Abbiamo detto che il controllo degli accessi nei cantieri Expo è un nodo cruciale per evitare le infiltrazioni. Dico: ce lo siamo detti in tutte le salse, in tutte le serate di campagna elettorale, in tutti i convegni, in tutti i libri senza bisogno di essere saggi o ex ministri degli interni o professori.
Ogni tanto mi viene il dubbio che a qualcuno basti avere la soddisfazione di esprimere la propria analisi più o meno autoreferenziale (quando almeno è un’analisi e non solo una declamata masturbazione), che a qualcuno basti potere dire “l’avevo detto”, “vi avevo avvisato”, “era prevedibile” e ci si dimentichi del pezzo del “fare”.
Perché il “fare” oggi dovrebbe essere (correggetemi, vi prego, se sbaglio) quel potente signore ex ministro con gli occhialini che siede nel piano alto di Palazzo Lombardia e i garanti (a tutti i livelli politici, Comune incluso) delle varie commissioni e delle centinaia di protocolli “per la legalità” che ci propinano tutti i giorni con una santa conferenza stampa, tutti i giorni.
Perché non si capisce se il nodo degli accessi ai cantieri è un punto nevralgico per l’antimafia in Expo, ecco, non si capisce come possa succedere che la cooperativa CMC (che non è proprio di destra, diciamo) affidi la sicurezza dei cantieri alla Pegaso srl che da una denuncia per mancati pagamenti scopriamo non avere nemmeno le carte in regola per svolgere quel lavoro.
Come dice bene MilanoX “sono insomma degli abusivi che controllano che non ci siano abusivi nel cantiere.”
O in fondo sono abusivi gli “esperti dell’antimafia” che qui hanno raccolto qualche briciola di troppo di credibilità.