(Cecilia Strada intervistata da Sara Ficocelli)
Quanti soldi fanno girare intolleranza e guerre?
“La guerra fa girare un mucchio di soldi ma la pace potrebbe farne girare molti di più. La pace è molto più produttiva, ci sono studi che mostrano come la stessa cifra investita nel settore militare o civile produca più soldi nel settore civile. La pace è un prerequisito per il futuro economico di ogni Paese. Costruire diritti costa meno che costruire una bomba ed è un investimento. L’altro giorno abbiamo calcolato quanto abbiamo speso dal 1999 ad oggi in Afghanistan: 80 milioni di euro. Con quei soldi abbiamo costruito tre centri chirurgici, un centro di maternità, 40 posti di primo soccorso, e abbiamo dato lavoro a più di 1000 persone e curato 4 milioni di afgani. L’Italia, nei momenti più impegnativi della sua missione in Afghanistan, ha speso 2 milioni di euro al giorno per la guerra. 5 miliardi in 10 anni. I nostri 80 milioni corrispondono, in pratica, al costo di un mese e mezzo di guerra, e con quei soldi abbiamo curato milioni di persone e soprattutto dato lavoro, salari, reintegrato disabili. La produzione di diritti è un investimento anche economico. Se avessimo avuto a disposizione il budget che l’Italia ha speso per la guerra, chissà quali e quanti risultati avremmo raggiunto”.
Quanto è stretto il legame tra guerre e migrazioni?
“Molto. Le vittime della guerra si accollano il rischio della morte per scampare alla morte certa. Quest’estate, in Afghanistan, ricordavo con i miei collaboratori lo sfortunato caso di una donna incinta all’ottavo mese colpita da una pallottola all’addome. Il bambino, è brutto dirlo, ma ha salvato la madre. Qualcuno, mentre ne parlavamo, ha osservato: “Ma non lo sanno che rischiano la vita?”. La risposta è nella foto di quella donna: quando vivi in un Paese dove tuo figlio può essere una vittima di guerra prima ancora di nascere, quando esci la mattina e saluti i familiari come se non dovessi vederli mai più, qualsiasi cosa è meglio di tutto questo. E poi, non dimentichiamocelo mai, c’è anche chi fugge unicamente per inseguire un sogno. C’è anche chi vuole una vita migliore e basta. Se io, Cecilia Strada, nata a Milano nel ’79, ho diritto a sognare, perché il mio coetaneo del Ghana non ha diritto a costruirsi un futuro migliore? Noi italiani, del resto, su questo sogno abbiamo costruito la storia del nostro Paese”.
(l’intervista è qui)