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Estorsioni e naufragi, ecco il business sulla pelle dei migranti

Nella Giornata della Memoria delle vittime dell’immigrazione e dell’Accoglienza conviene fare un po’ di chiarezza. Altro che gli scafisti di cui parla Giorgia Meloni. Un’inchiesta di InfoMigrants getta nuova luce sulla complessa rete di attori coinvolti nel traffico di esseri umani attraverso il Mediterraneo centrale, rivelando un sistema economico che va ben oltre la banalizzazione del sistema offerto dalle destre. 

L’indagine, condotta tra febbraio e maggio 2024, si basa su decine di interviste a migranti che hanno attraversato il Mediterraneo e su un periodo di osservazione a bordo della nave di soccorso Geo Barents di Medici Senza Frontiere. Emerge il quadro di un’economia clandestina ramificata che coinvolge trafficanti, milizie, funzionari corrotti e persino personale di organizzazioni internazionali.

I migranti intervistati raccontano di aver pagato somme tra i 2.000 e i 5.000 dollari a persona per la traversata, ma spesso si ritrovano a dover sborsare molto di più a causa di ripetute intercettazioni e detenzioni. Molti descrivono un ciclo di estorsioni e abusi che può durare mesi o anni prima di riuscire effettivamente a raggiungere l’Europa.

Il prezzo della speranza: il business milionario del traffico di esseri umani

Un elemento centrale che emerge è il coinvolgimento di attori statali libici nel business del traffico. Secondo le testimonianze raccolte, membri della guardia costiera libica, finanziata dall’Unione Europea, sarebbero in contatto con i trafficanti e riceverebbero tangenti per non intercettare alcune imbarcazioni. Funzionari dei centri di detenzione parteciperebbero all’estorsione dei migranti, chiedendo somme tra i 1.000 e i 3.000 dollari per il rilascio.

I numeri confermano la portata di questo fenomeno. Secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), nel 2023 sono stati registrati oltre 153.000 arrivi irregolari via mare in Europa, di cui circa 118.000 attraverso la rotta del Mediterraneo centrale. Nello stesso anno, l’OIM ha documentato oltre 3.000 morti e dispersi nel Mediterraneo. L’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (UNODC) stima che il traffico di migranti nel Mediterraneo generi un fatturato annuo di circa 300 milioni di dollari per le reti criminali coinvolte. Questi dati, tuttavia, rappresentano solo la punta dell’iceberg di un’economia sommersa il cui valore reale è difficile da quantificare con precisione.

Corruzione e complicità: quando le istituzioni tradiscono

L’inchiesta rivela anche presunti legami tra trafficanti e personale locale di agenzie ONU in Libia, nonché con l’ambasciata pakistana a Tripoli. Alcuni migranti pakistani hanno riferito di sospette collusioni tra funzionari dell’ambasciata e trafficanti per lucrare sui rimpatri. Le Nazioni Unite e l’ambasciata pakistana non hanno risposto alle richieste di commento di InfoMigrants su queste accuse.

Il sistema si regge su una rete transnazionale di intermediari e “assicuratori” che gestiscono i pagamenti. I migranti raccontano di aver dovuto ricorrere a prestiti bancari o familiari per finanziare il viaggio, alimentando un flusso di denaro che dall’Africa e dal Medio Oriente arriva in Europa attraverso canali informali come l’hawala.

Le politiche di esternalizzazione dei controlli di frontiera dell’UE sembrano aver paradossalmente rafforzato questa economia criminale. Il sostegno alla guardia costiera libica ha creato un sistema in cui i migranti vengono ripetutamente intercettati e riportati in Libia, dove cadono vittime di nuovi cicli di estorsione. Come spiega Claire Healy dell’UNODC: “Il contrabbando non avviene senza corruzione. Vediamo la corruzione a tutti i livelli.”

Dall’Africa all’Europa: anatomia di un viaggio nell’inferno

L’inchiesta mette in luce anche le terribili condizioni nei centri di detenzione libici e nelle “connection houses” gestite dai trafficanti. I migranti descrivono abusi, privazioni e violenze sessuali. Alcuni raccontano di essere stati venduti tra diversi gruppi di trafficanti o costretti al lavoro forzato per ripagare i debiti.

Il viaggio via mare rappresenta solo l’ultima tappa di un percorso che può durare mesi o anni. I trafficanti promettono traversate rapide e sicure su “grandi navi”, ma la realtà sono imbarcazioni sovraffollate e fatiscenti. Murad, un giovane palestinese intervistato, racconta: “Mi avevano promesso che avrei finito un pacchetto di sigarette prima di arrivare in Italia. Sono passati sette mesi.”

L’indagine di InfoMigrants dipinge un quadro molto più complesso rispetto alla narrazione politica dominante in Italia, che tende a focalizzarsi sui soli scafisti come responsabili del traffico di esseri umani. Emerge invece un sistema economico transnazionale alimentato dalla domanda di migrazione irregolare e dalla mancanza di canali legali.

Come sottolinea Healy dell’UNODC: “Molto raramente c’è una situazione in cui il trafficante convince qualcuno a farsi trasportare. Le persone hanno motivazioni estremamente forti per andarsene e cercano attivamente un trafficante.” La crisi in Libia e le politiche di contenimento dei flussi migratori sembrano aver creato le condizioni ideali per il prosperare di questa economia sommersa.

Le testimonianze sollevano interrogativi sull’efficacia e le conseguenze delle attuali politiche migratorie europee. Il focus esclusivo sul contrasto agli scafisti rischia di non cogliere la complessità del fenomeno e di non affrontare le cause profonde che lo alimentano. Come conclude Healy: “Se vogliamo davvero fermare il traffico, la corruzione è uno dei fattori chiave da affrontare. L’altro è guidato dal mercato: c’è una domanda molto forte di contrabbando perché per alcune persone non c’è alcuna possibilità di viaggiare regolarmente.”

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