Fabio Fazio lascia la Rai. O viene cacciato. Ora si giocherà sul filo delle parole. Dalle parti del governo avranno vita facile nel dire che “era semplicemente in scadenza di contratto”. Come osserva Carlo Verdelli “Una libera scelta Sì. L’avrebbe fatta se i vertici Rai avessero firmato il contratto di tre anni già pronto da mesi? No. E perché non l’hanno firmato? Per rendere obbligata la libera scelta”.
Come al solito Matteo Salvini nella sua infantilità non è riuscito a trattenersi e e se l’è fatta nei pantaloni: “Belli ciao”, ha scritto riferendosi a Fazio e a Luciana Littizzetto. Del resto proprio Fazio in un’intervista aveva parlato degli attacchi ricevuti da Salvini e dai silenzi Rai. All’epoca erano 123, come raccontava lui stesso, sottolineando di averli contati: “Se vieni attaccato dal capo del Viminale, hai una vita normale e due figli da portare a scuola, non sai mai chi sono i seguaci del ministro…”.
Fabio Fazio lascia la Rai. O viene cacciato. Ormai si gioca sul filo delle parole
“Essere stronzi è dono di pochi, farlo apposta è roba da idioti (cit.)”, ha commentato il dem Matteo Orfini. Le critiche arrivano soprattutto per il ruolo che Salvini ricopre: “Non spetta a me difendere la professionalità di Fabio Fazio. E non ci vuole un genio per capire che il suo addio alla Rai rappresenta un danno per l’azienda e il servizio pubblico. L’arroganza, l’ottusità e il rancore possono far parlare così.
Ma un Ministro non può parlare così”, osserva Peppe Provenzano, responsabile Esteri del Pd. E la senatrice Simona Malpezzi rilancia: “Non c’è che dire: che classe,
che stile. Matteo Salvini non perde occasione per farsi riconoscere. Mai all’altezza del ruolo che ricopre. Mai”. Ne “Il fascismo eterno” Umberto Eco scriveva: “Avendo perduto il loro potere di delega, i cittadini non agiscono, sono solo chiamati pars pro toto, a giocare il ruolo del popolo. Il popolo è così solo una finzione teatrale. Per avere un buon esempio di populismo qualitativo, non abbiamo più bisogno di Piazza Venezia o dello stadio di Norimberga. Nel nostro futuro si profila un populismo qualitativo Tv o Internet, in cui la risposta emotiva di un gruppo selezionato di cittadini può venire presentata e accettata come la “voce del popolo”.
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