi d’acqua e ha provocato 250 dissesti e frane. Quasi un mese da quando il governo, con Giorgia Meloni svelta a rientrare da una sua missione all’estero, ha promesso davanti alle telecamere 2,2 miliardi di euro e un commissario. “Prima si fa e meglio è” disse lesto Matteo Salvini. Sull’esigenza di fare presto erano d’accordo tutti, da destra a sinistra. Avere un commissario significa avere una cabina di comando dotata dei poteri necessari per accelerare la ricostruzione e per rimettere in sesto il tessuto produttivo e sociale.
Giochi di palazzo sugli alluvionati dell’Emilia-Romagna. I sindaci sollecitano i soldi promessi dal governo. Che intanto litiga per l’incarico reclamato pure da Bonaccini
Com’è andata Di commissari per ora nemmeno l’ombra. Mentre i romagnoli ripuliscono i negozi, le fabbriche e le case sulla schiena delle loro sofferenze si gioca un’abietta sfida politica all’interno della maggioranza. Cinismo in purezza: a Palazzo Chigi non si corre per decidere chi potrebbe occuparsi rapidamente e seriamente del bene collettivo ma si tentenna avviluppandosi in meri calcoli elettorali. Il primo nome venuto in mente a tutti, quando l’emergenza era davvero il punto focale, inevitabilmente è stato quello di Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna e inevitabile conoscitore delle dinamiche della regione che governa per il secondo mandato consecutivo.
No, niente, troppo facile. Pur di non fare un piacere all’odiata opposizione la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha preferito lasciare i romagnoli in ammollo mentre il suo partito non è ancora in grado di convergere su un unico nome. Fratelli d’Italia infatti al momento è diviso tra il viceministro alle Infrastrutture Galeazzo Bignami (balzato all’onore delle cronache per essersi travestito da nazista durante una “festa”) e il senatore bolognese Lisei. Solo che la leader di Fratelli d’Italia, nonché presidente del Consiglio, Giorgia Meloni preferirebbe di gran lunga il generale Francesco Paolo Figliuolo.
Qui la trama si inspessisce: il generale, lo dicono tutti quelli che gli sono vicini, punterebbe a raggiungere una posizione di vertice nell’Esercito e poi nella Difesa. Una sua eventuale nomina a commissario straordinario per l’alluvione frenerebbe la sua aspirazione, anche per motivi d’età. A questo punto il sospetto è che chi spinge per Figliuolo (le voci dicono che sia il ministro Crosetto) più o meno consapevolmente gli stia facendo un enorme dispetto. Nella Lega il nome in pole rimane il viceministro Nicola Molteni. Il piano di Salvini è quello di recuperare la visibilità con cui riprovare il colpaccio di strappare la regione alle prossime elezioni regionali. Tanto più che su Bonaccini si rincorrono voci di una candidatura alle prossime Europee che manderebbero la Regione Emilia Romagna al voto anticipato.
Due giorni fa Meloni ha annunciato a sindaci, presidenti di Regione e di Province colpite dall’alluvione “un tavolo operativo e permanente che, in attesa della definizione della struttura commissariale, sarà coordinato all’interno del governo dal ministro Musumeci”. Michele de Pascale, Presidente della Provincia di Ravenna, Enzo Lattuca sindaco e presidente della Provincia di Forlì-Cesena, Matteo Lepore sindaco di Bologna, Jamil Sadegholvaad Presidente della Provincia di Rimini e Gian Luca Zattini sindaco di Forlì hanno presentato al tavolo una lettera con due richieste: un impegno preciso del governo sugli indennizzi (i soldi previsti sono molto meno dei soldi promessi) e “la nomina immediata del Commissario alla ricostruzione, valorizzando la filiera istituzionale e facendo perno sulla Regione Emilia-Romagna, esattamente come avvenuto per il terremoto del 2012”. Il cinismo continua.
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